Diritto fallimentare
È omologabile l’accordo integrativo di ristrutturazione dei debiti
Il caso Assonime 4/2011 affronta la questione dopo la pronuncia in tal senso del Tribunale di Padova, datata 24 febbraio 2011
Il Caso Assonime n. 4/2011 si sofferma sull’istituto dell’accordo di ristrutturazione dei debiti di cui all’art. 182-bis del RD 267/42, alla luce del decreto del Tribunale di Padova del 24 febbraio 2011, che ha omologato un accordo integrativo di ristrutturazione dei debiti già omologato, a seguito del venir meno di uno degli elementi economici previsti dall’accordo originario.
Innanzitutto – osserva Assonime – il decreto in commento assume rilievo sotto il profilo dell’adattabilità degli accordi di ristrutturazione dei debiti “alle esigenze imprenditoriali concrete e alla mutevolezza delle condizioni economiche”.
Nel caso di specie, infatti, una società per azioni in stato di crisi aveva presentato un accordo integrativo di un precedente accordo di ristrutturazione già omologato, ai fini di una nuova omologa, a seguito del verificarsi di un evento imprevisto che aveva minato la stabilità economica del primo piano. Nei fatti, la società era stata vittima di una notevole diminuzione dei flussi finanziari previsionali a causa dell’inadempimento di una società terza-affittuaria di un nuovo impianto. Con il nuovo piano finanziario, posto a base dell’accordo integrativo, la società in crisi aveva inteso compensare i minori flussi economici in entrata.
Secondo il Tribunale di Padova, gli accordi di ristrutturazione dei debiti hanno carattere negoziale. Pertanto, è possibile la modifica dell’accordo originario (precedentemente omologato) ad opera delle parti.
Tuttavia, il Tribunale ha qualificato, nel caso di specie, l’accordo integrativo come un nuovo accordo. Ciò in quanto l’accordo stesso:
- è intercorso tra tutte le parti originariamente firmatarie;
- è composto non solo dalle pattuizioni espressamente riportate nel testo originario, ma anche da quelle non modificate.
In assenza di opposizioni dei creditori (come nel caso di specie), il Tribunale è tenuto a verificare in via generale la chiarezza espositiva e la completezza della relazione del professionista, accertando che le valutazioni dall’esperto siano “accurate, logiche, coerenti ed esaustive”.
In caso, invece, di opposizioni, il Tribunale deve esaminare nel merito le censure dei creditori contrari all’omologa, verificandone ogni possibile ricaduta sulla concreta attuabilità dell’accordo e/o sulla sua capacità di assicurare il pieno soddisfacimento dei creditori estranei.
Infine – commenta Assonime – il caso deciso dal Tribunale di Padova è interessante in quanto costituisce una delle prime decisioni relative alla sospensione delle azioni cautelari o esecutive sul patrimonio del debitore nel corso delle trattative per la definizione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti (originario) ai sensi dell’art. 182-bis comma 6 del RD 267/42, così come modificato dal DL 78/2010.
Nel dettaglio, il nuovo comma 6 dell’art. 182-bis del RD 267/42 ha previsto uno specifico procedimento, a istanza del debitore, volto a ottenere il divieto di acquisire titoli di prelazione e l’anticipazione del blocco delle azioni esecutive e cautelari dei creditori già nel corso delle trattative. A tali fini, in particolare, l’imprenditore deve depositare presso il Tribunale una dichiarazione del professionista avente i requisiti di cui all’art. 67 comma 3 lett. d) del RD 267/42, circa l’idoneità della proposta, se accettata, ad assicurare il regolare pagamento dei creditori con i quali non sono in corso trattative o che hanno comunque negato la propria disponibilità a trattare.
Nel caso di specie, il Tribunale non ha accolto l’istanza di sospensione per la ritenuta mancanza della condizione del “regolare pagamento” dei creditori con i quali non sono in corso trattative (così come richiesto dall’art. 182-bis comma 7 del RD 267/42). Ciò in quanto, per “regolare pagamento”, si deve intendere esclusivamente il pagamento puntuale ed esatto dei creditori estranei all’accordo. Per il Tribunale, dunque, la società avrebbe dovuto disporre già in questa fase delle “liquidità utilizzabili ed impiegabili prontamente per assicurare l’integrale pagamento dei crediti scaduti, dal momento che, diversamente, si realizzerebbe una inammissibile modificazione unilaterale dei termini del rapporto obbligatorio e un’altrettanto ingiustificata preclusione dell’esercizio delle azioni previste dall’ordinamento a tutela del credito” (cfr. il decreto del Tribunale di Padova 15 luglio 2010).
Innanzitutto – osserva Assonime – il decreto in commento assume rilievo sotto il profilo dell’adattabilità degli accordi di ristrutturazione dei debiti “alle esigenze imprenditoriali concrete e alla mutevolezza delle condizioni economiche”.
Nel caso di specie, infatti, una società per azioni in stato di crisi aveva presentato un accordo integrativo di un precedente accordo di ristrutturazione già omologato, ai fini di una nuova omologa, a seguito del verificarsi di un evento imprevisto che aveva minato la stabilità economica del primo piano. Nei fatti, la società era stata vittima di una notevole diminuzione dei flussi finanziari previsionali a causa dell’inadempimento di una società terza-affittuaria di un nuovo impianto. Con il nuovo piano finanziario, posto a base dell’accordo integrativo, la società in crisi aveva inteso compensare i minori flussi economici in entrata.
Secondo il Tribunale di Padova, gli accordi di ristrutturazione dei debiti hanno carattere negoziale. Pertanto, è possibile la modifica dell’accordo originario (precedentemente omologato) ad opera delle parti.
Tuttavia, il Tribunale ha qualificato, nel caso di specie, l’accordo integrativo come un nuovo accordo. Ciò in quanto l’accordo stesso:
- è intercorso tra tutte le parti originariamente firmatarie;
- è composto non solo dalle pattuizioni espressamente riportate nel testo originario, ma anche da quelle non modificate.
Gli accordi di ristrutturazione dei debiti hanno carattere negoziale
Con riferimento al giudizio di omologa, il Tribunale di Padova ha osservato quanto segue.In assenza di opposizioni dei creditori (come nel caso di specie), il Tribunale è tenuto a verificare in via generale la chiarezza espositiva e la completezza della relazione del professionista, accertando che le valutazioni dall’esperto siano “accurate, logiche, coerenti ed esaustive”.
In caso, invece, di opposizioni, il Tribunale deve esaminare nel merito le censure dei creditori contrari all’omologa, verificandone ogni possibile ricaduta sulla concreta attuabilità dell’accordo e/o sulla sua capacità di assicurare il pieno soddisfacimento dei creditori estranei.
Infine – commenta Assonime – il caso deciso dal Tribunale di Padova è interessante in quanto costituisce una delle prime decisioni relative alla sospensione delle azioni cautelari o esecutive sul patrimonio del debitore nel corso delle trattative per la definizione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti (originario) ai sensi dell’art. 182-bis comma 6 del RD 267/42, così come modificato dal DL 78/2010.
Nel dettaglio, il nuovo comma 6 dell’art. 182-bis del RD 267/42 ha previsto uno specifico procedimento, a istanza del debitore, volto a ottenere il divieto di acquisire titoli di prelazione e l’anticipazione del blocco delle azioni esecutive e cautelari dei creditori già nel corso delle trattative. A tali fini, in particolare, l’imprenditore deve depositare presso il Tribunale una dichiarazione del professionista avente i requisiti di cui all’art. 67 comma 3 lett. d) del RD 267/42, circa l’idoneità della proposta, se accettata, ad assicurare il regolare pagamento dei creditori con i quali non sono in corso trattative o che hanno comunque negato la propria disponibilità a trattare.
Nel caso di specie, il Tribunale non ha accolto l’istanza di sospensione per la ritenuta mancanza della condizione del “regolare pagamento” dei creditori con i quali non sono in corso trattative (così come richiesto dall’art. 182-bis comma 7 del RD 267/42). Ciò in quanto, per “regolare pagamento”, si deve intendere esclusivamente il pagamento puntuale ed esatto dei creditori estranei all’accordo. Per il Tribunale, dunque, la società avrebbe dovuto disporre già in questa fase delle “liquidità utilizzabili ed impiegabili prontamente per assicurare l’integrale pagamento dei crediti scaduti, dal momento che, diversamente, si realizzerebbe una inammissibile modificazione unilaterale dei termini del rapporto obbligatorio e un’altrettanto ingiustificata preclusione dell’esercizio delle azioni previste dall’ordinamento a tutela del credito” (cfr. il decreto del Tribunale di Padova 15 luglio 2010).
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