Accertamento
Dichiarazioni di terzi a supporto degli studi di settore
Le dichiarazioni di terzi possono assumere valore di presunzione grave, precisa e concordante unitamente ad altre prove che le rendono attendibili
La Cassazione puntualizza ancora i criteri di utilizzazione in sede di accertamento di parametri e studi di settore, con una nuova pronuncia (n. 14055 del 27 giugno 2011) che accoglie il ricorso del Fisco e cassa con rinvio ad altra sezione della Commissione tributaria regionale la decisione della controversia.
Nello specifico, l’Agenzia delle Entrate aveva proposto ricorso avverso la pronuncia della C.T. Reg., lamentandone i seguenti profili:
- onere di effettuare ulteriori accertamenti diretti a suffragare la rettifica, tramite i parametri contabili, dei compensi dichiarati del contribuente;
- esclusione della rilevanza delle dichiarazioni del terzo;
- omessa analisi delle scritture contabili.
Viene premesso che studi di settore e parametri contabili legittimano il ricorso all’accertamento analitico-presuntivo quando i valori attraverso gli stessi determinati superano quelli dichiarati dal contribuente. Tali parametri standardizzati devono essere poi personalizzati con riferimento all’attività in concreto svolta dal contribuente, sulla scorta degli elementi da questo forniti in sede di contraddittorio. In sede contenziosa, il giudice tributario di merito è tenuto a valutare, preventivamente, gli elementi presuntivi forniti dall’Amministrazione finanziaria, volti a dimostrare l’idoneità del parametro prescelto a rappresentare il caso concreto, e, solo successivamente, potrà dare ingresso all’eventuale prova contraria del contribuente.
Nel caso di specie, il giudice di secondo grado non ha correttamente applicato tali principi, avendo negato valore presuntivo ai parametri applicati dall’ufficio accertatore e facendo carico questo di non aver disposto accertamenti più appropriati per acquisire elementi certi per suffragare le rettifiche basate sui parametri.
Nulla può essere mosso rispetto al comportamento dell’ufficio, il quale ha invece supportato gli avvisi di accertamento emessi con una copiosa documentazione e con le dichiarazioni di un terzo, nella specie la moglie separata del contribuente; quest’ultima aveva fornito al Fisco materiale (elenco clienti, documentazione informale ed extracontabile) dal quale si desumeva in modo attendibile l’omessa fatturazione della maggior parte delle prestazioni eseguite dal contribuente (svolgente la professione di veterinario).
Tali dichiarazioni, che, di regola, dovrebbero rivestire valore indiziario, acquisiscono nel procedimento di accertamento standardizzato in oggetto un “carattere fortemente presuntivo”, essendo supportate da elementi documentali che li rendono attendibili (così Cass. 9402/2007).
Anche rispetto all’omessa analisi delle scritture contabili del contribuente accertato viene accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate: la procedura di accertamento standardizzato mediante l’applicazione di studi di settore e parametri prescinde, infatti, dall’esame delle scritture contabili e non è preclusa dalla loro eventuale regolarità. Anzi, la loro regolarità non può neppure costituire valida prova contraria a fronte degli elementi presuntivi desumibili dai parametri.
Nello specifico, l’Agenzia delle Entrate aveva proposto ricorso avverso la pronuncia della C.T. Reg., lamentandone i seguenti profili:
- onere di effettuare ulteriori accertamenti diretti a suffragare la rettifica, tramite i parametri contabili, dei compensi dichiarati del contribuente;
- esclusione della rilevanza delle dichiarazioni del terzo;
- omessa analisi delle scritture contabili.
Viene premesso che studi di settore e parametri contabili legittimano il ricorso all’accertamento analitico-presuntivo quando i valori attraverso gli stessi determinati superano quelli dichiarati dal contribuente. Tali parametri standardizzati devono essere poi personalizzati con riferimento all’attività in concreto svolta dal contribuente, sulla scorta degli elementi da questo forniti in sede di contraddittorio. In sede contenziosa, il giudice tributario di merito è tenuto a valutare, preventivamente, gli elementi presuntivi forniti dall’Amministrazione finanziaria, volti a dimostrare l’idoneità del parametro prescelto a rappresentare il caso concreto, e, solo successivamente, potrà dare ingresso all’eventuale prova contraria del contribuente.
Nel caso di specie, il giudice di secondo grado non ha correttamente applicato tali principi, avendo negato valore presuntivo ai parametri applicati dall’ufficio accertatore e facendo carico questo di non aver disposto accertamenti più appropriati per acquisire elementi certi per suffragare le rettifiche basate sui parametri.
Esclusi incombenti ulteriori a carico del Fisco
A ben vedere – precisa la Cassazione – il potere impositivo dell’ufficio non è condizionato ad alcun ulteriore incombente, tra l’altro neppure previsto dalla Legge. Incombe, al contrario, sul contribuente fornire specifici elementi costituenti prova contraria alle presunzioni desunte dai parametri (supporti non prodotti nel caso di specie).Nulla può essere mosso rispetto al comportamento dell’ufficio, il quale ha invece supportato gli avvisi di accertamento emessi con una copiosa documentazione e con le dichiarazioni di un terzo, nella specie la moglie separata del contribuente; quest’ultima aveva fornito al Fisco materiale (elenco clienti, documentazione informale ed extracontabile) dal quale si desumeva in modo attendibile l’omessa fatturazione della maggior parte delle prestazioni eseguite dal contribuente (svolgente la professione di veterinario).
Tali dichiarazioni, che, di regola, dovrebbero rivestire valore indiziario, acquisiscono nel procedimento di accertamento standardizzato in oggetto un “carattere fortemente presuntivo”, essendo supportate da elementi documentali che li rendono attendibili (così Cass. 9402/2007).
Anche rispetto all’omessa analisi delle scritture contabili del contribuente accertato viene accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate: la procedura di accertamento standardizzato mediante l’applicazione di studi di settore e parametri prescinde, infatti, dall’esame delle scritture contabili e non è preclusa dalla loro eventuale regolarità. Anzi, la loro regolarità non può neppure costituire valida prova contraria a fronte degli elementi presuntivi desumibili dai parametri.
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