Nuovo redditometro: incrementi patrimoniali «in meditazione»
La circ. 28 non «ratifica» la risposta, alquanto rigida, fornita a gennaio riguardo la prova contraria sugli acquisti dei beni a rilevanza patrimoniale
Melius re perpensa: probabilmente il brocardo può dare la migliore rappresentazione di quanto si è verificato nella circolare n. 28/2011, diramata il 21 giugno scorso, nella quale non ha trovato conferma una posizione espressa dall’Agenzia delle Entrate, in materia di nuovo accertamento sintetico, nell’ambito degli incontri tenuti nello scorso mese di gennaio con la stampa specializzata.
In quelle occasioni, ai tecnici dell’Agenzia fu posta la domanda concernente l’eliminazione della presunzione legale relativa secondo cui, col “vecchio” accertamento sintetico, la spesa si presumeva sostenuta, per quinti, nell’anno in cui veniva effettuata e nei quattro precedenti, sostituita con il riferimento all’intera spesa sostenuta che influirà, altrettanto per intero, nel calcolo del reddito sinteticamente accertabile del contribuente.
In particolare, fu chiesto, attesa la normalità che un tale tipo di acquisto sia il frutto anche dei risparmi di anni precedenti, come il contribuente potesse provare tale circostanza all’Ufficio e se fosse sufficiente dimostrare la capienza reddituale degli anni precedenti e le giacenze sui conti correnti.
La risposta pro tempore formulata, abbastanza rigida, fu la seguente: “In base a quanto stabilito dal novellato quarto comma dell’art. 38 del DPR 600/73 il contribuente, al fine di evitare la concretizzazione della pretesa erariale, può provare che il finanziamento della spesa sostenuta è avvenuto attraverso redditi «diversi» da quelli posseduti nello stesso periodo d’imposta, o con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta o, comunque, legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile. Le modalità attraverso le quali si riterrà assolto tale onere probatorio saranno valutate volta per volta in ragione della fattispecie concreta. Non è, pertanto, sufficiente l’astratta riferibilità della spesa alla capienza reddituale degli anni precedenti”. Risposta, questa, che lasciò perplessi e fu oggetto di critiche anche su queste colonne (si veda “Nuovo redditometro, prova ardua per giustificare gli incrementi patrimoniali” del 26 gennaio 2011).
Si opinava, in sostanza, che se la posizione assunta fosse stata confermata (e poi “traslata” e approfondita nella circolare sul “nuovo” accertamento sintetico che verrà) non soltanto avrebbe posto a fondamento della presunzione un accadimento che certo non corrisponde all’id quod plerumque accidit – solo pochi eletti, ritengo, riescono ad acquistare un immobile con il reddito conseguito e accantonato in un periodo d’imposta – ma, soprattutto, avrebbe concretato una sorta di probatio diabolica a carico del contribuente, chiamato a difendersi circa il sostenimento della spesa imputata interamente a reddito per il periodo d’imposta di sostenimento.
Pertanto, una ragione in più per confermare quella che, per me, rappresenta la strada maestra per la risoluzione della problematica (peraltro già espressa anche in “Nuovo redditometro «orfano» degli incrementi patrimoniali” del 14 luglio 2010), ossia il confronto con la “capienza” reddituale dei periodi d’imposta precedenti ovvero con la disponibilità di somme provenienti anche da annualità remote, purché ne sia dimostrata l’esistenza e l’impiego sino a quando l’incremento patrimoniale si è verificato.
In quelle occasioni, ai tecnici dell’Agenzia fu posta la domanda concernente l’eliminazione della presunzione legale relativa secondo cui, col “vecchio” accertamento sintetico, la spesa si presumeva sostenuta, per quinti, nell’anno in cui veniva effettuata e nei quattro precedenti, sostituita con il riferimento all’intera spesa sostenuta che influirà, altrettanto per intero, nel calcolo del reddito sinteticamente accertabile del contribuente.
In particolare, fu chiesto, attesa la normalità che un tale tipo di acquisto sia il frutto anche dei risparmi di anni precedenti, come il contribuente potesse provare tale circostanza all’Ufficio e se fosse sufficiente dimostrare la capienza reddituale degli anni precedenti e le giacenze sui conti correnti.
La risposta pro tempore formulata, abbastanza rigida, fu la seguente: “In base a quanto stabilito dal novellato quarto comma dell’art. 38 del DPR 600/73 il contribuente, al fine di evitare la concretizzazione della pretesa erariale, può provare che il finanziamento della spesa sostenuta è avvenuto attraverso redditi «diversi» da quelli posseduti nello stesso periodo d’imposta, o con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta o, comunque, legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile. Le modalità attraverso le quali si riterrà assolto tale onere probatorio saranno valutate volta per volta in ragione della fattispecie concreta. Non è, pertanto, sufficiente l’astratta riferibilità della spesa alla capienza reddituale degli anni precedenti”. Risposta, questa, che lasciò perplessi e fu oggetto di critiche anche su queste colonne (si veda “Nuovo redditometro, prova ardua per giustificare gli incrementi patrimoniali” del 26 gennaio 2011).
Si opinava, in sostanza, che se la posizione assunta fosse stata confermata (e poi “traslata” e approfondita nella circolare sul “nuovo” accertamento sintetico che verrà) non soltanto avrebbe posto a fondamento della presunzione un accadimento che certo non corrisponde all’id quod plerumque accidit – solo pochi eletti, ritengo, riescono ad acquistare un immobile con il reddito conseguito e accantonato in un periodo d’imposta – ma, soprattutto, avrebbe concretato una sorta di probatio diabolica a carico del contribuente, chiamato a difendersi circa il sostenimento della spesa imputata interamente a reddito per il periodo d’imposta di sostenimento.
Incrementi patrimoniali oggetto di ulteriori riflessioni
Ebbene, l’assenza di cui si parla nella circolare n. 28/2011 non può che essere salutata con favore, in quanto a mio avviso traspare, perlomeno, l’intento dell’Agenzia delle Entrate di (ri)meditare la questione che certamente rappresenta l’aspetto problematico di maggior rilievo del nuovo strumento di controllo: mentre le altre risposte in materia di accertamento sintetico sono state tutte “ratificate” (paragrafi 6 e 8 del documento di prassi in commento), la querelle degli incrementi patrimoniali è stata evidentemente accantonata per le riflessioni del caso.Pertanto, una ragione in più per confermare quella che, per me, rappresenta la strada maestra per la risoluzione della problematica (peraltro già espressa anche in “Nuovo redditometro «orfano» degli incrementi patrimoniali” del 14 luglio 2010), ossia il confronto con la “capienza” reddituale dei periodi d’imposta precedenti ovvero con la disponibilità di somme provenienti anche da annualità remote, purché ne sia dimostrata l’esistenza e l’impiego sino a quando l’incremento patrimoniale si è verificato.
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