reddito d’impresa
Finanziamenti soci sempre da comunicare
Secondo l’Agenzia, non vi deve essere relazione tra finanziamento e beni concessi in uso ai soci
L’Agenzia delle Entrate ha fornito, in occasione del Videoforum 2012 che si è svolto lo scorso 18 gennaio, le prime precisazioni in merito alla nuova e controversa disciplina dei beni assegnati in godimento ai soci o familiari e del connesso obbligo di comunicazione dei relativi dati.
Il chiarimento più rilevante è senza dubbio quello riguardante il caso in cui la società conceda un autoveicolo in godimento ad un socio che riveste anche la qualifica di dipendente o di amministratore. L’Agenzia delle Entrate ha, al riguardo, opportunamente ritenuto che in tale ipotesi non operi la disposizione dell’art. 67, comma 1, lett. h-ter), del TUIR, in base alla quale costituisce reddito diverso la differenza tra il valore di mercato e il corrispettivo annuo per la concessione in godimento dei beni dell’impresa ai detti soci o familiari, in quanto la stessa “trova applicazione solo nel caso in cui il TUIR non preveda specifiche norme che limitino la deducibilità dei costi relativi ai beni concessi in godimento in capo al concedente e che tassino il relativo reddito in capo al soggetto utilizzatore”. Pertanto, in tale ipotesi vige soltanto la specifica disciplina dei “fringe benefit” di cui all’art. 51 del TUIR (nonché quella di cui all’art. 54, in caso di imposizione del reddito dell’amministratore nell’ambito di quello di lavoro autonomo).
È stata così data soluzione anche alla questione relativa all’applicazione della norma che dispone l’indeducibilità dei costi, per la società, nel caso in cui i beni concessi ai soci o ai familiari, per un corrispettivo annuo inferiore al valore di mercato del diritto di godimento, siano utilizzati “promiscuamente”, cioè sia per l’attività commerciale che per uso personale dei detti soci o familiari. In tale ipotesi, infatti, trovano già applicazione alcune norme che forfetizzano l’inerenza (ad esempio, l’art. 164 del TUIR per gli autoveicoli), che non sono state abrogate e restano, quindi, applicabili, in luogo dell’indeducibilità integrale prevista in caso di corrispettivo inferiore al valore normale.
Inoltre, è stato chiarito che i finanziamenti e i versamenti “effettuati o ricevuti dai soci” vanno comunicati:
- per l’intero ammontare: la norma non prevede, infatti, un importo minimo al di sotto del quale tali operazioni non vanno segnalate (a differenza di quanto previsto, invece, per taluni beni di modesto valore assegnati in godimento);
- “indipendentemente dal fatto che tali operazioni siano strumentali all’acquisizione dei beni poi concessi in godimento ai soci”.
Al riguardo, si ricorda che nel punto 1.1. del citato provvedimento è precisato che i finanziamenti e le capitalizzazioni devono essere posti in essere nei confronti della “società concedente”, il che indurrebbe a ritenere che l’obbligo non si applichi se quest’ultima non assegna alcun bene in godimento a soci o familiari. La risposta fornita dall’Agenzia dovrebbe, pertanto, essere interpretata nel senso che vanno comunicati anche i finanziamenti effettuati da soci diversi dalle persone che utilizzano i beni (come nel caso di un bene dato in uso al coniuge di un socio, con finanziamento effettuato, invece, da quest’ultimo ovvero da un altro socio) o comunque non direttamente riconducibili all’acquisto dei beni che sono concessi in godimento.
Si ritiene, infine, che il riferimento ai finanziamenti “ricevuti” dai soci costituisca un mero refuso, in quanto nel punto 1.1. del provvedimento è chiaramente stabilito che il finanziamento o la capitalizzazione deve essere effettuata “nei confronti della società concedente”.
/ Gianfranco FERRANTI
Il chiarimento più rilevante è senza dubbio quello riguardante il caso in cui la società conceda un autoveicolo in godimento ad un socio che riveste anche la qualifica di dipendente o di amministratore. L’Agenzia delle Entrate ha, al riguardo, opportunamente ritenuto che in tale ipotesi non operi la disposizione dell’art. 67, comma 1, lett. h-ter), del TUIR, in base alla quale costituisce reddito diverso la differenza tra il valore di mercato e il corrispettivo annuo per la concessione in godimento dei beni dell’impresa ai detti soci o familiari, in quanto la stessa “trova applicazione solo nel caso in cui il TUIR non preveda specifiche norme che limitino la deducibilità dei costi relativi ai beni concessi in godimento in capo al concedente e che tassino il relativo reddito in capo al soggetto utilizzatore”. Pertanto, in tale ipotesi vige soltanto la specifica disciplina dei “fringe benefit” di cui all’art. 51 del TUIR (nonché quella di cui all’art. 54, in caso di imposizione del reddito dell’amministratore nell’ambito di quello di lavoro autonomo).
È stata così data soluzione anche alla questione relativa all’applicazione della norma che dispone l’indeducibilità dei costi, per la società, nel caso in cui i beni concessi ai soci o ai familiari, per un corrispettivo annuo inferiore al valore di mercato del diritto di godimento, siano utilizzati “promiscuamente”, cioè sia per l’attività commerciale che per uso personale dei detti soci o familiari. In tale ipotesi, infatti, trovano già applicazione alcune norme che forfetizzano l’inerenza (ad esempio, l’art. 164 del TUIR per gli autoveicoli), che non sono state abrogate e restano, quindi, applicabili, in luogo dell’indeducibilità integrale prevista in caso di corrispettivo inferiore al valore normale.
Il soggetto beneficiario è il fiduciario o il disponente
In merito all’obbligo di comunicazione all’Agenzia delle Entrate dei dati relativi ai beni concessi in godimento, è stato innanzitutto precisato che, in presenza di una società fiduciaria socia di quella che concede un bene in godimento ad una “persona fisica riferibile alla quota societaria”, ovvero di un trust socio di una società che concede il bene in godimento al disponente, “va comunicato come soggetto beneficiario il fiduciante ovvero il disponente, trattandosi nella sostanza di detenzione indiretta di quote”. Si ricorda, infatti, che nel punto 1.1. del provvedimento direttoriale del 16 novembre 2011 è stato stabilito che devono essere comunicati anche i dati delle persone fisiche che detengono indirettamente partecipazioni nell’impresa concedente.Inoltre, è stato chiarito che i finanziamenti e i versamenti “effettuati o ricevuti dai soci” vanno comunicati:
- per l’intero ammontare: la norma non prevede, infatti, un importo minimo al di sotto del quale tali operazioni non vanno segnalate (a differenza di quanto previsto, invece, per taluni beni di modesto valore assegnati in godimento);
- “indipendentemente dal fatto che tali operazioni siano strumentali all’acquisizione dei beni poi concessi in godimento ai soci”.
Al riguardo, si ricorda che nel punto 1.1. del citato provvedimento è precisato che i finanziamenti e le capitalizzazioni devono essere posti in essere nei confronti della “società concedente”, il che indurrebbe a ritenere che l’obbligo non si applichi se quest’ultima non assegna alcun bene in godimento a soci o familiari. La risposta fornita dall’Agenzia dovrebbe, pertanto, essere interpretata nel senso che vanno comunicati anche i finanziamenti effettuati da soci diversi dalle persone che utilizzano i beni (come nel caso di un bene dato in uso al coniuge di un socio, con finanziamento effettuato, invece, da quest’ultimo ovvero da un altro socio) o comunque non direttamente riconducibili all’acquisto dei beni che sono concessi in godimento.
Si ritiene, infine, che il riferimento ai finanziamenti “ricevuti” dai soci costituisca un mero refuso, in quanto nel punto 1.1. del provvedimento è chiaramente stabilito che il finanziamento o la capitalizzazione deve essere effettuata “nei confronti della società concedente”.
/ Gianfranco FERRANTI
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