Penale tributario e fallimentare
La frode fiscale concorre con la bancarotta fraudolenta
Nessun assorbimento in presenza di più fatti integranti entrambe le fattispecie
/ Venerdì 20 gennaio 2012
A prescindere dalla clausola di salvezza contemplata dall’art. 11 del DLgs. 74/2000 - nella formulazione anteriore alle modifiche apportate dall’art. 29 comma 4 del DL 78/2010 convertito - è comunque configurabile il concorso tra sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte e bancarotta fraudolenta (art. 216 del RD 267/42) in presenza di più fatti integranti entrambi i delitti.
È questo il principio di diritto desumibile dalla sentenza 17 gennaio 2012 n. 1843.
L’operatività della clausola di sussidiarietà di cui al previgente art. 11 del DLgs. 74/2000 (“Salvo che il fatto costituisca più grave reato”) postula che il medesimo “fatto” sia riconducibile a due diverse norme incriminatrici e costituisca, dunque, elemento essenziale del reato previsto da entrambe; è cioè necessario che vi sia una perfetta sovrapponibilità delle condotte contestate, non potendosi parlare, in caso contrario, di medesimo fatto.
Posto che il principio di specialità (art. 15 c.p.) trova applicazione quando una legge speciale interviene a regolare una materia già regolata da una precedente normativa di carattere generale, è evidente come esso non possa applicarsi nel caso in esame, dove la legislazione fiscale e quella fallimentare sono entrambe speciali e non vanno a disciplinare la stessa materia, essendo dirette a tutelare interessi differenti.
Nel caso di specie, peraltro, la difesa dell’indagato non invocava l’applicazione di tale principio, ma l’esistenza di una progressione dell’offesa del bene giuridico protetto con applicazione del principio dell’assorbimento di cui all’art. 84 c.p. In particolare, la condotta di cui all’art. 11 del DLgs. 74/2000 verrebbe aggravata dal fallimento della società, con la conseguenza che la bancarotta, reato complesso, assorbirebbe la fattispecie tributaria.
L’argomento - osserva la Suprema Corte - non è fuori luogo. Trattandosi di norme che disciplinano materie diverse, infatti, occorre verificare se la legge considera come elementi costitutivi del reato di bancarotta tutti gli elementi integrativi della fattispecie penale tributaria. Per configurare il reato complesso, cioè, non basta che più fatti, i quali, isolatamente considerati, costituirebbero altrettanti reati, abbiano qualche elemento comune, occorrendo l’unificazione a livello normativo di tutti gli elementi che integrano ipotesi tipiche di reati tra loro differenti.
Ebbene, nel caso di specie manca il completo assorbimento del reato tributario in quello fallimentare, dal momento che vi sono plurimi elementi del primo che non sono affatto normativamente contemplati nel secondo. Il reato tributario, innanzitutto, è un reato istantaneo di pericolo, a nulla rilevando che in un secondo momento la pretesa tributaria dello Stato non sia stata soddisfatta, mentre la bancarotta fraudolenta richiede l’effettiva verificazione del fatto distrattivo con pregiudizio ai creditori. La sottrazione fraudolenta è un reato comune o, comunque, un reato a soggettività molto ampia, potendo essere compiuta da qualsiasi contribuente con un debito d’imposta, mentre la bancarotta è reato proprio (circostanza che non esclude il concorso “esterno”). La sottrazione fraudolenta tutela l’interesse al buon esito della procedura coattiva di riscossione, mentre la bancarotta fraudolenta intende assicurare alla generalità dei creditori i mezzi di garanzia. La sottrazione fraudolenta, ancora, è caratterizzata dalla idoneità ex ante delle condotte distrattive a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva, laddove per la bancarotta non solo non basta l’astratta idoneità, ma è altresì sufficiente che vi sia un pregiudizio per uno qualsiasi dei creditori; il che rende evidente come possa esistere la bancarotta fraudolenta senza l’integrazione della frode fiscale in questione quando l’atto distrattivo non pregiudichi il pagamento, in sede concorsuale, dei crediti privilegiati dell’Erario, ma rechi pregiudizio ai creditori chirografari o con diritti di prelazione di grado inferiore.
In definitiva - osserva la Suprema Corte - la bancarotta fraudolenta non realizza un completo assorbimento del reato fiscale, precludendo l’applicazione dell’art. 84 c.p. Questa norma, infatti, presuppone una verifica di continenza in astratto ovvero con riguardo alla fattispecie incriminatrice e non con riguardo al fatto storico commesso dall’imputato. Ebbene, la fattispecie di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte non è integralmente riprodotta nella norma di cui all’art. 216 del RD 267/42, cosicché non può dirsi esistente un’ipotesi di reato complesso.
In ogni caso, tuttavia, analizzando il dato concreto, è possibile che i fatti contestati agli imputati integrino entrambi i reati. In tal caso, ci si troverebbe in presenza di una mera eventualità irrilevante ai fini dell’operatività dell’art. 84 c.p., con applicazione delle norme sul concorso; ciò in quanto l’applicazione del principio di specialità è preclusa, come evidenziato, dal difetto di identità della materia regolata.
È questo il principio di diritto desumibile dalla sentenza 17 gennaio 2012 n. 1843.
L’operatività della clausola di sussidiarietà di cui al previgente art. 11 del DLgs. 74/2000 (“Salvo che il fatto costituisca più grave reato”) postula che il medesimo “fatto” sia riconducibile a due diverse norme incriminatrici e costituisca, dunque, elemento essenziale del reato previsto da entrambe; è cioè necessario che vi sia una perfetta sovrapponibilità delle condotte contestate, non potendosi parlare, in caso contrario, di medesimo fatto.
Posto che il principio di specialità (art. 15 c.p.) trova applicazione quando una legge speciale interviene a regolare una materia già regolata da una precedente normativa di carattere generale, è evidente come esso non possa applicarsi nel caso in esame, dove la legislazione fiscale e quella fallimentare sono entrambe speciali e non vanno a disciplinare la stessa materia, essendo dirette a tutelare interessi differenti.
Nel caso di specie, peraltro, la difesa dell’indagato non invocava l’applicazione di tale principio, ma l’esistenza di una progressione dell’offesa del bene giuridico protetto con applicazione del principio dell’assorbimento di cui all’art. 84 c.p. In particolare, la condotta di cui all’art. 11 del DLgs. 74/2000 verrebbe aggravata dal fallimento della società, con la conseguenza che la bancarotta, reato complesso, assorbirebbe la fattispecie tributaria.
L’argomento - osserva la Suprema Corte - non è fuori luogo. Trattandosi di norme che disciplinano materie diverse, infatti, occorre verificare se la legge considera come elementi costitutivi del reato di bancarotta tutti gli elementi integrativi della fattispecie penale tributaria. Per configurare il reato complesso, cioè, non basta che più fatti, i quali, isolatamente considerati, costituirebbero altrettanti reati, abbiano qualche elemento comune, occorrendo l’unificazione a livello normativo di tutti gli elementi che integrano ipotesi tipiche di reati tra loro differenti.
Ebbene, nel caso di specie manca il completo assorbimento del reato tributario in quello fallimentare, dal momento che vi sono plurimi elementi del primo che non sono affatto normativamente contemplati nel secondo. Il reato tributario, innanzitutto, è un reato istantaneo di pericolo, a nulla rilevando che in un secondo momento la pretesa tributaria dello Stato non sia stata soddisfatta, mentre la bancarotta fraudolenta richiede l’effettiva verificazione del fatto distrattivo con pregiudizio ai creditori. La sottrazione fraudolenta è un reato comune o, comunque, un reato a soggettività molto ampia, potendo essere compiuta da qualsiasi contribuente con un debito d’imposta, mentre la bancarotta è reato proprio (circostanza che non esclude il concorso “esterno”). La sottrazione fraudolenta tutela l’interesse al buon esito della procedura coattiva di riscossione, mentre la bancarotta fraudolenta intende assicurare alla generalità dei creditori i mezzi di garanzia. La sottrazione fraudolenta, ancora, è caratterizzata dalla idoneità ex ante delle condotte distrattive a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva, laddove per la bancarotta non solo non basta l’astratta idoneità, ma è altresì sufficiente che vi sia un pregiudizio per uno qualsiasi dei creditori; il che rende evidente come possa esistere la bancarotta fraudolenta senza l’integrazione della frode fiscale in questione quando l’atto distrattivo non pregiudichi il pagamento, in sede concorsuale, dei crediti privilegiati dell’Erario, ma rechi pregiudizio ai creditori chirografari o con diritti di prelazione di grado inferiore.
In definitiva - osserva la Suprema Corte - la bancarotta fraudolenta non realizza un completo assorbimento del reato fiscale, precludendo l’applicazione dell’art. 84 c.p. Questa norma, infatti, presuppone una verifica di continenza in astratto ovvero con riguardo alla fattispecie incriminatrice e non con riguardo al fatto storico commesso dall’imputato. Ebbene, la fattispecie di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte non è integralmente riprodotta nella norma di cui all’art. 216 del RD 267/42, cosicché non può dirsi esistente un’ipotesi di reato complesso.
In ogni caso, tuttavia, analizzando il dato concreto, è possibile che i fatti contestati agli imputati integrino entrambi i reati. In tal caso, ci si troverebbe in presenza di una mera eventualità irrilevante ai fini dell’operatività dell’art. 84 c.p., con applicazione delle norme sul concorso; ciò in quanto l’applicazione del principio di specialità è preclusa, come evidenziato, dal difetto di identità della materia regolata.
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