Diritto societario
Omessi depositi al Registro imprese, attenzione alla data
Per le violazioni commesse entro il 15 novembre 2011 restano ferme le previgenti e più gravose sanzioni
Le omesse esecuzioni di denunce, comunicazioni e depositi al Registro delle imprese poste in essere in prossimità dell’entrata in vigore delle modifiche apportate dall’art. 9 comma 5 della L. 11 novembre 2011 n. 180 (15 novembre 2011), introduttive di una disciplina più favorevole, continuano ad essere punite con le vecchie, e più gravose, sanzioni anche se l’irrogazione delle stesse è concretamente avvenuta nella vigenza della nuova disciplina.
A precisarlo è la circolare 27 dicembre 2011 n. 3647/C del Ministero dello Sviluppo Economico.
Ai sensi del previgente art. 2630 c.c., come inserito dal DLgs. 61/2002, chiunque, essendovi tenuto per legge a causa delle funzioni rivestite in una società o in un consorzio, ometteva di eseguire, nei termini prescritti, denunce, comunicazioni o depositi presso il Registro delle imprese, era punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 206a 2.065 euro. La suddetta sanzione amministrativa era aumentata di un terzo nel caso di omissione del deposito del bilancio (le medesime sanzioni, inoltre, erano state estese, ad opera dell’art. 42 comma 2 della L. 7 luglio 2009 n. 88, alle omesse indicazioni negli atti, nella corrispondenza e nella rete telematica delle informazioni di cui all’art. 2250 c.c.).
Tale disciplina era stata oggetto di critiche dal momento che, in talune ipotesi, risultava eccessivamente rigorosa. Si pensi, in particolare, al fatto che, posto che gli oneri relativi al deposito del bilancio sono a carico degli amministratori, si procedeva all’applicazione della sanzione a tutti i membri dell’eventuale Consiglio di amministrazione, senza alcuna distinzione.
Il nuovo art. 2630 c.c., come inserito dall’art. 9 comma 5 della L. 11 novembre 2011 n. 180 (recante “Norme per la tutela della libertà d’impresa. Statuto delle imprese”), nell’intento di rendere più equo il sistema (finalità precisata nella stessa disposizione normativa), stabilisce: “Chiunque, essendovi tenuto per legge a causa delle funzioni rivestite in una società o in un consorzio, omette di eseguire, nei termini prescritti, denunce, comunicazioni o depositi presso il registro delle imprese, ovvero omette di fornire negli atti, nella corrispondenza e nella rete telematica le informazioni prescritte dall’articolo 2250, primo, secondo, terzo e quarto comma, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 103,00 euro a 1.032,00 euro. Se la denuncia, la comunicazione o il deposito avvengono nei trenta giorni successivi alla scadenza dei termini prescritti, la sanzione amministrativa pecuniaria è ridotta ad un terzo. Se si tratta di omesso deposito dei bilanci, la sanzione amministrativa pecuniaria è aumentata di un terzo”.
La nuova disciplina, quindi, in vigore dal 15 novembre 2011, da un lato, dimezza l’entità delle sanzioni e, dall’altro, consente una riduzione delle stesse ove l’adempimento avvenga con un ritardo non superiore a trenta giorni.
In assenza di disposizioni transitorie, peraltro, si è posto il problema della determinazione dell’importo della sanzione irrogabile alle violazioni commesse in prossimità dell’entrata in vigore della nuova disciplina ma irrogate nel vigore della stessa; ovvero se a rilevare sia il momento in cui si concretizza la violazione o quello in cui si applica la sanzione.
A fronte di ciò, la Corte di Cassazione ha sottolineato in più occasioni come in tema di illeciti amministrativi l’adozione del principio di irretroattività comporti l’assoggettamento della condotta considerata alla legge del tempo del suo verificarsi, con conseguente inapplicabilità della disciplina posteriore, anche se eventualmente più favorevole (cfr. Cass. 28 gennaio 2008 n. 1789 e, più di recente, Cass. 4 marzo 2011 n. 5246 e Cass. 18 novembre 2011 n. 24329).
Ulteriore conferma di tale soluzione si ritrova – osserva infine la circolare in commento – nell’art. 40 della L. 689/81, che sancisce la retroattività delle norme introdotte dalla medesima legge, ma solo con riguardo alle infrazioni tramite essa depenalizzate (cfr. Cass. 28 gennaio 1983 n. 773).
/ Maurizio MEOLI
A precisarlo è la circolare 27 dicembre 2011 n. 3647/C del Ministero dello Sviluppo Economico.
Ai sensi del previgente art. 2630 c.c., come inserito dal DLgs. 61/2002, chiunque, essendovi tenuto per legge a causa delle funzioni rivestite in una società o in un consorzio, ometteva di eseguire, nei termini prescritti, denunce, comunicazioni o depositi presso il Registro delle imprese, era punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 206a 2.065 euro. La suddetta sanzione amministrativa era aumentata di un terzo nel caso di omissione del deposito del bilancio (le medesime sanzioni, inoltre, erano state estese, ad opera dell’art. 42 comma 2 della L. 7 luglio 2009 n. 88, alle omesse indicazioni negli atti, nella corrispondenza e nella rete telematica delle informazioni di cui all’art. 2250 c.c.).
Tale disciplina era stata oggetto di critiche dal momento che, in talune ipotesi, risultava eccessivamente rigorosa. Si pensi, in particolare, al fatto che, posto che gli oneri relativi al deposito del bilancio sono a carico degli amministratori, si procedeva all’applicazione della sanzione a tutti i membri dell’eventuale Consiglio di amministrazione, senza alcuna distinzione.
Il nuovo art. 2630 c.c., come inserito dall’art. 9 comma 5 della L. 11 novembre 2011 n. 180 (recante “Norme per la tutela della libertà d’impresa. Statuto delle imprese”), nell’intento di rendere più equo il sistema (finalità precisata nella stessa disposizione normativa), stabilisce: “Chiunque, essendovi tenuto per legge a causa delle funzioni rivestite in una società o in un consorzio, omette di eseguire, nei termini prescritti, denunce, comunicazioni o depositi presso il registro delle imprese, ovvero omette di fornire negli atti, nella corrispondenza e nella rete telematica le informazioni prescritte dall’articolo 2250, primo, secondo, terzo e quarto comma, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 103,00 euro a 1.032,00 euro. Se la denuncia, la comunicazione o il deposito avvengono nei trenta giorni successivi alla scadenza dei termini prescritti, la sanzione amministrativa pecuniaria è ridotta ad un terzo. Se si tratta di omesso deposito dei bilanci, la sanzione amministrativa pecuniaria è aumentata di un terzo”.
La nuova disciplina, quindi, in vigore dal 15 novembre 2011, da un lato, dimezza l’entità delle sanzioni e, dall’altro, consente una riduzione delle stesse ove l’adempimento avvenga con un ritardo non superiore a trenta giorni.
In assenza di disposizioni transitorie, peraltro, si è posto il problema della determinazione dell’importo della sanzione irrogabile alle violazioni commesse in prossimità dell’entrata in vigore della nuova disciplina ma irrogate nel vigore della stessa; ovvero se a rilevare sia il momento in cui si concretizza la violazione o quello in cui si applica la sanzione.
Negli illeciti amministrativi non retroattiva anche la disciplina favorevole
La circolare 27 dicembre 2011 n. 3647/C del Ministero dello Sviluppo Economico opta per la prima soluzione. Ed, infatti, il principio tempus regit actum, in base al quale una legge non dispone che per l’avvenire, di cui all’art. 11 delle preleggi, è inderogabile in assenza di una espressa indicazione del legislatore (cfr., tra le altre, Cass. 28 agosto 1996 n. 7905). Tale principio trova riscontro anche nel sistema delle sanzioni amministrative. L’art. 1 della L. 24 novembre 1981 n. 689, infatti, dopo aver affermato che nessuno può essere assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima della commissione della violazione, precisa che le leggi che prevedono sanzioni amministrative si applicano soltanto nei casi e per i tempi in esse considerati.A fronte di ciò, la Corte di Cassazione ha sottolineato in più occasioni come in tema di illeciti amministrativi l’adozione del principio di irretroattività comporti l’assoggettamento della condotta considerata alla legge del tempo del suo verificarsi, con conseguente inapplicabilità della disciplina posteriore, anche se eventualmente più favorevole (cfr. Cass. 28 gennaio 2008 n. 1789 e, più di recente, Cass. 4 marzo 2011 n. 5246 e Cass. 18 novembre 2011 n. 24329).
Ulteriore conferma di tale soluzione si ritrova – osserva infine la circolare in commento – nell’art. 40 della L. 689/81, che sancisce la retroattività delle norme introdotte dalla medesima legge, ma solo con riguardo alle infrazioni tramite essa depenalizzate (cfr. Cass. 28 gennaio 1983 n. 773).
/ Maurizio MEOLI
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