Immobili esteri tassati sul costo d’acquisto
La base imponibile può portare ad un prelievo non in linea con i principi costituzionali
Pur volendo valorizzare le circostanze straordinarie che hanno spinto il Legislatore ad introdurre un’imposta patrimoniale sugli immobili esteri in sede di conversione del DL n. 201 del 2011, è difficile negare l’esistenza di alcuni profili di irrazionalità della disposizione che potrebbero essere portati anche all’attenzione della Corte Costituzionale.
Come già evidenziato in precedenti interventi, l’art. 19 comma 13 della DL n. 201/2011 ha istituito, a decorrere dal 2011, un’imposta sul valore degli immobili situati all’estero a qualsiasi uso destinati dalle persone fisiche residenti in Italia.
La base imponibile è pari al 0,76% del valore dell’immobile, intendendosi per tale il costo risultante dall’atto di acquisto o dai contratti e, in mancanza, il valore di mercato rilevabile nel luogo in cui è situato l’immobile.
Anche se l’applicazione pratica della disposizione richiederà l’emanazione di provvedimenti attuativi da parte del Direttore dell’Agenzia delle entrate, già dalla norma primaria emerge come il legislatore, di fatto, abbia voluto trasformare il modulo RW da quadro non reddituale a quadro reddituale, quanto meno con riferimento alle persone fisiche, posto che le società semplici e gli enti commerciali non risultano assoggettati alla nuova imposizione, fermo restando l’obbligo di compilazione del modulo RW.
D’altra parte, la circostanza che, a partire dalla dichiarazione dei redditi relativa al 2009 (UNICO 2010), gli immobili situati all’estero siano oggetto di monitoraggio fiscale con il modulo RW, indipendentemente dal fatto che producano o meno un reddito imponibile in Italia nel medesimo periodo d’imposta, costituirà un rilevante strumento di controllo per il corretto assolvimento dell’imposta, oltre ovviamente allo scambio di informazioni con le autorità fiscali estere, peraltro come già avvenuto in passato.
Venendo all’applicazione del tributo, si ricorda che l’imposta è dovuta dalle persone fisiche residenti per tutti gli immobili situati all’estero, a qualsiasi uso destinati (tenuti a disposizione, locati, ecc.), a prescindere dall’adesione allo scudo fiscale.
L’esclusione da imposizione da parte delle società, oltre ad essere del tutto discrezionale, rischia di far diventare lo strumento societario un mezzo per eludere l’imposizione patrimoniale, in controtendenza con l’attuale legislazione, molto attenta a penalizzare l’utilizzo di società per schermare l’intestazione personale di beni.
A differenza di quanto ha fatto per l’IMU, il legislatore non ha circoscritto la tipologia di immobili tassata (fabbricati, aree fabbricabili e terreni agricoli) demandando verosimilmente tale attività ai regolamenti attuativi, atteso che, da punto di vista strettamente civilistico, sono beni immobili, tra l’altro, il suolo, gli edifici e le altre costruzioni, anche se unite al suolo a scopo transitorio, e in genere tutto ciò che naturalmente o artificialmente è incorporato al suolo. Sono, ad esempio, beni immobili le cabine in muratura di uno stabilimento balneare.
Il comma 14 dell’art. 19 precisa che il soggetto passivo dell’immobile è il proprietario dell’immobile ovvero il titolare di altro diritto reale sullo stesso. Quindi titolare, ad esempio, dei diritti di usufrutto, uso, abitazione.
Nel caso dell’IMU, come peraltro nel caso dell’ICI, il tributo non è dovuto dal nudo proprietario, ma solo dall’usufruttuario.
Con riferimento invece al modulo RW, l’Agenzia delle Entrate (circolare n. 45 del 13 settembre 2010) ha rilevato che qualora sul bene sussistano più diritti reali sono tenuti all’effettuazione di tale adempimento sia il titolare del diritto di usufrutto sia il titolare della nuda proprietà. Ciò in quanto sia la titolarità del diritto di usufrutto che della nuda proprietà sono in grado di generare redditi di fonte estera.
Le maggiori perplessità per la nuova imposizione risiedono, tuttavia, nei criteri di determinazione della base imponibile. Il riferimento al costo d’acquisto e, in mancanza, al valore di mercato dell’immobile è mutuato anch’esso dai criteri di compilazione del modulo RW.
Più nel dettaglio, secondo le indicazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate, si tratta del costo risultante dalla relativa documentazione probatoria, maggiorato degli eventuali oneri accessori quali, ad esempio, le spese notarili e gli oneri di intermediazione, ad esclusione degli interessi passivi.
Se tale riferimento pare accettabile nel caso di monitoraggio degli investimenti, la questione diventa più delicata quando si passa sul piano dell’imposizione.
È evidente che per gli immobili acquistati molto in là nel tempo, la tassazione può diventare quasi irrisoria, soprattutto se paragonata a quella degli immobili acquisiti più di recente.
Non che il legislatore avesse molte alternative, considerato che anche il valore di mercato ha notevoli limiti di discrezionalità.
Probabilmente la previsione di un coefficiente di rivalutazione del costo d’acquisto avrebbe potuto rendere l’imposizione più aderente ai dettami costituzionali.
Come già evidenziato in precedenti interventi, l’art. 19 comma 13 della DL n. 201/2011 ha istituito, a decorrere dal 2011, un’imposta sul valore degli immobili situati all’estero a qualsiasi uso destinati dalle persone fisiche residenti in Italia.
La base imponibile è pari al 0,76% del valore dell’immobile, intendendosi per tale il costo risultante dall’atto di acquisto o dai contratti e, in mancanza, il valore di mercato rilevabile nel luogo in cui è situato l’immobile.
Anche se l’applicazione pratica della disposizione richiederà l’emanazione di provvedimenti attuativi da parte del Direttore dell’Agenzia delle entrate, già dalla norma primaria emerge come il legislatore, di fatto, abbia voluto trasformare il modulo RW da quadro non reddituale a quadro reddituale, quanto meno con riferimento alle persone fisiche, posto che le società semplici e gli enti commerciali non risultano assoggettati alla nuova imposizione, fermo restando l’obbligo di compilazione del modulo RW.
D’altra parte, la circostanza che, a partire dalla dichiarazione dei redditi relativa al 2009 (UNICO 2010), gli immobili situati all’estero siano oggetto di monitoraggio fiscale con il modulo RW, indipendentemente dal fatto che producano o meno un reddito imponibile in Italia nel medesimo periodo d’imposta, costituirà un rilevante strumento di controllo per il corretto assolvimento dell’imposta, oltre ovviamente allo scambio di informazioni con le autorità fiscali estere, peraltro come già avvenuto in passato.
Venendo all’applicazione del tributo, si ricorda che l’imposta è dovuta dalle persone fisiche residenti per tutti gli immobili situati all’estero, a qualsiasi uso destinati (tenuti a disposizione, locati, ecc.), a prescindere dall’adesione allo scudo fiscale.
L’esclusione da imposizione da parte delle società, oltre ad essere del tutto discrezionale, rischia di far diventare lo strumento societario un mezzo per eludere l’imposizione patrimoniale, in controtendenza con l’attuale legislazione, molto attenta a penalizzare l’utilizzo di società per schermare l’intestazione personale di beni.
A differenza di quanto ha fatto per l’IMU, il legislatore non ha circoscritto la tipologia di immobili tassata (fabbricati, aree fabbricabili e terreni agricoli) demandando verosimilmente tale attività ai regolamenti attuativi, atteso che, da punto di vista strettamente civilistico, sono beni immobili, tra l’altro, il suolo, gli edifici e le altre costruzioni, anche se unite al suolo a scopo transitorio, e in genere tutto ciò che naturalmente o artificialmente è incorporato al suolo. Sono, ad esempio, beni immobili le cabine in muratura di uno stabilimento balneare.
Il comma 14 dell’art. 19 precisa che il soggetto passivo dell’immobile è il proprietario dell’immobile ovvero il titolare di altro diritto reale sullo stesso. Quindi titolare, ad esempio, dei diritti di usufrutto, uso, abitazione.
Nel caso dell’IMU, come peraltro nel caso dell’ICI, il tributo non è dovuto dal nudo proprietario, ma solo dall’usufruttuario.
Con riferimento invece al modulo RW, l’Agenzia delle Entrate (circolare n. 45 del 13 settembre 2010) ha rilevato che qualora sul bene sussistano più diritti reali sono tenuti all’effettuazione di tale adempimento sia il titolare del diritto di usufrutto sia il titolare della nuda proprietà. Ciò in quanto sia la titolarità del diritto di usufrutto che della nuda proprietà sono in grado di generare redditi di fonte estera.
Le maggiori perplessità per la nuova imposizione risiedono, tuttavia, nei criteri di determinazione della base imponibile. Il riferimento al costo d’acquisto e, in mancanza, al valore di mercato dell’immobile è mutuato anch’esso dai criteri di compilazione del modulo RW.
Più nel dettaglio, secondo le indicazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate, si tratta del costo risultante dalla relativa documentazione probatoria, maggiorato degli eventuali oneri accessori quali, ad esempio, le spese notarili e gli oneri di intermediazione, ad esclusione degli interessi passivi.
Se tale riferimento pare accettabile nel caso di monitoraggio degli investimenti, la questione diventa più delicata quando si passa sul piano dell’imposizione.
È evidente che per gli immobili acquistati molto in là nel tempo, la tassazione può diventare quasi irrisoria, soprattutto se paragonata a quella degli immobili acquisiti più di recente.
Non che il legislatore avesse molte alternative, considerato che anche il valore di mercato ha notevoli limiti di discrezionalità.
Probabilmente la previsione di un coefficiente di rivalutazione del costo d’acquisto avrebbe potuto rendere l’imposizione più aderente ai dettami costituzionali.
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