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venerdì 20 gennaio 2012

ilcasodelgiorno Ricorso contro il diniego CFC alla ricerca del legittimato passivo

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Ricorso contro il diniego CFC alla ricerca del legittimato passivo

Se risponde la Direzione centrale normativa, per prudenza è bene notificare il ricorso anche alla propria Direzione provinciale
/ Venerdì 20 gennaio 2012
Varie volte ci siamo soffermati sugli effetti della sentenza 8663/2011, ove la Cassazione, in tema di ricorso contro il diniego di disapplicazione di una norma antielusiva a seguito di interpello disapplicativo (presentato ai sensi dell’art. 37-bis del DPR 600/73), ha sancito la necessità di impugnazione autonoma della risposta (si veda “Impugnazione «imposta» dell’interpello: principio diversificato sulla tipologia” del 6 giugno 2011).
Il principale riflesso di tale orientamento è il seguente: tra risposta data a seguito di interpello e avviso di accertamento (con cui viene applicata la norma antielusiva) vige l’autonomia degli atti impugnabili, come se si trattasse di accertamento seguito da cartella di pagamento. Per questo motivo, se il contribuente omette di impugnare la risposta resa a seguito dell’interpello, non potrà più censurare il successivo accertamento facendo valere l’inapplicabilità della normativa antielusiva, posto che tale atto può essere impugnato solo per “vizi propri”.
Ora, tralasciando ogni osservazione sulla correttezza/opportunità di detto orientamento, occorre rilevare che, per prudenza, è bene che i contribuenti impugnino le risposte scaturenti dagli interpelli, ove si tratti di interpello disapplicativo (art. 37-bis del DPR 600/73), interpello presentato per la disapplicazione della disciplina sulle società di comodo (art. 30 della L. 724/94) e interpello CFC (art. 167 del TUIR): queste tre tipologie di interpelli, stando alla tesi della Cassazione, hanno in comune il carattere della “obbligatorietà”, per cui devono essere impugnate.
Sorge quindi il problema del legittimato passivo, specie per l’interpello CFC.
Se per la società di comodo la giurisprudenza, in senso discordante, ha sancito sia la legittimazione passiva della DRE (C.T. Prov. Torino 10 gennaio 2011 n. 5/14/11) sia quella della Direzione provinciale del contribuente (C.T. Prov. Lecce 15 aprile 2008 n. 93), per le CFC la questione è più problematica.
DRE con legittimazione passiva
Di norma l’interpello segue le modalità procedurali dell’interpello ordinario ex art. 11 della L. 212/2000, quindi, ai sensi dell’art. 2 del DM 209/2001, risponde la DRE. Se, però, il soggetto istante è un grande contribuente (impresa con volume di affari o ricavi non inferiori a 150 milioni di euro), entra in scena l’art. 27 del DL 185/2008, per cui risponde non la DRE ma la Direzione centrale normativa.
Il contribuente rischierebbe l’inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione passiva del resistente se notificasse l’impugnazione contro la risposta alla Direzione centrale, soggetto che, per quanto ci consta, non ha il potere di acquisire la legittimazione processuale.
Per questo motivo occorre, in primo luogo, un intervento legislativo atto a determinare, con chiarezza, quali siano le diramazioni dell’Agenzia delle Entrate che godono di legittimazione processuale (visto che il problema si pone anche per il Centro operativo di Pescara, si veda “Il Centro operativo di Pescara non ha legittimazione processuale” del 18 novembre 2010).
In attesa dell’intervento, è bene che si provveda alla notifica del ricorso sia alla Direzione centrale (o alla DRE) sia alla propria Direzione provinciale, in modo da scongiurare ogni eccezione di inammissibilità, e che ci si costituisca presso la Commissione tributaria determinata con riferimento alla Direzione provinciale. In tal modo, anche qualora si opti per la legittimazione della Direzione centrale normativa, il giudice disporrebbe la translatio iudicii a favore del giudice competente e il ricorso non rischierebbe l’inammissibilità.
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