riforma delle professioni
Le società tra professionisti devono aspettare
In una circolare, il CUP spiega i motivi per cui tali società non possono essere iscritte negli Albi senza l’emanazione dell’apposito regolamento
Finché non sarà emanato il regolamento, da parte del Ministro della Giustizia, di concerto con quello dello Sviluppo economico, che disciplini le società tra professionisti (STP), così come disposto dall’art. 10, comma 10 della L. n. 183/2011 (Legge di stabilità 2012), nessuna società potrà essere iscritta in alcun Albo professionale, nonostante la suddetta legge sia entrata in vigore il 1° gennaio 2012. Il difetto di regolamentazione, infatti, renderebbe impossibile l’esercizio della funzione di vigilanza che è priorità degli Ordini. È questa una delle conclusioni a cui è giunto il Comitato Unitario Permanente degli Ordini e Collegi Professionali (CUP), che, in una circolare, ha esaminato gli aspetti critici della normativa di riferimento e inserito alcune proposte d’intervento.Innanzitutto, si ricorda che l’art. 10, comma 3 della L. n. 183/2011 permette la costituzione di società per l’esercizio di attività professionali regolamentate nel sistema ordinistico secondo i modelli societari regolati dai titolo V e VI del libro V del codice civile.
Inoltre, possono assumere la qualifica di società tra professionisti le società il cui atto costitutivo preveda: l’esercizio in via esclusiva dell’attività professionale da parte dei soci; l’ammissione in qualità di soci dei soli professionisti iscritti a Ordini, Albi e Collegi, anche in differenti sezioni, nonché dei cittadini degli Stati membri dell’Unione europea, purché in possesso del titolo di studio abilitante, ovvero soggetti non professionisti soltanto per prestazioni tecniche o per finalità di investimento; criteri e modalità affinché l’esecuzione dell’incarico professionale conferito alla società sia eseguito solo dai soci in possesso dei requisiti per l’esercizio della prestazione professionale richiesta; la designazione del socio professionista sia compiuta dall’utente e, in mancanza di tale designazione, il nominativo debba essere previamente comunicato per iscritto all’utente; le modalità di esclusione dalla società del socio che sia stato cancellato dal rispettivo Albo con provvedimento definitivo.
Tra le criticità evidenziate a tal proposito, secondo il CUP va precisato che l’attività professionale è l’esclusiva attività che la società può svolgere e ciò deve avvenire a cura dei professionisti, con le modalità d’incarico stabilite dal regolamento interministeriale. La volontà del legislatore dev’essere infatti quella di conservare in capo alla società gli stessi requisiti richiesti al singolo professionista per lo svolgimento di qualsiasi attività regolamentata, ragion per cui non ci può essere spazio, nell’attività della società, per attività svolte da terzi non abilitati.
È poi necessario riformulare l’art. 10, comma 4, lett. b) della citata legge, poiché è inesatto richiedere ai cittadini degli Stati membri dell’UE il solo possesso del titolo di studio abilitante: per il CUP, la norma va riformulata facendo riferimento alla qualifica professionale riconosciuta per l’esercizio della professione regolamentata nel rispetto delle previsioni della Direttiva 2005/36/CE e del DLgs. n. 206/2007.
Il successivo comma 7 dell’art. 10, invece, delinea a grandi linee il regime disciplinare della STP, stabilendo che i professionisti soci sono tenuti all’osservanza del codice deontologico del proprio Ordine, così come la società è soggetta al regime disciplinare dell’Ordine al quale risulti iscritta. Il Comitato Unitario delle Professioni ritiene che il regolamento interministeriale, da emanare entro sei mesi dalla data di pubblicazione della legge (come stabilito dall’art. 10, comma 10), dovrà:
- individuare le relazioni esistenti fra gli illeciti disciplinari posti in essere dal professionista e le direttive impartite dalla società al socio, come individuare la disciplina applicabile nei casi in cui non esista coincidenza tra Ordine territoriale d’iscrizione della società e del socio;
- stabilire quali conseguenze sull’organizzazione societaria produrrà una sanzione disciplinare di una certa gravità comminata alla società.
Per tali motivi, senza tale regolamentazione, per il CUP sarebbe di fatto impedito agli Ordini di svolgere la loro attività di vigilanza disciplinare; di conseguenza, al momento attuale non è possibile iscrivere le società in alcun Albo. Fino a quando tale iscrizione all’Albo non potrà essere fatta, la società, anche se costituita e inserita nel Registro delle imprese, non potrà svolgere in concreto la sua attività.
In conclusione, la circolare sottolinea come urga un intervento correttivo che affianchi la redazione del decreto interministeriale. Il tempo, per il CUP, c’è, ma la regolamentazione richiede un fattivo coinvolgimento delle professioni, affinché questa normativa sia introdotta in piena coerenza ai principi caratterizzanti gli ordinamenti professionali e non produca discriminazioni con l’attività svolta singolarmente dal professionista.
/ Michela DAMASCO
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