iva
Sanatoria sulle partite IVA inattive estesa al 2 aprile
Rimandato il termine per sanare le omesse dichiarazioni di cessazione attività, mediante versamento della sanzione minima pari a 129 euro
È prorogata sino al 2 aprile 2012 (il termine di legge del 31 marzo cade di sabato) la disposizione della manovra correttiva del luglio scorso, che consente ai contribuenti di sanare l’omessa comunicazione della chiusura della partita IVA con il versamento della sanzione ridotta di 129 euro. Lo prevede il DL n. 216/2011, pubblicato nella G.U. dello scorso 29 dicembre.
Il combinato disposto dei commi 3 e 4 dell’articolo 35 del DPR 633/1972 stabilisce che il contribuente titolare di partita IVA, qualora cessi l’attività, debba darne comunicazione, per via telematica (anche attraverso “ComUnica”) o tramite presentazione diretta agli Uffici dell’Agenzia delle Entrate (utilizzando i modelli AA9/10 per le persone fisiche, AA7/10 per i soggetti diversi da persone fisiche e ANR/3 per i non residenti), entro trenta giorni dalla data di ultimazione delle operazioni relative alla liquidazione dell’azienda.
Ad oggi, vi sono circa otto milioni di partite IVA attive, ma di queste soltanto cinque milioni risultano associate a posizioni fiscali per cui sono state regolarmente trasmesse tutte le dichiarazioni. Da ciò emerge, evidentemente, che molte partite IVA, pur risultando ancora operative, sono in realtà inattive.
Al fine di “eliminare” dal database dell’Amministrazione finanziaria tali partite IVA inattive, con conseguente ridimensionamento delle banche dati da gestire e consolidamento degli studi statistici, oltre che con un reale potenziamento dell’analisi del rischio su tutta la platea dei contribuenti IVA, il Legislatore della manovra correttiva dello scorso luglio ha introdotto una sanatoria sulle omesse dichiarazioni di cessazione di attività, non presentate dai contribuenti in relazione a quei tre milioni di partite IVA che risultano sostanzialmente “abbandonate”. In particolare, l’articolo 23, comma 23, del DL 98/2011 dispone che i titolari di partita IVA che, sebbene obbligati, non abbiano tempestivamente presentato la dichiarazione di cessazione di attività di cui all’articolo 35, comma 3, del DPR 633/1972, possono sanare la violazione versando un importo pari alla sanzione minima indicata nell’articolo 5, comma 6, primo periodo, del D.Lgs. 471/1997, ridotta ad un quarto, ovvero pari a 129 euro. La disposizione si applica sempre che la violazione non sia già stata constatata con atto portato a conoscenza del contribuente. L’originario termine di scadenza per il versamento era fissato dalla norma a novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto, ovvero entro il 4 ottobre 2011. L’articolo 29, comma 6, del DL 216/2011 proroga ora il predetto termine al 31 marzo 2012, che, cadendo di sabato, slitta al successivo 2 aprile.
A tal proposito, si rendono ancora applicabili le istruzioni fornite dall’Agenzia delle Entrate nella risoluzione n. 93 del 21 settembre 2011, con cui era stato stabilito che oltre al versamento di 129 euro, da effettuarsi tramite il modello “F24 Versamenti con elementi identificativi”, utilizzando il codice tributo “8110” e indicando la partita IVA a cui si riferisce al sanatoria (risoluzione n. 72 dell’11 luglio 2011), non è richiesta la presentazione della copia del pagamento effettuato agli uffici dell’Agenzia delle Entrate, considerato che i dati dei pagamenti vengono telematicamente acquisiti a sistema, ma soprattutto non è richiesta la presentazione della dichiarazione di cessazione attività tramite gli anzidetti modelli, in quanto l’effettuazione del versamento nelle forme descritte sostituisce la presentazione della dichiarazione di cui all’articolo 35 del DPR 633/1972. Nello stesso documento di prassi, peraltro, l’Agenzia delle Entrate ha altresì precisato che, con il versamento della sanzione di 129 euro, sono sanate anche le irregolarità derivanti dalla mancata presentazione delle dichiarazioni IVA, nonché delle dichiarazioni dei redditi limitatamente ai redditi di impresa e di lavoro autonomo, con importi pari a zero, in relazione ai periodi successivi all’anno di effettiva cessazione dell’attività risultante dal modello di pagamento.
È opportuno ricordare, infine, che l’articolo 23, comma 22, del DL 98/2011 ha aggiunto il nuovo comma 15-quinquies al già citato articolo 35 del DPR 633/1972, in base al quale l’attribuzione del numero di partita IVA è revocata d’ufficio qualora per tre annualità consecutive il titolare non abbia esercitato l’attività d’impresa o di arti e professioni, ovvero, se obbligato alla presentazione della dichiarazione annuale IVA, non abbia adempiuto a tale obbligo.
La mancata adesione alla sanatoria, da parte di quei soggetti che si trovano in una delle due situazioni sopra elencate, espone tali contribuenti, quindi, oltre che al provvedimento di chiusura d’ufficio della partita IVA, anche all’irrogazione della sanzione piena prevista in caso di omessa comunicazione di cessazione dell’attività, che può raggiungere un importo massimo di 2.065 euro ex articolo 5, comma 6, primo periodo, del DLgs. 471/1997.
/ Alessandro BORGOGLIO
Il combinato disposto dei commi 3 e 4 dell’articolo 35 del DPR 633/1972 stabilisce che il contribuente titolare di partita IVA, qualora cessi l’attività, debba darne comunicazione, per via telematica (anche attraverso “ComUnica”) o tramite presentazione diretta agli Uffici dell’Agenzia delle Entrate (utilizzando i modelli AA9/10 per le persone fisiche, AA7/10 per i soggetti diversi da persone fisiche e ANR/3 per i non residenti), entro trenta giorni dalla data di ultimazione delle operazioni relative alla liquidazione dell’azienda.
Ad oggi, vi sono circa otto milioni di partite IVA attive, ma di queste soltanto cinque milioni risultano associate a posizioni fiscali per cui sono state regolarmente trasmesse tutte le dichiarazioni. Da ciò emerge, evidentemente, che molte partite IVA, pur risultando ancora operative, sono in realtà inattive.
Al fine di “eliminare” dal database dell’Amministrazione finanziaria tali partite IVA inattive, con conseguente ridimensionamento delle banche dati da gestire e consolidamento degli studi statistici, oltre che con un reale potenziamento dell’analisi del rischio su tutta la platea dei contribuenti IVA, il Legislatore della manovra correttiva dello scorso luglio ha introdotto una sanatoria sulle omesse dichiarazioni di cessazione di attività, non presentate dai contribuenti in relazione a quei tre milioni di partite IVA che risultano sostanzialmente “abbandonate”. In particolare, l’articolo 23, comma 23, del DL 98/2011 dispone che i titolari di partita IVA che, sebbene obbligati, non abbiano tempestivamente presentato la dichiarazione di cessazione di attività di cui all’articolo 35, comma 3, del DPR 633/1972, possono sanare la violazione versando un importo pari alla sanzione minima indicata nell’articolo 5, comma 6, primo periodo, del D.Lgs. 471/1997, ridotta ad un quarto, ovvero pari a 129 euro. La disposizione si applica sempre che la violazione non sia già stata constatata con atto portato a conoscenza del contribuente. L’originario termine di scadenza per il versamento era fissato dalla norma a novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto, ovvero entro il 4 ottobre 2011. L’articolo 29, comma 6, del DL 216/2011 proroga ora il predetto termine al 31 marzo 2012, che, cadendo di sabato, slitta al successivo 2 aprile.
A tal proposito, si rendono ancora applicabili le istruzioni fornite dall’Agenzia delle Entrate nella risoluzione n. 93 del 21 settembre 2011, con cui era stato stabilito che oltre al versamento di 129 euro, da effettuarsi tramite il modello “F24 Versamenti con elementi identificativi”, utilizzando il codice tributo “8110” e indicando la partita IVA a cui si riferisce al sanatoria (risoluzione n. 72 dell’11 luglio 2011), non è richiesta la presentazione della copia del pagamento effettuato agli uffici dell’Agenzia delle Entrate, considerato che i dati dei pagamenti vengono telematicamente acquisiti a sistema, ma soprattutto non è richiesta la presentazione della dichiarazione di cessazione attività tramite gli anzidetti modelli, in quanto l’effettuazione del versamento nelle forme descritte sostituisce la presentazione della dichiarazione di cui all’articolo 35 del DPR 633/1972. Nello stesso documento di prassi, peraltro, l’Agenzia delle Entrate ha altresì precisato che, con il versamento della sanzione di 129 euro, sono sanate anche le irregolarità derivanti dalla mancata presentazione delle dichiarazioni IVA, nonché delle dichiarazioni dei redditi limitatamente ai redditi di impresa e di lavoro autonomo, con importi pari a zero, in relazione ai periodi successivi all’anno di effettiva cessazione dell’attività risultante dal modello di pagamento.
È opportuno ricordare, infine, che l’articolo 23, comma 22, del DL 98/2011 ha aggiunto il nuovo comma 15-quinquies al già citato articolo 35 del DPR 633/1972, in base al quale l’attribuzione del numero di partita IVA è revocata d’ufficio qualora per tre annualità consecutive il titolare non abbia esercitato l’attività d’impresa o di arti e professioni, ovvero, se obbligato alla presentazione della dichiarazione annuale IVA, non abbia adempiuto a tale obbligo.
La mancata adesione alla sanatoria, da parte di quei soggetti che si trovano in una delle due situazioni sopra elencate, espone tali contribuenti, quindi, oltre che al provvedimento di chiusura d’ufficio della partita IVA, anche all’irrogazione della sanzione piena prevista in caso di omessa comunicazione di cessazione dell’attività, che può raggiungere un importo massimo di 2.065 euro ex articolo 5, comma 6, primo periodo, del DLgs. 471/1997.
/ Alessandro BORGOGLIO
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