Penale tributario
Fatture false: anche se non le utilizza, l’istigatore concorre con l’emittente
Per la Cassazione, il concorso nel reato sussiste anche senza utilizzo in dichiarazione, ma restano dubbi sulla fondatezza dell’interpretazione
/ Giovedì 19 gennaio 2012
L’istigatore concorre nel reato di emissione di fatture false anche se, successivamente, non abbia utilizzato le stesse in dichiarazione. La Cassazione, nella sentenza n. 1894/2012 depositata ieri, tende a consolidare un orientamento contrastato da una parte della dottrina e della giurisprudenza, ma lo fa sulla base di argomentazioni che non appaiono condivisibili.
L’art. 8 del DLgs. 74/2000 punisce con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque, per consentire a terzi l’evasione delle imposte, emetta (o rilasci) fatture (o altri documenti) per operazioni inesistenti. L’art. 2 del DLgs. 74/2000 punisce con la medesima pena chiunque, per evadere le imposte, indichi nella dichiarazione annuale elementi passivi fittizi avvalendosi di fatture (o altri documenti) relativi ad operazioni inesistenti. Tale reato, da un lato, si consuma con la presentazione della dichiarazione, non richiedendo il verificarsi del danno erariale, e, dall’altro, non può essere punito a titolo di tentativo (art. 6 del DLgs. 74/2000).
Onde evitare che la medesima condotta sostanziale possa essere sanzionata due volte, l’art. 9 del DLgs. 74/2000 precisa che l’emittente di fatture false (e chi concorre con il medesimo) non è punibile a titolo di concorso nel reato connotato dall’utilizzazione e, viceversa, che l’utilizzatore di fatture false (e chi concorre con il medesimo) non è punibile a titolo di concorso nel reato connotato dall’emissione.
A fronte di questo quadro normativo, l’interpretazione cui aderisce la sentenza in commento ritiene che l’art. 9 del DLgs. 74/2000, mentre esclude il concorso tra chi emette la fattura falsa e chi la utilizza, non escluda il concorso nell’emissione della fattura falsa secondo le regole ordinarie del concorso di persone nel reato (art. 110 c.p.). Deve, quindi, attribuirsi rilevanza penale (per concorso nell’emissione) alla condotta di chi, dopo aver istigato un soggetto all’emissione di fatture false in suo favore, perché intenzionato ad utilizzarle per abbassare la propria base imponibile, non le abbia, per una qualsiasi ragione, utilizzate (perché destinatario di accertamenti fiscali prima del termine di scadenza della presentazione della dichiarazione ovvero anche solo per un suo ripensamento). Questo soggetto, infatti, ove si ritenesse applicabile l’art. 9 del DLgs. 74/2000, pur avendo concorso nella fattispecie di emissione (tramite l’istigazione), si collocherebbe in un’area di non punibilità, non potendo essere sanzionato né ex art. 8 del DLgs. 74/2000 (a titolo di concorso), né ex art. 2 del DLgs. 74/2000, non essendosi quest’ultimo reato consumato e non essendo neanche punibile a titolo di tentativo (cfr. anche Cass. nn. 35453/2010, 25129/2008 e 24167/2003).
Nella motivazione della decisione in commento, peraltro, si afferma che le sentenze n. 27/2000 e n. 1235/2011 della Corte di Cassazione, e n. 49/2002 della Corte Costituzionale, richiamate in sede di ricorso, si limiterebbero ad affermare il principio in base al quale la condotta di colui che annota le fatture in contabilità senza successivamente avvalersene in dichiarazione non è di per sé prevista dalla legge come reato. Occorre osservare, però, come la questione di legittimità costituzionale che ha portato alla sentenza n. 49/2002 traesse origine proprio da un’ipotesi in cui il soggetto che aveva ricevuto le fatture false, dopo averne istigato l’emissione, non le aveva indicate in dichiarazione.
Il giudice remittente (il GIP presso il Tribunale di Brescia con ordinanza del 17 gennaio 2001 n. 297) aveva, quindi, valutato che questi, ex art. 9 lett. b) del DLgs. 74/2000, non poteva essere chiamato a rispondere a titolo di concorso con l’emittente e che ciò poteva costituire una possibile violazione dell’art. 3 Cost. A fronte di tale questione, il Giudice delle Leggi ha dichiarato la manifesta inammissibilità del quesito, affermando che la decisione di incostituzionalità richiesta avrebbe svuotato di significato pratico la fattispecie di cui all’art. 2 del DLgs. 74/2000, in quanto “per effetto dell’applicazione dell’istituto del concorso di persone nel reato, la linea dell’intervento penale risulterebbe in concreto spostata, riguardo al destinatario delle fatture, dal momento della dichiarazione a quello dell’emissione della falsa documentazione”. Affermazione dalla quale si desume l’accettazione dell’interpretazione della norma data dal giudice remittente ovvero dell’esclusione della punibilità della condotta del “mero” istigatore.
In tal senso, peraltro, si è pronunciata anche Cass. n. 3052/2008, dove si legge che il beneficiario che utilizza i documenti falsi in dichiarazione non può essere punito due volte per il medesimo fatto ovvero per il reato di cui all’art. 2 del DLgs. 74/2000 e per il concorso nel reato di cui all’art. 8 del DLgs. 74/2000 (ex art. 9 del DLgs. 74/2000); il beneficiario che non utilizza i documenti falsi in dichiarazione, in omaggio alla nuova politica del diritto penale tributario e al suo corollario che esclude la punibilità del tentativo (art. 6 del DLgs. 74/2000), non può essere punito neppure a titolo di concorso, determinandosi altrimenti un’indiretta “resurrezione” dei “reati prodromici”.
L’art. 8 del DLgs. 74/2000 punisce con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque, per consentire a terzi l’evasione delle imposte, emetta (o rilasci) fatture (o altri documenti) per operazioni inesistenti. L’art. 2 del DLgs. 74/2000 punisce con la medesima pena chiunque, per evadere le imposte, indichi nella dichiarazione annuale elementi passivi fittizi avvalendosi di fatture (o altri documenti) relativi ad operazioni inesistenti. Tale reato, da un lato, si consuma con la presentazione della dichiarazione, non richiedendo il verificarsi del danno erariale, e, dall’altro, non può essere punito a titolo di tentativo (art. 6 del DLgs. 74/2000).
Onde evitare che la medesima condotta sostanziale possa essere sanzionata due volte, l’art. 9 del DLgs. 74/2000 precisa che l’emittente di fatture false (e chi concorre con il medesimo) non è punibile a titolo di concorso nel reato connotato dall’utilizzazione e, viceversa, che l’utilizzatore di fatture false (e chi concorre con il medesimo) non è punibile a titolo di concorso nel reato connotato dall’emissione.
A fronte di questo quadro normativo, l’interpretazione cui aderisce la sentenza in commento ritiene che l’art. 9 del DLgs. 74/2000, mentre esclude il concorso tra chi emette la fattura falsa e chi la utilizza, non escluda il concorso nell’emissione della fattura falsa secondo le regole ordinarie del concorso di persone nel reato (art. 110 c.p.). Deve, quindi, attribuirsi rilevanza penale (per concorso nell’emissione) alla condotta di chi, dopo aver istigato un soggetto all’emissione di fatture false in suo favore, perché intenzionato ad utilizzarle per abbassare la propria base imponibile, non le abbia, per una qualsiasi ragione, utilizzate (perché destinatario di accertamenti fiscali prima del termine di scadenza della presentazione della dichiarazione ovvero anche solo per un suo ripensamento). Questo soggetto, infatti, ove si ritenesse applicabile l’art. 9 del DLgs. 74/2000, pur avendo concorso nella fattispecie di emissione (tramite l’istigazione), si collocherebbe in un’area di non punibilità, non potendo essere sanzionato né ex art. 8 del DLgs. 74/2000 (a titolo di concorso), né ex art. 2 del DLgs. 74/2000, non essendosi quest’ultimo reato consumato e non essendo neanche punibile a titolo di tentativo (cfr. anche Cass. nn. 35453/2010, 25129/2008 e 24167/2003).
Nella motivazione della decisione in commento, peraltro, si afferma che le sentenze n. 27/2000 e n. 1235/2011 della Corte di Cassazione, e n. 49/2002 della Corte Costituzionale, richiamate in sede di ricorso, si limiterebbero ad affermare il principio in base al quale la condotta di colui che annota le fatture in contabilità senza successivamente avvalersene in dichiarazione non è di per sé prevista dalla legge come reato. Occorre osservare, però, come la questione di legittimità costituzionale che ha portato alla sentenza n. 49/2002 traesse origine proprio da un’ipotesi in cui il soggetto che aveva ricevuto le fatture false, dopo averne istigato l’emissione, non le aveva indicate in dichiarazione.
Il giudice remittente (il GIP presso il Tribunale di Brescia con ordinanza del 17 gennaio 2001 n. 297) aveva, quindi, valutato che questi, ex art. 9 lett. b) del DLgs. 74/2000, non poteva essere chiamato a rispondere a titolo di concorso con l’emittente e che ciò poteva costituire una possibile violazione dell’art. 3 Cost. A fronte di tale questione, il Giudice delle Leggi ha dichiarato la manifesta inammissibilità del quesito, affermando che la decisione di incostituzionalità richiesta avrebbe svuotato di significato pratico la fattispecie di cui all’art. 2 del DLgs. 74/2000, in quanto “per effetto dell’applicazione dell’istituto del concorso di persone nel reato, la linea dell’intervento penale risulterebbe in concreto spostata, riguardo al destinatario delle fatture, dal momento della dichiarazione a quello dell’emissione della falsa documentazione”. Affermazione dalla quale si desume l’accettazione dell’interpretazione della norma data dal giudice remittente ovvero dell’esclusione della punibilità della condotta del “mero” istigatore.
In tal senso, peraltro, si è pronunciata anche Cass. n. 3052/2008, dove si legge che il beneficiario che utilizza i documenti falsi in dichiarazione non può essere punito due volte per il medesimo fatto ovvero per il reato di cui all’art. 2 del DLgs. 74/2000 e per il concorso nel reato di cui all’art. 8 del DLgs. 74/2000 (ex art. 9 del DLgs. 74/2000); il beneficiario che non utilizza i documenti falsi in dichiarazione, in omaggio alla nuova politica del diritto penale tributario e al suo corollario che esclude la punibilità del tentativo (art. 6 del DLgs. 74/2000), non può essere punito neppure a titolo di concorso, determinandosi altrimenti un’indiretta “resurrezione” dei “reati prodromici”.
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