collegio sindacale
Crisi d’impresa, nuove indicazioni ai sindaci
Sono contenute nella Norma di comportamento del Collegio sindacale n. 11, relativa a sei diverse fattispecie
Con la definitiva approvazione, da parte del Consiglio nazionale dei Dottori commercialisti e degli Esperti contabili, della Norma di comportamento del Collegio sindacale n. 11, in vigore dal 1° gennaio 2012, sono state fornite importanti indicazioni sull’attività e sul ruolo dell’organo di controllo nella crisi d’impresa, in assenza di specifiche norme di raccordo tra il diritto societario e la disciplina delle procedure concorsuali. La Norma di comportamento n. 11 è, a sua volta, suddivisa in sei distinte disposizioni, che disciplinano le varie circostanze che il Collegio può essere chiamato ad affrontare.
La Norma 11.1 formalizza una regola di comportamento già costantemente applicata nella prassi: se, nello svolgimento delle sue funzioni di controllo, il Collegio sindacale rileva fatti idonei a pregiudicare la continuità aziendale, deve darne immediata comunicazione agli amministratori, sollecitandoli affinché si attivino per porvi rimedio. In questa fase, vengono individuati due piani di intervento del Collegio: un’attività di controllo costante sul mantenimento del going concern, in un’ottica di prevenzione e di pronta emersione della situazione di crisi, e la vigilanza sulle attività svolte dagli amministratori per garantire la continuità aziendale.
Qualora gli amministratori non si attivino o adottino provvedimenti ritenuti inadeguati, la Norma 11.2 evidenzia l’opportunità che il Collegio convochi l’assemblea ai sensi dell’art. 2406 c.c., per informarla sia dell’inerzia degli amministratori sia dello stato di crisi. In considerazione delle importanti conseguenze del suo intervento, è opportuno che il Collegio illustri adeguatamente le informazioni da sottoporre all’assemblea, tramite un accurato ordine del giorno e un’esaustiva relazione sui fatti censurabili e sulle informazioni acquisite, con l’eventuale supporto di documentazione allegata. La stessa Norma di comportamento prevede che, qualora l’assemblea, pur convocata ex art. 2406 c.c., non abbia luogo o non prenda adeguati provvedimenti e qualora la legge lo consenta, il Collegio sindacale proponga denunzia al Tribunale ex art. 2409 c.c. in tutti i casi in cui la condotta degli amministratori integri le gravi irregolarità previste da quest’ultima norma.
Viene, inoltre, indirizzato il comportamento dei sindaci nell’ambito delle soluzioni negoziali della crisi dell’impresa e, più precisamente, in caso di tentativi di risanamento assistiti da un piano attestato ex art. 67, terzo comma, lett. d), L. fall. (Norma 11.3), in caso di accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis L. fall. (Norma 11.4) e in caso di concordato preventivo (Norma 11.5): in tutti questi frangenti viene specificato che, nella fase prodromica dell’istituto, l’attività del Collegio è limitata all’accertamento dei requisiti di professionalità in capo all’attestatore, non essendo richiesto all’organo di controllo alcun giudizio di merito sulla soluzione individuata dalla società.
Diversa è, però, l’attività richiesta al Collegio nella fase esecutiva dell’istituto prescelto. Nel piano attestato e nell’accordo di ristrutturazione dei debiti, l’attività di vigilanza del Collegio sarà focalizzata principalmente sul rispetto del piano e dell’accordo, informando prontamente l’organo amministrativo e, se necessario, l’assemblea qualora vengano rilevati significativi scostamenti rispetto alle previsioni; in particolare, nell’accordo ex art. 182-bis L. fall., il controllo dovrà estendersi alle formalità necessarie alla richiesta di omologazione e, successivamente, al regolare pagamento dei creditori estranei.
Nel concordato preventivo, invece, la Norma 11.5 evidenzia come il Collegio mantenga la pienezza delle sue funzioni sia nel corso della procedura, sia dopo la sua omologazione: in questo caso, peraltro, i sindaci non saranno tenuti a vigilare sull’esecuzione del piano e sull’adempimento del concordato, essendo questa un’attività tipica del commissario giudiziale, il quale dovrà comunque essere informato dal Collegio sulle eventuali irregolarità gestionali riscontrate. È da escludere, inoltre, la vigilanza dei sindaci sull’operato del commissario liquidatore in caso di concordato con cessione dei beni, trattandosi di attività demandata al commissario giudiziale, al comitato dei creditori e, in ultima istanza, al tribunale fallimentare.
La Norma 11.6, infine, chiarisce che la dichiarazione di fallimento non produce la decadenza del Collegio sindacale, il quale, tuttavia, da quel momento subisce la sospensione delle proprie funzioni sino al decreto di chiusura della procedura ex art. 119 L. fall. Quest’ultimo normalmente coinciderà con la cancellazione della società dal Registro delle imprese, ma potrà anche, in determinate ipotesi non frequenti nella prassi, preludere a una ripresa dell’attività sociale con conseguente riattivazione delle funzioni del Collegio.
/ Alberto GUIOTTO
La Norma 11.1 formalizza una regola di comportamento già costantemente applicata nella prassi: se, nello svolgimento delle sue funzioni di controllo, il Collegio sindacale rileva fatti idonei a pregiudicare la continuità aziendale, deve darne immediata comunicazione agli amministratori, sollecitandoli affinché si attivino per porvi rimedio. In questa fase, vengono individuati due piani di intervento del Collegio: un’attività di controllo costante sul mantenimento del going concern, in un’ottica di prevenzione e di pronta emersione della situazione di crisi, e la vigilanza sulle attività svolte dagli amministratori per garantire la continuità aziendale.
Qualora gli amministratori non si attivino o adottino provvedimenti ritenuti inadeguati, la Norma 11.2 evidenzia l’opportunità che il Collegio convochi l’assemblea ai sensi dell’art. 2406 c.c., per informarla sia dell’inerzia degli amministratori sia dello stato di crisi. In considerazione delle importanti conseguenze del suo intervento, è opportuno che il Collegio illustri adeguatamente le informazioni da sottoporre all’assemblea, tramite un accurato ordine del giorno e un’esaustiva relazione sui fatti censurabili e sulle informazioni acquisite, con l’eventuale supporto di documentazione allegata. La stessa Norma di comportamento prevede che, qualora l’assemblea, pur convocata ex art. 2406 c.c., non abbia luogo o non prenda adeguati provvedimenti e qualora la legge lo consenta, il Collegio sindacale proponga denunzia al Tribunale ex art. 2409 c.c. in tutti i casi in cui la condotta degli amministratori integri le gravi irregolarità previste da quest’ultima norma.
Viene, inoltre, indirizzato il comportamento dei sindaci nell’ambito delle soluzioni negoziali della crisi dell’impresa e, più precisamente, in caso di tentativi di risanamento assistiti da un piano attestato ex art. 67, terzo comma, lett. d), L. fall. (Norma 11.3), in caso di accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis L. fall. (Norma 11.4) e in caso di concordato preventivo (Norma 11.5): in tutti questi frangenti viene specificato che, nella fase prodromica dell’istituto, l’attività del Collegio è limitata all’accertamento dei requisiti di professionalità in capo all’attestatore, non essendo richiesto all’organo di controllo alcun giudizio di merito sulla soluzione individuata dalla società.
Diversa è, però, l’attività richiesta al Collegio nella fase esecutiva dell’istituto prescelto. Nel piano attestato e nell’accordo di ristrutturazione dei debiti, l’attività di vigilanza del Collegio sarà focalizzata principalmente sul rispetto del piano e dell’accordo, informando prontamente l’organo amministrativo e, se necessario, l’assemblea qualora vengano rilevati significativi scostamenti rispetto alle previsioni; in particolare, nell’accordo ex art. 182-bis L. fall., il controllo dovrà estendersi alle formalità necessarie alla richiesta di omologazione e, successivamente, al regolare pagamento dei creditori estranei.
Nel concordato preventivo, invece, la Norma 11.5 evidenzia come il Collegio mantenga la pienezza delle sue funzioni sia nel corso della procedura, sia dopo la sua omologazione: in questo caso, peraltro, i sindaci non saranno tenuti a vigilare sull’esecuzione del piano e sull’adempimento del concordato, essendo questa un’attività tipica del commissario giudiziale, il quale dovrà comunque essere informato dal Collegio sulle eventuali irregolarità gestionali riscontrate. È da escludere, inoltre, la vigilanza dei sindaci sull’operato del commissario liquidatore in caso di concordato con cessione dei beni, trattandosi di attività demandata al commissario giudiziale, al comitato dei creditori e, in ultima istanza, al tribunale fallimentare.
La Norma 11.6, infine, chiarisce che la dichiarazione di fallimento non produce la decadenza del Collegio sindacale, il quale, tuttavia, da quel momento subisce la sospensione delle proprie funzioni sino al decreto di chiusura della procedura ex art. 119 L. fall. Quest’ultimo normalmente coinciderà con la cancellazione della società dal Registro delle imprese, ma potrà anche, in determinate ipotesi non frequenti nella prassi, preludere a una ripresa dell’attività sociale con conseguente riattivazione delle funzioni del Collegio.
/ Alberto GUIOTTO
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