scioglimento e liquidazione
Società cancellata: sopravvenienze attive e rimborsi ai soci pro quota
La ris. 77 dell’Agenzia condivide l’orientamento secondo il quale la cancellazione dal Registro delle imprese determina l’estinzione della società
/ Giovedì 28 luglio 2011
Si ricorda, in via preliminare, che in base all’art. 2495, comma 2 c.c., come riformulato dal DLgs. n. 6/2003, “ferma restando l’estinzione della società”, i creditori sociali non soddisfatti, dopo la cancellazione della società dal Registro delle imprese, possono far valere i loro crediti verso i soci, fino alla concorrenza delle somme riscosse in base al bilancio finale di liquidazione e, verso i liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da loro colpa. La rilevanza dell’atto di cancellazione dal Registro delle imprese ai fini dell’estinzione dell’ente societario è da sempre oggetto di forti contrasti interpretativi tra: l’orientamento secondo cui l’atto formale di cancellazione non determina l’estinzione se non sono estinti tutti i rapporti giuridici derivanti dall’attività sociale o a essa connessi; la tesi in base alla quale, in virtù dell’inserimento di “ferma restando l’estinzione della società” nel comma 2 dell’art. 2495 c.c., la cancellazione determinerebbe l’estinzione della società, pur in presenza di rapporti giuridici che fanno ancora capo alla stessa.
La ris. 77 ricorda l’intervento, sulla questione, delle Sezioni Unite della Cassazione, che, per le società di capitali, hanno sostenuto l’efficacia costitutiva della cancellazione delle società, ritenendo che tali effetti si estendano alle società di persone. Inoltre, il momento di decorrenza degli effetti della cancellazione coincide con l’entrata in vigore del DLgs. n. 6/2003 (1 gennaio 2004) per le cancellazioni avvenute in precedenza, e con la data di cancellazione dell’iscrizione per le cancellazioni successive all’entrata in vigore (cfr. sentenze n. 4060, 4061 e 4062 del 22 febbraio 2010 e 8426 del 9 aprile 2010). Sulla base di tali sentenze, per l’Agenzia “viene meno” il primo orientamento, in base al quale la cancellazione ha efficacia meramente dichiarativa, a cui si richiamavano le ris. n. 120/2007 e 105/2009.
Sotto il profilo fiscale, la ris. 77 analizza il problema della gestione delle sopravvenienze attive che dovessero emergere a seguito dell’estinzione e dell’esecuzione dei rimborsi d’imposta.
In relazione al primo aspetto, va sottolineato che, con la riformulazione dell’art. 2495, comma 2 c.c., il legislatore ha definito la disciplina da applicare in presenza di sopravvenienze passive, non dettando però alcuna norma con riferimento al caso in cui emergano sopravvenienze attive. Non essendosi pronunciata nemmeno la Cassazione, la dottrina ha tentato di individuare una soluzione: alcuni – ricorda l’Agenzia – hanno ipotizzato la necessità della nomina di un curatore speciale, per completare le attività non ultimate dal liquidatore prima della cancellazione; altri hanno invocato il potere del giudice del Registro di “cancellare la cancellazione”, poiché la cancellazione sarebbe stata effettuata in difetto delle condizioni di legge; per altri ancora, sui beni mobili e immobili non liquidati, una volta cancellata ed estinta la società, si forma una comunione tra gli ex soci per quote uguali a quelle di liquidazione. Condividendo l’ultima interpretazione, l’Agenzia ritiene che gli elementi patrimoniali attivi non compresi nel bilancio di liquidazione in quanto non conoscibili a quella data vadano attribuiti proporzionalmente ai soci, tra i quali si instaura un rapporto di comunione ordinaria ai sensi dell’art. 1100 c.c..
In relazione al secondo aspetto (rimborsi d’imposta), l’art. 5 del DM 26 febbraio 1992, in base al quale il rimborso IVA spettante alla società cancellata può essere eseguito al liquidatore “nella sua qualità di rappresentante legale della società in fase di estinzione”, se il credito di imposta sia stato evidenziato nel bilancio finale di liquidazione, va inquadrato in un contesto normativo che precede la modifica apportata dal DLgs. n. 6/2003 e le citate sentenze delle Sezioni Unite. Secondo l’Agenzia, infatti, con l’estinzione irreversibile viene a mancare il soggetto al quale l’ufficio potrebbe eseguire il rimborso, perché non può esserci rappresentante legale di un soggetto estinto.
Possono quindi applicarsi ai rimborsi i principi enunciati per gli elementi patrimoniali attivi: come avviene per le società di persone, può essere riconosciuta direttamente ai soci la titolarità del diritto al rimborso, pro quota, delle imposte.
Infine, circa il soggetto cui eseguire i rimborsi, la circ. n. 225/2000 ha chiarito, in relazione ai soci di società di persone cessate, che il conferimento di una delega ad uno solo di essi per la riscossione del rimborso non costituisce un obbligo, ma una mera facoltà. Tuttavia, tenuto conto della compagine sociale delle società di capitali, spesso costituita da un numero considerevole di soci, l’Agenzia ritiene opportuno il conferimento di una delega alla riscossione a uno di essi o a un terzo, per evitare l’erogazione del rimborso a ciascun socio. I soci titolari del diritto al rimborso potrebbero delegare all’incasso lo stesso ex liquidatore, previa comunicazione all’ufficio competente.
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