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Agevolazione «prima casa» anche senza residenza: basta il volontariato
L’attività di volontariato nel Comune in cui si trova l’immobile può anche essere individuale ed episodica, senza iscrizione a un’associazione
Spetta l’agevolazione “prima casa” al contribuente che, sebbene non abbia trasferito la propria residenza entro 18 mesi nel Comune in cui è ubicato l’immobile acquistato, svolga in tale Comune la propria attività di volontariato diretto e senza remunerazione nei confronti della suocera invalida. Lo ha stabilito la C.T. Reg. di Venezia, con la sentenza numero 62 del 24 maggio 2011.
L’agevolazione in oggetto – disciplinata dalla Nota II-bis dell’art.1 della Tariffa, Parte I, allegata al DPR n. 131/86, nonché dalla Tabella A, parte seconda e terza, allegata al DPR n. 633/72 – consente di applicare l’imposta di registro al 3% (anziché al 7%) e quelle ipotecaria e catastale in misura fissa pari a 168 euro ciascuna (anziché rispettivamente al 2% e 1%) sugli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di case di abitazione non di lusso (e relative pertinenze) e sugli atti traslativi o costitutivi della nuda proprietà, dell’usufrutto, dell’uso e dell’abitazione relativi alle stesse case e pertinenze. Nell’ipotesi di atti traslativi soggetti ad IVA, l’agevolazione consiste nella riduzione dell’aliquota al 4% (anziché al 10%).
Affinché il beneficio fiscale possa essere usufruito occorre, però, che siano soddisfatti alcuni requisiti: tra gli altri, che l’immobile sia ubicato nel territorio del Comune in cui l’acquirente ha o stabilisce entro diciotto mesi dall’acquisto la propria residenza o, se diverso, in quello in cui l’acquirente svolge la propria attività ovvero, se trasferito all’estero per ragioni di lavoro, in quello in cui ha sede o esercita l’attività il soggetto da cui dipende ovvero, nel caso in cui l’acquirente sia cittadino italiano emigrato all’estero, che l’immobile sia acquisito come prima casa sul territorio italiano. La dichiarazione di voler stabilire la residenza nel Comune ove è ubicato l’immobile acquistato deve essere resa, a pena di decadenza, dall’acquirente nell’atto di acquisto.
Dai fatti di causa si evince che effettivamente il contribuente, in sede di rogito notarile per l’acquisto dell’immobile, aveva reso la suddetta dichiarazione, ma poi non aveva provveduto a trasferire la residenza. L’Ufficio, allora, notificava l’avviso di liquidazione per il recupero dell’IVA, dovuta in misura ordinaria anziché agevolata, stante la mancanza del requisito del trasferimento di residenza.
Il contribuente proponeva ricorso alla C.T. Prov., adducendo che, invero, l’immobile oggetto di acquisto agevolato era stato concesso in comodato alla suocera, che era invalida al 100% e che aveva trasferito la sua residenza presso il Comune di ubicazione di tale unità immobiliare; inoltre, il ricorrente affermava di prestare volontariato diretto nei confronti del predetto familiare e, sulla base della normativa vigente, chiedeva, quindi, il riconoscimento dell’agevolazione, perché l’immobile, come previsto dalle norme sopra illustrate, era “ubicato nel territorio del Comune in cui l’acquirente (…) svolge la propria attività” di volontariato.
I giudici di primo grado si pronunciavano a favore del contribuente, ma l’Ufficio appellava la decisione, eccependo che questi non risultava iscritto ad alcuna associazione di volontariato, né era inserito in qualche programma assistenziale, sicché tale asserita circostanza non poteva costituire un’esimente al mancato trasferimento della residenza, normativamente previsto ai fini della spettanza dell’agevolazione.
I giudici del riesame, però, non hanno condiviso l’assunto erariale, e sulla base della documentazione prodotta dal contribuente – un certificato di accoglimento dell’istanza di trasferimento della residenza della suocera, nonché una certificazione medica comprovante l’invalidità di quest’ultima e il suo diritto all’accompagnamento – hanno deciso che risultava acclarato che la suocera faceva parte del nucleo familiare del contribuente, e che questi prestava in modo continuativo l’assistenza alla suocera, senza alcun compenso e volontariamente.
Secondo la C.T. Reg., contrariamente a quanto eccepito dall’Ufficio, non assumeva alcuna rilevanza l’assenza dell’iscrizione del contribuente a un’associazione di volontariato: tale attività può essere prestata non soltanto all’interno delle strutture organizzate tipiche delle associazioni, ma anche direttamente e individualmente in modo più o meno episodico. I giudici di seconda istanza hanno ricordato, poi, che l’Amministrazione finanziaria, con la CM n. 1/1994, si era così espressa: “Per quanto attiene all’acquisto effettuato nel comune ove l’acquirente svolge la propria attività, si precisa che il legislatore, con detto termine, ha inteso ricomprendere ogni tipo di attività, ivi incluse quelle svolte senza remunerazione, come a esempio le attività di studio, di volontariato e sportiva”.
Nel caso di specie, l’attività di volontariato era stata svolta direttamente dal contribuente presso l’immobile oggetto di acquisto agevolato (in cui viveva la suocera assistita) e, pertanto, il contestato requisito previsto dalla normativa risultava soddisfatto: l’agevolazione, quindi, era dovuta e l’atto impositivo doveva essere annullato.
L’agevolazione in oggetto – disciplinata dalla Nota II-bis dell’art.1 della Tariffa, Parte I, allegata al DPR n. 131/86, nonché dalla Tabella A, parte seconda e terza, allegata al DPR n. 633/72 – consente di applicare l’imposta di registro al 3% (anziché al 7%) e quelle ipotecaria e catastale in misura fissa pari a 168 euro ciascuna (anziché rispettivamente al 2% e 1%) sugli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di case di abitazione non di lusso (e relative pertinenze) e sugli atti traslativi o costitutivi della nuda proprietà, dell’usufrutto, dell’uso e dell’abitazione relativi alle stesse case e pertinenze. Nell’ipotesi di atti traslativi soggetti ad IVA, l’agevolazione consiste nella riduzione dell’aliquota al 4% (anziché al 10%).
Affinché il beneficio fiscale possa essere usufruito occorre, però, che siano soddisfatti alcuni requisiti: tra gli altri, che l’immobile sia ubicato nel territorio del Comune in cui l’acquirente ha o stabilisce entro diciotto mesi dall’acquisto la propria residenza o, se diverso, in quello in cui l’acquirente svolge la propria attività ovvero, se trasferito all’estero per ragioni di lavoro, in quello in cui ha sede o esercita l’attività il soggetto da cui dipende ovvero, nel caso in cui l’acquirente sia cittadino italiano emigrato all’estero, che l’immobile sia acquisito come prima casa sul territorio italiano. La dichiarazione di voler stabilire la residenza nel Comune ove è ubicato l’immobile acquistato deve essere resa, a pena di decadenza, dall’acquirente nell’atto di acquisto.
Dai fatti di causa si evince che effettivamente il contribuente, in sede di rogito notarile per l’acquisto dell’immobile, aveva reso la suddetta dichiarazione, ma poi non aveva provveduto a trasferire la residenza. L’Ufficio, allora, notificava l’avviso di liquidazione per il recupero dell’IVA, dovuta in misura ordinaria anziché agevolata, stante la mancanza del requisito del trasferimento di residenza.
Il contribuente proponeva ricorso alla C.T. Prov., adducendo che, invero, l’immobile oggetto di acquisto agevolato era stato concesso in comodato alla suocera, che era invalida al 100% e che aveva trasferito la sua residenza presso il Comune di ubicazione di tale unità immobiliare; inoltre, il ricorrente affermava di prestare volontariato diretto nei confronti del predetto familiare e, sulla base della normativa vigente, chiedeva, quindi, il riconoscimento dell’agevolazione, perché l’immobile, come previsto dalle norme sopra illustrate, era “ubicato nel territorio del Comune in cui l’acquirente (…) svolge la propria attività” di volontariato.
I giudici di primo grado si pronunciavano a favore del contribuente, ma l’Ufficio appellava la decisione, eccependo che questi non risultava iscritto ad alcuna associazione di volontariato, né era inserito in qualche programma assistenziale, sicché tale asserita circostanza non poteva costituire un’esimente al mancato trasferimento della residenza, normativamente previsto ai fini della spettanza dell’agevolazione.
I giudici del riesame, però, non hanno condiviso l’assunto erariale, e sulla base della documentazione prodotta dal contribuente – un certificato di accoglimento dell’istanza di trasferimento della residenza della suocera, nonché una certificazione medica comprovante l’invalidità di quest’ultima e il suo diritto all’accompagnamento – hanno deciso che risultava acclarato che la suocera faceva parte del nucleo familiare del contribuente, e che questi prestava in modo continuativo l’assistenza alla suocera, senza alcun compenso e volontariamente.
Secondo la C.T. Reg., contrariamente a quanto eccepito dall’Ufficio, non assumeva alcuna rilevanza l’assenza dell’iscrizione del contribuente a un’associazione di volontariato: tale attività può essere prestata non soltanto all’interno delle strutture organizzate tipiche delle associazioni, ma anche direttamente e individualmente in modo più o meno episodico. I giudici di seconda istanza hanno ricordato, poi, che l’Amministrazione finanziaria, con la CM n. 1/1994, si era così espressa: “Per quanto attiene all’acquisto effettuato nel comune ove l’acquirente svolge la propria attività, si precisa che il legislatore, con detto termine, ha inteso ricomprendere ogni tipo di attività, ivi incluse quelle svolte senza remunerazione, come a esempio le attività di studio, di volontariato e sportiva”.
Nel caso di specie, l’attività di volontariato era stata svolta direttamente dal contribuente presso l’immobile oggetto di acquisto agevolato (in cui viveva la suocera assistita) e, pertanto, il contestato requisito previsto dalla normativa risultava soddisfatto: l’agevolazione, quindi, era dovuta e l’atto impositivo doveva essere annullato.
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