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lunedì 1 agosto 2011

Niente presunzione di cessione per distruggere i beni inferiori a 10.000 euro

Iva

Niente presunzione di cessione per distruggere i beni inferiori a 10.000 euro

Il DL Sviluppo ha innalzato il costo dei beni distrutti o trasformati, per cui basta redigere una dichiarazione sostitutiva di atto notorio
/ Lunedì 01 agosto 2011
Dal 14 maggio 2011, per effetto dell’art. 7, comma 2, lettera z) del DL n. 70/2011, noto come Decreto Sviluppo (conv. L. n. 106/2011, la soglia del costo dei beni da distruggere per i quali è sufficiente la dichiarazione sostitutiva di atto notorio è elevata a 10.000 euro. A questa modifica normativa non si è data la giusta attenzione che merita, vista l’importanza che ha con riguardo agli aspetti fiscali e contabili di un’azienda. In tema di controlli fiscali, per esempio, l’attestazione che la merce non sia giacente in magazzino perché distrutta, comporta che i verbalizzanti non possono presumere che la merce stessa sia stata venduta in “nero”. Giova, pertanto, puntualizzare, in estrema sintesi, alcuni aspetti.
La disciplina della distruzione dei beni è contenuta nel DDP n. 441/1997, dove, all’art. 1, è disposto che si presumono ceduti ai fini fiscali, in particolare per l’IVA, i beni acquistati, importati o prodotti che non si trovano nei luoghi in cui il contribuente svolge le proprie operazioni, né in quelli dei suoi rappresentanti. Da questa regola emergono due elementi significativi: la norma rientra nel campo delle presunzioni; le presunzioni di cessione o di acquisto si intendono ai beni merce, ma anche ai beni strumentali per l’esercizio dell’attività.
Quanto al primo aspetto, l’Amministrazione finanziaria, con la circolare n. 193/1998, ha chiarito che si tratta di una presunzione legale “iuris tantum”, con la quale la legge dà per avvenuto un fatto fino alla dimostrazione contraria da fornirsi da parte del contribuente. Questo indirizzo è stato avallato anche dalla Suprema Corte che, con sentenza n. 16849/2008, ha dettato il principio secondo il quale le presunzioni in parola sono “legali relative”, e perciò consentono la dimostrazione contraria da parte del contribuente entro i limiti di oggetto e di prova tassativamente individuati nel DPR n. 441/1997. Circa il secondo aspetto, è fuori dubbio che, come del resto ha precisato la citata circolare, la presunzione di cessione si applica nei confronti di tutti i soggetti d’imposta e riguarda sia i beni alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa sia i beni strumentali. Il secondo punto, in modo particolare con riguardo alla distruzione dei beni strumentali, è di grande interesse per i riflessi contabili che “affiorano” dall’operazione.
Nel contesto di questa disciplina, si innesta l’art. 2 del decreto nominato, con il quale si supera la menzionata presunzione di cessione di beni. In altri termini, è previsto che la presunzione non opera, nel caso di distruzione o trasformazione in beni di altro tipo e di più modesto valore economico, purché il contribuente esegua determinati adempimenti da porre in essere per provare il verificarsi della distruzione/trasformazione. La prova che giustifica le operazioni di distruzione o di trasformazione, quindi, è fornita dal verbale redatto da pubblici funzionari, da ufficiali della Guardia di Finanza o da notai che hanno presenziato alla distruzione o alla trasformazione dei beni.
La modifica del DL Sviluppo innalza, invece, l’ammontare del costo dei beni per i quali non bisogna redigere il citato verbale. Infatti, nel caso in cui l’ammontare del costo dei beni distrutti o trasformati non è superiore a 10.000 euro (prima era 5.164,57 euro), occorre redigere una dichiarazione sostitutiva di atto notorio di cui all’art. 47 del DPR 445/2000. Va precisato, in ogni caso, che dal verbale e dalla dichiarazione devono risultare data, ora e luogo in cui avvengono le operazioni, nonché natura, qualità, quantità e ammontare del costo dei beni distrutti o trasformati. I documenti comprovanti l’avvenuta distruzione o trasformazione di beni devono essere conservati, poiché, in sede di controllo da parte dell’Amministrazione finanziaria o della Guardia di Finanza, per esempio, un’eventuale differenza inventariale di rimanenze tra quanto dichiarato e quanto risultante in magazzino, provoca l’applicazione della presunzione di cessione. Questa, appunto, può essere superata solo con la presentazione del verbale o della dichiarazione sostitutiva di atto notorio.
Sotto il profilo contabile, la distruzione della merce o del bene strumentale influenza il Conto economico in modo diverso. La distruzione della merce rileva come minore valutazione delle rimanenze finali in sede di chiusura del bilancio d’esercizio, ma non è necessario redigere scritture contabili per rilevare la distruzione stessa. Diverso è il caso della distruzione di un bene strumentale, poiché occorre effettuare lo storno del costo storico e del relativo fondo ammortamento, redigendo le normali scritture contabili. Dall’operazione emerge non una minusvalenza patrimoniale, conto “peculiare” attinente alle operazioni di cessione di beni strumentali, ma rileva una sopravvenienza passiva da allogare nell’area straordinaria del conto economico. Ne consegue che, al fine di poter dedurre fiscalmente l’operazione di distruzione dei beni in argomento, è opportuno:
- far transitare la distruzione dei beni dal Conto economico;
- redigere il verbale o, per i beni di costo inferiore a 10.000 euro, la dichiarazione sostitutiva di atto notorio.

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