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venerdì 12 agosto 2011

Domanda di risarcimento al fallito, vale solo il tribunale fallimentare

Diritto fallimentare

Domanda di risarcimento al fallito, vale solo il tribunale fallimentare

Secondo la Cassazione, la domanda giudiziale, se presentata in via ordinaria, è improponibile
/ Venerdì 12 agosto 2011
Tutte le pretese a contenuto patrimoniale rivolte a un soggetto fallito devono essere azionate dinanzi al tribunale fallimentare, anche in caso di necessario intervento di più litisconsorti. È quanto stabilito dalla prima sezione della Corte di Cassazione, nella sentenza depositata il 5 agosto 2011 n. 17035.
La vicenda trae origine da un sinistro stradale, a seguito del quale la parte danneggiata aveva adito il giudice di pace per vedersi risarcire i danni subiti. La domanda di risarcimento era stata proposta nei confronti della società danneggiante, fallita, e della compagnia assicuratrice.
La curatela del fallimento sollevava eccezione di inammissibilità della domanda di condanna, che, però, il giudice di pace rigettava.
Ricorreva, così, in Cassazione la curatela, avverso la sentenza non definitiva del giudice di pace che ha rigettato l’eccezione e avverso quella definitiva che ha determinato il risarcimento a carico anche della curatela.
Quattro i motivi di ricorso: domanda proposta nei confronti di soggetto fallito avanti a giudice incompetente e al di fuori dello specifico rito (artt. 24, 52 e 93 della L. fall.), incompetenza territoriale del giudice rispetto al luogo in cui si è verificato il danno, intervenuta prescrizione del diritto azionato, insussistenza della prova sulle modalità con cui si è verificato il danno.
La Corte di Cassazione accoglie il primo motivo, che comporta l’assorbimento degli altri tre, e cassa senza rinvio le sentenze impugnate in quanto “la causa non poteva essere iniziata”.
Nelle motivazioni della sentenza, la Cassazione spiega che è principio pacifico che ogni pretesa a contenuto patrimoniale rivolta a un soggetto fallito debba essere azionata solo mediante lo specifico procedimento endofallimentare dell’accertamento del passivo. Tale procedimento va attivato avanti il tribunale fallimentare.
Pertanto – ribadisce la Cassazione – ogni diversa azione è improcedibile.
Per l’accertamento del passivo vi è un’unica sede concorsuale
Tale principio va affermato anche nel caso di domanda attinente a un’azione comportante il necessario intervento di più litisconsorti.
Nello specifico – si legge nella sentenza in commento – “nell’ambito dell’attuale rito è sicuramente esclusa la presenza di parti estranee al fallimento nell’ambito di un procedimento che, comunque si voglia individuarne l’oggetto, non prevede pronunce di condanna o anche solo di accertamento destinate ad avere efficacia in ambito extra concorsuale nei confronti del litisconsorte in bonis”.
Nel caso di specie, pertanto, avendo la parte danneggiata agito per la condanna sia dell’assicuratore che del danneggiante-società fallita con le forme ordinarie, l’azione è inammissibile.
Le possibilità ammesse per la parte danneggiata? Domanda con rito fallimentare nei confronti del solo danneggiante oppure domanda con rito ordinario (avanti l’autorità ordinaria), omettendo, però, ogni conclusione nei confronti della società fallita o, comunque, dichiarando l’intenzione di avvalersi di un’eventuale condanna in via subordinata al ritorno in bonis.

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