Iva
Prestazione di servizi: debitore d’imposta è il cessionario o committente
La circolare n. 37 di ieri fornisce ulteriori precisazioni sugli adempimenti di fatturazione e registrazione
/ Sabato 30 luglio 2011
L’Agenzia delle Entrate, con la circolare 37 di ieri, ha approfondito le principali problematiche emerse per effetto dell’applicazione delle disposizioni previste dal DLgs. n. 18/2010, riguardante la disciplina IVA in materia di territorialità delle prestazioni di servizi. Il documento di prassi si è soffermato, tra l’altro, sull’individuazione del debitore dell’imposta e sulle modalità di assolvimento dei relativi adempimenti. In particolare, ha passato in rassegna il regime di cui all’art. 17, comma 2, del DPR n. 633/1972, in virtù del quale il meccanismo dell’inversione contabile (c.d. reverse charge) deve essere obbligatoriamente applicato alla generalità delle operazioni di cessione di beni e prestazioni di servizi effettuate da soggetti non residenti nel territorio dello Stato, nei confronti di quelli passivi ivi stabiliti. In altri termini, il debitore dell’imposta non è, come di regola avviene, il cedente o prestatore, bensì il cessionario o committente stabilito in Italia, intendendosi per tale – quando l’operazione è rilevante nel territorio dello Stato – il cessionario o committente ivi domiciliato o stabilito, ovvero la stabile organizzazione in Italia di un soggetto localizzato all’estero.
La circolare n. 37/2011 ha inoltre chiarito che, ai fini dell’operatività della predetta disposizione, è considerato cedente o prestatore non residente in Italia quello:
- non domiciliato né residente e privo di stabile organizzazione nel territorio dello Stato, ancorché ivi identificato ai fini dell’imposta sul valore aggiunto;
- non domiciliato né residente in Italia, sebbene vi abbia una stabile organizzazione, qualora quest’ultima non intervenga nella cessione del bene o del prestazione del servizio, e dunque il cedente o prestatore non utilizzi, in alcun modo, le risorse tecniche o umane della stabile organizzazione in Italia, per l’esecuzione della cessione o prestazione.
Al ricorrere dei predetti presupposti, in capo a entrambi i soggetti dell’operazione, gli obblighi IVA ricadono esclusivamente sul cessionario o committente stabilito nel territorio dello Stato. In primo luogo, è tenuto all’emissione della fattura in unico esemplare (c.d. autofattura), al momento di effettuazione dell’operazione (art. 6 del DPR n. 633/1972), a nulla rilevando – a differenza degli acquisti intracomunitari di beni (art. 39 del DL n. 331/1993) – la data di ricevimento della fattura estera. Conseguentemente, nel caso di cessioni di beni, l’autofattura dovrà essere emessa non oltre il momento della consegna o spedizione, ovvero – se anteriore – del pagamento, limitatamente all’importo versato: diversamente, nell’ipotesi di prestazioni di servizi, il documento in parola deve essere formato non oltre la data di pagamento del corrispettivo.
L’autofattura deve essere annotata nel registro delle fatture emesse o dei corrispettivi entro 15 giorni, e in quello degli acquisti anteriormente alla liquidazione periodica, ovvero alla dichiarazione annuale, nella quale è esercitato il diritto alla detrazione, e comunque non oltre il termine di scadenza di quella relativa al secondo anno in cui l’imposta è divenuta esigibile.
Nel caso in prestazioni di servizi territorialmente rilevanti in Italia, ma esenti (finanziamenti, assicurazioni, ecc.), il committente non è tenuto agli obblighi di emissione dell’autofattura, e a quelli corrispondenti di annotazione, qualora il contribuente non sia tenuto alla fatturazione dei servizi della medesima tipologia che dovesse effettuare.
La circolare n. 37/2011 ha inoltre chiarito che, ai fini dell’operatività della predetta disposizione, è considerato cedente o prestatore non residente in Italia quello:
- non domiciliato né residente e privo di stabile organizzazione nel territorio dello Stato, ancorché ivi identificato ai fini dell’imposta sul valore aggiunto;
- non domiciliato né residente in Italia, sebbene vi abbia una stabile organizzazione, qualora quest’ultima non intervenga nella cessione del bene o del prestazione del servizio, e dunque il cedente o prestatore non utilizzi, in alcun modo, le risorse tecniche o umane della stabile organizzazione in Italia, per l’esecuzione della cessione o prestazione.
Al ricorrere dei predetti presupposti, in capo a entrambi i soggetti dell’operazione, gli obblighi IVA ricadono esclusivamente sul cessionario o committente stabilito nel territorio dello Stato. In primo luogo, è tenuto all’emissione della fattura in unico esemplare (c.d. autofattura), al momento di effettuazione dell’operazione (art. 6 del DPR n. 633/1972), a nulla rilevando – a differenza degli acquisti intracomunitari di beni (art. 39 del DL n. 331/1993) – la data di ricevimento della fattura estera. Conseguentemente, nel caso di cessioni di beni, l’autofattura dovrà essere emessa non oltre il momento della consegna o spedizione, ovvero – se anteriore – del pagamento, limitatamente all’importo versato: diversamente, nell’ipotesi di prestazioni di servizi, il documento in parola deve essere formato non oltre la data di pagamento del corrispettivo.
Il committente può optare per l’integrazione del documento ricevuto
La circolare in commento ha, tuttavia, riconosciuto la facoltà del committente di prestazioni di servizi disciplinati dall’art. 7-ter del DPR n. 633/1972 di optare, in alternativa all’emissione della fattura, per l’integrazione del documento ricevuto dal prestatore comunitario con la corrispondente IVA italiana. Ciò fermo restando, naturalmente, l’obbligo di rispettare le regole generali riguardanti il momento di effettuazione dell’operazione (circ. n. 12/2010, paragrafo 3.2). L’Agenzia delle Entrate ha, inoltre, affrontato la particolare fattispecie dei servizi continuativi di durata superiore a un anno, qualora non sia prevista la corresponsione di acconti o pagamenti, anche parziali, in corso d’opera: si considerano effettuati al termine di ciascun anno solare (art. 6, comma 3, terzo periodo, del DPR n. 633/1972), fino a quello del completamento, purché siano trascorsi almeno dodici mesi dall’inizio degli stessi. Con l’effetto che il committente, soggetto passivo stabilito nel territorio dello Stato, dovrà emettere un’autofattura annuale, determinando la base imponibile secondo le spese sostenute per l’esecuzione dei servizi (art. 13, comma 2, lett. c), del Decreto IVA), rapportando il corrispettivo pattuito – da corrispondersi a conclusione della prestazione – alla quota parte di servizio che risulta resa al termine dell’anno solare.L’autofattura deve essere annotata nel registro delle fatture emesse o dei corrispettivi entro 15 giorni, e in quello degli acquisti anteriormente alla liquidazione periodica, ovvero alla dichiarazione annuale, nella quale è esercitato il diritto alla detrazione, e comunque non oltre il termine di scadenza di quella relativa al secondo anno in cui l’imposta è divenuta esigibile.
Nel caso in prestazioni di servizi territorialmente rilevanti in Italia, ma esenti (finanziamenti, assicurazioni, ecc.), il committente non è tenuto agli obblighi di emissione dell’autofattura, e a quelli corrispondenti di annotazione, qualora il contribuente non sia tenuto alla fatturazione dei servizi della medesima tipologia che dovesse effettuare.
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