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giovedì 5 luglio 2012

immobili Prima casa: nella superficie utile rientra anche il piano interrato non abitabile

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Prima casa: nella superficie utile rientra anche il piano interrato non abitabile

La Corte di Cassazione fornisce indicazioni in relazione alla natura «di lusso» dell’immobile

/ Martedì 03 luglio 2012
Il contribuente che dichiari di acquistare un’abitazione “non di lusso” perde l’agevolazione – ed è tenuto a corrispondere le sanzioni per la decadenza dall’agevolazione – ove la superficie utile dell’immobile acquistato si riveli superiore a 240 mq, computando anche il piano interrato. Questa è una delle affermazioni desumibili dalla sentenza n. 10807/2012 della Corte di Cassazione, depositata il 28 giugno 2012.
Questi i fatti che hanno dato luogo alla causa: un contribuente acquista un immobile con l’agevolazione “prima casa”, ma successivamente si vede negare il beneficio dall’Agenzia perché, secondo l’Ufficio dell’Amministrazione finanziaria, l’immobile avrebbe le caratteristiche “di lusso” (che impediscono l’accesso al beneficio), avendo una superficie superiore ai 240 mq. Il contribuente impugna l’avviso, affermando che il piano interrato non possa rientrare nel computo della superficie utile, non essendo qualificabile comeabitabile” alla luce del regolamento edilizio locale. Infatti, il piano interrato aveva un’altezza pari a 2,60 metri, mentre il regolamento edilizio stabilisce che si qualifichino “abitabili” solo i locali di altezza minima pari a 2,70 metri. Il contribuente perde la causa in primo grado, ma vede, poi, accolto parzialmente il proprio ricorso di fronte alla Commissione di secondo grado, la quale, pur riconoscendo la decadenza dall’agevolazione, ritiene che, in tal caso, non possano trovare applicazione le sanzioni.
Per comprendere appieno il contenuto della sentenza è opportuno premettere che la superficie dell’immobile acquistato può incidere sulla spettanza dell’agevolazione prima casa. Infatti, sebbene la norma che definisce le condizioni per l’accesso all’agevolazione “prima casa” (nota II-bis all’art. 1 della Tariffa, Parte I, allegata al DPR 131/86) non faccia diretto ed esplicito riferimento alla superficie dell’abitazione, tuttavia, il superamento di determinate soglie (definite dal DM 2 agosto 1969), impedisce l’applicazione del beneficio, in quanto l’immobile assume la qualifica “di lusso” (che esclude l’accesso all’agevolazione).
In particolare, il citato DM 2 agosto 1969 definisce “di lusso”:
- le abitazioni composte di uno o più vani costituenti unico alloggio padronale, aventi superficie utile complessiva superiore a 200 mq. (esclusi i balconi, le terrazze, le cantine, le soffitte, le scale e posto macchine) ed aventi come pertinenza un’area scoperta della superficie di oltre sei volte l’area coperta (art. 5);
- le singole unità immobiliari aventi superficie utile complessiva superiore a mq. 240, esclusi i balconi, le terrazze, le cantine, le soffitte, le scale e posto macchine (art. 6).
La Corte di Cassazione, nella sentenza in commento, afferma che, ai fini della qualifica “di lusso” dell’immobile abitativo, ai sensi del citato DM 2 agosto 1969, è irrilevante “la definizione del procedimento che attiene alla verifica dell’abitabilità”.
L’abitabilità non rileva
In breve, secondo la Corte, la valutazione dell’abitabilità rileva, ai fini della definizione del rapporto tributario, solo nel caso in cui la norma tributaria inserisca, tra i requisiti per l’applicazione di un’imposta, “l’uso effettivo del fabbricato”. Poiché le norme sopra citate non fanno alcun riferimento all’abitabilità, essa risulta irrilevante, nel caso di specie, una volta accertato (come operato dal giudice di merito) che il piano interrato, pur avendo un soffitto di altezza di poco inferiore a quella richiesta dal regolamento edilizio per l’abitabilità, era destinato a “sale hobby” (secondo quanto poteva desumersi dal progetto e dalle planimetrie catastali), ovvero ne era prevista la destinazione ad attività “proprie degli esseri umani che ivi trovano «alloggio»”. Pertanto, secondo la Corte, il piano interrato doveva essere computato nella “superficie utile” dell’immobile rilevante per la qualifica della natura dell’immobile, con la conseguenza che essa superava i 240 mq e l’immobile, dunque, risultava “di lusso”.
Infine, la Corte aggiunge una notazione ulteriore, secondo la quale il comportamento del contribuente, che vorrebbe sostenere l’accesso al beneficio fiscale facendo leva su quei 10 centimetri (l’altezza del piano interrato era di 2,60 metri invece dei 2,70 prescritti per l’abitabilità) che, secondo il regolamento edilizio, escludono l’abitabilità, potrebbe persino configurare un abuso del diritto. Infatti, secondo la Corte (ma il ragionamento del Supremo Collegio si spinge, forse, un po’ oltre i confini dell’istituto) configurerebbe un comportamento abusivo “la pratica costruttiva di sostanziale aggiramento delle disposizioni, anche dei regolamenti comunali, sulla cubatura degli immobili quante volte l’utilizzo di questo specifico elemento non sia dettato da ragioni costruttive o economiche […] ma assuma soltanto rilievo fiscale per la sua idoneità ad aggirare la ratio delle afferenti norme, determinando un’indebita minore tassazione”.
 / Anita MAURO
fonte:eutekne

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