ilcasodelgiorno
Regime del margine precluso per i beni con IVA parzialmente detratta
L’esigenza di evitare salti d’imposta impedisce che la rivendita sia tassata sul solo margine
/ Mercoledì 18 luglio 2012
Il DL n. 41/1995, in attuazione della Direttiva n. 94/5/CE, disciplina il trattamento applicabile, ai fini IVA, al commercio di beni mobili usati, di oggetti d’arte, d’antiquariato e da collezione.
La specifica regolamentazione della materia è dettata dall’esigenza di evitare fenomeni di plurima tassazione dei beni che, una volta usciti dal circuito commerciale, vengono ceduti ad un soggetto passivo per essere successivamente rivenduti. A tal fine, l’imposta si applica sull’utile lordo realizzato dal rivenditore, vale a dire sulla differenza (“margine”) fra il prezzo di vendita e quello di acquisto, quest’ultimo maggiorato delle spese di riparazione e di quelle accessorie.
Dal punto di vista soggettivo, il regime speciale è rivolto ai soggetti passivi che, anche occasionalmente, effettuano cessioni di beni mobili usati, di oggetti d’arte, d’antiquariato e da collezione per i quali non sia stata operata la rivalsa dell’IVA all’atto dell’acquisto. L’art. 36, comma 1, del DL n. 41/1995, in particolare, dispone che i suddetti beni devono essere “acquistati presso privati nel territorio dello Stato o in quello di altro Stato membro dell’Unione europea”, fermo restando che, su opzione del rivenditore, gli oggetti d’arte, d’antiquariato e da collezione importati da Paesi extra-Ue rientrano nel regime in esame evitando così che l’IVA sia pagata in dogana (art. 36, comma 2, del DL n. 41/1995).
Si considerano peraltro acquistati presso privati anche i beni ceduti da soggetti passivi che non hanno potuto detrarre l’IVA relativa all’acquisto/importazione o che operano anch’essi nel medesimo regime speciale.
Riguardo alla prima categoria di soggetti equiparati ai privati, l’Amministrazione finanziaria ha chiarito che l’assimilazione ha carattere oggettivo, siccome l’indetraibilità che legittima la disciplina di favore è quella “generale”, cioè collegata alla destinazione dei beni ex art. 19, comma 2, del DPR n. 633/1972; di conseguenza, il regime agevolato è precluso nelle ipotesi in cui l’indetraibilità derivi dal pro rata o dall’opzione per la dispensa dagli adempimenti per le operazioni esenti (C.M. n. 177/1995, § 2).
Laddove, invece, il divieto di detrazione sia giustificato dal principio di inerenza, resta da stabilire se il regime del margine sia applicabile ai beni acquistati presso soggetti passivi che hanno detratto parzialmente l’imposta.
Sul piano comunitario, la disciplina in materia è allineata a quella interna, posto il riferimento ai privati e ai soggetti passivi che operano nel regime del margine o le cui cessioni sono esenti ai sensi dell’art. 136 della Direttiva n. 2006/112/CE. La detassazione, in particolare, si riferisce alle “cessioni di beni il cui acquisto o la cui destinazione siano stati esclusi dal diritto alla detrazione dell’IVA”.
La Corte di Giustizia (causa C-280/04, Jyske Finans), in merito alla vendita di autoveicoli d’occasione nel mercato dell’usato, ha affermato che i termini con i quali è stata definita l’esenzione di cui all’art. 13, parte B, lett. c), della VI Direttiva (ora art. 136 della Direttiva n. 2006/112/CE) devono essere interpretati restrittivamente in quanto la stessa costituisce una deroga al principio generale che prevede la riscossione dell’IVA per ogni cessione/prestazione posta in essere, a titolo oneroso, da un soggetto passivo.
Per questa ragione, è possibile ritenere – in linea con le conclusioni dell’Avvocato generale presso la Corte di Giustizia relative alla causa C-160/11, presentate il 24 maggio 2012 – che l’esenzione in parola si riferisce alle sole cessioni di beni completamente escluse, in base alla normativa nazionale, dal diritto di detrazione. Pertanto, i beni con imposta parzialmente detraibile, in sede di rivendita, sono esclusi dal regime speciale, in perfetta coerenza con l’obiettivo perseguito dalla Direttiva n. 94/5/CE. Del resto se, da un lato, s’intende impedire che i beni usati, nel momento in cui vengono re-immessi in commercio, siano tassati una seconda volta, dall’altra si deve evitare un salto d’imposta, ossia la mancata tassazione della quota-parte del prezzo di vendita corrispondente al costo di acquisto la cui imposta è stata detratta.
A ben vedere, le considerazioni esposte si riferiscono non solo ai beni acquistati presso un soggetto passivo che ha detratto parzialmente l’imposta, ma anche alla rivendita operata dal soggetto passivo che abbia esercitato la detrazione in misura ridotta. Per questa seconda ipotesi, l’art. 13, comma 5, del DPR n. 633/1972, introdotto in recepimento della posizione espressa dalla Corte di Giustizia nella causa C-291/92 (Armbrecht), dispone che la base imponibile si determina secondo un criterio di proporzionalità, ossia applicando al prezzo di vendita la percentuale utilizzata per recuperare l’imposta assolta a monte (si veda “L’IVA sulla rivendita di beni con detrazione limitata o esclusa” del 25 maggio 2012).
La specifica regolamentazione della materia è dettata dall’esigenza di evitare fenomeni di plurima tassazione dei beni che, una volta usciti dal circuito commerciale, vengono ceduti ad un soggetto passivo per essere successivamente rivenduti. A tal fine, l’imposta si applica sull’utile lordo realizzato dal rivenditore, vale a dire sulla differenza (“margine”) fra il prezzo di vendita e quello di acquisto, quest’ultimo maggiorato delle spese di riparazione e di quelle accessorie.
Dal punto di vista soggettivo, il regime speciale è rivolto ai soggetti passivi che, anche occasionalmente, effettuano cessioni di beni mobili usati, di oggetti d’arte, d’antiquariato e da collezione per i quali non sia stata operata la rivalsa dell’IVA all’atto dell’acquisto. L’art. 36, comma 1, del DL n. 41/1995, in particolare, dispone che i suddetti beni devono essere “acquistati presso privati nel territorio dello Stato o in quello di altro Stato membro dell’Unione europea”, fermo restando che, su opzione del rivenditore, gli oggetti d’arte, d’antiquariato e da collezione importati da Paesi extra-Ue rientrano nel regime in esame evitando così che l’IVA sia pagata in dogana (art. 36, comma 2, del DL n. 41/1995).
Si considerano peraltro acquistati presso privati anche i beni ceduti da soggetti passivi che non hanno potuto detrarre l’IVA relativa all’acquisto/importazione o che operano anch’essi nel medesimo regime speciale.
Riguardo alla prima categoria di soggetti equiparati ai privati, l’Amministrazione finanziaria ha chiarito che l’assimilazione ha carattere oggettivo, siccome l’indetraibilità che legittima la disciplina di favore è quella “generale”, cioè collegata alla destinazione dei beni ex art. 19, comma 2, del DPR n. 633/1972; di conseguenza, il regime agevolato è precluso nelle ipotesi in cui l’indetraibilità derivi dal pro rata o dall’opzione per la dispensa dagli adempimenti per le operazioni esenti (C.M. n. 177/1995, § 2).
Laddove, invece, il divieto di detrazione sia giustificato dal principio di inerenza, resta da stabilire se il regime del margine sia applicabile ai beni acquistati presso soggetti passivi che hanno detratto parzialmente l’imposta.
Sul piano comunitario, la disciplina in materia è allineata a quella interna, posto il riferimento ai privati e ai soggetti passivi che operano nel regime del margine o le cui cessioni sono esenti ai sensi dell’art. 136 della Direttiva n. 2006/112/CE. La detassazione, in particolare, si riferisce alle “cessioni di beni il cui acquisto o la cui destinazione siano stati esclusi dal diritto alla detrazione dell’IVA”.
La Corte di Giustizia (causa C-280/04, Jyske Finans), in merito alla vendita di autoveicoli d’occasione nel mercato dell’usato, ha affermato che i termini con i quali è stata definita l’esenzione di cui all’art. 13, parte B, lett. c), della VI Direttiva (ora art. 136 della Direttiva n. 2006/112/CE) devono essere interpretati restrittivamente in quanto la stessa costituisce una deroga al principio generale che prevede la riscossione dell’IVA per ogni cessione/prestazione posta in essere, a titolo oneroso, da un soggetto passivo.
Per questa ragione, è possibile ritenere – in linea con le conclusioni dell’Avvocato generale presso la Corte di Giustizia relative alla causa C-160/11, presentate il 24 maggio 2012 – che l’esenzione in parola si riferisce alle sole cessioni di beni completamente escluse, in base alla normativa nazionale, dal diritto di detrazione. Pertanto, i beni con imposta parzialmente detraibile, in sede di rivendita, sono esclusi dal regime speciale, in perfetta coerenza con l’obiettivo perseguito dalla Direttiva n. 94/5/CE. Del resto se, da un lato, s’intende impedire che i beni usati, nel momento in cui vengono re-immessi in commercio, siano tassati una seconda volta, dall’altra si deve evitare un salto d’imposta, ossia la mancata tassazione della quota-parte del prezzo di vendita corrispondente al costo di acquisto la cui imposta è stata detratta.
A ben vedere, le considerazioni esposte si riferiscono non solo ai beni acquistati presso un soggetto passivo che ha detratto parzialmente l’imposta, ma anche alla rivendita operata dal soggetto passivo che abbia esercitato la detrazione in misura ridotta. Per questa seconda ipotesi, l’art. 13, comma 5, del DPR n. 633/1972, introdotto in recepimento della posizione espressa dalla Corte di Giustizia nella causa C-291/92 (Armbrecht), dispone che la base imponibile si determina secondo un criterio di proporzionalità, ossia applicando al prezzo di vendita la percentuale utilizzata per recuperare l’imposta assolta a monte (si veda “L’IVA sulla rivendita di beni con detrazione limitata o esclusa” del 25 maggio 2012).
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