Pratiche Telematiche al Registro Imprese - Agenzia delle Entrate

Attestazione del requisito idoneità finanziaria

ai sensi art 7 Reg. Europeo n. 1071/2009 – art. 7 D. D . 291/2011

Pratiche Telematiche al Registro Imprese - Invio Bilancio
Aggiornamento Consiglio di Amministrazione ed elenco Soci
Variazioni all 'Agenzia delle Entrate
Cessioni di quote di Società Srl
Gestione del contenzioso con l' Agenzia delle Entrate
Ricorsi Tributari

mercoledì 8 agosto 2012

ilcasodelgiorno Scissione e cessione delle partecipazioni, doppio test sulle perdite

ilcasodelgiorno

Scissione e cessione delle partecipazioni, doppio test sulle perdite

La successiva cessione delle partecipazioni nella beneficiaria può determinare l’applicazione della disciplina generale sul riporto delle perdite

/ Mercoledì 08 agosto 2012
A seguito di un’operazione di scissione societaria, si applica il disposto dell’art. 172, comma 7 del TUIR (richiamato dall’art. 173, comma 10) per il quale:
- non possono essere riportate le perdite fiscali maturate ante scissione in capo a società che, nel Conto economico del bilancio dell’esercizio precedente a quello in cui la scissione viene deliberata, evidenziano un ammontare di ricavi e proventi caratteristici e spese per prestazioni di lavoro subordinato e relativi contributi inferiore al 40% della media dei rispettivi importi calcolata sui conti economici dei due esercizi precedenti a quello di riferimento;
- anche se è stato superato il test sopramenzionato, le perdite fiscali possono essere riportate nel limite del patrimonio netto risultante dall’ultimo bilancio (o dalla situazione patrimoniale ex art. 2504-quater c.c.), calcolato senza tenere conto degli eventuali versamenti e conferimenti fatti negli ultimi 24 mesi.
Tale disposizione deve poi essere coordinata con le limitazioni al riporto delle perdite previste dalla disciplina generale (art. 84, comma 3 del TUIR). Secondo quest’ultima disposizione, è escluso il riporto delle perdite nel caso in cui si verifichino entrambe le seguenti condizioni:
- la maggioranza delle partecipazioni aventi diritto di voto nelle assemblee ordinarie del soggetto che riporta le perdite viene trasferita o comunque acquisita da terzi, anche a titolo temporaneo;
- l’attività principale in fatto esercitata nei periodi d’imposta in cui le perdite sono state realizzate viene modificata. La modifica dell’attività assume rilevanza se interviene nel periodo d’imposta in corso al momento del trasferimento o acquisizione, ovvero nei due successivi o anteriori.
In merito al rapporto tra le due discipline, la dottrina è concorde nel ritenere che, considerata l’esistenza di apposite disposizioni normative volte disciplinare il riporto delle perdite in caso di fusioni e scissioni, da cui emerge la voluntas legis di predisporre un’apposita disciplina tributaria del riporto delle perdite nelle predette operazioni, nell’ipotesi in cui, in sede di fusione o di scissione, si verifichino entrambi i presupposti di applicabilità della prima parte dell’art. 84, comma 3 del TUIR, dovrebbero comunque trovare applicazione le disposizioni di cui all’art. 172, comma 7, assurgendo le stesse a norme speciali rispetto a quella generale contenuta nel citato comma 3.
Tuttavia, il discorso è diverso quando si procede ad una scissione e successivamente si cede la partecipazione nella beneficiaria.
Applicabile a posteriori la prima parte del comma 3 dell’art. 84 del TUIR
Infatti, la diretta ed immediata applicazione delle norme contenute nell’art. 173, comma 10 del TUIR e appositamente individuate per le operazioni di scissione non esclude l’applicabilità a posteriori della prima parte del comma 3 dell’art. 84.
Di conseguenza, se in sede di scissione non dovrebbe rilevare il fatto che è stata trasferita la maggioranza delle partecipazioni aventi diritto di voto, viceversa, nel caso in cui uno dei due presupposti previsti dall’art. 84 comma 3 del TUIR si sia integrato in sede di scissione e l’altro dovesse verificarsi successivamente (si pensi, ad esempio, alla modifica dell’attività principale in sede di scissione e all’eventuale successiva cessione a terzi della maggioranza delle partecipazioni nella società beneficiaria), le perdite della beneficiaria perderebbero la possibilità di essere riportate.
Si ricorda, infine, che la limitazione al riporto delle perdite di cui al comma 3 dell’art. 84 del TUIR viene meno qualora la società (titolare delle perdite) oggetto di trasferimento presenti alcuni requisiti di operatività espressamente individuati dal legislatore.
Detti requisiti ricorrono nel caso in cui il trasferimento delle partecipazioni riguardi società che:
- nel biennio precedente al negozio di trasferimento hanno avuto un numero di dipendenti mai inferiore alle dieci unità;
- e per le quali, dal Conto economico relativo all’esercizio precedente a quello di trasferimento, risultino un ammontare di ricavi e proventi dell’attività caratteristica e un ammontare delle spese per prestazioni di lavoro subordinato e relativi contributi, di cui all’art. 2425 c.c. superiore al 40% di quello risultante dalla media degli ultimi due esercizi anteriori.
 / Salvatore SANNA FONTE:EUTEKNE

immobili Nella cessione di fabbricati, registro sul valore dell’immobile «al netto» dell’IVA

immobili

Nella cessione di fabbricati, registro sul valore dell’immobile «al netto» dell’IVA

Analizzando le novità del DL 83/2012 sulle cessioni immobiliari in ambito IVA, il Notariato propone tale soluzione per evitare salti d’imposta

/ Mercoledì 08 agosto 2012
Con lo Studio n. 102-2012/T, datato 15 giugno 2012 ma di fresca pubblicazione, il Consiglio Nazionale del Notariato esamina le novità introdotte nelle cessioni di fabbricati in regime IVA dall’art. 9 del Decreto “crescita e sviluppo” (DL n. 83/2012), il cui Ddl. di conversione, approvato in via definitiva il 3 agosto scorso, è in attesa di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.
La recente riforma ha peraltro aperto alcune rilevanti problematiche.
Sinora, le cessioni di abitazioni, una volta decorso il quinquennio dall’ultimazione, restavano assoggettate in via definitiva al regime di esenzione IVA: se il cedente percepiva uno o più acconti esenti da IVA, il saldo al rogito era parimenti esente e l’atto scontava l’imposta di registro proporzionale in deroga all’applicazione del principio di alternatività IVA/registro.
A seguito della riforma, è invece possibile che l’impresa cedente, in assenza di preliminare, abbia fatturato gli acconti in esenzione IVA (ove sia decorso il quinquennio) ma che, al momento del rogito, eserciti l’opzione per l’IVA: se dovesse applicarsi il principio di alternatività, l’operazione potrebbe “sottrarsi” all’imposta di registro, tranne che per il saldo (assoggettato a IVA).
Trattasi di conclusione paradossale, che il Notariato esclude possa ritenersi corretta, proponendo, pertanto, una soluzione volta a evitare salti d’imposta, individuando nell’art. 11 del DPR n. 633/72 (“operazioni permutative e dazioni in pagamento”) un principio generale che consentirebbe di assoggettare l’operazione in parte a IVA ed in parte al registro. Infatti, in deroga all’art. 1552 c.c., che disciplina la permuta come contratto unitario in cui un’operazione è il corrispettivo dell’altra, nel sistema dell’IVA ciascuna operazione viene assoggettata autonomamente ad imposta. La possibilità di “suddividere” la permuta è contemplata anche dall’art. 40, comma 2 del DPR n. 131/1986: se una soltanto delle operazioni permutative è assoggettata ad IVA, l’imposta di registro si applica sulla cessione o prestazione non soggetta.
Il Notariato conclude quindi che, nelle more di un intervento legislativo che disciplini esplicitamente la fattispecie, onde impedire che l’atto di compravendita sia pressoché completamente escluso dall’applicazione dell’imposta di registro, tale tributo dovrà essere applicato sul valore dell’immobile al netto della parte di corrispettivo assoggettata a IVA.
Registro al netto della parte di corrispettivo assoggettato a IVA
Per individuare le cessioni, occorre rifarsi all’art. 2 del DPR n. 633/72, ricomprendendo non solo gli atti che comportano trasferimento della proprietà o costituzione o trasferimento di diritti reali, ma anche le fattispecie equiparate (comma 2), tra cui (operazioni in questo periodo di crisi piuttosto diffuse) vendite con riserva di proprietà e locazioni con clausola di trasferimento vincolante per entrambe le parti in quanto – pur nella non definitività o in mancanza del titolo – attuano un trasferimento del bene assimilabile alla proprietà.
Per l’individuazione del termine quinquennale, occorre rifarsi all’art. 6 del DPR n. 633/72: in generale, per le cessioni di immobili, il momento di effettuazione dell’operazione è rappresentato dalla stipulazione del contratto traslativo della proprietà (o costitutivo/traslativo dei diritti reali); tuttavia, nel caso gli effetti siano differiti (ad esclusione delle vendite con riserva di proprietà e delle locazioni con clausola di trasferimento vincolante per entrambe le parti, per le quali resta ferma la regola generale della stipulazione), l’operazione si considera effettuata nel momento in cui tali effetti si producono, fatta comunque salva la rilevanza delle anticipazioni di corrispettivo o di fatturazione.
Lo Studio suggerisce anche che per, gli acconti percepiti o fatturati dall’entrata in vigore del DL n. 83/2012, sia riconosciuta la possibilità di esercitare l’opzione non solo nell’atto di cessione ma anche in sede di fatturazione degli acconti, tramite comportamento concludente, confermando la volontà all’interno dell’atto notarile.
Segnaliamo infine che, in sede di conversione in legge del DL n. 83, l’opzione per l’IVA in atto è stata estesa alle cessioni di fabbricati destinati ad alloggi sociali, come definiti dal decreto del Ministro delle Infrastrutture 22 aprile 2008.
 / Stefano BARUZZI
FONTE:EUTEKNE

Contenzioso La mediazione rende «meno pericolosi» gli avvisi bonari


Contenzioso

La mediazione rende «meno pericolosi» gli avvisi bonari

La circolare 33 dell’Agenzia dà ampio spazio alla mediazione nei ruoli emessi a seguito di 36-bis, «svelando» il vero ruolo della mediazione

/ Mercoledì 08 agosto 2012
Se varie volte gli operatori del diritto tributario si sono domandati il motivo per cui il Legislatore, con il DL 98 del 2011, ha inteso introdurre l’ennesimo istituto deflativo del contenzioso (la mediazione), la risposta può a nostro avviso rinvenirsi nelle circolari 33 e 34 del 2012.
La ragione, peraltro, era stata già palesata da varie parti: costi quel che costi, fare in modo che il contribuente non vada in contenzioso.
Si prenda l’esempio della possibilità di definire l’avviso bonario da 36-bis, il caso degli omessi versamenti.
Prima della mediazione e soprattutto della circolare 33, il contribuente raggiunto da un avviso bonario aveva due possibilità: pagare entro trenta giorni riconoscendo la debenza del tributo e fruire dello sconto ad un terzo delle sanzioni, o attendere il ruolo e fare ricorso.
Ora, se, per le più varie ragioni (errore di notifica dell’avviso bonario, o, come spesso succede, impossibilità di terminare il contraddittorio entro i trenta giorni), la definizione dell’avviso bonario non avviene, le “soluzioni stragiudiziali” non sono finite. Quando arriva la cartella di pagamento, il contribuente, anzi, se l’atto è di valore non superiore a 20.000 euro, il reclamante può definire il tutto in mediazione, potendo versare in forma rateale senza garanzie, e lo sconto sulle sanzioni è un po’ meno appetibile, essendo non ad un terzo ma del 40%.
Che succede se l’atto non è reclamabile, in quanto di valore superiore a 20.000 euro? Nonostante la circolare non lo dica espressamente, è auspicabile, a questo punto, che gli uffici siano propensi a definire il processo mediante conciliazione giudiziale.
Non si dimentichi che, come specificato nella circolare 9 sul reclamo, la mediazione può chiudersi anche “a zero”, con totale accettazione della pretesa ad opera del contribuente, il che torna utile negli omessi versamenti: in questo caso, la mediazione è strumentale alla sola riduzione delle sanzioni al 40%.
Stesso principio per i crediti da omessa dichiarazione
Tutto questo discorso viene meno qualora la riduzione delle sanzioni conseguente alla mediazione fosse maggiore rispetto a quella spettante nelle precedenti fasi amministrative.
Si pensi, come detto nella circolare 9, al controllo formale da 36-ter: se si definisce l’avviso bonario la riduzione è a due terzi, nella mediazione sarebbe del 40%, quindi più alta.
Ecco perché, nella circolare 33, non si ammette che si possa fruire della mediazione a seguito di reclamo contro un atto di contestazione delle sanzioni da omesso versamento, ove la definizione agevolata ex art. 17 del DLgs. 472/97 non è ammessa dalla Legge.
La ratio ispiratrice della mediazione emerge anche nella circolare 34: ora, se il contribuente riporta a nuovo un credito che trae le proprie fondamenta da una dichiarazione omessa, da un lato, gli uffici ritengono legittimo il procedimento di liquidazione automatica, dall’altro, essi riconoscono il diritto al rimborso delle somme pagate.
Tuttavia, se il contribuente, anziché definire l’avviso bonario, attende il ruolo, tutto si aggiusta “compensando” con sanzioni ridotte al 40% o in mediazione o in conciliazione giudiziale.
 / Alfio CISSELLO
FONTE:EUTEKNE
conti pubblici

Il decreto sulla spending review è legge

Via libera della Camera: IVA congelata fino a luglio 2013, ma le Regioni in deficit sanitario potranno anticipare l’aumento dell’addizionale IRPEF
/ Mercoledì 08 agosto 2012
La spending review è legge. Il decreto che “mette a dieta” lo Stato, congelando l’aumento dell’IVA e introducendo risparmi per 4,5 miliardi quest’anno, 10,5 il prossimo e 11 nel 2014, ha ottenuto il via libera definitivo.
Nella seduta di ieri, infatti, la Camera, con 403 voti favorevoli, 86 contrari e 22 astensioni, ha votato la fiducia posta dal Governo sull’approvazione del Ddl., già approvato dal Senato, di conversione, con modificazioni, del DL n. 95/2012, recante disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini (C. 5389). Dopo la trattazione degli ordini del giorno, il provvedimento è stato approvato in via definitiva con 371 voti favorevoli.
La “cura dimagrante” dello Stato, che consente, innanzitutto, di rinviare dal prossimo ottobre al luglio 2013 il temuto aumento di un punto percentuale delle due aliquote IVA del 10% e del 21%, per un costo di 3,28 miliardi nel 2012, ma anche di ampliare le tutele ad altri 55.000 esodati e di aiutare i Comuni colpita dal sisma in Emilia, comprende sia tagli, sia aggravi fiscali.
Per le zone colpite dal sisma, innanzitutto, arrivano risorse per 6 miliardi, con la possibilità, per Comuni e Commissario regionale, di fare assunzioni a tempo determinato per affrontare le emergenze. In arrivo anche 23 milioni per la raccolta dei rifiuti in Abruzzo.
Si tratta di risorse per reperire le quali il testo approvato ieri prevede una serie di tagli alla spesa pubblica, che toccano, tra l’altro, ospedali, statali e Province.
Entro novembre, infatti, le Regioni dovranno tagliare circa 7mila posti letto negli ospedali, arrivando a 3,7 ogni 1000 abitanti (oggi è 4); previste anche riduzioni alle remunerazioni che ricevono i convenzionati.
In relazione agli organici della P.A., inoltre, verrà ridotto del 20% il numero dei dirigenti e del 10% quello dei dipendenti non dirigenti, oltre a un limite per i buoni pasto, fissato a 7 euro.
Le Province, invece, saranno “riordinate” in modo da averne solo con almeno 350.000 abitanti e un territorio di 2.500 Km quadrati; per il 2012, poi, avranno un contributo di 100 milioni per ridurre il proprio debito.
Tra le altre misure, si segnalano: il taglio del 50% della spesa per auto blu di tutte le amministrazioni, compresa la Banca d’Italia; il tetto di 300.000 euro per la retribuzione a manager e dipendenti delle aziende partecipate dello Stato, non quotate, RAI compresa; risparmi dei Ministeri di 1,7 miliardi nel 2013 e 1,5 nel 2014 e 2015; “sforbiciata” ai trasferimenti alle Regioni, per 700 milioni nel 2012 e un miliardo nei due anni successivi; riduzione, nell’anno in corso, delle spese per acquisti di beni e servizi, da parte delle amministrazioni centrali; chiusura delle società in house, anche se non automatica, perché se Regioni, Province e Comuni realizzeranno un risparmio del 20% per la gestione, non saranno costrette a sopprimere o accorpare i propri enti o agenzie; stop al “trascinamento” di indennità per i docenti universitari che, dopo un incarico in un ente o istituzione, tornano a insegnare.
Slittano invece, rispettivamente, di sei mesi e di due anni, la riduzione di dirigenti e personale per l’amministrazione civile del Ministero dell’Interno e i diplomatici in servizio all’estero del Ministero degli Affari esteri e l’obbligo del taglio del 15% degli affitti per immobili in uso alla P.A.
Sul fronte degli aggravi fiscali, invece, il Ddl. di conversione del decreto sulla spending review prevede la possibilità, per le Regioni in disavanzo sanitario (Piemonte, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Calabria, Sicilia) di anticipare al 2013 la maggiorazione dell’addizionale regionale IRPEF, dallo 0,5% all’1,1%.
Aumento, poi, delle tasse universitarie a carico degli studenti fuori corso: +25% per redditi sotto i 90.000 euro e +100% oltre 150.000 euro. Non ci saranno aumenti per chi è in regola e con un reddito sotto i 40.000 euro.
Nonostante il voto di fiducia e l’approvazione, restano comunque i malumori, prima di tutto della maggioranza, sia per la forma, sia per la sostanza del provvedimento che, avverte anche Pierluigi Bersani del Pd, contiene “imperfezioni” che andranno corrette con la legge di stabilità.
La partita, insomma, è rimandata a settembre, quando dovrebbero arrivare anche nuovi provvedimenti di revisione della spesa (dagli incentivi alle imprese alle agevolazioni fiscali, passando per il taglio ai finanziamenti ai partiti e ai distacchi sindacali, oltre a un secondo intervento sulla spesa degli enti locali a firma Enrico Bondi). Il percorso si preannuncia però in salita, tra le proteste degli Enti locali, delle Province in vista dell’accorpamento, dei sindacati, soprattutto per i tagli al pubblico impiego, e dei medici contro i tagli alla sanità.

Il Fisco riconosce il credito malgrado l’omessa dichiarazione

Accertamento

Il Fisco riconosce il credito malgrado l’omessa dichiarazione

Nella circolare 34, l’Agenzia sostiene però che rimane ferma la legittimità dell’avviso bonario, in quanto serve la domanda di rimborso

/ Martedì 07 agosto 2012
Sovente accade che il contribuente riporta a nuovo un credito emergente dalla dichiarazione dei redditi o IVA dell’anno precedente, che però risulta omessa (sono tali, ad esempio, quelle presentate con un ritardo superiore a novanta giorni).
La circolare 34 dell’Agenzia delle Entrate, pubblicata ieri, affronta il tema fornendo alcune soluzioni operative.
In primo luogo, la circolare, richiamando vari precedenti giurisprudenziali favorevoli, perlopiù relativi all’IVA, afferma che, una volta omessa la dichiarazione, l’eccedenza non è riportabile, in quanto il presupposto di ciò è proprio l’invio tempestivo e regolare della dichiarazione.
Tanto premesso, il credito, nonostante l’omissione della dichiarazione, non viene perso, in quanto, salvo alcuni casi, è riconosciuto il diritto al rimborso.
Dal punto di vista operativo, i fatti sono i seguenti: il contribuente omette la dichiarazione dell’anno X ma riporta a nuovo il credito emergente da tale dichiarazione, quindi nell’anno X+1. In merito a quest’ultima annualità, viene eseguito un controllo automatico da 36-bis, in quanto risulta un’eccedenza che trae fondamento da una dichiarazione omessa.
Il contribuente riceve l’avviso bonario, e, se paga entro 30 giorni, le sanzioni da omesso versamento sono ridotte a un terzo.
Ove l’avviso non venisse definito, viene formato il ruolo e notificata la cartella.
In ogni caso, se le somme vengono pagate, o dopo l’avviso bonario o dopo la cartella, il contribuente, entro due anni dal pagamento, può domandare il rimborso dell’eccedenza ex art. 21 del DLgs. 546/92.
In sostanza, nel contraddittorio scaturito dall’avviso bonario non si ritiene di poter compensare la pretesa con il credito pur sussistente, ferma restando la debenza delle sanzioni, pur se nella misura ridotta.
Occorre però effettuare una precisazione, siccome detta forma di “compensazione” viene riconosciuta sia nella fase di mediazione che nella conciliazione giudiziale, anche se in questi ultimi due casi le sanzioni non sarebbero ridotte a un terzo, ma del 40% (artt. 17-bis e 48 del DLgs. 546/92).
Ricapitolando, in base a quanto sostenuto nella circolare 34, una volta arrivato l’avviso bonario:
- il contribuente può pagare subito fruendo della riduzione ad un terzo delle sanzioni, ma deve chiedere il rimborso del credito indebitamente riportato a nuovo entro il termine biennale;
- il contribuente, se ritiene, può attendere il ruolo e notificare il reclamo o il ricorso.
La situazione si “aggiusta” con mediazione o conciliazione giudiziale
Le due ultime soluzioni potrebbero essere più appetibili, anche se la valutazione circa la strategia migliore deve essere necessariamente tastata sul campo.
Ove l’atto sia di valore sino a 20.000 euro, si notifica il reclamo, e, come detto nella circolare, nella fase di mediazione, l’eccedenza verrebbe riconosciuta con una sorta di “compensazione”, e le sanzioni sarebbero ridotte al 40% (testualmente si legge: “Si ritiene possibile in mediazione scomputare, dalla somma originariamente richiesta in pagamento al contribuente, l’eccedenza di IVA detraibile riconosciuta spettante”).
Stessa cosa per gli atti di valore superiore a 20.000 euro, solo che la questione verrebbe “aggiustata” con la conciliazione giudiziale, ferma restando la medesima riduzione delle sanzioni.
In tali ipotesi, è comunque necessario che il contribuente riconosca la debenza delle sanzioni da omesso versamento e degli interessi.
La differenza rispetto alla definizione dell’avviso bonario è chiara: lo sconto sulle sanzioni è maggiore (un terzo anziché il 40%) ma il contribuente deve domandare il rimborso e attendere l’erogazione; nella mediazione/conciliazione giudiziale, lo sconto è minore, non vi sono gli interessi da rimborso ma vi può subito essere la “compensazione”.
Si rifletta, però, su quanto affermato alla fine della circolare, ove si sostiene che l’istruttoria sui rimborsi tende alla ricostruzione complessiva della posizione del contribuente relativamente all’anno ove la dichiarazione è stata omessa, “riscontrando la documentazione esibita dal contribuente e gli eventuali dati e notizie a disposizione dell’ufficio”. Posto che così stanno le cose, non sarà forse meglio definire con mediazione o conciliazione, per “chiudere la partita” il più celermente possibile?
 / Alfio CISSELLO
FONTE:EUTEKNE

La cessione «totalitaria» delle quote non è una cessione d’azienda

imposta di registro

La cessione «totalitaria» delle quote non è una cessione d’azienda

Lo Studio n. 170-2011/T del Consiglio Nazionale Notariato ribadisce che l’atto non può essere riqualificato in sede di accertamento

/ Martedì 07 agosto 2012
Durante la scorsa settimana, il Consiglio Nazionale del Notariato ha reso pubblico lo Studio n. 170-2011/T http://www.notariato.it/it/primo-piano/studi-materiali/studi-materiali/diritto-tributario-in-genere/170-11-t.pdf ) , approvato il 1° marzo 2012 e avente ad oggetto la riqualificazione in cessione d’azienda della cessione dell’intero capitale di una società.
Obiettivo dello Studio è verificare entro che limiti l’Amministrazione finanziaria possa tassare, secondo la normativa prevista per la cessione di azienda, il trasferimento della totalità delle quote di una srl effettuato nei confronti di una persona fisica che assumerebbe, quindi, la veste di socio unico della suddetta società. Il momento in cui è stato diramato il documento non è certo casuale, risultando molti i casi nei quali gli Uffici dell’Agenzia delle Entrate riqualificano atti negoziali sulla base dell’art. 20 del Testo Unico dell’imposta di registro o dei principi generali in materia di abuso di diritto, non di rado con forzature, accertando maggiori imposte indirette rispetto a quelle effettivamente liquidate da parte dei contribuenti o dei notai che intervengono in atto.
Nel caso preso in esame dallo Studio n. 170-2011/T (che aggiorna le conclusioni a cui lo stesso Notariato era pervenuto con lo Studio n. 95/2003/T), la differenza di imposta è sensibile: mentre, infatti, la cessione delle quote di srl sconta l’imposta di registro in misura fissa (168 euro, indipendentemente dal corrispettivo di vendita), la cessione d’azienda viene tassata in misura proporzionale, con aliquote che dipendono dalla natura dei beni che la compongono, ma generalmente previste nella misura del 3% se non sono presenti immobili tra i beni trasferiti.
La tesi sostenuta dallo Studio è quella per cui non è possibile effettuare la suddetta riqualificazione, né basandosi sull’art. 20 del DPR 131/86 né sui principi giurisprudenziali in materia di abuso del diritto, in quanto le due operazioni perseguono finalità del tutto differenti e le relative conseguenze giuridiche sono anch’esse incompatibili.
Secondo il Consiglio Nazionale del Notariato sia la cessione delle partecipazioni sia la cessione di azienda sono espressione di capacità contributiva del soggetto tenuto al pagamento dell’imposta di registro. Senonché, mentre per la cessione d’azienda la tassazione segue i normali canoni dell’imposta, per la cessione delle quote sociali il legislatore ha scelto la strada “agevolativa” dell’imposta fissa, prevista in termini generali o quando l’atto non sia suscettibile di valutazione economica o – ed è questo il caso – quando ciò discende da una valutazione di favore del legislatore stesso. Riqualificare la cessione dell’intero capitale sociale in cessione d’azienda porterebbe, quindi, allo svuotamento di significato di questo regime di favore che la normativa pone a disposizione del contribuente.
Atti similari sotto il profilo economico ma distinti sotto quello giuridico
In definitiva, pur essendo le operazioni di fatto analoghe dal punto di vista economico (è realistico che il corrispettivo per l’acquisizione dell’azienda e quello per la partecipazione totalitaria siano, se non gli stessi, quantomeno di importo paragonabile), dal punto di vista giuridico le situazioni sono completamente diverse. In primo luogo, se l’acquirente è un imprenditore, diverse sono la rappresentazione contabile dell’operazione e i suoi riflessi fiscali (ad esempio, successive plusvalenze e minusvalenze che emergono dalla cessione delle partecipazioni o dell’azienda).
Diverse sono, poi, le conseguenze giuridiche della scelta negoziale operata, dal regime in materia di divieto di concorrenza (art. 2557 del codice civile) alla complessa disciplina che regola la responsabilità del subentrante nelle passività relative all’azienda ceduta (art. 2560 del codice civile), sino alla responsabilità per i debiti tributari disciplinata dall’art. 14 del DLgs. 472/97.
Per questi motivi, lo Studio n. 170-2011/T conclude nel senso che la scelta dello schema negoziale della cessione della partecipazione totalitaria non può essere sindacata ai sensi dell’art. 20 del DPR 131/86 e non può essere qualificata come distorsiva o diretta all’aggiramento di norme impositive; più semplicemente, si tratta di una libera scelta delle parti che, consapevolmente, optano per una fattispecie ritenuta meritevole di un trattamento preferenziale da parte del legislatore, addossandosi tutte le conseguenze della scelta sotto il profilo dei rapporti giuridici con i terzi.
 / Gianluca ODETTO
FONTE:EUTEKNE

Incentivi per le imprese all’acquisto di auto «ecologiche»

Agevolazioni

Incentivi per le imprese all’acquisto di auto «ecologiche»

Le misure sono state introdotte nel DL crescita e sviluppo, la cui legge di conversione è stata approvata in via definitiva

/ Martedì 07 agosto 2012
Con il combinato disposto degli artt. 17-decies e 17-undecies del DL 83/2012 (la cui legge di conversione è stata approvata in via definitiva venerdì scorso dal Senato), sono stati introdotti alcuni incentivi per l’acquisto di nuovi veicoli “ecologici”, immatricolati tra il 1° gennaio 2013 e il 31 dicembre 2015. Il veicolo acquistato non deve essere già stato immatricolato in precedenza.
I fondi previsti sono destinati per la maggior parte a imprese e professionisti, per l’aggiornamento dei propri veicoli aziendali; tali soggetti, per accedere all’incentivo, devono consegnare per la rottamazione un veicolo di cui siano proprietari o utilizzatori, in caso di locazione finanziaria, da almeno 12 mesi. Il veicolo consegnato per la rottamazione deve inoltre appartenere alla medesima categoria del veicolo acquistato e deve essere immatricolato almeno 10 anni prima dalla data di acquisto del nuovo veicolo.
Per quanto riguarda le misure degli incentivi, a coloro che acquistano nel 2013 e 2014 in Italia, anche in locazione finanziaria, un veicolo nuovo di fabbrica a basse emissioni complessive, è riconosciuto un contributo pari al:
- 20% del prezzo di acquisto, fino ad un massimo di 5.000 euro, per i veicoli a basse emissioni complessive che producono emissioni di CO2 non superiori a 50 g/km (art. 17-decies, comma 1, lett. a);
- 20% del prezzo di acquisto, fino ad un massimo di 4.000 euro, per i veicoli a basse emissioni complessive che producono emissioni di CO2 non superiori a 95 g/km (lett. c);
- 20% del prezzo di acquisto, fino ad un massimo di 2.000 euro, per i veicoli a basse emissioni complessive che producono emissioni di CO2 non superiori a 120 g/km (lett. e);
Per gli acquisti effettuati nel 2015 il contributo scende. Infatti, è previsto il riconoscimento di un contributo pari al
- 15% del prezzo di acquisto, fino ad un massimo di 3.500 euro, per i veicoli a basse emissioni complessive che producono emissioni di CO2 non superiori a 50 g/km (lett. b);
- 15% del prezzo di acquisto, fino ad un massimo di 3.000 euro, per i veicoli a basse emissioni complessive che producono emissioni di CO2 non superiori a 95 g/km (lett. d);
- 15% del prezzo di acquisto, fino ad un massimo di 1.800 euro, per i veicoli a basse emissioni complessive che producono emissioni di CO2 non superiori a 120 g/km (lett. f).
L’articolo 17-undecies definisce le risorse destinati a tali misure: si tratta di un totale di 140 milioni di euro (50 per il 2013, 45 per ciascuno degli anni 2014 e 2015). Per quanto riguarda il 2013, 15 milioni di euro sono previsti per l’acquisto dei veicoli con emissioni fino a 50 g/km (lett. a) e a 95 g/km (lett. c), ma una quota pari al 70% degli stanziamenti viene assegnata alla sostituzione di veicoli pubblici o privati destinati all’uso di terzi ai sensi dell’art. 82 del Codice della Strada o alla sostituzione dei veicoli utilizzati come beni strumentali nell’esercizio di imprese, arti e professioni. Altri 35 milioni di euro sono destinati all’acquisto di veicoli con emissioni fino a 120 g/km (lett. e), interamente destinati alle ipotesi sopra riportate.
Credito d’imposta per le imprese costruttrici
Il contributo è ripartito in parti uguali tra un contributo statale, nel limite delle risorse destinate, e uno sconto praticato dal venditore. Il contributo viene comunque corrisposto dal venditore mediante compensazione con il prezzo d’acquisto.
Le imprese costruttrici o importatrici del veicolo nuovo rimborsano al venditore l’importo del contributo e recuperano detto importo quale credito d’imposta per il versamento delle ritenute IRPEF operate in qualità di sostituto d’imposta sui redditi di lavoro dipendente, dell’IRPEF, dell’IRES e dell’IVA, dovute, anche in acconto, per l’esercizio in cui viene richiesto al pubblico registro automobilistico l’originale del certificato di proprietà e per i successivi.
Inoltre, viene stabilito che, fino al quinto anno successivo a quello in cui è emessa la fattura di vendita, le imprese costruttrici o importatrici debbanp conservare la relativa documentazione, che deve trasmessa ad esse dal venditore.
 / Pamela ALBERTI

Ancora incertezze sulla natura delle presunzioni da «redditometro»

Accertamento

Ancora incertezze sulla natura delle presunzioni da «redditometro»

La Cassazione afferma, con orientamento oscillante, che il giudice non può «diminuire la capacità contributiva presunta» attribuita dal DM del 1992

/ Martedì 07 agosto 2012
Due sentenze della Corte di Cassazione depositate ieri costituiscono l’occasione per tornare su argomenti più volte affrontati, di estrema attualità.
In primo luogo, Cass. 14168 ritorna sulla natura giuridica dei cosiddetti “indici redditometrici”, ribadendo che essi hanno valore di presunzione legale relativa, con la conseguenza che il giudice tributario, investito del ricorso del contribuente, non può togliere né diminuire la capacità contributiva presunta dal decreto del 1992. La decisione sembra però di segno opposto rispetto alla sentenza 13289 del 2011, ove era stato sancito che gli indici in esame costituiscono un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non sono presunte dalla legge. Di conseguenza, il carattere qualificato della presunzione di maggior reddito si forma nel contraddittorio tra le parti, non vertendosi in tema di presunzioni legali relative.
Quanto esposto porta a sostenere che, ad oggi, non è affatto certa la modalità con cui il difensore può tentare di confutare l’accertamento fondato sul cosiddetto “redditometro”.
Se si opta per la tesi della sentenza in commento, una volta che l’Ufficio abbia dimostrato sia lo scostamento necessario per procedere con il metodo sintetico sia la disponibilità dei beni indice, esso, dal punto di vista probatorio, non deve più fare nulla. A questo punto, il contribuente può solo dimostrare che il reddito presunto sulla base dei decreti è frutto di redditi esenti, soggetti a imposizione alla fonte o del possesso di entrate legalmente escluse dalla formazione della base imponibile. Siccome il reddito presunto talvolta è irrazionale, accade che il contribuente sia di fatto impossibilitato a fornire la prova contraria.
Opposta è la tesi sostenuta dalla sentenza 13289 del 2011, in quanto il contribuente, a fronte della rettifica, può fornire la prova contraria affermando che, in base alla specificità del caso concreto, il reddito presunto non corrisponde a realtà siccome le spese che si sostengono per il mantenimento del bene sono molto inferiori (il caso classico concerne la produzione delle tabelle ACI per dimostrare quanto si spende per “mantenere l’auto”).
Attenzione alla mancata risposta ai questionari
Gran parte della giurisprudenza di merito ha condiviso quest’ultima impostazione, ma sarebbe opportuno un intervento delle Sezioni Unite, visto che, anche nel nuovo redditometro, si porrà la medesima questione.
Passando alla seconda sentenza depositata ieri, la numero 14164, i giudici, richiamando la sentenza 11981 del 2003, sanciscono, in via assolutamente incidentale, che il contribuente può produrre nel contenzioso i documenti che non ha esibito a seguito di richiesta avanzata mediante questionario.
Si ritiene, più che altro per prudenza, che i contribuenti non debbano fare affidamento su tale principio: la sentenza del 2003 richiamata, peraltro rimasta isolata, affermava che l’art. 52 del DPR 633/72, secondo cui i documenti non esibiti nella fase di controllo sostanziale non sono utilizzabili nella successiva fase processuale, è norma eccezionale che non può essere estesa alle imposte sui redditi.
Ora, la cosiddetta “sterilizzazione” dei documenti non esibiti è espressione non solo dell’art. 52 del DPR 633/72, ma anche dello stesso art. 32 del DPR 600/73: la differenza è che l’art. 52 concerne i controlli caratterizzati da accessi materiali, mentre l’art. 32 le cosiddette “indagini a tavolino”.
Inoltre, l’art. 33 del DPR 600/73 rinvia, per la fase di verifica, alla normativa in tema di imposta sul valore aggiunto, per cui il ragionamento della sentenza del 2003, proprio per questo motivo, come detto, rimasto isolato, difficilmente può reggere in contenzioso.
 / Alfio CISSELLO
FONTE:EUTEKNE

Per la deducibilità automatica delle perdite, conta ogni singolo credito

reddito d'impresa

Per la deducibilità automatica delle perdite, conta ogni singolo credito

In presenza di distinti crediti nei confronti dello stesso cliente, ai fini della soglia la norma sembrerebbe dare rilievo alla singola posizione creditoria

/ Lunedì 06 agosto 2012
La verifica della sussistenza delle condizioni, temporale e quantitativa, richieste dall’art. 101, comma 5 del TUIR, come novellato dal DL n. 83/2012 (il cui Ddl. di conversione è stato approvato in via definitiva dal Senato venerdì scorso), per la deduzione delle perdite di modesta entità, solleva questioni interpretative ulteriori rispetto a quelle già esaminate in un precedente intervento (si veda “Deducibilità automatica delle perdite anche su crediti scaduti prima del 2012” del 2 agosto 2012).
Ricordiamo che, per effetto delle modifiche apportate in sede di conversione all’art. 33, comma 5, del DL n. 83/2012 (nel testo approvato prima dalla Camera e poi dal Senato), i requisiti di deducibilità risultano ora integrati, in quanto le perdite risultano da elementi “certi e precisi”, anche per i crediti, non superiori a 5.000 euro per le imprese di più rilevante dimensione e 2.500 euro per le altre imprese, per i quali sono decorsi sei mesi dalla scadenza.
Un primo aspetto riguarda il momento in cui i requisiti vanno verificati; al riguardo, sembrerebbe potersi ritenere che la sussistenza delle due condizioni vada verificata, in termini generali, alla chiusura del periodo d’imposta.
Per quanto concerne il limite quantitativo, si dovrebbe avere riguardo al valore legale della pretesa creditoria, prescindendo dunque da quello contabile/fiscale che, come noto, potrebbe essere influenzato dalla rilevazione di svalutazioni.
Un dubbio significativo si pone in caso di presenza di distinti crediti nei confronti dello stesso cliente che, considerati singolarmente, sarebbero al di sotto della soglia di 2.500 o 5.000 euro, mentre, computati complessivamente, supererebbero tale soglia. Sul piano letterale, la norma sembrerebbe dare rilievo alla singola posizione creditoria, risultando quindi ininfluente la presenza di una molteplicità di crediti di modesto importo nei confronti del medesimo cliente, complessivamente di importo maggiore alle suddette soglie. Tale orientamento interpretativo potrebbe trovare accoglimento, quantomeno laddove le varie posizioni creditorie risultino da rapporti giuridici diversi o comunque siano suscettibili di tutela legale secondo procedure differenti.
Se così fosse, risulterebbe legittimo dedurre la perdita relativa a ciascun credito, laddove, invece, se i crediti verso il medesimo cliente fossero da considerarsi cumulativamente, si determinerebbe la necessità di dimostrare la sussistenza degli elementi certi e precisi (ad es. con azioni di recupero del credito ovvero attendendo la prescrizione), essendo “inibita” la deduzione automatica.
In caso contrario, si dovrebbero dimostrare gli elementi certi e precisi
Alternativamente, anche in un’ottica di semplificazione, e tenendo conto che in molti casi le posizioni creditorie nascono in virtù di rapporti commerciali continuativi con la clientela, potrebbe anche stabilirsi che la verifica della soglia vada fatta di anno in anno, sommando gli insoluti vantati verso ciascun cliente scaduti da almeno sei mesi.
Con riguardo al requisito temporale, va inoltre osservato che la norma intende introdurre una presunzione di favore per il contribuente che determina l’automatica deduzione della perdita di modesta entità qualora il credito abbia un’anzianità pari o superiore a sei mesi; ciò non dovrebbe, tuttavia, precludere la deduzione in via anticipata di crediti scaduti da un tempo inferiore, laddove si ritenga che l’irrecuperabilità del credito si sia già manifestata. Allo stesso modo, dovrebbe essere possibile rinviare l’imputazione (e la deduzione) della perdita a Conto economico in un esercizio successivo a quello in cui maturano i sei mesi laddove si ritenga che il credito possa essere ancora recuperato.
Una diversa interpretazione, d’altra parte, oltre a non tenere in debita considerazione la finalità agevolativa e semplificatoria della norma, potrebbe risultare in contrasto anche con l’altra previsione introdotta dal decreto “crescita e sviluppo”, secondo cui gli elementi certi e precisi si assumono esistere “inoltre” nei casi di prescrizione del diritto di credito (previsione che, data la genericità del testo normativo, pare destinata a trovare applicazione tanto per i crediti di più elevato importo quanto per quelli di modesta entità).
 / Luca MIELE e Alberto TRABUCCHI
FONTE:EUTEKNE

Nuova IVA per cassa,

iva

Nuova IVA per cassa, sospensione con la procedura concorsuale

Da chiarire la situazione del cessionario o committente in accordo di ristrutturazione

/ Lunedì 06 agosto 2012
L’art. 32-bis del DL n. 83/2012, inserito in sede di conversione, ha introdotto un nuovo regime di liquidazione dell’IVA secondo la contabilità di cassa, riservato alle operazioni effettuate – nei confronti di cessionari o committenti che agiscono nell’esercizio di imprese, arti o professioni – da cedenti o prestatori che, nel precedente periodo d’imposta, hanno realizzato un volume d’affari non superiore a 2.000.000 di euro: nel caso di inizio attività, la soddisfazione di tale parametro deve essere considerata in via presuntiva, sulla base della stima del mancato superamento prospettico di questa soglia. Tale disciplina – da attuarsi con un apposito decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del DL n. 83/2012 – è, in ogni caso, preclusa per le operazioni effettuate dai soggetti che si avvalgono dei regimi speciali di applicazione dell’imposta – monofase (art. 74, comma 1, del DPR n. 633/1972), agenzie di viaggio e turismo (art. 74-ter del predetto decreto IVA) e margine dei beni usati (art. 36 del DL n. 41/1995) – oppure poste in essere nei confronti di cessionari o committenti che assolvono l’IVA mediante il reverse charge.
Il nuovo regime dell’IVA per cassa, sostitutivo di quello sinora previsto dall’art. 7 del DL n. 185/2008, stabilisce che, qualora l’operazione soddisfi i predetti requisiti, l’IVA diviene esigibile all’atto del pagamento dei relativi corrispettivi, salvo il caso in cui sia decorso un anno dal momento di effettuazione della cessione o della prestazione, individuato a norma dell’art. 6 del DPR n. 633/1972. Questa eccezione al principio di differimento non esplica, tuttavia, i propri effetti se, prima del superamento di tale orizzonte temporale annuale, il cessionario o committente è assoggettato ad una procedura concorsuale: al ricorrere di tale ipotesi, l’esigibilità dell’imposta è sospesa a beneficio di tutti i cedenti o prestatori che abbiano emesso fatture con IVA ad esigibilità differita, fino all’effettivo incasso del corrispettivo e limitatamente all’ammontare dello stesso. Sul punto si osservi che, nel vigore della disciplina sinora applicata (art. 7 del DL n. 185/2008), l’Amministrazione finanziaria ha fatto riferimento alle procedure concorsuali di cui all’art. 101, comma 5, del DPR n. 917/1986, attribuendo rilevanza al momento di apertura delle stesse (circ. n. 20/2009, par. 2.2), individuato da uno dei seguenti atti:
- sentenza dichiarativa di fallimento;
- decreto di ammissione al concordato preventivo;
- provvedimento ordinante la liquidazione coatta amministrativa;
- decreto disponente l’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi.
La citata disposizione del TUIR ha, tuttavia, formato oggetto di una successiva riformulazione, anch’essa ad opera del DL n. 83/2012, comportante due sostanziali modifiche: nel primo periodo dell’art. 101, comma 5, del TUIR è stato recepito l’orientamento dell’Agenzia delle Entrate, in virtù del quale l’accordo di ristrutturazione dei debiti non è qualificabile come una procedura concorsuale (circolari n. 8/2009, par. 4.2. e n. 42/2010, par. 4.1). Salvo, poi, contraddire tale principio, stabilendo – nel secondo periodo della medesima norma – che l’assoggettamento a procedura concorsuale si considera, tra l’altro, dalla data del decreto di omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti. Il dubbio interpretativo necessita di un chiarimento da parte dell’Amministrazione finanziaria, anche in relazione all’ipotesi della revoca della procedura concorsuale (circ. n. 20/2009, par. 2.2.), in quanto formalmente non prospettabile per le intese omologate di cui all’art. 182-bis del R.D. n. 267/1942: a questo proposito, si ricorda che – nel vigore degli artt. 7 del DL n. 185/2008 e della previgente formulazione dell’art. 101, comma 5, del TUIR – l’Agenzia delle Entrate aveva precisato che la revoca della procedura concorsuale, intervenuta dopo un anno dall’effettuazione dell’operazione oggetto di differimento, determina l’esigibilità dell’IVA e l’obbligo di computarla nella prima liquidazione successiva alla data di revoca.
Il medesimo dubbio interpretativo, afferente gli accordi di ristrutturazione dei debiti, interessa altresì le regole ordinarie di emissione della nota di variazione IVA, come già evidenziato in un precedente intervento (si veda “Per gli accordi di ristrutturazione, possibile una nuova qualificazione fiscale” del 28 luglio 2012): l’art. 26, comma 2, del DPR n. 633/1972 stabilisce, infatti, che tale documento rettificativo può essere formato, tra l’altro, quando è accertata l’infruttuosità della procedura concorsuale, che – in virtù dell’orientamento dell’Agenzia delle Entrate – aveva sinora indotto il creditore di un accordo di ristrutturazione dei debiti all’emissione della nota di variazione in base al successivo comma 3, rischiando, pertanto, di perdere il diritto alla rettifica dell’imposta, a causa del decorso di un anno dall’effettuazione dell’operazione.
 / Michele BANA FONTE:EUTEKNE

Sanzioni ridotte con la mediazione tributaria

  Sabato 04 agosto 2012
È stata pubblicata, sul sito internet dell’Agenzia delle Entrate, la circolare n. 33  ove vengono chiariti vari aspetti del neointrodotto procedimento di mediazione fiscale, con particolare riferimento alle modalità con cui possono essere ridotte le sanzioni tributarie. http://www.agenziaentrate.gov.it/wps/wcm/connect/9777e5804c36fb518667a6ce312dbf81/circolare+33e+_2_.pdf?MOD=AJPERES&CACHEID=9777e5804c36fb518667a6ce312dbf81 ).

Per l’indeducibilità dei costi da reato, contano il nesso diretto o la strumentalità

 Sabato 04 agosto 2012
 

Cause di esclusione del socio di snc opponibili al Fisco solo se trascritte

  Sabato 04 agosto 2012

Distacco del personale escluso da IVA se il riaddebito equivale al costo sostenuto

  Sabato 04 agosto 2012

martedì 7 agosto 2012

Adeguamento entro il 20.8.12 senza maggiorazione

Non si tratta di una proroga generalizzata: l’agevolazione interessa solo coloro che, a seguito del calcolo di congruità con la nuova versione del software Gerico 1.0.2, abbiano un risultato maggiore rispetto a quello derivante dalla versione precedente 1.0.1.

Immagine FiscoeTasse
Quella annunciata dall'Agenzia delle Entrate il 10 luglio scorso è una "nuova proroga" per rimediare ai tempi troppo stretti con cui l’Agenzia stessa ha rilasciato il software Gerico. La prima versione del software è stata pubblicata il 18 giugno, a pochi giorni dalla prima scadenza utile per il versamento delle imposte, fissata il 9 luglio. Inoltre, a causa di alcuni malfunzionamenti, il programma è stato aggiornato l’ultima volta il 5 luglio. Tempi troppo stringenti per un calcolo così complesso, anche secondo i commercialisti, i consulenti del lavoro e gli artigiani/commercianti, che nei giorni scorsi hanno protestato per i ritardi nella messa a punto di Gerico.

Appuntamento al 20 agosto senza maggiorazione

La nuova proroga però non interessa tutti,  solo coloro che a seguito del calcolo di congruità con la nuova versione 1.0.2, abbiano un risultato maggiore rispetto a quello derivante dalla versione precedente 1.0.1.
Il comunicato stampa dell'Agenzia delle Entrate del 10 luglio è chiaro su questo punto. L'Agenzia ha deciso di venire incontro alle esigenze dei contribuenti e, in base ai principi di collaborazione e buona fede stabiliti dallo Statuto dei diritti del contribuente, ha disposto che i pagamenti delle maggiori imposte derivanti da una variazione dei ricavi di congruità potranno essere versati entro il 20 agosto senza la maggiorazione dello 0,40%. In pratica: i contribuenti che, dopo aver ricalcolato la congruità sulla base della nuova versione del software, riscontrino un maggior livello di adeguamento, rispetto a quanto stimato con la precedente versione, potranno effettuare il versamento delle maggiori imposte entro i prossimo 20 agosto senza la maggiorazione dello 0,40%.
 

Ricalcolo della congruità per tutti

In ogni caso è necessario aprire anche le posizioni già chiuse, per le quali sono state anche versate entro il 9 luglio le imposte commisurate alla versione precedente. Si dovrà infatti ricalcolare la congruità sulla base della nuova versione 1.0.2, per verificare eventualmente la sussistenza di variazioni, e in caso procedere ad integrare l’adeguamento. Potrà infatti capitare che:
qualcuno che risultava prima congruo ora non lo sia più. In questo caso il contribuente che decide di adeguarsi potrà versare le imposte connesse ai maggiori ricavi/compensi entro il 20.08 senza maggiorazione, mentre quelle non connesse all’adeguamento dovranno essere versate con la maggiorazione;
qualcuno che con la precedente versione di Gerico risultava non congruo, e ha pagato l’adeguamento entro il 9 luglio, a seguito della nuova versione risulta non congruo per un maggiore importo. In tal caso le maggiori imposte connesse ai maggiori ricavi/compensi possono essere versate entro il 20.08 senza la maggiorazione dello 0,40%;
qualcuno che con la precedente versione risultava non congruo, e non ha pagato l’adeguamento, a seguito della nuova versione risulta non congruo per un maggiore importo. In tal caso solo la quota delle imposte riferita ai maggiori ricavi/compensi derivanti da Gerico 1.0.2 possono essere versate entro il 20.08 senza la maggiorazione dello 0,40%. Le altre, invece, devono essere versate con maggiorazione.
 Gesuato Elisabetta FONTE FISCO E TASSE

Accertamento basato sugli studi di settore - un commento alla Circolare 8E 2012

Accertamento basato sugli studi di settore - un commento alla Circolare 8E 2012


La circolare 8 E 2012 ha un ruolo di indirizzo sostanziale con riferimento alle novità normative in materia di studi di settore; in un’ottica di rafforzamento della tax compliance da un lato vengono delineate le conseguenze di un infedele trasmissione dei dati, dall’altro, si evidenzia l’effetto premiale connesso allo status di contribuente congruo e coerente

Tra i chiarimenti di maggior importanza, formulati dalla circolare 8E del 16 Marzo 2012 che analizza le novità introdotte dai D.L. n. 98/2011, n. 138/2011 e n. 201/2011, in materia di Studi di Settore (SDS), si segnalano quelli relativi all’accertamento fondato su tali strumenti presuntivi e su metodi induttivi nonché del trattamento sanzionatorio in caso di irregolarità relative all’adempimento dei relativi obblighi dichiarativi.
I princìpi che il legislatore ha introdotto negli interventi normativi che si sono succeduti sono sinteticamente riconducibili ai seguenti aspetti:
  •  centralità della funzione assolta dal modello di comunicazione dei dati necessari per l’applicazione degli studi di settore e stretta connessione con le violazioni contenute, nel predetto modello, ai fini dell’accertamento;
  • soppressione della franchigia, operante nei confronti dei contribuenti “congrui” rispetto agli studi di settore, nel caso di accertamento analitico induttivo, dal periodo di imposta 2011;
  • onere motivazionale, in caso si accertamento fatto a un soggetto “congruo” , la parte erariale dovrà argomentare le ragioni della rettifica;
  •  nuove ipotesi di innesco dell’accertamento induttivo; si ricorda che l’accertamento induttivo rappresenta una forma di ricostruzione del reddito del contribuente che prescinde dalle risultanze delle scritture contabili e si fonda su presunzioni semplici. Tale ricostruzione è solitamente conseguenza di gravi inadempienze, ad opera del contribuente, ed è attivabile per i periodi d’imposta dal 2010 anche qualora non sia stato presentato il modello degli SDS, siano indicate delle cause di esclusione o inapplicabilità non spettanti ovvero il modello offra una rappresentazione non veritiera, in base ai dati artatamente ivi riportati.
L’obiettivo che fa da liaison tra gli aspetti caratterizzanti delle innovazioni normative sopra delineati, è quello di individuare negli SDS una metodologia accertativa adottabile in via extracontabile alle varie realtà settoriali sempre più capace di stimare compiutamente ricavi e compensi degli operatori economici ad essa interessati. Vale però la pena di soffermarsi brevemente per alcune puntualizzazioni su tale metodologia, evidenziando i soggetti che ne restano esclusi e i relativi limiti.
Sono esclusi dall’applicazione degli SDS:
  •  i contribuenti che hanno iniziato l’attività nel corso del periodo d’imposta o hanno cessato l’attività in tale periodo;
  •  i contribuenti con un ammontare di ricavi o compensi dichiarati superiore a 5.164.569 euro.
  • Altre esclusioni riguardano coloro i quali si trovano in un periodo di non normale svolgimento dell’attività, che determinano il reddito con criteri “forfetari”, che applicano il regime dei “minimi” o che presentano cause di inapplicabilità indicate nel decreto di approvazione dello specifico Studio di settore.
Quest’ultimi, dunque, rappresentano un importante strumento a disposizione dell'Amministrazione finanziaria che attraverso una serie di analisi economiche e di tecniche statistico-matematiche, consentono di stimare i ricavi e/o compensi che si presumono attribuibili al contribuente. L'obiettivo è quello di individuare le condizioni di operatività delle imprese e di determinare i ricavi attraverso un processo di stima che si può definire “ inferenziale “.
Attraverso gli SDS l'Agenzia delle entrate può procedere ad accertare in via induttiva, ossia extra-contabilmente, il reddito derivante dall'esercizio di attività di impresa o di lavoro autonomo, secondo quanto disposto dall'art. 39, comma 1 lett. d) e comma 2 del D.P.R. n. 600/1973.

L'accertamento induttivo si distingue dunque in:
• accertamento analitico induttivo
• accertamento induttivo “stricto sensu” di cui all'art. 39, comma 2, del D.P.R. n. 600/1973.

In punto di diritto si segnala anche che le Sezioni Unite della Corte di cassazione con la sentenza n. 26635 del 2009 dichiararono che gli SDS hanno natura di mere presunzioni semplici e che, anche nella fase procedimentale, è necessario il contraddittorio con il contribuente. La sentenza è condivisibile e si allinea agli orientamenti più evoluti della giurisprudenza costituzionale ed internazionale.

FONTE : FISCO E TASSE PER Dott. Piero Bertolaso - Modena

Studi di Settore: accesso al regime premiale per il 2011

Definiti, con Provvedimento del 12.07.2012, i contribuenti interessati al regime premiale introdotto con il Decreto Salva-Italia con un elenco degli studi di settore ammessi per il 2011 in funzione di alcuni indicatori. Fedeltà dei dati, coerenza e congruità consentono di accedere al regime

Il nuovo regime premiale per 55 Studi di Settore per il periodo d'imposta 2011. Il Provvedimento dell'Agenzia del 12 luglio 2012 definisce i soggetti che rientrano nella disciplina premiale (art. 10, commi da 9 a 13, del Dl 201/2011), ovvero i contribuenti soggetti al regime di accertamento basato sulle risultanze degli studi di settore che, nel periodo d’imposta di
riferimento, risultano congrui e coerenti agli specifici indicatori previsti dai decreti di approvazione.
Ciò a condizione che:
  • la coerenza sussista per tutti gli indicatori di coerenza economica e di normalità economica previsti dallo studio di settore applicabile;
  • se il contribuente consegue sia redditi d’impresa sia di lavoro autonomo, siano assoggettabili a studi entrambe le categorie di reddito;
  • se il contribuente applica due diversi studi, la congruità e la coerenza sussistano per entrambi.
Per il periodo di imposta 2011 accedono al regime premiale i contribuenti, di cui sopra, che applicano gli studi di settore indicati nell’allegato n. 1 al presente Provvedimento. Porte aperte al nuovo regime premiale per il periodo d’imposta 2011 anche per i contribuenti che applicano due diversi studi di settore, a patto che entrambi rientrino tra quelli elencati nell’allegato 1 del provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate.
Si ricorda che la norma, contenuta nel Salva Italia (Dl 201/2011), stabilisce che per i contribuenti che dichiarano, anche per effetto dell’adeguamento, ricavi o compensi in misura uguale o superiore alle stime degli studi di settore, che risultano coerenti agli indicatori previsti dai relativi decreti di approvazione degli studi e sono in regola con gli obblighi di comunicazione, sono preclusi gli accertamenti analitico-presuntivi. Sono, inoltre, ridotti di un anno i termini di decadenza per l’attività di accertamento e la determinazione sintetica del reddito complessivo (articolo 38 del Dpr 600/1973) è ammessa a condizione che lo stesso ecceda di almeno 1/3, invece che 1/5, quello dichiarato.
leggi : AGENZIA ENTRATE : http://www.fiscoetasse.com/upload/Provvedimento_12072012.pdf
fonte fisco e tasse

Studi di settore – i chiarimenti dell’Agenzia 2012

Accertamento induttivo per studi di settore irregolari dal 2010, invito a compilare il modello ma resta la possibilità del ravvedimento, niente accertamento per gli ex minimi nella circolare n.8 2012 dell’Agenzia delle Entrate

Immagine FiscoeTasseL ‘Agenzia, ha fornito con la circolare n. 8 del 16 marzo 2012, alcuni chiarimenti in materia di studi di settore, materia sulla quale sono intervenute molte modifiche legislative tra la fine del 2011 con il dl 98/ e il decreto Salvaitalia e l’inizio del 2012 (dl 16/2012).
Si parla in particolare della possibilità di modifiche e integrazioni agli studi già approvati, di decorrenza dei nuovi accertamenti induttivi, dell’invito alla compilazione del Modello che non preclude il ravvedimento in caso di omessa dichiarazione dei dati.   Vengono preannunciate due ulteriori circolari di chiarimenti in tema di sanzioni, aspetto sul quale sono state però evidenziate ancora contraddizioni per cui rimandiamo la trattazione ad un momento successivo.

Vediamo intanto alcuni argomenti affrontati dalla circolare n. 8 dell’Agenzia.

Modifiche ed integrazioni degli studi di settore già approvati

Gli studi di settore potranno sempre essere modificati entro il 31 marzo dell’anno successivo alla approvazione in caso di particolare andamento economico e dei mercati , per il primo anno di applicazione della dl 98 /2011, quest’anno il termine è spostato di un mese. Quindi fino al 30 aprile prossimo è possibile presentare i modelli usufruendo delle modifiche, ad oggi ancora possibili, relative al periodo di imposta 2011.

Sempre prevista dal dl 98/2011, si ricorda anche la possibilità di ricevere dall’Agenzia un invito ad adempiere all’obbligo dichiarativo ai fini degli studi . Questo invito è da intendere come un incentivo alla compliance e non preclude la possibilità di sanare eventuali omissioni degli obblighi con il ravvedimento operoso che prevede il beneficio di sanzioni ridotte

Accertamento induttivo in caso di irregolarità dei dati per gli studi di settore

La circolare chiarisce che l’accertamento induttivo per irregolarità in ambito di studi di settore sarà possibile solo:

• A partire dalle dichiarazioni sul periodo d’imposta 2010. Per i precedenti si applicherà il metodo analitico o analitico- presuntivo
• se il contribuente è effettivamente soggetto agli studi e non semplicemente tenuto alla presentazione del modello, come accade per taluni operatori economici
• se il reddito risultante dagli studi supera del 10% il reddito dichiarato
• la norma si applica su tutti i periodi di imposta accertabili alla data del controllo stesso
• nella motivazione dell’accertamento nei confronti di un soggetto congruo e coerente devono essere esposte le ragioni della rettifica.

Per quanto riguarda le nuove limitazioni all’accertamento analitico presuntivo si ricorda che è ridotto di un anno il termine di prescrizione e che la determinazione sintetica del reddito si applicherà solo qualora l’accertabile superi di almeno un terzo ( e non più di un quinto ) il reddito dichiarato.
Usufruiscono di questi vantaggi solo i contribuenti in linea con gli indicatori e potenzialmente accertabili , che non hanno quindi presentato richiesta di esclusione o inapplicabilità degli studi alla loro attività.

Risposte ai quesiti

La circolare ha fornito anche alcune risposte a quesiti dei contribuenti. Tra le più importanti:
Alle società in perdita per  tre anni consecutivi  non sono applicabili le nuove disposizioni sulle società di comodo   in riferimento ai periodi di imposta in  cui risultino congrue e coerenti con gli studi di settore.
Gli ex minimi anche se formalmente soggetti,  di fatto non saranno accertati  sulla base degli studi data la loro "marginalità economica" ossia  il loro scarso volume d'affari e limitato impiego di beni strumentali .
fonte fisco e tasse

Studi di Settore: Revisione congiunturale per il periodo d'imposta 2011

Studi di Settore: Revisione congiunturale per il periodo d'imposta 2011

Approvata con Decreto del 13.06.2012 la revisione congiunturale speciale degli studi di settore relativi alle attività economiche nel settore delle manifatture, dei servizi, delle attività professionali e del commercio, al fine di tener conto degli effetti della crisi economica e dei mercati

Pubblicato il Decreto del 13 giugno 2012 http://www.fiscoetasse.com/upload/Decreto_MEF_13062012.pdf) con il quale viene descritta la metodologia utilizzata, in relazione al solo periodo d’imposta 2011, per la revisione congiunturale speciale degli studi di settore, ed i relativi interventi correttivi, al fine di tener conto degli effetti della crisi economica e dei mercati a norma dell’articolo 8 del decreto legge 29 novembre 2008 n. 185, convertito dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2.

Al fine di ottenere un quadro di riferimento della situazione economico-congiunturale che ha caratterizzato il 2011, è stato necessario svolgere un’attività preliminare di individuazione ed acquisizione di fonti informative con l’obiettivo di integrare le informazioni già presenti nella Banca dati degli Studi di Settore.

Il quadro macroeconomico, settoriale e territoriale, è stato analizzato sulla base delle pubblicazioni e delle informazioni rese disponibili da:
  • Banca d’Italia;
  • Istituto nazionale di statistica (ISTAT);
  • Prometeia;
  • Ministero dello Sviluppo Economico.
Al fine di aggiornare al periodo di imposta 2011 i trend economici dei singoli modelli organizzativi (cluster), anche in relazione al territorio, le informazioni contenute nella Banca dati degli Studi di settore (ultima annualità disponibile il 2010) sono state proiettate al 2011 sulla base delle previsioni contenute nell’“Analisi dei microsettori” Prometeia, dei dati relativi alle comunicazioni annuali IVA 2012 e di quelli delle dichiarazioni annuali IVA 2012 presentate entro il mese di febbraio.
Sulla base delle analisi svolte sulle fonti informative suddette e delle valutazioni degli Osservatori regionali, sono state apportate opportune modifiche all’analisi di normalità economica e sono stati introdotti specifici correttivi, da applicare ai risultati derivanti dall’applicazione degli studi di settore, che tengono conto di alcune grandezze e variabili economiche e le relative relazioni, modificate a seguito della crisi economica verificatasi nel corso del 2011, tra cui:
  • le contrazioni più significative dei margini e delle redditività;
  • il minor grado di utilizzo degli impianti e dei macchinari;
  • le riduzioni delle tariffe per le prestazioni professionali;
  • l’aumento del costo del carburante;
  • gli andamenti congiunturali negativi intervenuti nell’ambito dei diversi settori, anche in relazione al territorio;
  • la ritardata percezione dei compensi da parte degli esercenti attività di lavoro autonomo a fronte delle prestazioni rese.
Infine, sono state acquisite, per il tramite delle Organizzazioni di Categoria, informazioni di natura strutturale e contabile relativamente ad un significativo campione di soggetti al fine di poter riscontrare, su esempi reali riferiti al periodo d’imposta 2011, il grado di significatività degli interventi delineati.
Nel presente documento, per “ricavi/compensi ai fini della congruità” si fa riferimento a quanto stabilito dal decreto di approvazione dello specifico studio di settore.
fonte:fisco e tasse

lunedì 6 agosto 2012

Studi di settore 2011: i chiarimenti dell'Agenzia


L'Agenzia delle Entrate ha diffuso la circolare n. 30/E/2012 ( http://www.agenziaentrate.gov.it/wps/wcm/connect/5a981c804bef4c019b97fb8077b436ff/circolare+30.pdf?MOD=AJPERES&CACHEID=5a981c804bef4c019b97fb8077b436ff, che fornisce chiarimenti in ordine all'applicazione degli studi di settore ed, in particolare, per l'utilizzo degli stessi per il periodo d'imposta 2011.
Il primo elemento di novità è rappresentato dalla pubblicazione dei DD.MM. 28 dicembre 2011 con cui sono stati approvati 69 studi di settore (di cui 18 relativi ad attività economiche del settore delle manifatture; 17 relativi ad attività economiche del settore dei servizi; 6 relativi ad attività professionali; 28 relativi ad attività economiche del settore del commercio) che costituiscono la revisione di altrettanti studi precedentemente in vigore.
Relativamente all’approvazione di 28 studi relativi ad attività economiche del settore del commercio, l’art. 6, D.M. 28 dicembre 2011, ha confermato, con riferimento al periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2011, l’inutilizzabilitàdirettadei risultati derivanti dall’applicazione degli studi di settore per l’azione di accertamento nei confronti di:
  • società cooperative a mutualità prevalente;
  • soggetti IAS;
  • soggetti che esercitano in maniera prevalente l’attività contraddistinta dal codice 64.92.01 - “Attività dei consorzi di garanzia collettiva fidi” ovvero 66.19.40 - “Attività di Bancoposta”.
Per il solo periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2011, tale diverso utilizzo dei risultati derivanti dall’applicazione degli studi di settore viene previsto anche nei confronti dei soggetti esercenti attività d’impresa, cui si applicano gli studi di settore, per il periodo d’imposta in cui cessa di avere applicazione il regime deiminimi” e dei soggetti che esercitano in maniera prevalente l’attività contraddistinta dal codice 68.20.02 – “Affitto di aziende”. 
Un ulteriore elemento di novità è costituito dal D.M. 26 aprile 2012, che ha approvato, a decorrere dal periodo d’imposta 2011, le integrazioni agli studi di settore, indispensabili per tenere conto degli andamenti economici e dei mercati, con particolare riguardo a determinati settori o aree territoriali, o per aggiornare o istituire gli indicatori di coerenza, compresi quelli previsti dall'art. 10-bis, legge n. 146/1998.
Le novità riguardano:
  • i nuovi indicatori di coerenza economica basati su anomalie nei dati dichiarati;
  • il nuovo indicatore di normalità economica in assenza del valore dei beni strumentali;
  • l’aggiornamento dei valori di soglia per l'indicatore di coerenza «ricarico» per lo studio di settore VM04U;
  • l’aggiornamento della “Territorialità dei Factory Outlet Center”;
  • le modifiche allo studio VM05U con gli aggiornamenti per le regioni Abruzzo, Campania e Sicilia;
  • l’aggiornamento delle analisi territoriali per il comune di Gravedona ed Uniti;
  • l’aggiornamento della territorialità del commercio. 
Con riferimento a tutti i 206 studi di settore è stata inoltre valutata l’incidenza della particolare congiuntura economica dell’anno 2011.
In occasione della riunione straordinaria del 4 aprile 2012, la Commissione degli esperti degli studi di settore - preso atto della capacità dei correttivi crisi applicati al periodo di imposta 2010 di cogliere adeguatamente la particolare congiuntura economica negativa relativa a tale annualità - ha fornito parere positivo alla (quasi) unanimità, all’introduzione, per il periodo d’imposta 2011, di una serie di correttivi tesi ad adeguare alla particolare congiuntura economica gli studi di settore: tipicamente, interventi relativi all’analisi di normalità economica, correttivi specifici per la crisi, correttivi congiunturali di settore e correttivi congiunturali individuali.
Tenuto conto di tale parere della Commissione, è stata approvata con D.M. 13 giugno 2012, la “revisione congiunturale speciale” per il periodo d’imposta 2011, che si è tradotta nell’elaborazione di specifici fattori correttivi e che ha riguardato sia i 69 nuovi studi evoluti per tale annualità che gli altri 137 studi già in vigore. 
Con provvedimento dell’Agenzia delle Entrate 18 giugno 2012 sono stati approvati i modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore per il periodo d’imposta 2011.
Le principali novità in relazione all’applicazione degli studi di settore per il periodo di imposta 2011 riguardano:
  • novità normative legate al D.L. n. 16/2012, il cui art. 8 ha previsto che ha l’omessa presentazione dei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore e l’indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti consente ora di ricorrere all’accertamento induttivo, senza subordinare tale possibilità alla condizione che siano irrogabili le sanzioni di cui all’art. 1, comma 2-bis, D.Lgs. n. 471/1997. Tale condizione è stata eliminata anche con riferimento all’ipotesi di infedele compilazione dei modelli anche se, in quest’ultimo caso, è possibile il ricorso all’accertamento induttivo quando l’infedele compilazione dei modelli comporta una differenza superiore al 15%, o comunque a 50.000 euro, tra i ricavi o compensi stimati applicando gli studi di settore sulla base dei dati corretti e quelli stimati sulla base dei dati indicati in dichiarazione.
La modifica normativa si applica con riferimento agli accertamenti notificati a partire dalla data del 2 marzo 2012.
  • l’aggiornamento delle analisi della territorialità applicabili a partire dal periodo d’imposta 2011 (territorialità dei Factory Outlet Center; territorialità del commercio, etc.);
  • l’introduzione di nuovi indicatori di coerenza economica basati su anomalie nei dati dichiarati: il D.M. 26 aprile 2012 ha individuato 10 nuovi indicatori di coerenza economica finalizzati a contrastare possibili situazioni di non corretta indicazione dei dati previsti dai modelli degli studi di settore; 1) incoerenza nel valore delle rimanenze finali e/o delle esistenze iniziali relative ad opere, forniture e servizi di durata ultrannuale; 2) valore negativo del costo del venduto, comprensivo del costo per la produzione di servizi; 3) valore negativo del costo del venduto, relativo a prodotti soggetti ad aggio o ricavo fisso; 4) valore del costo del venduto, relativo a prodotti soggetti ad aggio o ricavo fisso, superiore al valore dei corrispondenti ricavi; 5) presenza anomala di costi o ricavi relativi a prodotti soggetti ad aggio o ricavo fisso; 6) mancata dichiarazione delle spese per beni mobili acquisiti in dipendenza di contratti di locazione non finanziaria in presenza del relativo valore dei beni strumentali; 7) mancata dichiarazione delle spese per beni mobili acquisiti in dipendenza di contratti di locazione finanziaria in presenza del relativo valore dei beni strumentali; 8) mancata dichiarazione del valore dei beni strumentali in presenza dei relativi ammortamenti; 9) mancata dichiarazione del valore dei beni strumentali acquisiti in dipendenza di contratti di locazione finanziaria in presenza delle relative spese; 10) mancata dichiarazione del numero e/o della percentuale di lavoro prestato degli associati in partecipazione in presenza di utili spettanti agli associati in partecipazione con apporti di solo lavoro;
  • la revisione congiunturale speciale: i risultati derivanti dall’applicazione degli studi di settore utilizzabili per il periodo di imposta 2011 devono tenere conto di 4 tipologie di correttivi: 1) modifica del funzionamento dell’indicatore di normalità economica “durata delle scorte”; 2) correttivi specifici per la crisi; 3) correttivi congiunturali di settore; 4) correttivi congiunturali individuali.
Gli ultimi tre correttivi sono applicati ai soggetti che presentano, nel periodo d’imposta 2011, ricavi/compensi dichiarati ai fini della congruità inferiori al ricavo/compenso puntuale di riferimento, che è dato dall’applicazione dell’analisi di congruità e di normalità economica, come eventualmente modificata a seguito dell’applicazione dello specifico correttivo indicato al punto 1). Tali correttivi si applicano indipendentemente dal posizionamento rispetto all’analisi di normalità economica;
  • la modulistica;
  • GERICO 2012: la nuova versione del software è strutturata, in termini di funzionalità e di visualizzazione delle informazioni, in modo analogo rispetto alla versione che consentiva l’applicazione degli studi di settore per il periodo di imposta 2010. GERICO 2012 prevede alcune novità relative alla descrizione dell’esito dell’applicativo e alla diversa collocazione delle informazioni relative all’Asseverazione e all’Attestazione. Le informazioni di dettaglio relative agli indicatori di coerenza e di normalità economica sono riportate, come già nelle precedenti versioni del software, nelle rispettive sezioni (Coerenza, Normalità Economica e Analisi Normalità Economica), che sono state integrate con i nuovi indicatori di coerenza e con il nuovo indicatore di normalità economica (relativo all’assenza del valore dei beni strumentali, in presenza dei beni strumentali tra i dati strutturali indicati), approvati con il D.M. 26 aprile 2012.
Relativamente alle informazioni circa l’“Asseverazione” e l’“Attestazione”, le stesse sono ora riportate in un’apposita sezione, conformemente alla modulistica approvata. Infine, analogamente alle versioni precedenti, l’applicativo GERICO 2012 propone un esito “completo” anche in caso di congruità. 
Altre indicazioni riguardano l’utilizzo delle risultanze degli indicatori di coerenza in fase di analisi del rischio e attività di controllo, le comunicazioni di anomalia 2012, gli inviti a presentare il modello degli studi di settore, la segnalazione delle cause di non congruità e l’applicazione dei parametri.
  FONTE :IPSOA