iva
Nuova IVA per cassa, sospensione con la procedura concorsuale
Da chiarire la situazione del cessionario o committente in accordo di ristrutturazione
L’art. 32-bis del DL n. 83/2012, inserito in sede di conversione, ha introdotto un nuovo regime di liquidazione dell’IVA secondo
la contabilità di cassa, riservato alle operazioni effettuate – nei
confronti di cessionari o committenti che agiscono nell’esercizio di
imprese, arti o professioni – da cedenti o prestatori che, nel
precedente periodo d’imposta, hanno realizzato un volume d’affari non superiore a 2.000.000 di euro:
nel caso di inizio attività, la soddisfazione di tale parametro deve
essere considerata in via presuntiva, sulla base della stima del mancato
superamento prospettico di questa soglia. Tale disciplina – da attuarsi
con un apposito decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze,
entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del DL
n. 83/2012 – è, in ogni caso, preclusa per le operazioni effettuate dai
soggetti che si avvalgono dei regimi speciali di applicazione dell’imposta – monofase (art. 74, comma 1, del DPR n. 633/1972), agenzie di viaggio e turismo (art. 74-ter del
predetto decreto IVA) e margine dei beni usati (art. 36 del DL n.
41/1995) – oppure poste in essere nei confronti di cessionari o
committenti che assolvono l’IVA mediante il reverse charge.
Il nuovo regime dell’IVA per cassa, sostitutivo di quello sinora previsto dall’art. 7 del DL n. 185/2008, stabilisce che, qualora l’operazione soddisfi i predetti requisiti, l’IVA diviene esigibile all’atto del pagamento dei relativi corrispettivi, salvo il caso in cui sia decorso un anno dal momento di effettuazione della cessione o della prestazione, individuato a norma dell’art. 6 del DPR n. 633/1972. Questa eccezione al principio di differimento non esplica, tuttavia, i propri effetti se, prima del superamento di tale orizzonte temporale annuale, il cessionario o committente è assoggettato ad una procedura concorsuale: al ricorrere di tale ipotesi, l’esigibilità dell’imposta è sospesa a beneficio di tutti i cedenti o prestatori che abbiano emesso fatture con IVA ad esigibilità differita, fino all’effettivo incasso del corrispettivo e limitatamente all’ammontare dello stesso. Sul punto si osservi che, nel vigore della disciplina sinora applicata (art. 7 del DL n. 185/2008), l’Amministrazione finanziaria ha fatto riferimento alle procedure concorsuali di cui all’art. 101, comma 5, del DPR n. 917/1986, attribuendo rilevanza al momento di apertura delle stesse (circ. n. 20/2009, par. 2.2), individuato da uno dei seguenti atti:
- sentenza dichiarativa di fallimento;
- decreto di ammissione al concordato preventivo;
- provvedimento ordinante la liquidazione coatta amministrativa;
- decreto disponente l’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi.
La citata disposizione del TUIR ha, tuttavia, formato oggetto di una successiva riformulazione, anch’essa ad opera del DL n. 83/2012, comportante due sostanziali modifiche: nel primo periodo dell’art. 101, comma 5, del TUIR è stato recepito l’orientamento dell’Agenzia delle Entrate, in virtù del quale l’accordo di ristrutturazione dei debiti non è qualificabile come una procedura concorsuale (circolari n. 8/2009, par. 4.2. e n. 42/2010, par. 4.1). Salvo, poi, contraddire tale principio, stabilendo – nel secondo periodo della medesima norma – che l’assoggettamento a procedura concorsuale si considera, tra l’altro, dalla data del decreto di omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti. Il dubbio interpretativo necessita di un chiarimento da parte dell’Amministrazione finanziaria, anche in relazione all’ipotesi della revoca della procedura concorsuale (circ. n. 20/2009, par. 2.2.), in quanto formalmente non prospettabile per le intese omologate di cui all’art. 182-bis del R.D. n. 267/1942: a questo proposito, si ricorda che – nel vigore degli artt. 7 del DL n. 185/2008 e della previgente formulazione dell’art. 101, comma 5, del TUIR – l’Agenzia delle Entrate aveva precisato che la revoca della procedura concorsuale, intervenuta dopo un anno dall’effettuazione dell’operazione oggetto di differimento, determina l’esigibilità dell’IVA e l’obbligo di computarla nella prima liquidazione successiva alla data di revoca.
Il medesimo dubbio interpretativo, afferente gli accordi di ristrutturazione dei debiti, interessa altresì le regole ordinarie di emissione della nota di variazione IVA, come già evidenziato in un precedente intervento (si veda “Per gli accordi di ristrutturazione, possibile una nuova qualificazione fiscale” del 28 luglio 2012): l’art. 26, comma 2, del DPR n. 633/1972 stabilisce, infatti, che tale documento rettificativo può essere formato, tra l’altro, quando è accertata l’infruttuosità della procedura concorsuale, che – in virtù dell’orientamento dell’Agenzia delle Entrate – aveva sinora indotto il creditore di un accordo di ristrutturazione dei debiti all’emissione della nota di variazione in base al successivo comma 3, rischiando, pertanto, di perdere il diritto alla rettifica dell’imposta, a causa del decorso di un anno dall’effettuazione dell’operazione.
/ Michele BANA FONTE:EUTEKNE
Il nuovo regime dell’IVA per cassa, sostitutivo di quello sinora previsto dall’art. 7 del DL n. 185/2008, stabilisce che, qualora l’operazione soddisfi i predetti requisiti, l’IVA diviene esigibile all’atto del pagamento dei relativi corrispettivi, salvo il caso in cui sia decorso un anno dal momento di effettuazione della cessione o della prestazione, individuato a norma dell’art. 6 del DPR n. 633/1972. Questa eccezione al principio di differimento non esplica, tuttavia, i propri effetti se, prima del superamento di tale orizzonte temporale annuale, il cessionario o committente è assoggettato ad una procedura concorsuale: al ricorrere di tale ipotesi, l’esigibilità dell’imposta è sospesa a beneficio di tutti i cedenti o prestatori che abbiano emesso fatture con IVA ad esigibilità differita, fino all’effettivo incasso del corrispettivo e limitatamente all’ammontare dello stesso. Sul punto si osservi che, nel vigore della disciplina sinora applicata (art. 7 del DL n. 185/2008), l’Amministrazione finanziaria ha fatto riferimento alle procedure concorsuali di cui all’art. 101, comma 5, del DPR n. 917/1986, attribuendo rilevanza al momento di apertura delle stesse (circ. n. 20/2009, par. 2.2), individuato da uno dei seguenti atti:
- sentenza dichiarativa di fallimento;
- decreto di ammissione al concordato preventivo;
- provvedimento ordinante la liquidazione coatta amministrativa;
- decreto disponente l’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi.
La citata disposizione del TUIR ha, tuttavia, formato oggetto di una successiva riformulazione, anch’essa ad opera del DL n. 83/2012, comportante due sostanziali modifiche: nel primo periodo dell’art. 101, comma 5, del TUIR è stato recepito l’orientamento dell’Agenzia delle Entrate, in virtù del quale l’accordo di ristrutturazione dei debiti non è qualificabile come una procedura concorsuale (circolari n. 8/2009, par. 4.2. e n. 42/2010, par. 4.1). Salvo, poi, contraddire tale principio, stabilendo – nel secondo periodo della medesima norma – che l’assoggettamento a procedura concorsuale si considera, tra l’altro, dalla data del decreto di omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti. Il dubbio interpretativo necessita di un chiarimento da parte dell’Amministrazione finanziaria, anche in relazione all’ipotesi della revoca della procedura concorsuale (circ. n. 20/2009, par. 2.2.), in quanto formalmente non prospettabile per le intese omologate di cui all’art. 182-bis del R.D. n. 267/1942: a questo proposito, si ricorda che – nel vigore degli artt. 7 del DL n. 185/2008 e della previgente formulazione dell’art. 101, comma 5, del TUIR – l’Agenzia delle Entrate aveva precisato che la revoca della procedura concorsuale, intervenuta dopo un anno dall’effettuazione dell’operazione oggetto di differimento, determina l’esigibilità dell’IVA e l’obbligo di computarla nella prima liquidazione successiva alla data di revoca.
Il medesimo dubbio interpretativo, afferente gli accordi di ristrutturazione dei debiti, interessa altresì le regole ordinarie di emissione della nota di variazione IVA, come già evidenziato in un precedente intervento (si veda “Per gli accordi di ristrutturazione, possibile una nuova qualificazione fiscale” del 28 luglio 2012): l’art. 26, comma 2, del DPR n. 633/1972 stabilisce, infatti, che tale documento rettificativo può essere formato, tra l’altro, quando è accertata l’infruttuosità della procedura concorsuale, che – in virtù dell’orientamento dell’Agenzia delle Entrate – aveva sinora indotto il creditore di un accordo di ristrutturazione dei debiti all’emissione della nota di variazione in base al successivo comma 3, rischiando, pertanto, di perdere il diritto alla rettifica dell’imposta, a causa del decorso di un anno dall’effettuazione dell’operazione.
/ Michele BANA FONTE:EUTEKNE
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