reddito d'impresa
Deducibilità automatica delle perdite anche su crediti scaduti prima del 2012
Le nuove fattispecie dovrebbero
riguardare anche i crediti di modesto importo per i quali l’anzianità di
6 mesi è maturata prima di quest’anno
Il Decreto “crescita e sviluppo” (DL n. 83/2012, in corso di conversione) ha introdotto nuove fattispecie di deducibilità “automatica” delle perdite su crediti, ai sensi dell’art. 101, comma 5 del TUIR.
In particolare, i requisiti di deducibilità risultano ora integrati, in quanto le perdite risultano da elementi “certi e precisi”, anche se il credito è di modesta entità e sono decorsi sei mesi dalla scadenza. Il credito, per espressa previsione di legge, è di “modesta entità” se non superiore a 5.000 euro per le imprese di più rilevante dimensione e 2.500 euro per le altre imprese.
Con riferimento alla nozione di imprese di rilevanti dimensioni, la norma richiama l’art. 27, comma 10, del DL n. 185/2008, che considerava inizialmente, come imprese siffatte, quelle con un volume d’affari o ricavi non inferiore a 300 milioni di euro. Detto importo, da diminuire gradualmente fino a 100 milioni di euro entro il 31 dicembre 2011, con modalità da stabilirsi ad opera di specifici provvedimenti del Direttore dell’Agenzia delle Entrate, è stato fissato a 150 milioni di euro con provvedimento del 20 dicembre 2010, n. 181850.
Ad oggi, non è stato invece ancora adottato alcun provvedimento con cui si adegua il suddetto importo a 100 milioni di euro; tale importo, tuttavia, si ritiene già applicabile in base al disposto della norma di legge, come del resto confermano le istruzioni al modello di dichiarazione (pag. 13 delle istruzioni al modello UNICO SC-2012) e la circolare n. 18 del 31 maggio 2012 dell’Agenzia delle Entrate.
La norma solleva dubbi interpretativi che dovranno essere risolti dagli organi competenti; alcuni sono analizzati in questo intervento, altri troveranno spazio in un successivo articolo.
In primo luogo, è legittimo chiedersi se l’intervento normativo abbia valenza innovativa o interpretativa, in quanto la previsione “formalizza” – mediante una presunzione normativa “forfetaria” – un orientamento meno rigoroso per la deducibilità delle perdite di modesta entità, che era stato in qualche modo già condiviso dall’Amministrazione finanziaria.
Ricordiamo, infatti, che la stessa, in passato, ha affermato che, in caso di crediti di modesta entità, si può prescindere dalla ricerca di rigorose prove formali, in quanto l’azienda può trovare più conveniente non intraprendere azioni di recupero che comporterebbero il sostenimento di ulteriori costi (risoluzioni n. 189/1970 e n. 124/1976 e risposta all’interrogazione parlamentare n. 5-00570/2008).
La norma, così come formulata, non presenta i requisiti necessari per atteggiarsi a norma d’interpretazione autentica ai sensi dell’art. 1, comma 2, della L. n. 212/2000 (cosiddetto “Statuto dei diritti del contribuente”) e, quindi, la stessa non dovrebbe determinare alcun effetto su eventuali contenziosi in essere, che proseguono, quindi, l’iter ordinario.
Tuttavia, non è da escludere che la sussistenza delle condizioni previste dall’art. 101, comma 5 del TUIR, come novellato dal DL 83/2012, possa costituire un elemento valutato positivamente dai giudici ai fini della prova dell’esistenza degli elementi certi e precisi.
Con riguardo alla decorrenza della novella legislativa, la norma produce i suoi effetti a decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del Decreto “crescita e sviluppo” (in linea generale, si tratta del 2012) e, in assenza di una disposizione transitoria, dovrebbe riguardare anche i crediti di modesto importo per i quali l’“anzianità” di sei mesi dei crediti sia già maturata prima del 2012.
/ Luca MIELE e Alberto TRABUCCHI
FONTE:EUTEKNE
In particolare, i requisiti di deducibilità risultano ora integrati, in quanto le perdite risultano da elementi “certi e precisi”, anche se il credito è di modesta entità e sono decorsi sei mesi dalla scadenza. Il credito, per espressa previsione di legge, è di “modesta entità” se non superiore a 5.000 euro per le imprese di più rilevante dimensione e 2.500 euro per le altre imprese.
Con riferimento alla nozione di imprese di rilevanti dimensioni, la norma richiama l’art. 27, comma 10, del DL n. 185/2008, che considerava inizialmente, come imprese siffatte, quelle con un volume d’affari o ricavi non inferiore a 300 milioni di euro. Detto importo, da diminuire gradualmente fino a 100 milioni di euro entro il 31 dicembre 2011, con modalità da stabilirsi ad opera di specifici provvedimenti del Direttore dell’Agenzia delle Entrate, è stato fissato a 150 milioni di euro con provvedimento del 20 dicembre 2010, n. 181850.
Ad oggi, non è stato invece ancora adottato alcun provvedimento con cui si adegua il suddetto importo a 100 milioni di euro; tale importo, tuttavia, si ritiene già applicabile in base al disposto della norma di legge, come del resto confermano le istruzioni al modello di dichiarazione (pag. 13 delle istruzioni al modello UNICO SC-2012) e la circolare n. 18 del 31 maggio 2012 dell’Agenzia delle Entrate.
La norma solleva dubbi interpretativi che dovranno essere risolti dagli organi competenti; alcuni sono analizzati in questo intervento, altri troveranno spazio in un successivo articolo.
In primo luogo, è legittimo chiedersi se l’intervento normativo abbia valenza innovativa o interpretativa, in quanto la previsione “formalizza” – mediante una presunzione normativa “forfetaria” – un orientamento meno rigoroso per la deducibilità delle perdite di modesta entità, che era stato in qualche modo già condiviso dall’Amministrazione finanziaria.
Ricordiamo, infatti, che la stessa, in passato, ha affermato che, in caso di crediti di modesta entità, si può prescindere dalla ricerca di rigorose prove formali, in quanto l’azienda può trovare più conveniente non intraprendere azioni di recupero che comporterebbero il sostenimento di ulteriori costi (risoluzioni n. 189/1970 e n. 124/1976 e risposta all’interrogazione parlamentare n. 5-00570/2008).
La norma, così come formulata, non presenta i requisiti necessari per atteggiarsi a norma d’interpretazione autentica ai sensi dell’art. 1, comma 2, della L. n. 212/2000 (cosiddetto “Statuto dei diritti del contribuente”) e, quindi, la stessa non dovrebbe determinare alcun effetto su eventuali contenziosi in essere, che proseguono, quindi, l’iter ordinario.
Tuttavia, non è da escludere che la sussistenza delle condizioni previste dall’art. 101, comma 5 del TUIR, come novellato dal DL 83/2012, possa costituire un elemento valutato positivamente dai giudici ai fini della prova dell’esistenza degli elementi certi e precisi.
Con riguardo alla decorrenza della novella legislativa, la norma produce i suoi effetti a decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del Decreto “crescita e sviluppo” (in linea generale, si tratta del 2012) e, in assenza di una disposizione transitoria, dovrebbe riguardare anche i crediti di modesto importo per i quali l’“anzianità” di sei mesi dei crediti sia già maturata prima del 2012.
Assenza di una disposizione transitoria
Pertanto, se una società ha posizioni pregresse per le quali già sussistevano i requisiti ora previsti dalla norma ma non ha ancora dedotto le
perdite su crediti – perché, ad esempio, la società attendeva la
prescrizione del credito per imputare al Conto economico e dedurre la
relativa perdita – si ritiene che la stessa possa imputare la perdita a Conto economico nel 2012 e dedurre tale perdita, in base alle disposizioni di legge, nel medesimo esercizio.
In sostanza, sembra da escludere che il criterio dei sei mesi possa
valere solo per le posizioni di insoluto che raggiungono questa
anzianità nel 2012 (o nei periodi successivi)./ Luca MIELE e Alberto TRABUCCHI
FONTE:EUTEKNE
Nessun commento:
Posta un commento