reddito d'impresa
Per la deducibilità automatica delle perdite, conta ogni singolo credito
In presenza di distinti crediti nei
confronti dello stesso cliente, ai fini della soglia la norma
sembrerebbe dare rilievo alla singola posizione creditoria
La verifica della sussistenza delle
condizioni, temporale e quantitativa, richieste dall’art. 101, comma 5
del TUIR, come novellato dal DL n. 83/2012 (il cui Ddl. di conversione è
stato approvato in via definitiva dal Senato venerdì scorso), per la deduzione delle perdite di modesta entità, solleva questioni interpretative ulteriori rispetto a quelle già esaminate in un precedente intervento (si veda “Deducibilità automatica delle perdite anche su crediti scaduti prima del 2012” del 2 agosto 2012).
Ricordiamo che, per effetto delle modifiche apportate in sede di conversione all’art. 33, comma 5, del DL n. 83/2012 (nel testo approvato prima dalla Camera e poi dal Senato), i requisiti di deducibilità risultano ora integrati, in quanto le perdite risultano da elementi “certi e precisi”, anche per i crediti, non superiori a 5.000 euro per le imprese di più rilevante dimensione e 2.500 euro per le altre imprese, per i quali sono decorsi sei mesi dalla scadenza.
Un primo aspetto riguarda il momento in cui i requisiti vanno verificati; al riguardo, sembrerebbe potersi ritenere che la sussistenza delle due condizioni vada verificata, in termini generali, alla chiusura del periodo d’imposta.
Per quanto concerne il limite quantitativo, si dovrebbe avere riguardo al valore legale della pretesa creditoria, prescindendo dunque da quello contabile/fiscale che, come noto, potrebbe essere influenzato dalla rilevazione di svalutazioni.
Un dubbio significativo si pone in caso di presenza di distinti crediti nei confronti dello stesso cliente che, considerati singolarmente, sarebbero al di sotto della soglia di 2.500 o 5.000 euro, mentre, computati complessivamente, supererebbero tale soglia. Sul piano letterale, la norma sembrerebbe dare rilievo alla singola posizione creditoria, risultando quindi ininfluente la presenza di una molteplicità di crediti di modesto importo nei confronti del medesimo cliente, complessivamente di importo maggiore alle suddette soglie. Tale orientamento interpretativo potrebbe trovare accoglimento, quantomeno laddove le varie posizioni creditorie risultino da rapporti giuridici diversi o comunque siano suscettibili di tutela legale secondo procedure differenti.
Se così fosse, risulterebbe legittimo dedurre la perdita relativa a ciascun credito, laddove, invece, se i crediti verso il medesimo cliente fossero da considerarsi cumulativamente, si determinerebbe la necessità di dimostrare la sussistenza degli elementi certi e precisi (ad es. con azioni di recupero del credito ovvero attendendo la prescrizione), essendo “inibita” la deduzione automatica.
Con riguardo al requisito temporale, va inoltre osservato che la norma intende introdurre una presunzione di favore per il contribuente che determina l’automatica deduzione della perdita di modesta entità qualora il credito abbia un’anzianità pari o superiore a sei mesi; ciò non dovrebbe, tuttavia, precludere la deduzione in via anticipata di crediti scaduti da un tempo inferiore, laddove si ritenga che l’irrecuperabilità del credito si sia già manifestata. Allo stesso modo, dovrebbe essere possibile rinviare l’imputazione (e la deduzione) della perdita a Conto economico in un esercizio successivo a quello in cui maturano i sei mesi laddove si ritenga che il credito possa essere ancora recuperato.
Una diversa interpretazione, d’altra parte, oltre a non tenere in debita considerazione la finalità agevolativa e semplificatoria della norma, potrebbe risultare in contrasto anche con l’altra previsione introdotta dal decreto “crescita e sviluppo”, secondo cui gli elementi certi e precisi si assumono esistere “inoltre” nei casi di prescrizione del diritto di credito (previsione che, data la genericità del testo normativo, pare destinata a trovare applicazione tanto per i crediti di più elevato importo quanto per quelli di modesta entità).
/ Luca MIELE e Alberto TRABUCCHI
FONTE:EUTEKNE
Ricordiamo che, per effetto delle modifiche apportate in sede di conversione all’art. 33, comma 5, del DL n. 83/2012 (nel testo approvato prima dalla Camera e poi dal Senato), i requisiti di deducibilità risultano ora integrati, in quanto le perdite risultano da elementi “certi e precisi”, anche per i crediti, non superiori a 5.000 euro per le imprese di più rilevante dimensione e 2.500 euro per le altre imprese, per i quali sono decorsi sei mesi dalla scadenza.
Un primo aspetto riguarda il momento in cui i requisiti vanno verificati; al riguardo, sembrerebbe potersi ritenere che la sussistenza delle due condizioni vada verificata, in termini generali, alla chiusura del periodo d’imposta.
Per quanto concerne il limite quantitativo, si dovrebbe avere riguardo al valore legale della pretesa creditoria, prescindendo dunque da quello contabile/fiscale che, come noto, potrebbe essere influenzato dalla rilevazione di svalutazioni.
Un dubbio significativo si pone in caso di presenza di distinti crediti nei confronti dello stesso cliente che, considerati singolarmente, sarebbero al di sotto della soglia di 2.500 o 5.000 euro, mentre, computati complessivamente, supererebbero tale soglia. Sul piano letterale, la norma sembrerebbe dare rilievo alla singola posizione creditoria, risultando quindi ininfluente la presenza di una molteplicità di crediti di modesto importo nei confronti del medesimo cliente, complessivamente di importo maggiore alle suddette soglie. Tale orientamento interpretativo potrebbe trovare accoglimento, quantomeno laddove le varie posizioni creditorie risultino da rapporti giuridici diversi o comunque siano suscettibili di tutela legale secondo procedure differenti.
Se così fosse, risulterebbe legittimo dedurre la perdita relativa a ciascun credito, laddove, invece, se i crediti verso il medesimo cliente fossero da considerarsi cumulativamente, si determinerebbe la necessità di dimostrare la sussistenza degli elementi certi e precisi (ad es. con azioni di recupero del credito ovvero attendendo la prescrizione), essendo “inibita” la deduzione automatica.
In caso contrario, si dovrebbero dimostrare gli elementi certi e precisi
Alternativamente,
anche in un’ottica di semplificazione, e tenendo conto che in molti
casi le posizioni creditorie nascono in virtù di rapporti commerciali
continuativi con la clientela, potrebbe anche stabilirsi che la verifica della soglia vada fatta di anno in anno, sommando gli insoluti vantati verso ciascun cliente scaduti da almeno sei mesi.Con riguardo al requisito temporale, va inoltre osservato che la norma intende introdurre una presunzione di favore per il contribuente che determina l’automatica deduzione della perdita di modesta entità qualora il credito abbia un’anzianità pari o superiore a sei mesi; ciò non dovrebbe, tuttavia, precludere la deduzione in via anticipata di crediti scaduti da un tempo inferiore, laddove si ritenga che l’irrecuperabilità del credito si sia già manifestata. Allo stesso modo, dovrebbe essere possibile rinviare l’imputazione (e la deduzione) della perdita a Conto economico in un esercizio successivo a quello in cui maturano i sei mesi laddove si ritenga che il credito possa essere ancora recuperato.
Una diversa interpretazione, d’altra parte, oltre a non tenere in debita considerazione la finalità agevolativa e semplificatoria della norma, potrebbe risultare in contrasto anche con l’altra previsione introdotta dal decreto “crescita e sviluppo”, secondo cui gli elementi certi e precisi si assumono esistere “inoltre” nei casi di prescrizione del diritto di credito (previsione che, data la genericità del testo normativo, pare destinata a trovare applicazione tanto per i crediti di più elevato importo quanto per quelli di modesta entità).
/ Luca MIELE e Alberto TRABUCCHI
FONTE:EUTEKNE
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