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Ricorsi Tributari

mercoledì 8 aprile 2015

I giudici confermano: nulli gli accertamenti del funzionario senza delega





La CTP di Napoli conferma la sentenza della Corte Costituzionale: se il preposto alla firma degli atti, per conto dell’Agenzia delle Entrate, non ha la delega, l’atto è nullo, e nulla sarà anche la cartella esattoriale.

Lo scandalo dei “falsi dirigenti” all’Agenzia delle Entrate entra nel vivo ancor prima del previsto. È appena uscita la prima sentenza che conferma la tesi “pro-contribuente”.
Dunque, checché ne dica l’Agenzia delle Entrate o il ministro dell’Economia, come avevamo predetto qua, qua e qua, i giudici continuano a ritenere nulli gli avvisi di accertamento firmati da funzionari privi di poteri o incapaci di dimostrare una valida delega del capo ufficio.

È nullo – sostiene la Commissione Tributaria Provinciale di Napoli [1] – l’accertamento notificato al contribuente se dall’atto non emerge quali siano le funzioni attribuite al delegato firmatario né il periodo di efficacia dello stesso, non essendo ammissibile una delega a tempo indeterminato. Sembra proprio di sentire echeggiare le parole della Corte Costituzionale quando, lo scorso 17 marzo, aveva dichiarato illegittime le nomine reiterate di 1200 funzionari del fisco al ruolo di dirigenti, senza però che gli stessi avessero mai sostenuto alcun concorso pubblico. Insomma, la “promozione d’ufficio”, lontana dalle normali gare con gli altri candidati, viola la Costituzione laddove impone che al pubblico impiego si accede solo tramite concorso.

E così, la commissione partenopea fa proprio il principio più volte espresso dalla giurisprudenza della Cassazione e dei tribunali di merito: se il funzionario è un semplice delegato, deve necessariamente essere munito di delega. Ma la sola delega non basta! Egli deve essere pronto a dimostrarne l’esistenza, producendola in giudizio al giudice e alla controparte che la contesti.

La CTP, nel dettaglio, ha accolto il ricorso di un professionista, destinatario di un accertamento IVA (quindi, emesso e firmato dal personale dell’Agenzia delle Entrate) con cui l’Amministrazione finanziaria, a seguito di un Pvc della guardia di finanza aveva rideterminato un maggior reddito professionale a fini Iva, comminando una sanzione pecuniaria.
Il ricorrente – che evidentemente conosceva bene tutto ciò che si è detto sin qui – si è difeso sostenendo che il funzionario responsabile del procedimento di accertamento non fosse presente nell’elenco dei dirigenti dell’Agenzia delle Entrate. E comunque, seppur ammessa la delega di firma, poiché il funzionario non apparteneva alla fascia prevista dal CCNL (contratto collettivo nazionale di lavoro), esisteva un difetto dei requisiti oggettivi.

Come dare torto al ricorrente? I giudici partenopei – al contrario di quanto oggi vorrebbe fare il ministro dell’Economia – non se la sono sentiti di calpestare i principi di diritto sino ad oggi affermati da tutti i giudici solo perché, sotto un profilo numerico, la questione rischia di impedire la riscossione esattoriale nei confronti di mezza Italia.

Del resto è la stessa legge [2] che afferma esattamente che “gli accertamenti in rettifica e gli accertamenti d’Ufficio sono portati a conoscenza dei contribuenti mediante la notificazione di avvisi sottoscritti dal capo dell’ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato”. Inoltre, continua la norma [3], “l’accertamento è nullo se non reca la sottoscrizione, le indicazioni, la motivazione di cui al presente articolo e ad essa non è allegata la documentazione di cui all’ultimo periodo del secondo comma”.

La Cassazione, peraltro, ha, in più occasioni, affermato che la citata normativa deve intendersi estesa anche al campo dell’Iva [4].

Nel caso sottoposto all’attenzione dei primi giudici campani, il Direttore provinciale aveva attribuito espressamente la responsabilità dell’adozione degli atti finali ai vari delegati nominativamente individuati in base ad un criterio di competenza per valore, delegandogli una sua funzione. Ma, nel caso di specie, difettano i presupposti di legge [5], in quanto dall’atto depositato non si potevano evincere:

- le specifiche e motivate esigenze di servizio che avevano determinato l’attribuzione delle funzioni al delegato firmatario

– né il periodo di efficacia dello stesso.

La CTP ammonisce: non è ammissibile una delega, da parte del dirigente, ai funzionari dell’agenzia che sia a tempo indeterminato.

Attenzione. Ribadiamo un concetto su cui ancora si registra qualche confusione: è bene ricordare che lo scandalo dei “falsi dirigenti” (abbiamo usato sin da principio questa perifrasi e la conserviamo, sebbene qui si parli di dirigenti senza poteri perché senza concorso pubblico) riguarda solo gli atti provenienti dall’Agenzia delle Entrate (e quindi: imposte dirette come Irpef, e l’Iva). Restano fuori imposte locali (Imu, Tares, Tari, Tarsu, ecc.), contravvenzioni per codice della strada e contributi previdenziali Inps.
In secondo luogo, l’Agente per la riscossione è coinvolto solo in seconda battuta (non si tratta, infatti, dei dirigenti di Equitalia). Per come abbiamo già detto, la nullità delle cartelle di Equitalia è una mera conseguenza posto che nessun atto amministrativo può dirsi valido se ha, come presupposto, un altro atto dichiarato nullo.


[1] CTP Napoli, sent. n. 3818/15.
[2] Art. 42 del Dpr. n. 600/73.
[3] Art. 42, commma 3, del Dpr. n. 600/73.
[4] In quanto l’art. 56 del Dpr. n. 633/72 che, al primo comma fa riferimento ai modi stabiliti per le imposte dirette, richiama implicitamente l’intero corpus del Dpr 600/73 e, quindi, anche il sopra citato art. 42 in tema di nullità dell’avviso di accertamento che non reca la sottoscrizione del capo ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato.
[5] Previsti dall’articolo 17, comma 1 bis del Dlgs. n. 165/2001.
19 03 2015 di Angelo Greco

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