La CTP di Napoli conferma la sentenza
della Corte Costituzionale: se il preposto alla firma degli atti, per conto
dell’Agenzia delle Entrate, non ha la delega, l’atto è nullo, e nulla sarà
anche la cartella esattoriale.
Lo scandalo
dei “falsi dirigenti” all’Agenzia delle Entrate entra nel vivo ancor
prima del previsto. È appena uscita la prima sentenza che conferma la tesi “pro-contribuente”.
Dunque, checché ne dica l’Agenzia
delle Entrate o il ministro
dell’Economia, come avevamo predetto qua,
qua
e qua,
i giudici continuano a ritenere nulli gli avvisi di accertamento
firmati da funzionari privi di poteri o incapaci di dimostrare una valida
delega del capo ufficio.
È nullo – sostiene la Commissione Tributaria
Provinciale di Napoli [1] – l’accertamento notificato al contribuente se
dall’atto non emerge quali siano le funzioni attribuite al delegato
firmatario né il periodo di efficacia dello stesso, non essendo
ammissibile una delega a tempo indeterminato. Sembra proprio di sentire
echeggiare le parole della Corte
Costituzionale quando, lo scorso 17 marzo, aveva dichiarato illegittime
le nomine reiterate di 1200 funzionari del fisco al ruolo di dirigenti,
senza però che gli stessi avessero mai sostenuto alcun concorso pubblico.
Insomma, la “promozione d’ufficio”, lontana dalle normali gare con gli altri
candidati, viola la Costituzione laddove impone che al pubblico impiego
si accede solo tramite concorso.
E così, la commissione partenopea fa proprio il
principio più volte espresso dalla giurisprudenza della Cassazione e dei
tribunali di merito: se il funzionario è un semplice delegato, deve
necessariamente essere munito di delega. Ma la sola delega non basta!
Egli deve essere pronto a dimostrarne l’esistenza, producendola in giudizio
al giudice e alla controparte che la contesti.
La CTP, nel dettaglio, ha accolto il ricorso di un
professionista, destinatario di un accertamento IVA (quindi, emesso e firmato
dal personale dell’Agenzia delle Entrate) con cui l’Amministrazione
finanziaria, a seguito di un Pvc della guardia di finanza aveva rideterminato
un maggior reddito professionale a fini Iva, comminando una sanzione
pecuniaria.
Il ricorrente – che evidentemente conosceva bene
tutto ciò che si è detto sin qui – si è difeso sostenendo che il funzionario
responsabile del procedimento di accertamento non fosse presente
nell’elenco dei dirigenti dell’Agenzia delle Entrate. E comunque, seppur
ammessa la delega di firma, poiché il funzionario non apparteneva alla fascia
prevista dal CCNL (contratto collettivo nazionale di lavoro), esisteva un
difetto dei requisiti oggettivi.
Come dare torto al ricorrente? I giudici partenopei
– al contrario di quanto oggi vorrebbe fare il ministro
dell’Economia – non se la sono sentiti di calpestare i principi di
diritto sino ad oggi affermati da tutti i giudici solo perché, sotto un
profilo numerico, la questione rischia di impedire la riscossione esattoriale
nei confronti di mezza Italia.
Del resto è la stessa legge [2] che afferma
esattamente che “gli accertamenti in rettifica e gli accertamenti d’Ufficio
sono portati a conoscenza dei contribuenti mediante la notificazione di avvisi sottoscritti
dal capo dell’ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da
lui delegato”. Inoltre, continua la norma [3], “l’accertamento è
nullo se non reca la sottoscrizione, le indicazioni, la motivazione
di cui al presente articolo e ad essa non è allegata la documentazione di
cui all’ultimo periodo del secondo comma”.
La Cassazione, peraltro, ha, in più
occasioni, affermato che la citata normativa deve intendersi estesa anche al
campo dell’Iva [4].
Nel caso sottoposto all’attenzione dei primi giudici
campani, il Direttore provinciale aveva attribuito espressamente la
responsabilità dell’adozione degli atti finali ai vari delegati nominativamente
individuati in base ad un criterio di competenza per valore, delegandogli una
sua funzione. Ma, nel caso di specie, difettano i presupposti di legge [5],
in quanto dall’atto depositato non si potevano evincere:
- le
specifiche e motivate esigenze di servizio che avevano determinato
l’attribuzione delle funzioni al delegato firmatario
– né il periodo di efficacia dello stesso.
La CTP ammonisce: non è ammissibile una delega, da
parte del dirigente, ai funzionari dell’agenzia che sia a tempo indeterminato.
Attenzione. Ribadiamo un concetto su cui ancora si registra qualche confusione: è bene
ricordare che lo scandalo dei “falsi dirigenti” (abbiamo usato sin da
principio questa perifrasi e la conserviamo, sebbene qui si parli di dirigenti
senza poteri perché senza concorso pubblico) riguarda solo gli atti
provenienti dall’Agenzia delle Entrate (e quindi: imposte dirette come
Irpef, e l’Iva). Restano fuori imposte locali (Imu, Tares, Tari, Tarsu, ecc.),
contravvenzioni per codice della strada e contributi previdenziali Inps.
In secondo luogo, l’Agente per la riscossione è
coinvolto solo in seconda battuta (non si tratta, infatti, dei dirigenti di
Equitalia). Per come abbiamo già detto, la nullità delle cartelle di Equitalia
è una mera conseguenza posto che nessun atto amministrativo può
dirsi valido se ha, come presupposto, un altro atto dichiarato nullo.
[1] CTP
Napoli, sent. n. 3818/15.
[2] Art.
42 del Dpr. n. 600/73.
[3] Art.
42, commma 3, del Dpr. n. 600/73.
[4] In
quanto l’art. 56 del Dpr. n. 633/72 che, al primo comma fa riferimento ai modi
stabiliti per le imposte dirette, richiama implicitamente l’intero corpus del
Dpr 600/73 e, quindi, anche il sopra citato art. 42 in tema di nullità
dell’avviso di accertamento che non reca la sottoscrizione del capo ufficio o
di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato.
[5] Previsti
dall’articolo 17, comma 1 bis del Dlgs. n. 165/2001.
19 03 2015 di Angelo Greco
Nessun commento:
Posta un commento