La Sesta Sezione Civile ha rimesso gli atti al Primo Presidente, devolvendo la controversia riguardante l’autonoma impugnabilità dell’estratto tributario
Con ordinanza interlocutoria n. 16055 dell’11 luglio 2014, la
Sesta Sezione Civile ha rimesso gli atti al Primo Presidente, ritenendo
opportuno devolvere alle Sezioni Unite la controversia riguardante la
questione della autonoma impugnabilità dell’estratto di ruolo tributario,
laddove lo stesso sia pervenuto a conoscenza del contribuente tramite
qualsivoglia mezzo informale, in difetto o in attesa di notifica della
cartella esattoriale, in applicazione del combinato disposto dagli artt.
2 e 19 del D.Lgs. n. 546/1992.
Tale devoluzione è stata ritenuta necessaria da parte dei giudici in considerazione dei numerosi contrasti venutisi a creare tra le sezioni semplici della Suprema Corte che, nel corso degli anni, hanno statuito, da una parte, per la non impugnabilità dell’estratto di ruolo e, dall’altra, per la legittimità di tale impugnazione.
In particolare, nell’ordinanza in questione, dopo aver fatto menzione della relazione depositata dal Consigliere Relatore, con la quale si chiede che il ricorso venga deciso in camera di consiglio per manifesta infondatezza in considerazione del fatto che l’estratto di ruolo non rientra tra gli atti impugnabili, si fa un excursus delle sentenze delle sezioni semplici che si sono pronunciate in materia.
Nello specifico, vengono innanzitutto menzionate le sentenze nn. 6395/2014, 6610/2013, 6906/2013 e 139/2004, con le quali la Suprema Corte ha ritenuto l’estratto di ruolo non impugnabile sulla base della natura di “atto interno” del ruolo, con la conseguenza che lo stesso può essere impugnabile solo in via eccezionale, ovvero:
- quando i vizi del ruolo, per effetto di specifiche norme di legge – quale l’art. 17 del D.P.R. n. 602/1973 con cui si fissano i termini per la iscrizione – si riverberano sul rapporto tributario;
- quando il ruolo sia stato notificato autonomamente rispetto alla cartella, assurgendo così alla funzione di atto impositivo.
In mancanza della notifica di un atto nel quale il ruolo sia trasfuso, a parere di tale orientamento, “mancherebbe un interesse concreto ed attuale ex art. 100 c.p.c. ad impugnare una imposizione che mai è venuta ad esistenza” atteso “che il processo tributario ha semplice struttura oppositiva di manifestazioni di volontà fiscali ‘esternate’ al contribuente, senza cioè che possa farsi luogo a preventive azioni di accertamento negativo del tributo”.
Di avviso totalmente contrario la recente sentenza n. 2248 del 03 febbraio 2014, nella quale si conferisce rilevanza preminente – ai fini della “instaurazione del rapporto giuridico di riscossione” – al momento di formazione del ruolo.
La diretta impugnazione dell’estratto di ruolo, secondo tale orientamento, troverebbe legittimazione proprio nella formazione del ruolo, ovvero “l’atto con cui l’Amministrazione concretizza nei confronti del contribuente una pretesa tributaria definita, compiuta e non condizionata”.
Di uguale tenore anche le sentenze nn. 742/2010 e 27385/2008, con le quali viene affermata la possibilità di impugnazione di ogni atto adottato dall’ente impositore che porti a conoscenza del contribunete una ben individuata pretesa impositiva.
A ben guardare – si sottolinea nell’ordinanza in commento – le pronunce che ritengono ammissibile il ricorso avverso l’estratto di ruolo, si pongono in continuità logica con quelle che ritengono non tassativo l’elenco degli atti impugnabili di cui al combinato disposto degli artt. 2 e 19 del D.Lgs. n. 546/1992, dovendosi l’impugnabilità riconnettere alla natura di atto “sostanzialmente impositivo” e prodromico alla riscossione coattiva.
Infine, si evidenzia come nella prassi l’interesse concreto all’impugnazione dell’estratto di ruolo (in mancanza o in attesa della notifica della cartella) è prospettato con riferimento a tutte le ipotesi in cui può verificarsi diretta ed immediata efficacia lesiva del diritto (o delle legittime aspettative) del singolo in ragione della semplice iscrizione a ruolo di una pretesa tributaria, per effetto della diretta consapevolezza che alla P.A. in generale è dato di avere della pretesa fiscale soltanto iscritta a ruolo ma non ancora notificata al destinatario.
Tale ragione pratica del resto è oggi rafforzata, da un lato, da quelle discipline che consentono al concessionario l’ammissione al passivo delle procedure concorsuali sulla base del solo ruolo, dall’altro, dalla possibilità concessa al contribuente di estinguere i debiti tributari semplicemente iscritti nei ruoli, a mezzo del pagamento della somma capitale iscritta, con esclusione degli interessi per ritardata iscrizione a ruolo nonché degli interessi di mora (art. 1, comma 618, Legge n. 147/2013).
Alle Sezioni Unite ora la decisione sull’impugnabilità o meno dell’estratto di ruolo con la speranza, a parere di chi scrive, che la decisione conduca all’affermazione della piena possibilità per il contribuente di ricorre autonomamente avverso il ruolo, quale vero e proprio “atto impositivo”, a tutela dei propri diritti.
Tale devoluzione è stata ritenuta necessaria da parte dei giudici in considerazione dei numerosi contrasti venutisi a creare tra le sezioni semplici della Suprema Corte che, nel corso degli anni, hanno statuito, da una parte, per la non impugnabilità dell’estratto di ruolo e, dall’altra, per la legittimità di tale impugnazione.
In particolare, nell’ordinanza in questione, dopo aver fatto menzione della relazione depositata dal Consigliere Relatore, con la quale si chiede che il ricorso venga deciso in camera di consiglio per manifesta infondatezza in considerazione del fatto che l’estratto di ruolo non rientra tra gli atti impugnabili, si fa un excursus delle sentenze delle sezioni semplici che si sono pronunciate in materia.
Nello specifico, vengono innanzitutto menzionate le sentenze nn. 6395/2014, 6610/2013, 6906/2013 e 139/2004, con le quali la Suprema Corte ha ritenuto l’estratto di ruolo non impugnabile sulla base della natura di “atto interno” del ruolo, con la conseguenza che lo stesso può essere impugnabile solo in via eccezionale, ovvero:
- quando i vizi del ruolo, per effetto di specifiche norme di legge – quale l’art. 17 del D.P.R. n. 602/1973 con cui si fissano i termini per la iscrizione – si riverberano sul rapporto tributario;
- quando il ruolo sia stato notificato autonomamente rispetto alla cartella, assurgendo così alla funzione di atto impositivo.
In mancanza della notifica di un atto nel quale il ruolo sia trasfuso, a parere di tale orientamento, “mancherebbe un interesse concreto ed attuale ex art. 100 c.p.c. ad impugnare una imposizione che mai è venuta ad esistenza” atteso “che il processo tributario ha semplice struttura oppositiva di manifestazioni di volontà fiscali ‘esternate’ al contribuente, senza cioè che possa farsi luogo a preventive azioni di accertamento negativo del tributo”.
Di avviso totalmente contrario la recente sentenza n. 2248 del 03 febbraio 2014, nella quale si conferisce rilevanza preminente – ai fini della “instaurazione del rapporto giuridico di riscossione” – al momento di formazione del ruolo.
La diretta impugnazione dell’estratto di ruolo, secondo tale orientamento, troverebbe legittimazione proprio nella formazione del ruolo, ovvero “l’atto con cui l’Amministrazione concretizza nei confronti del contribuente una pretesa tributaria definita, compiuta e non condizionata”.
Di uguale tenore anche le sentenze nn. 742/2010 e 27385/2008, con le quali viene affermata la possibilità di impugnazione di ogni atto adottato dall’ente impositore che porti a conoscenza del contribunete una ben individuata pretesa impositiva.
A ben guardare – si sottolinea nell’ordinanza in commento – le pronunce che ritengono ammissibile il ricorso avverso l’estratto di ruolo, si pongono in continuità logica con quelle che ritengono non tassativo l’elenco degli atti impugnabili di cui al combinato disposto degli artt. 2 e 19 del D.Lgs. n. 546/1992, dovendosi l’impugnabilità riconnettere alla natura di atto “sostanzialmente impositivo” e prodromico alla riscossione coattiva.
Infine, si evidenzia come nella prassi l’interesse concreto all’impugnazione dell’estratto di ruolo (in mancanza o in attesa della notifica della cartella) è prospettato con riferimento a tutte le ipotesi in cui può verificarsi diretta ed immediata efficacia lesiva del diritto (o delle legittime aspettative) del singolo in ragione della semplice iscrizione a ruolo di una pretesa tributaria, per effetto della diretta consapevolezza che alla P.A. in generale è dato di avere della pretesa fiscale soltanto iscritta a ruolo ma non ancora notificata al destinatario.
Tale ragione pratica del resto è oggi rafforzata, da un lato, da quelle discipline che consentono al concessionario l’ammissione al passivo delle procedure concorsuali sulla base del solo ruolo, dall’altro, dalla possibilità concessa al contribuente di estinguere i debiti tributari semplicemente iscritti nei ruoli, a mezzo del pagamento della somma capitale iscritta, con esclusione degli interessi per ritardata iscrizione a ruolo nonché degli interessi di mora (art. 1, comma 618, Legge n. 147/2013).
Alle Sezioni Unite ora la decisione sull’impugnabilità o meno dell’estratto di ruolo con la speranza, a parere di chi scrive, che la decisione conduca all’affermazione della piena possibilità per il contribuente di ricorre autonomamente avverso il ruolo, quale vero e proprio “atto impositivo”, a tutela dei propri diritti.
sentenza :
http://www.ipsoa.it/~/media/Quotidiano/2014/07/16/Alle-SSUU-la-questione-dell-autonoma-impugnabilit%C3%A0-dell-estratto-del-ruolo-tributario/14Cas16055%20pdf.ashx
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