5 settembre 2013
Cassazione Tributaria, sentenza del 4 settembre 2013
Il
reddito di una società che svolge un’attività in violazione della legge
non è imputabile in parti uguali ai singoli professionisti che lavorano
in una sua struttura. È quanto emerge dalla sentenza n. 20262/13 della
Corte di Cassazione (Sezione Quinta Tributaria), pubblicata ieri.
Gli assunti del Fisco. Gli Ermellini, decidendo la causa nel merito, hanno annullato l’avviso di accertamento impugnato da un odontoiatra. L’Ufficio finanziario, sul presupposto che il contribuente aveva effettuato alcune prestazioni regolarmente fatturate per conto di una società in accomandata semplice, che svolgeva attività odontoiatrica nonostante il divieto imposto dalla legge (L. n. 1815 del 1993), imputava il reddito percepito dall’ente a tutti i sanitari operanti nella struttura, ritenendo che le prestazioni ai pazienti andassero ricondotte ai singoli professionisti che le avevano fatturate.
Professionista terzo “estraneo”. Per i giudici di legittimità, l’Ufficio finanziario non può far discendere dall’accertata illegittimità dell’attività svolta da una società l’imputazione di tutti i redditi di essa in parti uguali ai medici professionisti. La nullità del rapporto intercorso tra l’ente e il paziente, avente a oggetto un’attività professionale “protetta”, rappresenta un vizio genetico del rapporto stesso dal quale il professionista rimane estraneo (siccome prestatore d'opera in favore dell’impresa); sicché non può farsi discendere quale automatica conseguenza l'imputazione del reddito conseguito dalla società al medico-libero professionista. In altre parole, “il reddito invalidamente conseguito da una società per svolgimento di attività professionale ‘protetta’ non può imputarsi, solo ed esclusivamente a causa della nullità del rapporto contrattuale ed in mancanza di ulteriori e diversi elementi che tale imputazione legittimino, al professionista che ha svolto detta attività fatturata in favore della società”.
Errata la decisione della CTR. Si è rivelata quindi errata la decisione della Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, che dall’illegittimità dell’attività svolta dalla società e dal riconoscimento del carattere strettamente personale della prestazione medico-cliente ha tratto, “sic et simpliciter”, la legittimità dell’imputazione dei redditi societari al medico. Non si può sostenere, come fatto dalla sentenza gravata, che il medico “deve rispondere in modo fiscalmente autonomo non potendo la società sostituirsi al medico libero professionista nel percepire gli onorari dovuti dai pazienti e pagare contributi fiscali dovuti per il solo fatto che il medico, libero professionista, esercita in una sua struttura”.
Gli assunti del Fisco. Gli Ermellini, decidendo la causa nel merito, hanno annullato l’avviso di accertamento impugnato da un odontoiatra. L’Ufficio finanziario, sul presupposto che il contribuente aveva effettuato alcune prestazioni regolarmente fatturate per conto di una società in accomandata semplice, che svolgeva attività odontoiatrica nonostante il divieto imposto dalla legge (L. n. 1815 del 1993), imputava il reddito percepito dall’ente a tutti i sanitari operanti nella struttura, ritenendo che le prestazioni ai pazienti andassero ricondotte ai singoli professionisti che le avevano fatturate.
Professionista terzo “estraneo”. Per i giudici di legittimità, l’Ufficio finanziario non può far discendere dall’accertata illegittimità dell’attività svolta da una società l’imputazione di tutti i redditi di essa in parti uguali ai medici professionisti. La nullità del rapporto intercorso tra l’ente e il paziente, avente a oggetto un’attività professionale “protetta”, rappresenta un vizio genetico del rapporto stesso dal quale il professionista rimane estraneo (siccome prestatore d'opera in favore dell’impresa); sicché non può farsi discendere quale automatica conseguenza l'imputazione del reddito conseguito dalla società al medico-libero professionista. In altre parole, “il reddito invalidamente conseguito da una società per svolgimento di attività professionale ‘protetta’ non può imputarsi, solo ed esclusivamente a causa della nullità del rapporto contrattuale ed in mancanza di ulteriori e diversi elementi che tale imputazione legittimino, al professionista che ha svolto detta attività fatturata in favore della società”.
Errata la decisione della CTR. Si è rivelata quindi errata la decisione della Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, che dall’illegittimità dell’attività svolta dalla società e dal riconoscimento del carattere strettamente personale della prestazione medico-cliente ha tratto, “sic et simpliciter”, la legittimità dell’imputazione dei redditi societari al medico. Non si può sostenere, come fatto dalla sentenza gravata, che il medico “deve rispondere in modo fiscalmente autonomo non potendo la società sostituirsi al medico libero professionista nel percepire gli onorari dovuti dai pazienti e pagare contributi fiscali dovuti per il solo fatto che il medico, libero professionista, esercita in una sua struttura”.
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