CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 07 febbraio 2013, n. 2867
Tributi
- Accertamento - Omessa presentazione della dichiarazione annuale -
Metodo induttivo - Mancato invito dell’ufficio a presentare questionari,
libri, registri o fatture - Determinazione del reddito solo in base
agli indici di settore - Illegittimità dell’accertamento
Svolgimento del processo
La (...) propone ricorso per cassazione,
affidato a quattro motivi ed illustrato con successiva memoria, nei
confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale del
Lazio che, rigettandone l'appello, ha confermato la legittimità degli
avvisi di accertamento ai fini dell'IRPEF, dell'IVA e dell'IRAP per
l'anno d'imposta 2003, scaturiti dall'omessa dichiarazione dei redditi
per quel periodo d'imposta.
Espone il giudice d'appello che la
contribuente aveva impugnato gli avvisi contestando il ricorso
all'accertamento induttivo da parte dell'Ufficio, il quale, pur non
avendo sollevato eccezioni sulla tenuta e conservazione delle scritture
contabili, né avendo inviato il mod. 55 o questionari con l'invito ad
esibire la documentazione necessaria -, aveva determinato il reddito
tenendo conto solo dei valori percentuali del settore; e lamentando
l'omessa considerazione del credito IVA precedentemente dichiarato e la
non detrazione dell'Iva sugli acquisti.
Con la sentenza impugnata ha ritenuto che
la richiesta di deposito della documentazione o l'invio del questionario
mod. 55, l'invito alla contribuente a presentare libri, registri,
fatture o documentazione idonei a determinare il reddito ed il volume
d'affari non erano adempimenti obbligatori da rispettare nel caso di
specie, nel quale era stata omessa la presentazione della dichiarazione,
per cui l'ufficio era legittimato a procedere all' accertamento
induttivo.
Nella fase amministrativa la contribuente
"non aveva prodotto alcuna documentazione per confutare il reddito
determinato induttivamente dall'ufficio" in base ad "elementi in suo
possesso": essendo stata prodotta la documentazione solo in sede
contenziosa, essa "non può essere valutata tecnicamente dai giudici
tributari", che "possono pronunciarsi sulla legittimità dell'atto
impugnato ed eventualmente entrare nel merito di quanto accertato,
valutando le singole eccezioni di punti controversi di esso". Ma nella
specie "il ricorso introduttivo chiedeva l'annullamento integrale
dell'accertamento, senza alcuna specifica censura di singole imposte, di
cui all'avviso notificato".
L’agenzia delle entrate non ha svolto attività nella presente sede.
Motivi della decisione
Con il primo motivo la ricorrente denuncia
omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione, e lamenta che il
giudice d'appello avrebbe erroneamente affermato che non dovrebbero
tenersi in considerazione i documenti prodotti - copia del registro
degli acquisti, prima nota dei corrispettivi, registro dei
corrispettivi, riepilogativi delle liquidazioni IVA, fatture di acquisto
anno 2003, nonché la dichiarazione dei redditi del precedente anno 2002
-, in quanto essa ricorrente si sarebbe limitata a domandare
esclusivamente l'annullamento integrale dell'accertamento, senza alcuna
specifica censura di singole imposte e senza chiedere la
rideterminazione delle imposte stesse.
Con il secondo motivo, denunciando
violazione di legge, si duole che ad essa contribuente, su cui grava il
relativo onere probatorio, sia stata negata la possibilità, in sede
contenziosa, di dimostrare l'erroneità dell'accertamento dell'ufficio,
fornendo la prova del reddito reale.
Con il terzo motivo censura la decisione
per vizio di motivazione, e quindi in particolare denuncia l'omessa
pronuncia e l'omessa motivazione in ordine alla domanda, reiterata in
appello, con la quale essa ricorrente si doleva dell'accertamento
dell'IRAP, della quale domanda e del quale accertamento la sentenza
impugnata non ha fatto alcuna menzione.
Con il quarto motivo critica la sentenza
per contraddittorietà della motivazione in ordine al regolamento delle
spese in appello, poste a carico di essa contribuente, pur essendo stata
dichiarata tardiva la costituzione dell'ufficio nel grado, e comunque
per non essere stata formulata la relativa domanda.
I primi tre motivi del ricorso, che devono
essere esaminati congiuntamente, in quanto strettamente legati, sono
fondati nei termini che seguono.
E' anzitutto erronea in diritto
l'affermazione del giudice d'appello secondo cui, non essendo stati
esibiti o trasmessi nella fase amministrativa dalla contribuente i
documenti - gli atti, i libri e i registri -, essi non potevano essere
prodotti in sede contenziosa, o comunque non potevano in tale sede
essere "tecnicamente valutati".
Una siffatta preclusione è bensì prevista
nella disciplina dell'accertamento delle imposte dei redditi (in
proposito, Cass. n. 16503 del 2006 e n. 19478 del 2009), ma si attiva,
in base all'art. 32, commi terzo, quarto e quinto, del d.P.R. 29
settembre 1973, n. 600, nell'ipotesi di mancate esibizione o
trasmissione degli atti, documenti, libri o registri "in risposta agli
inviti dell'ufficio", e previo avvertimento, ad opera dell'ufficio
finanziario stesso, delle gravi conseguenze della mancata risposta ("di
ciò l'ufficio deve informare il contribuente contestualmente alla
richiesta").
Nella specie la Commissione regionale ha
accertato che non erano stati inviati in sede amministrativa alla
contribuente questionari, o inviti a presentare libri, registri, fatture
o documentazione idonei a determinare il reddito ed il volume d'affari,
precisando peraltro, correttamente, che non si trattava di adempimenti
obbligatori dell'ufficio.
Si appalesa poi insufficiente e
contraddittoria, alla luce di quanto si è appena osservato, ed alla
stregua del tenore delle analitiche conclusioni formulate nell'appello
dalla contribuente - trascritte nel ricorso per cassazione alle pagg. 5 e
6 -, ed allo stesso svolgimento del processo della sentenza impugnata,
la motivazione di questa in ordine alla mancanza di specifiche censure
all'accertamento delle singole imposte, segnatamente con riguardo ai
rilievi concernenti l'IRAP ed il credito IVA.
Il ricorso va pertanto accolto, con
assorbimento del quarto motivo, concernente il regolamento delle spese
nei gradi di merito, la sentenza impugnata va cassata e la causa
rinviata, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione
tributaria regionale del Lazio.
P.Q.M.
Accoglie i primi tre motivi del ricorso,
assorbito il quarto motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche
per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale
del Lazio.
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