Sommario: 1. Introduzione - 2. I termini per
l’iscrizione a ruolo e la notifica delle cartelle esattoriali previsti
dal DPR 602/73 - 3. Le Comunicazioni di irregolarità ex artt. 36 bis e
36 ter del DPR 600/73 – 4. Conclusioni
1. Introduzione
Il contribuente produceva ricorso avverso due cartelle esattoriali
relative agli esiti del controllo formale delle dichiarazioni dei
redditi operato ai sensi dell’art. 36 bis del DPR 600/73 da parte
dell’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate per gli anni di imposta 1998 e
1999.
Veniva eccepita, in via preliminare, la decadenza dei termini posti a
carico dell’Amministrazione Finanziaria sia per l’iscrizione a ruolo
prevista per l’art. 36 bis (il 31 dicembre del secondo anno successivo a
quello di presentazione della dichiarazione ex art. 17 DPR 602/73,
abrogato con L. 156 del 31.07.2005) e sia per la tardiva notifica della
cartella esattoriale da parte del Concessionario della Riscossione.
Si appellava, inoltre, alla violazione delle norme procedurali
relative alle iscrizioni a ruolo nonché dell’art. 6, comma 5 dello
Statuto del Contribuente in quanto l’Ufficio aveva l’obbligo di
notificare al contribuente un avviso o invito di pagamento
adeguatamente motivato.
Il ricorrente, inoltre, eccepiva la carenza di motivazione delle
cartelle esattoriali in quanto sprovviste di un’adeguata motivazione
della pretesa erariale necessaria per poter esperire una valida difesa
ex art. 24 della Costituzione.
In relazione a tale carenza di motivazione delle cartelle
esattoriali ed alla violazione delle norme procedurali propedeutiche,
la CTR ha ritenuto fondato e meritevole di accoglimento l’appello del
contribuente.
Più specificamente, i giudici rilevavano come l’Ufficio, in sede di
giudizio, si sia limitato solo a sostenere che si trattava di un omesso
versamento delle imposte senza produrre alcun riscontro documentale,
mentre dalle cartelle risultava un’imposta dovuta superiore a quella
dichiarata. Nel dispositivo i giudici sottolineavano che “Non può
certamente condividersi l’affermazione dell’Ufficio secondo la quale una
cartella esattoriale derivante dalla liquidazione formale della
dichiarazione dei redditi possa essere impunemente
sprovvista di adeguata motivazione. Tale carenza di motivazioni risulta
aggravata dalla eccepita mancata notifica dell’avviso o dell’invito al
pagamento”(1).
Come rilevato dai giudici, la soppressione del comma 3 dell’art 7
del D. Lgs. 546/92(2) impedisce al Giudice di disporre istruttorie per
l’acquisizione di ulteriori documenti e conseguentemente non potevano
che ritenere le cartelle contestate assimilabili ad una prima richiesta
riferita alla pretesa impositiva(3).
Conseguentemente, la mancata dimostrazione da parte dell’Ufficio
della notifica della comunicazione d’irregolarità congiuntamente alla
carenza di motivazione delle cartelle esattoriali ha portato i giudici
della CTR Campania a riconoscere la nullità di queste ultime in quanto
non hanno consentito il legittimo esercizio del diritto di difesa del
contribuente ex art. 24 della Costituzione.
2. I termini decadenziali previsti dal D.P.R. 602/73 per l’iscrizione a ruolo e per la notifica delle cartelle esattoriali.
La problematica relativa ai termini previsti per le iscrizioni a
ruolo dei debiti erariali e per la conseguente notifica delle cartelle
di pagamento (oggetto di varie modifiche normative fino all’anno 2005)
ex art. 36 bis merita di essere approfondita in quanto ha creato non
poca confusione tra la platea dei contribuenti circa la sua natura
ordinatoria o perentoria.
Il riferimento normativo per l’iscrizione a ruolo era rappresentato
dall’art. 17 (oramai abrogato) e per la notifica delle cartelle di
pagamento, dall’art. 25 del DPR 602/73.
La legislazione vigente nel periodo in cui è stata commessa la
supposta violazione prevedeva, ai sensi dell’art. 17 D.P.R. 602/73 che
“… il ruolo delle imposte liquidate al contribuente deve essere
reso esecutivo entro il 31/12 del quinto anno successivo a quello della
presentazione della dichiarazione”e secondo quanto disposto, ratione temporis, dall’art. 25 D.P.R. 602/73 (in vigore dal 01.07.1999 sino al 08.06.2001) “il concessionario notifica la cartella di pagamento entro
l’ultimo giorno del quarto mese successivo a quello di consegna del
ruolo, al debitore o al coobbligato nei confronti del quale procede”.
All’uopo si evidenzia che la Corte Costituzionale con ordinanza n.
107 del 01/04/2003 confermava quanto già espresso dalla Corte di
Cassazione con sentenza n. 7662 del 16/07/99.
Infatti la Corte Suprema ribadiva la perentorietà del termine previsto dall’art. 25 del D.P.R. 602/73 affermando che “…
tale ultima norma… ben si presta ad essere interpretata in senso tale
da escludere la paventata indefinita soggezione del contribuente
all’azione esecutiva del fisco, essendo l’esattore soggetto ai
ristretti termini di cui all’art. 25 per la notificazione della
cartella; che il carattere perentorio di un termine non deve
necessariamente risultare esplicitamente dalla norma, potendosi desumere
dalla funzione, ricavabile con chiarezza dal testo della legge, che il
termine è chiamato a svolgere”. Pertanto sia l’Ordinanza della
Corte Costituzionale che la Sentenza n. 7662/99 della Corte di
Cassazione hanno inteso il disposto del citato art. 25 quale termine
perentorio per la notifica della cartella di pagamento posto a tutela
del contribuente al fine di non esporre lo stesso ad una indefinita
azione esecutiva del fisco(4).
A chiarire definitivamente la questione circa la natura di tale
termine è intervenuta la Corte Costituzionale dapprima con Ordinanza n.
352 del 2004 e successivamente con la sentenza n. 280 del 15/07/2005.
L’Ordinanza ha ribadito la natura perentoria del termine previsto
dall’art. 25 DPR 602/73, mentre la sentenza n. 280 del 2005 ha
sancito l’illegittimità costituzionale dell’art. 25 DPR 602/73, così
come modificato dal D. Lgs. n. 193 del 2001 “…in relazione agli
art. 3 e 24 della Costituzione, nella parte in cui non prevede un
termine fissato a pena di decadenza, entro il quale il concessionario
deve notificare al contribuente la cartella di pagamento delle imposte
liquidate ai sensi dell’art. 36 bis del DPR 600/73 e ciò per evitare
che il contribuente sia “indefinitivamente” esposto alla procedura
esecutiva”(5).
Al fine di chiarire l’ambito di applicazione della disposizione in
esame è necessario sintetizzare le modifiche normative subite nel tempo
dall’art. 25 DPR 602/73.
Inizialmente l’art. 25 stabiliva il termine ultimo per la notifica della cartella esattoriale nel quinto giorno del mese successivo a quello di consegna dei ruoli all’esattore.
Successivamente - a seguito della modifica operata dall’art. 11 del D.
Lgs. n. 46 del 1999, in vigore dal 01/07/1999 - tale termine veniva
fissato nell’ultimo giorno del quarto mese successivo a quello di consegna del ruolo all’esattore.
Infine l’art. 25 (nella formulazione risultante dalla modifica ex art.
1, comma 1 lett. b) del D.Lgs n. 193 del 2001) in vigore dal
09.06.2001 non prevedeva più alcun termine per la notifica delle
cartelle esattoriali.
Ciò premesso, la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale(6) l’art. 25 “…nella
parte in cui non prevede, per la notifica al contribuente della
cartella di pagamento un termine, fissato a pena di decadenza….”
E si segnala che, alla luce di quanto affermato dalla Corte Costituzionale, il Legislatore ha colmato tale lacuna legis
con l’art. 1, comma 5 bis del D.L. 17/06/2005 n. 106 - convertito
dalla Legge 31/07/2005 n. 156 – nel quale è stato stabilito
relativamente alle dichiarazioni presentate fino al 31/12/2001 che la
notifica delle cartelle di pagamento scaturenti dal controllo ex art.
36 bis DPR 600/73 deve essere eseguita, a pena di decadenza, entro il
31/12 del quinto anno successivo a quello di presentazione della
dichiarazione.
E tale termine deve necessariamente considerarsi
perentorio in quanto molto chiaramente nella sentenza n. 280/2005 la
Corte Costituzionale ha condiviso la tesi dei giudici rimettenti che
avevano denunciato “…come contrastante con il precetto di cui
all’art. 24 della Costituzione, l’art. 25 del DPR 602/73, come
modificato dal D. Lgs. 193 del 2001: modifica consistita nella pura e
semplice soppressione delle parole attraverso le quali era fissato per
la notifica della Cartella di Pagamento un termine che questa Corte
(Ordinanza n. 107 del 2003) e la giurisprudenza di legittimità avevano
qualificato, perché solo così inteso soddisfaceva inderogabili esigenze
costituzionali, come di decadenza”. Ed ha aggiunto: “… nel
ribadire tale principio, riaffermato nell’Ordinanza n. 352 del 2004,
questa Corte non può che trarne la conseguenza della illegittimità
costituzionale dell’art. 25… non essendo consentito dall’art. 24 della
Costituzione lasciare il contribuente assoggettato all’azione esecutiva
del fisco per un tempo indeterminato e comunque, se corrispondente a
quello ordinario di prescrizione, certamente eccessivo ed
irragionevole”. Inoltre viene specificato al punto 4.1: “….Come
emerge dalla sommaria descrizione delle disposizioni che si sono
succedute nel disciplinare il procedimento di riscossione delle imposte
liquidate ex art. 36 bis del DPR 600/73, l’atto finale ed “esterno”
del procedimento stesso (la notifica della cartella) è sempre stato
legato ad un atto precedente (consegna dei ruoli all’esattore) a sua
volta legato ad atti preesistenti: e poiché questa concatenazione di
atti era scandita da termini, a partire da ciascuno dei quali decorreva
il successivo, ne derivava – per quanto generosi, rispetto
all’elementare attività demandata all’Amministrazione, fossero quei
termini – certezza relativamente al termine ultimo entro il quale il
contribuente doveva venire a conoscenza della pretesa del fisco”.
Emerge, chiaramente e con vigore, che tale termine non
può che ritenersi perentorio a pena di decadenza, così come sancito
dalla Corte Costituzionale.
Nella sentenza in commento, la CTR Campania ha avallato la decisione dei giudici di prima istanza che “Ritenevano
altresì che relativamente agli atti in contestazione, "ragione
temporis" per l’effetto delle modifiche normative apportate all'art. 25
del DPR 602/73, non vi era un termine stabilito per la notifica delle
cartelle esattoriali in questione.” Dal dispositivo della sentenza
non emergono le date oggetto di contestazione – ossia di iscrizione a
ruolo e di notifica delle cartelle di pagamento – quindi risulta
impossibile un esame del rispetto di tali termini decadenziali
perentori, ma, a parere dello scrivente, gli effetti della declaratoria
di incostituzionalità della mancata previsione di un termine per la
notifica delle cartelle esattoriali ex art. 25 dovevano essere oggetto
di valutazione sia dei Giudici di prime cure che di Appello i
quali, invece, si sono semplicemente riferiti alla vecchia formulazione
in cui non era previsto alcun termine per la notifica delle cartelle
esattoriali(7).
3. Le Comunicazione di irregolarità ex artt. 36 bis e 36 ter del DPR 600/73.
La liquidazione ed i controlli formali delle
dichiarazioni dei redditi sono disciplinati dall’art 36 bis e 36 ter
del DPR 600/73(8).
La liquidazione della dichiarazione ex art. 36 bis(9) è oramai svolta
in via automatizzata dal Sistema Informatico dell’Agenzia delle
Entrate (in passato era una procedura eseguita manualmente) e consente
di:
- correggere gli errori materiali e di calcolo
commessi nella determinazione degli imponibili, delle imposte, dei
contributi e dei premi, nonché nel riporto delle eccedenze d’imposta e
dei contributi risultanti dalle precedenti dichiarazioni;
- ridurre le detrazioni, le deduzioni e i crediti
esposti in misura superiore a quella prevista dalla legge ovvero non
spettanti sulla base dei dati risultanti dalle dichiarazioni;
- verificare la congruità e la tempestività dei
versamenti delle imposte, dei contributi e dei premi dovuti nonché
delle ritenute alla fonte operate in qualità di sostituto d’imposta.
La procedura di liquidazione deve
concludersi entro l’inizio del periodo di presentazione delle
dichiarazioni relative all’anno successivo, ma tale termine deve
considerarsi ordinatorio e non perentorio(10).
Se la liquidazione automatica non riscontra alcun
errore, al contribuente viene inviata una comunicazione di regolarità;
qualora, invece, dalla liquidazione emerge un risultato diverso da
quello indicato in dichiarazione l’Agenzia provvede ad inviare al
contribuente o al sostituto d’imposta un’apposita comunicazione d’irregolarità in
modo da evitare il ripetersi di errori nelle successive dichiarazioni,
regolarizzare gli aspetti formali e consentire al contribuente o al
sostituto d’imposta di comunicare all’Amministrazione Finanziaria
eventuali dati ed elementi non considerati nella fase di liquidazione.
Se il contribuente provvede al versamento delle somme richieste entro
trenta giorni, beneficia della riduzione del pagamento della sanzione,
altrimenti l’importo dovuto sarà oggetto di iscrizione a ruolo e
successivamente, a cura del Concessionario della Riscossione, sarà
emessa una cartella di pagamento.
Il controllo formale ex art 36 ter, invece, interessa
solo le dichiarazioni dei redditi selezionate in base a criteri
fissati annualmente dal Direttore dell’Agenzia delle Entrate.
Con il controllo formale strictu sensu, viene
verificata la conformità dei dati esposti in dichiarazione con la
documentazione conservata dal contribuente e i dati desunti dalle
dichiarazioni presentate da altri soggetti o trasmessi per legge da
enti previdenziali ed assistenziali, banche e imprese assicuratrici.
A questo fine il contribuente è invitato dall'ufficio
ad esibire o trasmettere entro 30 giorni la documentazione attestante
la correttezza dei dati dichiarati e a fornire chiarimenti nel caso
siano riscontrate incongruenze tra questi ultimi ed i dati in possesso
dell'Agenzia.
Tale controllo permette di:
- escludere in tutto o in parte lo scomputo delle ritenute d'acconto;
- escludere in tutto o in parte le detrazioni
d'imposta e le deduzioni dal reddito non spettanti in base ai documenti
richiesti ai contribuenti;
- determinare i crediti d'imposta spettanti in base ai
dati risultanti dalle dichiarazioni e ai documenti richiesti ai
contribuenti;
- correggere gli errori materiali e di calcolo commessi nelle dichiarazioni dei sostituti d'imposta.
La procedura deve concludersi entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione4.
Le comunicazioni relative agli esiti della liquidazione
ed alle richieste per il controllo formale delle dichiarazioni dei
redditi – ex art. 36 bis e 36 ter (11) – vengono recapitate ai
contribuenti attraverso una raccomandata postale “non rituale”e quindi
senza ricevuta di ritorno. Quindi Poste Italiane conferma, attraverso
la trasmissione del numero progressivo della raccomandata agli Uffici
Finanziari, l’avvenuto recapito della comunicazione, ma non può
documentare l’avvenuta notifica in mancanza della ricevuta di ritorno e
la correlata firma del destinatario ai sensi dell’art. 137 c.p.c. e
ss.
La rettifica effettuata ai sensi dell’art. 36 ter posta
in essere successivamente ai 30 giorni concessi al contribuente per
far valere le proprie ragioni, viene notificata “ritualmente” a mezzo
raccomandata R/R concedendo allo stesso altri 30 giorni per la
segnalazione di eventuali dati ed elementi non valutati dall’Ufficio.
Invece gli esiti della liquidazione ex 36 bis
conseguenti alla comunicazione d‘irregolarità, non seguono tale
procedura, ma sono direttamente iscritti a ruolo e ciò in base ad una
precisa ratio, di seguito esaminata.
4. Conclusioni
Premesso che la sentenza in commento è pur sempre un
giudizio di secondo grado e quindi impugnabile in Cassazione, un
aspetto rilevante, a parere dello scrivente, riguarda il riferimento al
dettato normativo dello Statuto del Contribuente che il legislatore,
in sede parlamentare – spesso distratto in materia perché guidato dalla
priorità di esigenze di “cassa”, piuttosto che dal “buonsenso” in
relazione al rispetto dei principi ivi sanciti – costantemente non lo ha
ritenuto meritevole di attenzione, principalmente per quanto attiene
la previsione del divieto di disposizioni retroattive in materia
tributaria(12).
Ben venga, quindi, da parte dei giudici tributari una
considerazione maggiore per lo Statuto del Contribuente – pur sempre
legge dello Stato – e dei principi in esso contenuti che meriterebbero
una valenza costituzionale, purtroppo non riconoscibile in quanto,
trattandosi di legge ordinaria, può essere pacificamente derogata da
altre leggi di pari rango. Tale lacuna potrebbe essere parzialmente
colmata attraverso una giurisprudenza tributaria tesa a spingere il
legislatore a “ripensare” la prassi normativa adottata in materia
fiscale alla luce delle previsioni dello Statuto.
Venendo, invece, al caso specifico dell’omessa notifica
della comunicazione di irregolarità, si ritiene che in sede
processuale sia necessario verificare due aspetti fondamentali.
In primo luogo, non si può prescindere da una attenta
valutazione delle modifiche normative subite dall’art. 25 del D.P.R.
602/73. Ed a tal proposito, in relazione alla sentenza in commento, lo
scrivente ritiene di non poter condividere la mancata considerazione,
da parte dei Giudici di I° e II° grado, dell’incostituzionalità
dell’art. 25 nella precedente formulazione laddove non prevedeva un
termine di decadenza per la notifica della cartella esattoriale.
In secondo luogo, bisogna prendere in considerazione
l’inciso dell’art. 6, comma 5 della L. 212/2000 che recita “qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione”(13).
Autorevole dottrina(14) ha sottolineato la posizione restrittiva della
giurisprudenza in relazione al potere di liquidazione degli Uffici
Finanziari ex art. 36 bis. Esso, infatti, è stato riconosciuto
sussistente soltanto in presenza di indebite deduzioni e detrazioni
rilevabili icto oculi a seguito di controllo formale e,
contemporaneamente, tale potere è stato escluso laddove fosse stato
necessario procedere all’interpretazione di norme giuridiche e/o alla
valutazione di eventuale documentazione. Conseguentemente, i casi
oggetto di rettifica sono quelli tassativamente previsti e qualificati
come “eccezionali” dalla Corte Costituzionale nei quali, in assenza di
una formale istruttoria e, quindi, di una concreta “valutazione
giuridica” non sussiste un rigoroso obbligo di motivazione alla stregua
degli atti di accertamento nei quali viene, invece, seguito un preciso
percorso logico-giuridico(15). Infatti, non a caso, la norma relativa
alla liquidazione delle imposte è stata tenuta al di fuori del capo
relativo alla disciplina dell’accertamento.
Sostanzialmente, quindi, tali rettifiche – nella
stragrande maggioranza dei casi – riguardano errori materiali e/o di
calcolo oppure di mancato rispetto di norme procedurali e sostanziali
in materia tributaria che ai fini della legittimità della pretesa
erariale non necessitano né di una convocazione del contribuente, né di
una motivazione, essendo richiesta solo una normale diligenza da parte
di quest’ultimo per effettuare un elementare controllo della
correttezza dei valori inseriti nella dichiarazione dei redditi, della
loro somma algebrica e del rispetto della normativa tributaria in
materia di detrazioni, deduzioni, crediti d’imposta, nonché della
congruità e tempestività dei versamenti effettuati.
Quindi, il principio generale “Lex ignorantiam non excusat”
dovrebbe essere più che sufficiente a giustificare l’operato
dell’Amministrazione Finanziaria, laddove liquidi una dichiarazione dei
redditi che – va ribadito – consiste in un mero controllo formale,
nonché una verifica del rispetto delle norme tributarie ad esso
riferite nelle ipotesi tassativamente indicate dal legislatore.
Per tale motivo nell’art. 36 bis del DPR 600/73 non è
stato previsto alcun obbligo di notifica rituale della comunicazione
d’irregolarità o di motivazione esplicita in quanto relativamente a
questa tipologia di controlli, “dubbi o incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione”, nella generalità dei casi, non sussistono(16).
Inoltre, considerata la discrezionalità “tecnica”
dell’Amministrazione Finanziaria in merito alle valutazioni su ciò che
possa qualificarsi “incertezza” e quali possano considerarsi “aspetti rilevanti”, si
dovrebbe escludere la possibilità di un “sindacato intrinseco” da
parte del giudice tributario che finirebbe per sostituirsi al potere
amministrativo (valutativo e quindi discrezionale) spettante ex lege all’Agenzia delle Entrate(17).
Oltretutto, in mancanza di una norma di coordinamento
tra l’art. 36 bis DPR 600/73 e l’art. 6 dello Statuto del Contribuente
non può ritenersi condivisibile un eventuale annullamento della
conseguente cartella di pagamento, in assenza di una specifica ed
esplicita previsione normativa(18).
Da ultimo, premesso che lo Statuto si pone quale linea
guida nell’interpretazione ed applicazione della normativa
tributaria(19) laddove all’art. 10 esso prevede il “principio della tutela dell’affidamento e della buona fede”,
appare legittimo ritenere che se tale principio valga nei confronti
dell’Amministrazione Finanziaria, altrettanto debba accadere nei
confronti del contribuente. Conseguentemente, un’eventuale sanzione di
nullità di una cartella di pagamento (ripetuta iuvant, priva
di dubbi o incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione) farebbe
ricadere su di un soggetto incolpevole (Amministrazione Finanziaria)
gli effetti dell’errore del contribuente, il quale, addirittura,
potrebbe giovarsi dell’annullamento di un debito d’imposta dallo stesso
dichiarato e, quindi, implicitamente ammesso come dovuto all’Erario,
ma solo erroneamente autoliquidato(20). E tutto ciò comporterebbe una
violazione del principio di capacità contributiva sancito dall’art. 53
della Costituzione, oltre che dei principi di buona fede e correttezza
previsti dallo Statuto del Contribuente volti alla tutela di un
prelievo rapportato ad effettivi indici di capacità contributiva, di
un’adeguata tutela degli interessi dell’Erario e, soprattutto, dello
spirito di lealtà e di collaborazione tra le parti che deve
accompagnare il rapporto giuridico d’imposta.
In conclusione, a parere dello scrivente, al
contribuente può sempre essere riconosciuto il beneficio del pagamento
delle sanzioni ridotte (ossia quello che avrebbe goduto se avesse
ricevuto la comunicazione di irregolarità)(21), ma non può
assolutamente condividersi un giudicato che comporti la nullità della
cartella di pagamento.
Si riporta il testo della Sentenza.
Svolgimento del processo
Il contribuente ALFA propose distinti ricorsi avverso
due cartelle esattoriali, e precisamente la n. xxxx (riferita all'anno
di imposta 1998) e la n. yyyy (riferita all'anno di imposta 1999),
entrambe emesse dall'Agenzia delle Entrate – Ufficio delle Entrate di
Benevento in seguito al controllo formale delle dichiarazioni dei
redditi operato ai sensi dell'art. 36 bis del DPR 600/73 e notificate
dal Concessionario della Riscossione di Benevento SARI SPA Riscossioni.
Nei ricorsi veniva eccepita in via preliminare la
decadenza e la prescrizione dei termini posti a carico
dell'amministrazione finanziaria per l'iscrizione a ruolo, previsti
dall'art. 36 bis del DPR 600/73.
Veniva poi contestata la tardiva notifica della
cartella esattoriale da parte del Concessionario della riscossione.
Veniva poi eccepita la violazione delle norme
procedurali inerenti le iscrizioni a ruolo operate in seguito al
controllo formale delle dichiarazioni nonché delle norme contenute
nello statuto del contribuente, evidenziando che l'ufficio, prima
dell'iscrizione a ruolo aveva l'obbligo di notificare alla contribuente
un avviso od invito di pagamento.
Sosteneva quindi che, in mancanza di tale adempimento,
le cartella esattoriali impugnate dovevano ritenersi illegittime per il
mancato rispetto delle norme richiamate, richiamando in tal senso
giurisprudenza favorevole.
Veniva poi eccepita la carenza di motivazioni delle
cartelle esattoriali, sostenendo che tali atti erano sprovvisti di
tutti gli elementi previsti dalla legge ed, in assenza delle
motivazioni poste a base della pretesa erariale, il contribuente non
era stato posto in grado di esperire una valida difesa.
Veniva infine eccepita la falsa ed erronea applicazione delle sanzioni.
I ricorsi venivano conclusi con la richiesta di
integrale annullamento delle cartelle esattoriali in contestazione.
Non risultava la costituzione in giudizio del Concessionario della riscossione.
Con proprie controdeduzioni si costituiva in giudizio
l'Ufficio delle Entrate di Benevento, deducendo la legittimità delle
iscrizioni a ruolo, rese esecutive nel rispetto dei termini previsti
dalla legge, precisando che trattavasi di iscrizioni derivanti dai
mancato versamento delle imposte dovute con la dichiarazione dei
redditi.
Sosteneva inoltre di avere regolarmente notificato al
Cliente gli avvisi di pagamento precedentemente alle cartelle in
contestazione e che, comunque, nessuna norma prevedeva
quell'adempimento a pena di nullità delle cartelle.
Concludeva chiedendo il rigetto del ricorso.
Nelle more del giudizio il contribuente presentava
distinte istanze di definizione delle liti fiscali pendenti previste ai
sensi dell'art. 16 della legge 289/02, effettuando il versamento della
prima rata delle imposte dovute per la definizione.
Tali istanze venivano rigettate dall'ufficio che
notificava al contribuente due provvedimenti di diniego della
definizione richiesta.
Avverso tali provvedimenti di diniego il contribuente
produceva due distinti ricorsi, chiedendo il riconoscimento della
legittimità della definizione delle liti, sostenendo che la legge
agevolativa prevedeva la possibilità di definire qualsiasi atto
impositivo, quindi anche la cartella esattoriale che rappresentava la
prima richiesta impositiva notificata al contribuente.
Sosteneva inoltre che le cartelle in contestazione
erano scaturite in seguito a correzioni effettuate dall'ufficio
rispetto ai dati dichiarati nelle dichiarazioni, dovevano pertanto
considerarsi atti impositivi a tutti gli effetti e non meri atti di
riscossione.
Concludeva con la richiesta di accoglimento dei ricorsi
e di voler dichiarare la cessazione della materia dei contendere per
intervenuta definizione ai sensi dell'art. 16 della legge 289/02.
Resisteva l'ufficio delle Entrate sostenendo che le
liti fiscali instaurate avverso le cartelle esattoriali non potevano
essere considerate definibili ai sensi dell'art. 16, sia perché
rappresentavano atti di mera riscossione che perché le suddette liti
non risultavano pendenti alla data del 31/12/2003, concludendo con la
richiesta di rigetto dei gravami.
L'adita Commissione Tributaria Provinciale di
Benevento, previa riunione di tutti e quattro i ricorsi, con la
sentenza ora impugnata, li respingeva totalmente.
l Primi Giudici ritenevano che le iscrizioni a ruolo
erano state rese esecutive dall'ufficio nei termini previsti dall'art.
17 del DPR 602, ritenendo quindi che l'Amministrazione Finanziaria non
fosse decaduta dal diritto di richiedere il pagamento delle imposte
ritenute evase dal contribuente.
Ritenevano altresì che relativamente agli atti in contestazione, "ragione temporis" per l’effetto delle modifiche normative apportate all'art. 25 del DPR 602/73, non vi era un termine stabilito per la notifica delle cartelle esattoriali in questione.
Ritenevano, infine, che le iscrizioni a ruolo in
contestazione erano da ritenersi atti di mera riscossione, emessi
dall'ufficio senza alcuna espressione di potere discrezionale, in
quanto riflettenti omessi versamenti di imposta, e come tali non
rientranti tra le liti fiscali definibili ai sensi dell'art. 16 della
legge 289/02.
Avverso tale sentenza proponeva appello il contribuente
chiedendone la totale riforma richiamandosi integralmente ai motivi
dedotti nel ricorso introduttivo, chiedendo contestualmente la
sospensione della riscossione.
Veniva eccepito che la sentenza si palesava carente di
motivazioni ed errata nei suoi presupposti di fatto e di diritto,
oltre che viziata da omessa pronuncia sulle principali eccezioni del
contribuente.
Veniva contestato che non era stata considerata
l'eccepita carenza di motivazioni nonché la mancata notifica
dell'avviso di pagamento precedente alle cartelle esattoriali,
sostenendo in tal senso che nessuna reale prova era stata fornita
dall'ufficio.
Insisteva nel sostenere l'intervenuta decadenza e
prescrizione dei termini, sia per l'emissione dei ruoli che per la
successiva notifica delle cartelle da parte del concessionario.
Con ampia dissertazione, infine, contestava il mancato
riconoscimento della legittimità delle istanze di definizione delle
liti fiscali pendenti prodotte ai sensi della legge 289/02.
In tal senso sosteneva che le cartelle non riflettevano
solo presunti omessi versamenti, ma anche l'esercizio da parte
dell'ufficio dei poteri di controllo e rettifica, in quanto le imposte
richieste in pagamento non riflettevano i dati dichiarati nelle
dichiarazioni, sostenendo che tale circostanza comprovava il fatto che
l'ufficio aveva modificato tali dati.
Sosteneva pertanto che le cartelle esattoriali dovevano
considerarsi atti impositivi a tutti gli effetti e, come tali,
regolarmente rientranti tra quelli definibili mediante lo strumento
agevolativo delle liti fiscali pendenti indicate nell'art. 16 della
legge citata.
Concludeva con la richiesta di voler considerare validi
i condoni proposti ed in via subordinata di voler annullare le
cartelle esattoriali per carenza di motivazioni e violazione delle
norme procedurali inerenti le iscrizioni a ruolo.
Anche nel secondo Grado di Giudizio non risultava la
costituzione in giudizio del Concessionario della riscossione.
L'Ufficio delle Entrate di Benevento, con proprie
controdeduzioni, resisteva all'appello del contribuente chiedendone il
rigetto, richiamandosi integralmente ai motivi già dedotti in primo
grado e già ritenuti validi dai Giudici di Prime cure.
Insisteva nell'evidenziare che le iscrizioni a ruolo in
contestazione riflettevano omessi versamenti di imposte dichiarate dal
contribuente nelle proprie dichiarazioni dei redditi e che, pertanto,
le relative controversie non potevano essere definite ai sensi
dell'art. 16 della legge 289/02.
Sosteneva inoltre che trattandosi di iscrizioni a ruolo
operate ai sensi dell'art. 36 bis del DPR 600/73 non era necessaria
una motivazione esplicita contenuta nella cartella, e che, in ogni caso
l'obbligo di motivazione era stato assolto con le precedenti notifiche
al contribuente, a mezzo di raccomandate postali n. XXXX del
13/12/2000 (per l'anno 1998) e n. YYYY del 06/12/2000 (per l'anno 1999), degli avvisi di pagamento, che erano stati ignorati dal contribuente.
Concludeva l'ufficio con la richiesta di voler
integralmente confermare le iscrizioni a ruolo in contestazione.
Con successive note del 11/07/2006 lo stesso ufficio
chiedeva il rigetto della richiesta di sospensione, deducendone
l'inammissibilità innanzi al Giudice di Secondo Grado, nonché l'assenza
dei requisiti espressamente previsti dalla legge.
Alla precedente udienza del 20/02/2007 la Commissione
rigettava l'istanza di sospensione della riscossione chiesta dal
contribuente, per assenza dei requisiti previsti dalla legge, rinviando
in prosieguo la decisione di merito.
Con successive memorie il contribuente insisteva nella
richiesta di accoglimento del proprio gravame, insistendo nell'eccepire
la nullità delle cartelle esattoriali per violazione dell'art. 6 della
legge 212/00, per non essere stati preceduti tali atti dal prescritto
invio della comunicazione di irregolarità prevista da tale legge,
richiamando in tal senso ampia giurisprudenza favorevole.
Lo stesso contribuente insisteva inoltre
nell'evidenziare che tali cartelle esattoriali erano scaturite dal
controllo effettuato dall'ufficio che aveva modificato i dati
dichiarati in dichiarazione dal contribuente, di conseguenza le stesse
cartelle dovevano ritenersi quali atti impositivi definibili ai sensi
dell'art. 16 della legge 289/02 e, di conseguenza, dovevaessere dichiarata l'estinzione del giudizio per intervenuto condono.
Motivi della decisione
Osserva il Collegio che, prima dell'esame di merito,
deve essere valutata la contestazione inerente la validità o meno delle
istanze di condono presentate dal contribuente.
In tal senso si rileva che pur dovendosi condividere,
in linea di principio, l'assunto del contribuente, riguardo alla
definibilità ai sensi del richiamato art. 16 della L. 289/02delle
cartelle esattoriali, avuto riguardo alla loro natura di atti
impositivi, nella fattispecie non ricorrono tutti i presupposti
previsti dalla stessa norma acchè tali cartelle in contestazione
possano essere ritenuti condonabili.
Infatti dette cartelle risultano emesse in seguito alla
liquidazione delle dichiarazioni dei redditi, e dall'esame delle copie
di tali dichiarazione, rispetto ai dati contenuti nelle cartelle
medesime, deve rilevarsi che l'ufficio abbia in qualche modo modificato
i dati dichiarati, non essendovi corrispondenza tra le dichiarazioni e
i dati contenuti nelle cartelle.
Quindi, come sopra descritto, in linea di principio, le
cartelle esattoriali de qua devono ritenersi atti impositivi emessi
dall'ufficio e non meri atti di riscossione, di conseguenza potevano
essere definite ai sensi dell'art. 16 citato.
Di contro deve rilevarsi che lo stesso art. 16 della legge 289/02 disponeva, chiaramente, che le liti fiscali che potevano essere definite erano quelle pendenti alla data del 01/01/2004.
Come chiaramente indicato negli atti di diniego di
condono, emessi dall'ufficio ed oggetto della preliminare
contestazione, uno del motivi del diniego era proprio costituito dal
fatto che le liti fiscali instaurate avverso le cartelle esattoriali
non erano pendenti alla data indicata.
Tale mancanza di pendenza del giudizio alla data dei
01/01/2004determina l'inammissibilità delle domande di condono
presentate dal contribuente ed il conseguente rigetto, su tale punto
della contestazione, dell'appello di parte.
Le somme pagate a tal fine dal contribuente potranno
essere oggetto di eventuale richiesta di rimborso all'Amministrazione
Finanziaria, atteso l'avvenuto rigetto delle domande di condono, e,
soprattutto, che in caso contrario si verificherebbe un indebito
arricchimento delle Casse dell'Erario.
Tanto premesso la Commissione ritiene di dover
procedere all'esame delle contestazioni di diritto e di merito inerenti
i ricorsi prodotti avverso le cartelle esattoriali.
In tal senso il Collegio ritiene, in via principale,
relativamente alle eccezioni di decadenza e prescrizione dei termini,
di condividere le motivazioni dei giudici di Primo Grado, ritenendo che
le iscrizioni a ruolo siano state rese esecutive dall'ufficio nel
rispetto dei termini di decadenza previsti dalla normativa vigente
all'epoca delle stesse.
Parimenti deve ritenersi che le relative cartelle
esattoriali siano state notificate dal Concessionario nei termini
previsti dalla legge.
Per quanto riguarda invece l'eccepita carenza di
motivazioni delle cartelle e l’eccepita violazione delle norme
procedurali propedeutiche all'emissione delle contestate cartelle
esattoriali, questa Commissione ritiene fondato l'appello di parte e,
come tale, meritevole di accoglimento.
In tal senso si rileva che tali atti impositivi
risultano provvisti esclusivamente della indicazione delle maggiori
imposte richieste in pagamento oltre relativi interessi e sanzioni.
In mancanza di altri elementi il contribuente non è
stato posto in grado di capire i motivi da cui sono scaturite le
iscrizioni a ruolo, né l'ufficio, in questa sede contenziosa, ha
ritenuto di chiarire tali motivi, limitandosi a sostenere che si
trattava di omesso versamento delle imposte autodichiarate, mentre
invece le cartelle risultano avere importi di imposta superiori a quelli
dichiarati dal contribuente, come è dato rilevare dalle copie delle
dichiarazioni allegate, limitandosi quindi a sostenere genericamente la
fondatezza della pretesa impositiva.
In un sistema che impone all'ufficio impositore che
avanza la richiesta di una maggiore imposta l'onere della prova, la
mancanza di ogni riscontro documentale, o di fatto, alle ipotesi
formulate, non può portare che alla insussistenza delle stesse.
Non può certamente condividersi in tal senso
l'affermazione dell'ufficio secondo la quale una cartella esattoriale
derivante dalla liquidazione formale della dichiarazione dei redditi
possa essere impunemente sprovvista di adeguata motivazione. Tale
carenza di motivazioni risulta ancor più aggravata dalla eccepita
mancata notifica dell'avviso o dell'invito di pagamento.
In tal senso deve rilevarsi che l'ufficio si è limitato
ad affermare di avere regolarmente predisposto e notificato al
contribuente tali propedeutici avvisi di pagamento, richiamando due
raccomandate postali che sarebbero state recapitate al contribuente
medesimo, senza però fornire alcuna valida prova dell'effettiva
avvenuta notifica dei predetti avvisi di pagamento.
Né possono ritenersi valida prova gli elaborati
meccanografici allegati alle deduzioni prodotte in Primo Grado,
risultando tali elaborati atti interni dell'amministrazione senza alcun
valore di prova avente rilevanza esterna, laddove l'ufficio avrebbe
dovuto depositare innanzi a questa Commissione i relativi avvisi di
ricevimento delle predette raccomandate sottoscritte dal contribuente o
da altra persona atta a ricevere notifiche in sua vece.
Stante l'avvenuta soppressione del comma 3 dell'art. 7
dei D. Lgs. 546/92 che, di fatto, impedisce al Giudice di disporre
ulteriori istruttorie per l'acquisizione di documenti che le parti
processuali avrebbero dovuto depositare prima dell'udienza, si deve
quindi necessariamente ritenere che le cartelle de qua rappresentano la prima richiesta riferita alla pretesa impositiva in contestazione.
Sull'importanza del rispetto delle norme procedurali
prima dell'emissione di una cartella esattoriale deve evidenziarsi che
la predetta preventiva notifica dell'avviso di pagamento è
espressamente prevista dall'art. 6, comma 5, della legge 212/00 che
sancisce che" Prima di procedere alle iscrizioni a ruolo derivanti
dalla liquidazione dì tributi risultanti da dichiarazioni,…………………………….,
l’Amministrazione Finanziaria deve invitare il contribuente, a mezzo
del servizio postale o con mezzi telematici, a fornire i chiarimenti
necessari o a produrre i documenti mancanti entro un termine congruo e
comunque non inferiore a trenta giorni dalla ricezione della richiesta.
La disposizione si applica anche qualora, a seguito della
liquidazione, emerga la spettanza di un minor rimborso di imposta
rispetto a quello richiesto. La disposizione non si applica
nell'ipotesi di iscrizione a ruolo di tributi per i quali il
contribuente non é tenuto ad effettuare il versamento diretto. Sono
nulli i provvedimenti emessi in violazione delle disposizioni di cui al
presente comma".
Se tale adempimento fosse stato posto in essere
dall'ufficio, il contribuente avrebbe potuto conoscere i motivi della
pretesa erariale e, di conseguenza contestarli nella presente
impugnazione della cartella esattoriale.
Ne consegue la nullità della cartella esattoriale,
priva di qualsiasi indicazione a sostegno della fondatezza
dell'iscrizione a ruolo, tale da non consentire lo svolgimento di
adeguate difese da parte della contribuente, con palese violazione del
relativo diritto sancito dalla Costituzione.
Deve quindi essere dichiarata l'illegittimità totale
delle cartelle esattoriali in contestazione per omessa notifica della
preventiva comunicazione di irregolarità con la conseguente evidente
carenza di motivazione della cartella esattoriale in contestazione.
Si ritiene, infine, vista la natura della controversia,
che nella fattispecie sussistano giusti motivi per poter dichiarare
compensate le spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Accoglie per quanto di ragione l'appello del contribuente
e, per l'effetto, in riforma della sentenza di Primo Grado annulla le
iscrizioni a ruolo in contestazione. Compensa le spese.
|
Note
(1) A tal proposito si riporta il testo
dell’art. 7 dello Statuto del Contribuente rubricato “Chiarezza e
motivazione degli atti”: “1. Gli atti dell'amministrazione
finanziaria sono motivati secondo quanto prescritto dall'articolo 3
della legge 7 agosto 1990, n. 241, concernente la motivazione dei
provvedimenti amministrativi, indicando i presupposti di fatto e le
ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione
dell'amministrazione. Se nella motivazione si fa riferimento ad un altro
atto, questo deve essere allegato all'atto che lo richiama.
2. Gli atti dell'amministrazione finanziaria e dei concessionari della riscossione devono tassativamente indicare:
a) l'ufficio presso il quale e' possibile ottenere
informazioni complete in merito all'atto notificato o comunicato e il
responsabile del procedimento; b) l'organo o l'autorità amministrativa
presso i quali e' possibile promuovere un riesame anche nel merito
dell'atto in sede di autotutela; c) le modalità, il termine, l'organo
giurisdizionale o l'autorità amministrativa cui e' possibile ricorrere
in caso di atti impugnabili.
3. Sul titolo esecutivo va riportato il riferimento
all'eventuale precedente atto di accertamento ovvero, in mancanza, la
motivazione della pretesa tributaria.
4. La natura tributaria dell'atto non preclude il
ricorso agli organi di giustizia amministrativa, quando ne ricorrano i
presupposti.”
(2) Il soppresso art. 7, comma 3 del D. Lgs. 546/1992 così recitava: “E’
sempre data alle Commissioni Tributarie la facoltà di ordinare alle
parti il deposito di documenti ritenuti necessari per la decisione
della controversia.”
(3) Anche se, a contrario, si può
ritenere che i giudici tributari abbiano la possibilità di richiedere
ulteriore documentazione – seppur nei limiti dei fatti dedotti dalle
parti – ai sensi degli artt. 210 e 213 c.p.c..
(4) Si veda anche la sentenza CTR Lazio n. 6 del 28/01/2003, laddove è stato affermato che: “…la
natura perentoria del termine previsto dall’art. 25 del DPR 602/73 può
ricavarsi anche da elementi testuali e di principio generale. In
conformità a questi ultimi deve rilevarsi che i termini di decadenza
devono ritenersi di stretta interpretazione soprattutto nell’ambito del
diritto pubblico, caratterizzato dalla presenza di poteri il cui
esercizio non è libero, ma sottoposto dalla legge ai limiti diretti a
garantire il soddisfacimento di finalità di carattere istituzionale.
Peraltro, quand’anche un termine possa essere considerato ordinatorio,
scatterebbe la previsione dell’art. 153 C.p.c. e l’eventuale proroga
dovrebbe essere concessa e richiesta prima dell’estinzione del termine
originario, diventando, in mancanza, il termine stesso di fatto
perentorio. Da un punto di vista testuale la natura cogente del termine
recato dall’art. 25 del D.P.R. 602/73 può ricavarsi ex adverso dalle
modifiche intervenute nella stesura dello stesso, che possono ritenersi
effettuate anche sulla pressione dei concessionari della riscossione,
coscienti delle difficoltà insite nel ristretto termine concesso.
Infatti con due successivi interventi legislativi, dapprima il termine
fu ampliato a 4 mesi dal D. Lgs. 46/1999 e poi definitivamente
soppresso dal D. Lgs. 193/2001. Deve quindi ritenersi, per il principio
del tempus regit actum, che il termine previsto dal suddetto art. 25
avesse quindi carattere sicuramente cogente e perentorio”.
(5) Si veda la Sent. Cassazione, Sez.
tributaria, 30 novembre 2005, n. 26105. A rigore, con la sentenza n.
280/2005 l'illegittimità dell'art. 25 avrebbe dovuto travolgere tutte
le procedure svoltesi in assenza di un termine decadenziale, con
annullamento di tutte le cartelle e possibilità di rinnovo solo per
quelle ancora legittimamente emanabili dopo la sentenza. In realtà,
secondo la Cassazione (che ricostruisce in modo convincente il percorso
logico e la portata del dispositivo della sentenza 280), la Corte
costituzionale ha impostato la sua declaratoria di incostituzionalità
sulla premessa che un termine non potesse mai mancare, espressamente
invitando il legislatore a stabilire, ora per allora, un termine
compatibile con le indicazioni di ragionevolezza tracciate nella
sentenza. In sostanza, un sistema in cui manchino termini per la
notifica non dà luogo ad una lacuna che inficia i procedimenti ad esso
ispirati, ma evidenzia un assurdo giuridico cui necessariamente va
posto rimedio, recuperando ex post la scansione temporale vincolante.
(6) Si rinvia al punto 4.2 della citata sentenza 280.
(7) Per un approfondimento si rinvia a “Dubbi sulla disciplina transitoria conseguente alla riforma dei termini di notifica della cartella di pagamento” di Basilavecchia M. in Rivista di Giurisprudenza Tributaria n. 2 /2006, pag. 121.
(8) Si veda F. Tesauro, Istituzioni di Diritto Tributario, Parte Generale, UTET Milano, 2006, pag. 191 e ss.
(9) Per un approfondimento si rinvia al
D. Lgs 241 del 9 luglio 1997, alla Circolare n. 100 del 18 maggio 2000
e n. 68 del 16 luglio 2001. A proposito delle modifiche introdotte dal
D. Lgs. 241/97 si rinvia a P. Coppola, La liquidazione dell’imposta dovuta ed il controllo formale della dichiarazione” in Rassegna Tributaria, 1997, pg. 1475 ed S. Rinaldi, Profili ricostruttivi della liquidazione d’imposta, Trieste, 2000 pag. 203 e ss..
(10) Cfr. l’art. 28 della L. 449/1997
che chiarisce la natura ordinatoria e non perentoria di tale termine,
con norma di interpretazione autentica. Si veda anche R. Lupi, op.
cit., pag. 132 che precisa: “I termini previsti dagli artt. 36 bis e
36 ter per velocizzare le operazioni di liquidazione, in modo da
lasciare tempi adeguati per i successivi controlli di merito non sono
dettati a favore del contribuente, ma della sollecitudine dell’attività
amministrativa: il contribuente potrà quindi lamentare solo la
violazione dei termini di notifica della iscrizione a ruolo
eventualmente disposta a seguito dei controlli ex artt. 36 bis e 36 ter”.
(11) A tal proposito R. Lupi, op. cit, pag. 131 chiarisce che: “Le
richieste di cui all’art. 36 ter danno luogo ad una <comunicazione
> analoga a quella che abbiamo descritto per il 36 bis e sul cui
valore giuridico sussistono le stesse perplessità di inquadramento come
atto impugnabile ovvero come mera comunicazione preliminare, con
preferenza per questa seconda soluzione”.
(12) Autorevole dottrina si è espressa in merito. Tra gli altri, si legga Capolupo S. in “Manuale dell’Accertamento”, Ipsoa Editore, 2003, pag. 2136 e ss., Grippa Salvetti M.A., Lo Statuto dei diritti del contribuente tra valore formale e portata interpretativa, in Rass. trib. n. 5/2004, p. 1719; Lombardi S., Statuto dei diritti del contribuente e teoria delle fonti, in Riv. Dir. Trib. n. 2/2005, p. 165; Marino G., Lo Statuto dei diritti del contribuente a cinque anni dalla sua istituzione, in Rass. Trib. n. 2/2006, p. 460; Marongiu G., Lo Statuto dei diritti del contribuente nella quinquennale esperienza giurisprudenziale, in Dir. e pr. trib. n.5/2005, p. 1007; Marongiu G., La produzione di norme tributarie e l’elusione dei principi costituzionali, in Riv. dir. trib. n. 9/2006, p. 589 e da ultimo R. Perrone Capano, Illusionismo
finanziario e crisi della democrazia parlamentare tra aumento della
spesa pubblica, crescita dissimulata delle imposte e relativi tesoretti
virtualiin Innovazione e Diritto n. 6/2007.
(13) Si riporta il testo della L. 212/2000, art. 6, comma 5: “Prima
di procedere alle iscrizioni a ruolo derivanti dalla liquidazione di
tributi risultanti da dichiarazioni, qualora sussistano incertezze su
aspetti rilevanti della dichiarazione, l'amministrazione finanziaria
deve invitare il contribuente, a mezzo del servizio postale o con mezzi
telematici, a fornire i chiarimenti necessari o a produrre i documenti
mancanti entro un termine congruo e comunque non inferiore a trenta
giorni dalla ricezione della richiesta. La disposizione si applica
anche qualora, a seguito della liquidazione, emerga la spettanza di un
minor rimborso di imposta rispetto a quello richiesto. La disposizione
non si applica nell'ipotesi di iscrizione a ruolo di tributi per i
quali il contribuente non e' tenuto ad effettuare il versamento
diretto. Sono nulli i provvedimenti emessi in violazione delle
disposizioni di cui al presente comma”.
(14) Capolupo S., Manuale dell’accertamento delle imposte, IPSOA, 2003, pag 205; Orlandi Cantucci A. “Interpretazione autentica dell’art. 36 bis del DPR 600/73” in Il Fisco, 1998, n. 6, pag. 2033.
(15) Cfr. la Sent. CTC, Sez. I del 9
febbraio 1989, n. 1025 in Boll. Trib. n. 8/1990, pag. 624 laddove si
sosteneva che la liquidazione delle imposte dovute in base alle
dichiarazioni ex art. 36 bis è stata inserita nel nostro ordinamento
per consentire agli uffici di determinare l’importo delle imposte
dirette ed esigerne il pagamento senza prima avvisare il contribuente in
alcuni casi tassativamente indicati, senza procedere all’accertamento
dell’esistenza o della consistenza di valori imponibili.
Conseguentemente, nessuna motivazione è richiesta per siffatta
liquidazione, come affermato dalla Corte Costituzionale che
nell’ordinanza n. 430 del 1988 riteneva infondato il dubbio di
legittimità costituzionale dell’art. 36 bis in relazione agli artt. 3,
24, 53 e 113 Cost..
(16) Si veda la Sent. Cass., sez. 1, del 15.09.99 n. 9818 di cui si riporta la massima “La
previsione dell'art. 36 bis, secondo comma, del D.P.R. n. 600 del
1973, introdotta dall'art. 2 del D.P.R. 24 dicembre 1976, n. 920 allo
scopo di rendere possibile la più sollecita correzione da parte
dell'Ufficio, degli errori individuabili nella dichiarazione sulla
scorta di un mero controllo formale, ha carattere eccezionale, e non
tollera applicazione estensiva a ipotesi diverse da quelle
tassativamente indicate dal legislatore. Perciò a tale strumento non può
fare ricorso l'Amministrazione ogniqualvolta sia necessario procedere,
al di là del mero riscontro cartolare, ad attività di valutazione
giuridica ai fini dell'interpretazione del dato normativo, della
qualificazione di fatti o di rapporti fiscalmente rilevanti, della
soluzione di questioni di imponibilità o di deducibilità o relative
all'applicabilità di norme di esenzione o di agevolazione” e da ultimola Sent. Cass. del 11-06-2007, n. 13581
(17) Vedasi G. Palumbo “Effetti Giuridici della omessa comunicazione di irregolarità” in Fisco Oggi del 19.09.2007.
(18) Infatti, il comma 3 dell’art. 36
bis – pur sempre norma sostanziale di disciplina della fattispecie – in
caso di omissione della comunicazione non prevede alcuna sanzione di
nullità degli atti. Si riporta il testo: “3. Quando dai
controlli automatici eseguiti emerge un risultato diverso rispetto a
quello indicato nella dichiarazione, ovvero dai controlli eseguiti
dall'ufficio, ai sensi del comma 2-bis, emerge un'imposta o una
maggiore imposta, l' esito della liquidazione è comunicato al
contribuente o al sostituto d' imposta per evitare la reiterazione di
errori e per consentire la regolarizzazione degli aspetti formali.
Qualora a seguito della comunicazione il contribuente o il sostituto di
imposta rilevi eventuali dati o elementi non considerati o valutati
erroneamente nella liquidazione dei tributi, lo stesso può fornire i
chiarimenti necessari all'amministrazione finanziaria entro i trenta
giorni successivi al ricevimento della comunicazione.”
(19) La Cassazione già nel 2001 (Sent.
n. 4760 del 30-03-2001) aveva stabilito che il citato articolo 6,
inquadrato nella enunciazione di cui all'articolo 1 secondo il quale le
disposizioni dello Statuto costituiscono principi generali
dell'ordinamento tributario, tendenti ad attuare gli articoli 3, 23, 53
e 97 della Costituzione, assume un inequivocabile valore
interpretativo perché si tratta di un “principio che deve aiutare
l'interprete a ricavare dalle norme il senso che le renda compatibili
con i principi costituzionali citati”.
(20) Si tenga presente che la Cassazione con Sent. n. 1648 del 20.08.04 ha affermato che “la
dichiarazione tributaria è atto attuativo della legge tributaria e
produce di per sé un effetto di liquidazione delle imposta, rispetto al
quale l’eventuale ulteriore liquidazione dell’Ufficio, a seguito del
potere di accertamento formale automatizzato ex art. 36 bis del DPR
600/73, non innova se non per la correzione degli errori materiali e di
calcolo, tant’è vero che il comma 4 dello stesso articolo adotta il
principio dell’imputazione diretta della liquidazione al dichiarante.”.
(21) In tal senso, vedasi anche la Sent. CTP di Salerno n. 8 del 19.02.2005.
di Alessandro Saccone
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