Cassazione sentenza n. 15652 del 21 giugno 2013 – Impugnazione della cartella di pagamento
CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 21 giungo 2013, n. 15652
Tributi – Riscossione – Cartella esattoriale – Impugnazione per vizi propri della cartella – Limiti
Svolgimento del processo
S. G. proponeva ricorso dinanzi alla CTP
di Caserta avverso la cartella esattoriale con la quale il Servizio di
Riscossione Tributi di Caserta gli aveva intimato, in virtù di
iscrizione a ruolo, il pagamento della somma di euro 10.860,43, dovuta –
a titolo di IRPEF, ILOR ed interessi – in seguito a decisione della CTR
Campania, che, in riforma della sentenza di primo grado, aveva
confermato la legittimità dei relativi avvisi di accertamento
concernente gli anni 1990 e 1991.
A sostegno del ricorso assumeva che,
dopo la sentenza di primo grado che aveva annullato entrambi gli avvisi,
non aveva avuto alcuna notizia di un presunto appello dell’Ufficio
avverso detta sentenza.
L’adita CTP accoglieva il ricorso,
rilevando che la cartolina di ricevimento della raccomandata, con la
quale l’Ufficio aveva assunto di avere spedito l’atto di appello presso
il procuratore rag. A. B., recava una firma non riconducibile al detto
procuratore.
Con sentenza depositata il 7-11-2005 la
CTR Campania accoglieva l’appello dell’Ufficio; in particolare la CTR
rilevava, in conformità con precedente statuizione della S.C., che, nel
caso (quale quello di specie) di notifica effettuata presso lo studio
del professionista presso il quale il contribuente aveva eletto
domicilio, si doveva presumere che la persona che aveva ricevuto l’atto
fosse abilitata alla ricezione; in ordine alle sanzioni evidenziava che
l’Ufficio aveva proceduto per tutte le violazioni riscontrate ed aveva
applicato il principio del favor rei.
Avverso detta sentenza proponeva ricorso
per Cassazione il contribuente, affidato a tre motivi; resisteva
l’Agenzia con controricorso.
Motivi della decisione
Con il primo motivo il contribuente,
deducendo violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli
artt. 16, 20 e 53 d. Igs 546/92, nonché dell’art. 141 cpc e dell’art. 7
L. 890/82, ribadiva che la cartolina di ricevimento della raccomandata,
con la quale l’Ufficio aveva assunto di avere spedito l’atto di appello
presso il procuratore rag. A. B., recava una firma non riconducibile al
detto procuratore, sicché, alla stregua delle predette norme, essendo
stata eseguita la consegna a persona non identificabile e senza
l’attestazione della qualifica della detta persona, la notifica
dell’atto di appello doveva essere dichiarata nulla.
Con il secondo motivo il contribuente,
deducendo omessa, insufficiente e contradditoria motivazione, si doleva
che la CTR aveva affermato la sussistenza della presunzione di cui sopra
senza fornire al riguardo una pur mima motivazione.
Con il terzo motivo il contribuente,
deducendo violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli
artt. 3 e 12 d.lgs 472/97, rilevava che l’Ufficio, in sede di iscrizione
a ruolo, non aveva provveduto al ricalcolo delle sanzioni irrogate
negli avvisi di accertamento, ed aveva erroneamente determinato le
stesse, senza considerare che il predetto art. 12 prevedeva la
determinazione di una sanzione unica e che il su menzionato art. 3
stabiliva il principio del favor rei.
Il primo motivo è inammissibile, con conseguente assorbimento del secondo.
Come è noto, invero, la cartella
esattoriale è impugnabile solo per vizi propri e non per vizi dell’atto
da cui nasce il debito alla fonte dell’iscrizione a ruolo e della
cartella, eccettuati i casi in cui solo attraverso la cartella il
contribuente venga a conoscenza della pretesa impositiva e dell’atto con
cui è stata accertata. Una siffatta eccezione non trova però spazio
quando il debito (come nel caso in esame) sia fondato su provvedimenti
giudiziari, i quali debbono essere impugnati con gli specifici strumenti
previsti dalla norme processuali (nella specie, con l’impugnazione
tardiva ex art. 38, comma 3, d.lgs 546/92), e non possono essere
contestati attraverso un ricorso dinanzi al giudice di primo grado
avverso la cartella esattoriale (in senso conf. v. Cass. 21477/2004 e
Cass. 16641/2011).
Siffatto rilievo non consente a questa
Corte di entrare nel merito del motivo medesimo, che, pertanto, come
detto, va dichiarato inammissibile.
Il terzo motivo è infondato.
Rileva questa Corte che la CTR ha
espressamente affermato che l’Ufficio ha proceduto per tutte le
violazioni riscontrate ed ha applicato il favor rei di cui alle su
menzionate disposizioni, sicché nessuna violazione e falsa applicazione
può ritenersi verificata nel caso di specie; di conseguenza, non essendo
stato dedotto alcun vizio motivazionale, il motivo, come detto, va
rigettato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna il
ricorrente al pagamento dei compensi di lite relativi al presente
giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi euro 2.200,00,
oltre spese prenotate a debito.
Avviso di accertamento firmato non dal dirigente: se manca la delega è nullo
17 giugno 2013 DI Redazione | 1.802 letture
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