Annullata la cartella di pagamento notificata al contribuente oltre i termini di decadenza
18 Marzo 2013 09:56:04
INTITOLAZIONE:
Riscossione - Ruolo - Termini per l’iscrizione e notifica della relativa cartella di pagamento a seguito dei controlli previsti dall’art. 36-bis del D.P.R. n. 600/1973 e dell’art 54-bis del D.P.R. n. 633/1972 – Termine stabilito dall’art. 25 del D.P.R. n. 602/1973 - Perentorietà - Sussistenza - Conseguenze - Decadenza dell’azione da parte dell’Ufficio.
ANNOTAZIONI:
Per quanto riguarda la riscossione da parte delle Concessionarie, è bene ricordare che nel contesto tributario l’esecuzione forzata, come l’ipoteca o l’espropriazione, si atteggia come una misura cautelare conservativa strumentalmente e dunque soggetta all'applicazione non solo della disposizione dell' art. 77 del DPR n. 602/1973 ( Espropriazione immobiliare) ma anche dei precetti consacrati negli artt. 49 e seguenti ( Espropriazione forzata – Disposizioni Generali).
L' ipoteca, infatti, sebbene non sia un atto di espropriazione forzata in senso stretto, rimane comunque un provvedimento funzionale alla fase esecutiva.
Come giustamente osservato dalle Sezioni Unite della Suprema Corte, (sent. Cass. SSUU n. 2053 del 31.01.2006), l' iscrizione d' ipoteca - equiparabile al fermo amministrativo - "è preordinata all'espropriazione ".Tali procedure esecutive, così come stabilito dal recente articolo 7, comma 2, lettera gg-decies, della Legge n. 106/2011, disposizione normativa preceduta dalla Corte di cassazione, Sezioni unite civili-Sentenza 22 febbraio 2010, n. 4077 e Commissione Tributaria di Cosenza, Sez. 1 Sent. n. 429/01/2007 depositata il 05/11/2007, non potranno rendersi più operative nei confronti del ricorrente, in quanto l’importo dovuto è inferiore a otto mila euro.
Al riguardo, infatti, la Legge n. 106/2011 ha previsto la sospensione dell’esecuzione forzata per un periodo di centottanta giorni dall’affidamento in carico agli agenti della riscossione degli atti.
Relativamente, invece, alla legittimità della cartella di pagamento impugnata, perché sia valida a seguito della liquidazione delle imposte ai sensi dell’art. 36-bis del D.P.R. n. 600/1973 e dell’art. 54-bis del D.P.R. n. 633/1972, occorre che, nei termini di decadenza ex art. 25 del D.P.R. n. 602/1973, non solo l’Amministrazione finanziaria abbia formato il ruolo, ma che anche la relativa cartella di pagamento, «incorporante» il ruolo, sia stata legalmente notificata al contribuente.
Con il primo aspetto sopra descritto, relativo all’esecuzione forzata, la CTP di Messina ha sospeso l’esecutiva della riscossione della cartella di pagamento, mentre sul merito della legittimità, ha annullato la cartella di pagamento consolidando l’orientamento consolidato della giurisprudenza di merito.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Fatto
1.1 Con ricorso depositato in data 30 marzo 2012, il ricorrente, difeso dal Dott. Antonio Cogode, tributarista di Messina, ha impugnato la cartella di pagamento n. 295 2011 00041699 43 notificata in data 09/01/2012 dall’agente di riscossione Serit Sicilia SpA (società partecipata di Equitalia) per l’anno d’imposta 2007.
1.2 Con la cartella, emessa ai sensi dell’art. 36-bis del D.P.R. n. 600/1973 e dell’art. 54-bis del D.P.R. n. 633/1972, in seguito al controllo automatizzato della dichiarazione Mod. Unico 2008 relativo all’anno di imposta 2007, la Serit Sicilia SpA, aveva intimato il pagamento totale di € 3.801,58 di cui € 413,54 per iscrizione a ruolo di Irpef e Addizionali; € 25,08 per compensi di riscossione e diritti di notifica della concessionaria ed € 3.362,96 richiesti dall’ente impositore (Agenzia delle Entrate) per sanzioni civili.
2.1 Il ricorrente, in via cautelativa, si è opposto alla riscossione coattiva richiedendone la sospensione per violazione dell’art.7, comma 2, lettera gg.decis, della legge n.106/2011.
2.2 La Serit Sicilia SpA non si è costituita in giudizio.
2.3 La commissione dell’ottava sezione, dopo aver avvisato le parti sulla trattazione di pubblica udienza avvenuta in data 08/11/2012, ha emesso il dispositivo di ordinanza n.336/08/12 depositato l’8/11/2012 e riportante il seguente testo: “ (…) Sospende l’esecuzione dell’atto impugnato (…)”
Diritto
3.1 Il ricorrente si è opposto alla cartella impugnata sulla base dei seguenti motivi di diritto: assenza di partecipazioni azionarie nella controllante Equitalia; Mancato invio della comunicazione prevista dall’art.6 comma 5 della legge 212/2000; omessa indicazione della data di consegna del ruolo e violazione dell’art.25 DPR 602/1973; sottoscrizione della cartella da parte di soggetti non legittimati (equivalente ad omessa sottoscrizione); Inesistenza della notifica inviata per posta senza l’ausilio di soggetti abilitati; decadenza dei termini di notifica della cartella.
3.2 Per quanto riguarda quest’ultimo punto, il ricorrente ha eccepito la nullità della cartella di pagamento impugnata per decadenza dei termini di riscossione, non essendo stato il suo ruolo portato ad effettiva conoscenza del contribuente mediante la notifica entro il termine previsto dall’art. 25, comma 1, lett. a, del D.P.R. n. 602/1973, in conformità al principio della «conoscenza degli atti» di cui all’art. 6, comma 1, della legge n.212/2000 (Statuto dei diritti del contribuente).
Motivazione
4.1 Ha rilevato il Collegio che in materia di Imposte sul reddito, l’articolo 25 del D.P.R. n.602/1973, così come modificato dal Decreto Legge del 17 giugno 2005, n.106, articolo 1, com,ma 5 ter, prevede che la cartella esattoriale deve essere notificata, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre:
PQM
Si è accolto il ricorso e si è condannata la la SERIT SICILIA SPA alle spese del giudizio che si sono quantificati forfettariamente in € 300,00.
NOTE FINALI
La sentenza che si è annotata, come accennato in precedenza, ha fatto seguito a precedenti giudizi (anch’essi conformi), in riferimento ai termini di notifica della cartella di pagamento sui controlli cosiddetti “automatizzati”, previsti dall’art. 36-bis del D.P.R. n. 600/1973 e dell’art. 54-bis del D.P.R. n. 633/1972.
A ciò va aggiunto che una diversa interpretazione del termine stabilito dall’art. 25 del D.P.R. n. 602/1973 violerebbe ineluttabilmente tutta una serie di principi costituzionalmente garantiti, abbandonando il contribuente all’indefinita soggezione dell’Amministrazione finanziaria.
La sentenza emessa dai giudici messinesi, pertanto, è conforme a quelle precedenti che hanno ben argomentato le esigenze di certezza del diritto, di definitività del rapporto tributario e non da ultimo il rispetto del diritto di difesa del contribuente.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE
DI MESSINA
riunita con l’intervento dei Signori: SEZIONE 8
□ RENDE MARIO Presidente e Relatore REG.GENERALE
□ GIACOPONELLO MARIA GABRIELLA Giudice N.1867/12
□ STURNIOLO SANTI Giudice UDIENZA DEL
31/01/2013 ore 09:00
SENTENZA
N.163/8/13
PRONUNCIATA
31/1/13
DEPOSITATA IN
SEGRETERIA IL 28/2/13
ha emesso la seguente
SENTENZA
- sul ricorso n.1867/12 Il Segretario
depositato il 30/03/2012
IL SEGRETARIO DI SEZIONE
Nicolò ZANGHI’
- avverso CARTELLA DI PAGAMENTO n° 295 2011 0004 1699 43 IRPEF-ALTRO 2007
contro: AGENTE DI RISCOSSIONE MESSINA RISCOSSIONE SICILIA S.P.A.
proposto dal ricorrente:
****
difeso da:
COGODE ANTONIO
VIA MALVIZZI 4 98122 MESSINA ME
Il ricorrente sig. Cucè Benigno Impugna la cartella di pagamento, meglio indicata in epigrafe, recante l’iscrizione a ruolo di € 432,77 omesso pagamento, IRPEF e ADDIZ. Scaturente dal controllo automatico ex 36 bis DPR 600/73 della dichiarazione dei redditi per l’anno d’imposta 2007.
Oppone l’illegittimità della cartella impugnata per i seguenti motivi:
la carenza di legittimazione della SERIT SICILIA SPA a procedere alla riscossione dei tributi perché non ha partecipazioni azionarie nella controllante; Mancato invio della comunicazione previsto dall’art.6 comma 5 legge 212/2000; omessa indicazione della data di consegna del ruolo e violazione dell’art.25 DPR 602773; omessa sottoscrizione autografa dl responsabile del procedimento (La cartella reca solo il nome del responsabile in stampigliature; inesistenza della notifica inviata per posta, senza l’ausilio di soggetti abilitati; decadenza dei termini di notifica; nullità della cartella per decadenza dei termini di notifica
la SERIT SICILIA SPA non si è costituita.
MOTIVI
Rileva il collegio che in materia di Imposte sul reddito, l’articolo 25 del D.P.R. n.602/1973, così come modificato dal Decreto Legge del 17 giugno 2005, n.106, articolo 1, comma 5 ter, prevede che la cartella esattoriale deve essere notificata, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre:
PQM
Si accoglie il ricorso e si condanna la la SERIT SICILIA SPA alle spese del giudizio che si quantificano forfettariamente in € 300,00
IL PRESIDENTE RELATORE.
Riscossione - Ruolo - Termini per l’iscrizione e notifica della relativa cartella di pagamento a seguito dei controlli previsti dall’art. 36-bis del D.P.R. n. 600/1973 e dell’art 54-bis del D.P.R. n. 633/1972 – Termine stabilito dall’art. 25 del D.P.R. n. 602/1973 - Perentorietà - Sussistenza - Conseguenze - Decadenza dell’azione da parte dell’Ufficio.
ANNOTAZIONI:
Per quanto riguarda la riscossione da parte delle Concessionarie, è bene ricordare che nel contesto tributario l’esecuzione forzata, come l’ipoteca o l’espropriazione, si atteggia come una misura cautelare conservativa strumentalmente e dunque soggetta all'applicazione non solo della disposizione dell' art. 77 del DPR n. 602/1973 ( Espropriazione immobiliare) ma anche dei precetti consacrati negli artt. 49 e seguenti ( Espropriazione forzata – Disposizioni Generali).
L' ipoteca, infatti, sebbene non sia un atto di espropriazione forzata in senso stretto, rimane comunque un provvedimento funzionale alla fase esecutiva.
Come giustamente osservato dalle Sezioni Unite della Suprema Corte, (sent. Cass. SSUU n. 2053 del 31.01.2006), l' iscrizione d' ipoteca - equiparabile al fermo amministrativo - "è preordinata all'espropriazione ".Tali procedure esecutive, così come stabilito dal recente articolo 7, comma 2, lettera gg-decies, della Legge n. 106/2011, disposizione normativa preceduta dalla Corte di cassazione, Sezioni unite civili-Sentenza 22 febbraio 2010, n. 4077 e Commissione Tributaria di Cosenza, Sez. 1 Sent. n. 429/01/2007 depositata il 05/11/2007, non potranno rendersi più operative nei confronti del ricorrente, in quanto l’importo dovuto è inferiore a otto mila euro.
Al riguardo, infatti, la Legge n. 106/2011 ha previsto la sospensione dell’esecuzione forzata per un periodo di centottanta giorni dall’affidamento in carico agli agenti della riscossione degli atti.
Relativamente, invece, alla legittimità della cartella di pagamento impugnata, perché sia valida a seguito della liquidazione delle imposte ai sensi dell’art. 36-bis del D.P.R. n. 600/1973 e dell’art. 54-bis del D.P.R. n. 633/1972, occorre che, nei termini di decadenza ex art. 25 del D.P.R. n. 602/1973, non solo l’Amministrazione finanziaria abbia formato il ruolo, ma che anche la relativa cartella di pagamento, «incorporante» il ruolo, sia stata legalmente notificata al contribuente.
Con il primo aspetto sopra descritto, relativo all’esecuzione forzata, la CTP di Messina ha sospeso l’esecutiva della riscossione della cartella di pagamento, mentre sul merito della legittimità, ha annullato la cartella di pagamento consolidando l’orientamento consolidato della giurisprudenza di merito.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Fatto
1.1 Con ricorso depositato in data 30 marzo 2012, il ricorrente, difeso dal Dott. Antonio Cogode, tributarista di Messina, ha impugnato la cartella di pagamento n. 295 2011 00041699 43 notificata in data 09/01/2012 dall’agente di riscossione Serit Sicilia SpA (società partecipata di Equitalia) per l’anno d’imposta 2007.
1.2 Con la cartella, emessa ai sensi dell’art. 36-bis del D.P.R. n. 600/1973 e dell’art. 54-bis del D.P.R. n. 633/1972, in seguito al controllo automatizzato della dichiarazione Mod. Unico 2008 relativo all’anno di imposta 2007, la Serit Sicilia SpA, aveva intimato il pagamento totale di € 3.801,58 di cui € 413,54 per iscrizione a ruolo di Irpef e Addizionali; € 25,08 per compensi di riscossione e diritti di notifica della concessionaria ed € 3.362,96 richiesti dall’ente impositore (Agenzia delle Entrate) per sanzioni civili.
2.1 Il ricorrente, in via cautelativa, si è opposto alla riscossione coattiva richiedendone la sospensione per violazione dell’art.7, comma 2, lettera gg.decis, della legge n.106/2011.
2.2 La Serit Sicilia SpA non si è costituita in giudizio.
2.3 La commissione dell’ottava sezione, dopo aver avvisato le parti sulla trattazione di pubblica udienza avvenuta in data 08/11/2012, ha emesso il dispositivo di ordinanza n.336/08/12 depositato l’8/11/2012 e riportante il seguente testo: “ (…) Sospende l’esecuzione dell’atto impugnato (…)”
Diritto
3.1 Il ricorrente si è opposto alla cartella impugnata sulla base dei seguenti motivi di diritto: assenza di partecipazioni azionarie nella controllante Equitalia; Mancato invio della comunicazione prevista dall’art.6 comma 5 della legge 212/2000; omessa indicazione della data di consegna del ruolo e violazione dell’art.25 DPR 602/1973; sottoscrizione della cartella da parte di soggetti non legittimati (equivalente ad omessa sottoscrizione); Inesistenza della notifica inviata per posta senza l’ausilio di soggetti abilitati; decadenza dei termini di notifica della cartella.
3.2 Per quanto riguarda quest’ultimo punto, il ricorrente ha eccepito la nullità della cartella di pagamento impugnata per decadenza dei termini di riscossione, non essendo stato il suo ruolo portato ad effettiva conoscenza del contribuente mediante la notifica entro il termine previsto dall’art. 25, comma 1, lett. a, del D.P.R. n. 602/1973, in conformità al principio della «conoscenza degli atti» di cui all’art. 6, comma 1, della legge n.212/2000 (Statuto dei diritti del contribuente).
Motivazione
4.1 Ha rilevato il Collegio che in materia di Imposte sul reddito, l’articolo 25 del D.P.R. n.602/1973, così come modificato dal Decreto Legge del 17 giugno 2005, n.106, articolo 1, com,ma 5 ter, prevede che la cartella esattoriale deve essere notificata, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre:
- del terzo anno successivo a quello di
presentazione della dichiarazione, ovvero a quello di scadenza del
versamento dell’unica o ultima rata se il termine per il versamento
delle somme risultanti dalla dichiarazione scade oltre il 31 dicembre
dell’anno in cui la dichiarazione è presentata, per le somme che
risultano dovute a seguito dell’attività di liquidazione prevista
dall’articolo 36 bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, nonché del
quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione del
sostituto d’imposta per le somme che risultano dovute ai sensi degli
articoli 19 e 20 del testo unico di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 22 dicembre 1986, n.917;
- del quarto anno
successivo a quello di presentazione della dichiarazione, per le somme
che risultano dovute a seguito dell’attività di controllo formale
prevista dall’articolo 36 ter del citato D.P.R. n.600 del 1973;
- del
secondo anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto
definitivo, per le somme dovute in base agli accertamenti dell’ufficio.
PQM
Si è accolto il ricorso e si è condannata la la SERIT SICILIA SPA alle spese del giudizio che si sono quantificati forfettariamente in € 300,00.
NOTE FINALI
La sentenza che si è annotata, come accennato in precedenza, ha fatto seguito a precedenti giudizi (anch’essi conformi), in riferimento ai termini di notifica della cartella di pagamento sui controlli cosiddetti “automatizzati”, previsti dall’art. 36-bis del D.P.R. n. 600/1973 e dell’art. 54-bis del D.P.R. n. 633/1972.
A ciò va aggiunto che una diversa interpretazione del termine stabilito dall’art. 25 del D.P.R. n. 602/1973 violerebbe ineluttabilmente tutta una serie di principi costituzionalmente garantiti, abbandonando il contribuente all’indefinita soggezione dell’Amministrazione finanziaria.
La sentenza emessa dai giudici messinesi, pertanto, è conforme a quelle precedenti che hanno ben argomentato le esigenze di certezza del diritto, di definitività del rapporto tributario e non da ultimo il rispetto del diritto di difesa del contribuente.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE
DI MESSINA
riunita con l’intervento dei Signori: SEZIONE 8
□ RENDE MARIO Presidente e Relatore REG.GENERALE
□ GIACOPONELLO MARIA GABRIELLA Giudice N.1867/12
□ STURNIOLO SANTI Giudice UDIENZA DEL
31/01/2013 ore 09:00
SENTENZA
N.163/8/13
PRONUNCIATA
31/1/13
DEPOSITATA IN
SEGRETERIA IL 28/2/13
ha emesso la seguente
SENTENZA
- sul ricorso n.1867/12 Il Segretario
depositato il 30/03/2012
IL SEGRETARIO DI SEZIONE
Nicolò ZANGHI’
- avverso CARTELLA DI PAGAMENTO n° 295 2011 0004 1699 43 IRPEF-ALTRO 2007
contro: AGENTE DI RISCOSSIONE MESSINA RISCOSSIONE SICILIA S.P.A.
proposto dal ricorrente:
****
difeso da:
COGODE ANTONIO
VIA MALVIZZI 4 98122 MESSINA ME
Il ricorrente sig. Cucè Benigno Impugna la cartella di pagamento, meglio indicata in epigrafe, recante l’iscrizione a ruolo di € 432,77 omesso pagamento, IRPEF e ADDIZ. Scaturente dal controllo automatico ex 36 bis DPR 600/73 della dichiarazione dei redditi per l’anno d’imposta 2007.
Oppone l’illegittimità della cartella impugnata per i seguenti motivi:
la carenza di legittimazione della SERIT SICILIA SPA a procedere alla riscossione dei tributi perché non ha partecipazioni azionarie nella controllante; Mancato invio della comunicazione previsto dall’art.6 comma 5 legge 212/2000; omessa indicazione della data di consegna del ruolo e violazione dell’art.25 DPR 602773; omessa sottoscrizione autografa dl responsabile del procedimento (La cartella reca solo il nome del responsabile in stampigliature; inesistenza della notifica inviata per posta, senza l’ausilio di soggetti abilitati; decadenza dei termini di notifica; nullità della cartella per decadenza dei termini di notifica
la SERIT SICILIA SPA non si è costituita.
MOTIVI
Rileva il collegio che in materia di Imposte sul reddito, l’articolo 25 del D.P.R. n.602/1973, così come modificato dal Decreto Legge del 17 giugno 2005, n.106, articolo 1, comma 5 ter, prevede che la cartella esattoriale deve essere notificata, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre:
- del terzo anno successivo a quello di
presentazione della dichiarazione, ovvero a quello di scadenza del
versamento dell’unica o ultima rata se il termine per il versamento
delle somme risultanti dalla dichiarazione scade oltre il 31 dicembre
dell’anno in cui la dichiarazione è presentata, per le somme che
risultano dovute a seguito dell’attività di liquidazione prevista
dall’articolo 36 bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, nonché del
quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione del
sostituto d’imposta per le somme che risultano dovute ai sensi degli
articoli 19 e 20 del testo unico di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 22 dicembre 1986, n.917;
- del quarto anno
successivo a quello di presentazione della dichiarazione, per le somme
che risultano dovute a seguito dell’attività di controllo formale
prevista dall’articolo 36 ter del citato D.P.R. n.600 del 1973;
- del
secondo anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto
definitivo, per le somme dovute in base agli accertamenti dell’ufficio.
PQM
Si accoglie il ricorso e si condanna la la SERIT SICILIA SPA alle spese del giudizio che si quantificano forfettariamente in € 300,00
IL PRESIDENTE RELATORE.
Esistono una serie di vizi che possono comportare la nullità della
cartella di pagamento: essi, quindi, giustificano un ricorso al giudice
da parte del contribuente per ottenere l’annullamento dell’atto
notificatogli.
Come però abbiamo già ricordato in due precedenti articoli (Riscossione e accertamento immediatamente esecutivo e Che fare se arriva un avviso di accertamento?), la proposizione del ricorso è comunque subordinata al pagamento di 1/3 dell’imposta: per cui, nonostante l’impugnazione, una parte della cartella va pagata ugualmente.
La cartella di pagamento può essere impugnata solo per vizi propri e non per vizi riguardanti il precedente atto impositivo (per es., l’accertamento dell’Agenzia delle Entrate, un verbale Inps, la liquidazione delle imposte da parte del Comune, e così via). Dunque, si possono impugnare solo i vizi formali, che attengono proprio alla richiesta in sé di pagamento da parte di Equitalia e non i vizi dell’atto originario da cui nasce il debito.
Il contribuente che voglia impugnare i vizi del precedente accertamento lo può fare solo impugnando quel primo atto, altrimenti decade da tale possibilità e l’accertamento diventa definitivo [1]. A tale regola fanno eccezione – come vedremo più avanti – solo gli atti con cui il contribuente venga a conoscenza della pretesa impositiva, per la prima volta, proprio attraverso la notifica della cartella esattoriale [2].
Errori di calcolo
Rientrano comunque tra i vizi “propri” del ruolo e della cartella gli errori di calcolo dell’imposta iscritta a ruolo come quelli che potrebbero derivare da un errore materiale o un errore di calcolo che l’Ufficio potrebbe aver compiuto in sede di iscrizione a ruolo delle somme (al riguardo, pertanto, bisogna confrontare le singole leggi d’imposta che disciplinano le varie categorie di iscrizione a ruolo).
Difetto di motivazione
Per individuare i vizi del ruolo e della cartella che possono comportarne la nullità, bisogna conoscere gli elementi essenziali di tali atti.
1) Il ruolo deve indicare:
- codice fiscale del contribuente;
- la specie del ruolo;
- la data in cui il ruolo diverrà definitivo;
- il riferimento all’eventuale precedente atto di accertamento o, in mancanza, la motivazione – anche sintetica – della pretesa.
Se mancano tali indicazioni, non si può procedere all’iscrizione a ruolo [3].
2) La cartella (o l’avviso di accertamento) deve indicare:
- il riferimento all’eventuale precedente atto di accertamento o, in mancanza, la motivazione della pretesa tributaria [4].
Senza questa indicazione, infatti, per il contribuente sarebbe assai difficile comprendere le ragioni della pretesa di Equitalia e si violerebbe l’obbligo della chiarezza e motivazione degli atti impositivi, obbligo sancito dalla legge [5].
L’ente impositore, pertanto, ha sempre l’obbligo di chiarire nella cartella esattoriale, sia pure succintamente, le ragioni dell’iscrizione a ruolo, in modo da consentire al contribuente l’esercizio della difesa.
Tali indicazioni possono consistere nell’indicazione della mera causale o nella motivazione vera e propria [6]. Bisogna insomma indicare il tipo di violazione addebitata e le causali dei singoli importi richiesti.
L’Amministrazione non si può limitare a indicare soltanto il tipo dell’imposta iscritta a ruolo e l’importo ad essa corrispondente. Occorre invece, a pena di nullità della cartella, indicare dati e circostanze che hanno fatto sorgere l’obbligo in capo al contribuente, e le norme relative [7].
Motivazione per richiamo di altri atti
L’obbligo di motivazione può essere adempiuto se l’Amministrazione richiama precedenti atti del procedimento, già comunicati al contribuente e, in particolare, il verbale di accertamento [8]. Questa tecnica è valida solo a condizione che tali atti siano stati correttamente notificati al cittadino; diversamente, infatti, non avrebbe senso richiamare, nella motivazione, dei provvedimenti di cui il destinatario non ha mai preso conoscenza.
Quindi è sempre bene, una volta ricevuta una cartella di pagamento, verificare che gli atti su cui essa è fondata e che vengono richiamati all’interno della cartella (quale giustificazione della stessa) siano stati ricevuti con una notifica regolare.
Se invece non vi è mai stato un precedente atto o avviso di accertamento o di liquidazione, allora la cartella esattoriale deve contenere una dettagliata motivazione della pretesa, per consentire al contribuente il necessario controllo sulla correttezza della pretesa impositiva [9].
Senza, del resto, tali chiarimenti nella cartella, non avrebbe neanche senso consentire al contribuente un termine di 60 giorni per scegliere se pagare la cartella o presentare un ricorso al giudice: termine che gli viene evidentemente concesso proprio perché egli possa predisporre le proprie difese. Ma come potrebbe difendersi da una richiesta di cui non conosce la motivazione?
Pertanto, la cartella priva dell’indicazione degli elementi identificativi della pretesa va annullata: è questo l’orientamento di numerosi tribunali [10]. Gli importi richiesti dall’Amministrazione devono essere comprensibili e consentire al contribuente la possibilità di una rapida verifica sull’esattezza dei dati e calcoli forniti dall’ufficio [11].
Non spetta al cittadino, dunque, pervenire alla ricostruzione della pretesa impositiva attraverso operazioni interpretative condotte sulla base di elementi offerti in forma criptica nella cartella [12].
L’obbligo della motivazione diventa particolarmente pregnante nel caso di cartella di pagamento derivante da liquidazione automatica o da controllo formale. Infatti, in tali casi, la cartella è il primo e unico atto notificato al contribuente, non essendovi stato alcun avviso di accertamento. Pertanto la cartella deve contenere “un chiaro riferimento alla natura e ai motivi della pretesa” [13]. Sarebbe nulla una cartella da cui non si evinca quali atti siano stati portati a riscossione o quando gli estremi dei provvedimenti relativi alle iscrizioni a ruolo siano errati.
Senza l’indicazione della motivazione la cartella di pagamento è nulla.
[1] Cass. sent. n. 1434 del 25.01.2006; Cass. sent. n. 21477 del 11.11.2004; Cass. sent. n. 17937 del 06.09.2004; Cass. sent. n. 6029 del 24.04.2002.
[2] Cass. sent. n. 23184 del 16.11.2005; Cass. sent. n. 21477/2004; Cass. sent. n. 3231/2005.
[3] Art. 12, comma 3, DPR 602/73.
[4] Art. 7, comma, 3, L. n. 212/2000.
[5] Art. 7, l. n. 212/2000. Cass. sent. n. 18415 del 16.09.2005.
[6] Cass. sent. n. 18415 del 16.09.2005; Cass. sent. n. 15638 del 12.08.2004; Cass. sent. n. 17947 del 6.09.2004.
[7] Così Perrucci, in Riscossione sempre più travagliata, in Boll. Trib. n. 14/2001.
[8] Cass. setn. N. 19209 del 8.09.2010.
[9] Cass. sent. n. 11722 del 14.05.20120.
[10] Comm. Trib. Torino, sent. n. 38 del 24.09.2008.
[11] Comm. Trib. Torino, sent. n. 42 del 25.09.2008.
[12] Comm. Trib. Prov. Avellino, sent. del 17.03.2008.
[13] Cass. sent. n. 18415/2005. Per un contrario orientamento confronta Cass. sent. n. 26671/2009. Secondo quest’ultima, al contrario dell’orientamento riportato nell’articolo, “nel caso di mera liquidazione dell’imposta sulla base dei dati forniti dal contribuente nella propria dichiarazione, nonché qualora vengano richiesti interessi e sovratasse per ritardato od omesso pagamento, il contribuente si trova già nella condizione di conoscere i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa fiscale, con l’effetto che l’onere di motivazione può considerarsi assolto dall’Ufficio mediante mero richiamo alla dichiarazione medesima”.
- See more at: http://www.laleggepertutti.it/18280_equitalia-e-vizi-della-cartella-esattoriale-1-motivazione#sthash.qWB83WT6.dpuf
Come però abbiamo già ricordato in due precedenti articoli (Riscossione e accertamento immediatamente esecutivo e Che fare se arriva un avviso di accertamento?), la proposizione del ricorso è comunque subordinata al pagamento di 1/3 dell’imposta: per cui, nonostante l’impugnazione, una parte della cartella va pagata ugualmente.
La cartella di pagamento può essere impugnata solo per vizi propri e non per vizi riguardanti il precedente atto impositivo (per es., l’accertamento dell’Agenzia delle Entrate, un verbale Inps, la liquidazione delle imposte da parte del Comune, e così via). Dunque, si possono impugnare solo i vizi formali, che attengono proprio alla richiesta in sé di pagamento da parte di Equitalia e non i vizi dell’atto originario da cui nasce il debito.
Il contribuente che voglia impugnare i vizi del precedente accertamento lo può fare solo impugnando quel primo atto, altrimenti decade da tale possibilità e l’accertamento diventa definitivo [1]. A tale regola fanno eccezione – come vedremo più avanti – solo gli atti con cui il contribuente venga a conoscenza della pretesa impositiva, per la prima volta, proprio attraverso la notifica della cartella esattoriale [2].
Errori di calcolo
Rientrano comunque tra i vizi “propri” del ruolo e della cartella gli errori di calcolo dell’imposta iscritta a ruolo come quelli che potrebbero derivare da un errore materiale o un errore di calcolo che l’Ufficio potrebbe aver compiuto in sede di iscrizione a ruolo delle somme (al riguardo, pertanto, bisogna confrontare le singole leggi d’imposta che disciplinano le varie categorie di iscrizione a ruolo).
Difetto di motivazione
Per individuare i vizi del ruolo e della cartella che possono comportarne la nullità, bisogna conoscere gli elementi essenziali di tali atti.
1) Il ruolo deve indicare:
- codice fiscale del contribuente;
- la specie del ruolo;
- la data in cui il ruolo diverrà definitivo;
- il riferimento all’eventuale precedente atto di accertamento o, in mancanza, la motivazione – anche sintetica – della pretesa.
Se mancano tali indicazioni, non si può procedere all’iscrizione a ruolo [3].
2) La cartella (o l’avviso di accertamento) deve indicare:
- il riferimento all’eventuale precedente atto di accertamento o, in mancanza, la motivazione della pretesa tributaria [4].
Senza questa indicazione, infatti, per il contribuente sarebbe assai difficile comprendere le ragioni della pretesa di Equitalia e si violerebbe l’obbligo della chiarezza e motivazione degli atti impositivi, obbligo sancito dalla legge [5].
L’ente impositore, pertanto, ha sempre l’obbligo di chiarire nella cartella esattoriale, sia pure succintamente, le ragioni dell’iscrizione a ruolo, in modo da consentire al contribuente l’esercizio della difesa.
Tali indicazioni possono consistere nell’indicazione della mera causale o nella motivazione vera e propria [6]. Bisogna insomma indicare il tipo di violazione addebitata e le causali dei singoli importi richiesti.
L’Amministrazione non si può limitare a indicare soltanto il tipo dell’imposta iscritta a ruolo e l’importo ad essa corrispondente. Occorre invece, a pena di nullità della cartella, indicare dati e circostanze che hanno fatto sorgere l’obbligo in capo al contribuente, e le norme relative [7].
Motivazione per richiamo di altri atti
L’obbligo di motivazione può essere adempiuto se l’Amministrazione richiama precedenti atti del procedimento, già comunicati al contribuente e, in particolare, il verbale di accertamento [8]. Questa tecnica è valida solo a condizione che tali atti siano stati correttamente notificati al cittadino; diversamente, infatti, non avrebbe senso richiamare, nella motivazione, dei provvedimenti di cui il destinatario non ha mai preso conoscenza.
Quindi è sempre bene, una volta ricevuta una cartella di pagamento, verificare che gli atti su cui essa è fondata e che vengono richiamati all’interno della cartella (quale giustificazione della stessa) siano stati ricevuti con una notifica regolare.
Se invece non vi è mai stato un precedente atto o avviso di accertamento o di liquidazione, allora la cartella esattoriale deve contenere una dettagliata motivazione della pretesa, per consentire al contribuente il necessario controllo sulla correttezza della pretesa impositiva [9].
Senza, del resto, tali chiarimenti nella cartella, non avrebbe neanche senso consentire al contribuente un termine di 60 giorni per scegliere se pagare la cartella o presentare un ricorso al giudice: termine che gli viene evidentemente concesso proprio perché egli possa predisporre le proprie difese. Ma come potrebbe difendersi da una richiesta di cui non conosce la motivazione?
Pertanto, la cartella priva dell’indicazione degli elementi identificativi della pretesa va annullata: è questo l’orientamento di numerosi tribunali [10]. Gli importi richiesti dall’Amministrazione devono essere comprensibili e consentire al contribuente la possibilità di una rapida verifica sull’esattezza dei dati e calcoli forniti dall’ufficio [11].
Non spetta al cittadino, dunque, pervenire alla ricostruzione della pretesa impositiva attraverso operazioni interpretative condotte sulla base di elementi offerti in forma criptica nella cartella [12].
L’obbligo della motivazione diventa particolarmente pregnante nel caso di cartella di pagamento derivante da liquidazione automatica o da controllo formale. Infatti, in tali casi, la cartella è il primo e unico atto notificato al contribuente, non essendovi stato alcun avviso di accertamento. Pertanto la cartella deve contenere “un chiaro riferimento alla natura e ai motivi della pretesa” [13]. Sarebbe nulla una cartella da cui non si evinca quali atti siano stati portati a riscossione o quando gli estremi dei provvedimenti relativi alle iscrizioni a ruolo siano errati.
Senza l’indicazione della motivazione la cartella di pagamento è nulla.
[1] Cass. sent. n. 1434 del 25.01.2006; Cass. sent. n. 21477 del 11.11.2004; Cass. sent. n. 17937 del 06.09.2004; Cass. sent. n. 6029 del 24.04.2002.
[2] Cass. sent. n. 23184 del 16.11.2005; Cass. sent. n. 21477/2004; Cass. sent. n. 3231/2005.
[3] Art. 12, comma 3, DPR 602/73.
[4] Art. 7, comma, 3, L. n. 212/2000.
[5] Art. 7, l. n. 212/2000. Cass. sent. n. 18415 del 16.09.2005.
[6] Cass. sent. n. 18415 del 16.09.2005; Cass. sent. n. 15638 del 12.08.2004; Cass. sent. n. 17947 del 6.09.2004.
[7] Così Perrucci, in Riscossione sempre più travagliata, in Boll. Trib. n. 14/2001.
[8] Cass. setn. N. 19209 del 8.09.2010.
[9] Cass. sent. n. 11722 del 14.05.20120.
[10] Comm. Trib. Torino, sent. n. 38 del 24.09.2008.
[11] Comm. Trib. Torino, sent. n. 42 del 25.09.2008.
[12] Comm. Trib. Prov. Avellino, sent. del 17.03.2008.
[13] Cass. sent. n. 18415/2005. Per un contrario orientamento confronta Cass. sent. n. 26671/2009. Secondo quest’ultima, al contrario dell’orientamento riportato nell’articolo, “nel caso di mera liquidazione dell’imposta sulla base dei dati forniti dal contribuente nella propria dichiarazione, nonché qualora vengano richiesti interessi e sovratasse per ritardato od omesso pagamento, il contribuente si trova già nella condizione di conoscere i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa fiscale, con l’effetto che l’onere di motivazione può considerarsi assolto dall’Ufficio mediante mero richiamo alla dichiarazione medesima”.
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Esistono una serie di vizi che possono comportare la nullità della
cartella di pagamento: essi, quindi, giustificano un ricorso al giudice
da parte del contribuente per ottenere l’annullamento dell’atto
notificatogli.
Come però abbiamo già ricordato in due precedenti articoli (Riscossione e accertamento immediatamente esecutivo e Che fare se arriva un avviso di accertamento?), la proposizione del ricorso è comunque subordinata al pagamento di 1/3 dell’imposta: per cui, nonostante l’impugnazione, una parte della cartella va pagata ugualmente.
La cartella di pagamento può essere impugnata solo per vizi propri e non per vizi riguardanti il precedente atto impositivo (per es., l’accertamento dell’Agenzia delle Entrate, un verbale Inps, la liquidazione delle imposte da parte del Comune, e così via). Dunque, si possono impugnare solo i vizi formali, che attengono proprio alla richiesta in sé di pagamento da parte di Equitalia e non i vizi dell’atto originario da cui nasce il debito.
Il contribuente che voglia impugnare i vizi del precedente accertamento lo può fare solo impugnando quel primo atto, altrimenti decade da tale possibilità e l’accertamento diventa definitivo [1]. A tale regola fanno eccezione – come vedremo più avanti – solo gli atti con cui il contribuente venga a conoscenza della pretesa impositiva, per la prima volta, proprio attraverso la notifica della cartella esattoriale [2].
Errori di calcolo
Rientrano comunque tra i vizi “propri” del ruolo e della cartella gli errori di calcolo dell’imposta iscritta a ruolo come quelli che potrebbero derivare da un errore materiale o un errore di calcolo che l’Ufficio potrebbe aver compiuto in sede di iscrizione a ruolo delle somme (al riguardo, pertanto, bisogna confrontare le singole leggi d’imposta che disciplinano le varie categorie di iscrizione a ruolo).
Difetto di motivazione
Per individuare i vizi del ruolo e della cartella che possono comportarne la nullità, bisogna conoscere gli elementi essenziali di tali atti.
1) Il ruolo deve indicare:
- codice fiscale del contribuente;
- la specie del ruolo;
- la data in cui il ruolo diverrà definitivo;
- il riferimento all’eventuale precedente atto di accertamento o, in mancanza, la motivazione – anche sintetica – della pretesa.
Se mancano tali indicazioni, non si può procedere all’iscrizione a ruolo [3].
2) La cartella (o l’avviso di accertamento) deve indicare:
- il riferimento all’eventuale precedente atto di accertamento o, in mancanza, la motivazione della pretesa tributaria [4].
Senza questa indicazione, infatti, per il contribuente sarebbe assai difficile comprendere le ragioni della pretesa di Equitalia e si violerebbe l’obbligo della chiarezza e motivazione degli atti impositivi, obbligo sancito dalla legge [5].
L’ente impositore, pertanto, ha sempre l’obbligo di chiarire nella cartella esattoriale, sia pure succintamente, le ragioni dell’iscrizione a ruolo, in modo da consentire al contribuente l’esercizio della difesa.
Tali indicazioni possono consistere nell’indicazione della mera causale o nella motivazione vera e propria [6]. Bisogna insomma indicare il tipo di violazione addebitata e le causali dei singoli importi richiesti.
L’Amministrazione non si può limitare a indicare soltanto il tipo dell’imposta iscritta a ruolo e l’importo ad essa corrispondente. Occorre invece, a pena di nullità della cartella, indicare dati e circostanze che hanno fatto sorgere l’obbligo in capo al contribuente, e le norme relative [7].
Motivazione per richiamo di altri atti
L’obbligo di motivazione può essere adempiuto se l’Amministrazione richiama precedenti atti del procedimento, già comunicati al contribuente e, in particolare, il verbale di accertamento [8]. Questa tecnica è valida solo a condizione che tali atti siano stati correttamente notificati al cittadino; diversamente, infatti, non avrebbe senso richiamare, nella motivazione, dei provvedimenti di cui il destinatario non ha mai preso conoscenza.
Quindi è sempre bene, una volta ricevuta una cartella di pagamento, verificare che gli atti su cui essa è fondata e che vengono richiamati all’interno della cartella (quale giustificazione della stessa) siano stati ricevuti con una notifica regolare.
Se invece non vi è mai stato un precedente atto o avviso di accertamento o di liquidazione, allora la cartella esattoriale deve contenere una dettagliata motivazione della pretesa, per consentire al contribuente il necessario controllo sulla correttezza della pretesa impositiva [9].
Senza, del resto, tali chiarimenti nella cartella, non avrebbe neanche senso consentire al contribuente un termine di 60 giorni per scegliere se pagare la cartella o presentare un ricorso al giudice: termine che gli viene evidentemente concesso proprio perché egli possa predisporre le proprie difese. Ma come potrebbe difendersi da una richiesta di cui non conosce la motivazione?
Pertanto, la cartella priva dell’indicazione degli elementi identificativi della pretesa va annullata: è questo l’orientamento di numerosi tribunali [10]. Gli importi richiesti dall’Amministrazione devono essere comprensibili e consentire al contribuente la possibilità di una rapida verifica sull’esattezza dei dati e calcoli forniti dall’ufficio [11].
Non spetta al cittadino, dunque, pervenire alla ricostruzione della pretesa impositiva attraverso operazioni interpretative condotte sulla base di elementi offerti in forma criptica nella cartella [12].
L’obbligo della motivazione diventa particolarmente pregnante nel caso di cartella di pagamento derivante da liquidazione automatica o da controllo formale. Infatti, in tali casi, la cartella è il primo e unico atto notificato al contribuente, non essendovi stato alcun avviso di accertamento. Pertanto la cartella deve contenere “un chiaro riferimento alla natura e ai motivi della pretesa” [13]. Sarebbe nulla una cartella da cui non si evinca quali atti siano stati portati a riscossione o quando gli estremi dei provvedimenti relativi alle iscrizioni a ruolo siano errati.
Senza l’indicazione della motivazione la cartella di pagamento è nulla.
[1] Cass. sent. n. 1434 del 25.01.2006; Cass. sent. n. 21477 del 11.11.2004; Cass. sent. n. 17937 del 06.09.2004; Cass. sent. n. 6029 del 24.04.2002.
[2] Cass. sent. n. 23184 del 16.11.2005; Cass. sent. n. 21477/2004; Cass. sent. n. 3231/2005.
[3] Art. 12, comma 3, DPR 602/73.
[4] Art. 7, comma, 3, L. n. 212/2000.
[5] Art. 7, l. n. 212/2000. Cass. sent. n. 18415 del 16.09.2005.
[6] Cass. sent. n. 18415 del 16.09.2005; Cass. sent. n. 15638 del 12.08.2004; Cass. sent. n. 17947 del 6.09.2004.
[7] Così Perrucci, in Riscossione sempre più travagliata, in Boll. Trib. n. 14/2001.
[8] Cass. setn. N. 19209 del 8.09.2010.
[9] Cass. sent. n. 11722 del 14.05.20120.
[10] Comm. Trib. Torino, sent. n. 38 del 24.09.2008.
[11] Comm. Trib. Torino, sent. n. 42 del 25.09.2008.
[12] Comm. Trib. Prov. Avellino, sent. del 17.03.2008.
[13] Cass. sent. n. 18415/2005. Per un contrario orientamento confronta Cass. sent. n. 26671/2009. Secondo quest’ultima, al contrario dell’orientamento riportato nell’articolo, “nel caso di mera liquidazione dell’imposta sulla base dei dati forniti dal contribuente nella propria dichiarazione, nonché qualora vengano richiesti interessi e sovratasse per ritardato od omesso pagamento, il contribuente si trova già nella condizione di conoscere i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa fiscale, con l’effetto che l’onere di motivazione può considerarsi assolto dall’Ufficio mediante mero richiamo alla dichiarazione medesima”.
- See more at: http://www.laleggepertutti.it/18280_equitalia-e-vizi-della-cartella-esattoriale-1-motivazione#sthash.qWB83WT6.dpuf
Come però abbiamo già ricordato in due precedenti articoli (Riscossione e accertamento immediatamente esecutivo e Che fare se arriva un avviso di accertamento?), la proposizione del ricorso è comunque subordinata al pagamento di 1/3 dell’imposta: per cui, nonostante l’impugnazione, una parte della cartella va pagata ugualmente.
La cartella di pagamento può essere impugnata solo per vizi propri e non per vizi riguardanti il precedente atto impositivo (per es., l’accertamento dell’Agenzia delle Entrate, un verbale Inps, la liquidazione delle imposte da parte del Comune, e così via). Dunque, si possono impugnare solo i vizi formali, che attengono proprio alla richiesta in sé di pagamento da parte di Equitalia e non i vizi dell’atto originario da cui nasce il debito.
Il contribuente che voglia impugnare i vizi del precedente accertamento lo può fare solo impugnando quel primo atto, altrimenti decade da tale possibilità e l’accertamento diventa definitivo [1]. A tale regola fanno eccezione – come vedremo più avanti – solo gli atti con cui il contribuente venga a conoscenza della pretesa impositiva, per la prima volta, proprio attraverso la notifica della cartella esattoriale [2].
Errori di calcolo
Rientrano comunque tra i vizi “propri” del ruolo e della cartella gli errori di calcolo dell’imposta iscritta a ruolo come quelli che potrebbero derivare da un errore materiale o un errore di calcolo che l’Ufficio potrebbe aver compiuto in sede di iscrizione a ruolo delle somme (al riguardo, pertanto, bisogna confrontare le singole leggi d’imposta che disciplinano le varie categorie di iscrizione a ruolo).
Difetto di motivazione
Per individuare i vizi del ruolo e della cartella che possono comportarne la nullità, bisogna conoscere gli elementi essenziali di tali atti.
1) Il ruolo deve indicare:
- codice fiscale del contribuente;
- la specie del ruolo;
- la data in cui il ruolo diverrà definitivo;
- il riferimento all’eventuale precedente atto di accertamento o, in mancanza, la motivazione – anche sintetica – della pretesa.
Se mancano tali indicazioni, non si può procedere all’iscrizione a ruolo [3].
2) La cartella (o l’avviso di accertamento) deve indicare:
- il riferimento all’eventuale precedente atto di accertamento o, in mancanza, la motivazione della pretesa tributaria [4].
Senza questa indicazione, infatti, per il contribuente sarebbe assai difficile comprendere le ragioni della pretesa di Equitalia e si violerebbe l’obbligo della chiarezza e motivazione degli atti impositivi, obbligo sancito dalla legge [5].
L’ente impositore, pertanto, ha sempre l’obbligo di chiarire nella cartella esattoriale, sia pure succintamente, le ragioni dell’iscrizione a ruolo, in modo da consentire al contribuente l’esercizio della difesa.
Tali indicazioni possono consistere nell’indicazione della mera causale o nella motivazione vera e propria [6]. Bisogna insomma indicare il tipo di violazione addebitata e le causali dei singoli importi richiesti.
L’Amministrazione non si può limitare a indicare soltanto il tipo dell’imposta iscritta a ruolo e l’importo ad essa corrispondente. Occorre invece, a pena di nullità della cartella, indicare dati e circostanze che hanno fatto sorgere l’obbligo in capo al contribuente, e le norme relative [7].
Motivazione per richiamo di altri atti
L’obbligo di motivazione può essere adempiuto se l’Amministrazione richiama precedenti atti del procedimento, già comunicati al contribuente e, in particolare, il verbale di accertamento [8]. Questa tecnica è valida solo a condizione che tali atti siano stati correttamente notificati al cittadino; diversamente, infatti, non avrebbe senso richiamare, nella motivazione, dei provvedimenti di cui il destinatario non ha mai preso conoscenza.
Quindi è sempre bene, una volta ricevuta una cartella di pagamento, verificare che gli atti su cui essa è fondata e che vengono richiamati all’interno della cartella (quale giustificazione della stessa) siano stati ricevuti con una notifica regolare.
Se invece non vi è mai stato un precedente atto o avviso di accertamento o di liquidazione, allora la cartella esattoriale deve contenere una dettagliata motivazione della pretesa, per consentire al contribuente il necessario controllo sulla correttezza della pretesa impositiva [9].
Senza, del resto, tali chiarimenti nella cartella, non avrebbe neanche senso consentire al contribuente un termine di 60 giorni per scegliere se pagare la cartella o presentare un ricorso al giudice: termine che gli viene evidentemente concesso proprio perché egli possa predisporre le proprie difese. Ma come potrebbe difendersi da una richiesta di cui non conosce la motivazione?
Pertanto, la cartella priva dell’indicazione degli elementi identificativi della pretesa va annullata: è questo l’orientamento di numerosi tribunali [10]. Gli importi richiesti dall’Amministrazione devono essere comprensibili e consentire al contribuente la possibilità di una rapida verifica sull’esattezza dei dati e calcoli forniti dall’ufficio [11].
Non spetta al cittadino, dunque, pervenire alla ricostruzione della pretesa impositiva attraverso operazioni interpretative condotte sulla base di elementi offerti in forma criptica nella cartella [12].
L’obbligo della motivazione diventa particolarmente pregnante nel caso di cartella di pagamento derivante da liquidazione automatica o da controllo formale. Infatti, in tali casi, la cartella è il primo e unico atto notificato al contribuente, non essendovi stato alcun avviso di accertamento. Pertanto la cartella deve contenere “un chiaro riferimento alla natura e ai motivi della pretesa” [13]. Sarebbe nulla una cartella da cui non si evinca quali atti siano stati portati a riscossione o quando gli estremi dei provvedimenti relativi alle iscrizioni a ruolo siano errati.
Senza l’indicazione della motivazione la cartella di pagamento è nulla.
[1] Cass. sent. n. 1434 del 25.01.2006; Cass. sent. n. 21477 del 11.11.2004; Cass. sent. n. 17937 del 06.09.2004; Cass. sent. n. 6029 del 24.04.2002.
[2] Cass. sent. n. 23184 del 16.11.2005; Cass. sent. n. 21477/2004; Cass. sent. n. 3231/2005.
[3] Art. 12, comma 3, DPR 602/73.
[4] Art. 7, comma, 3, L. n. 212/2000.
[5] Art. 7, l. n. 212/2000. Cass. sent. n. 18415 del 16.09.2005.
[6] Cass. sent. n. 18415 del 16.09.2005; Cass. sent. n. 15638 del 12.08.2004; Cass. sent. n. 17947 del 6.09.2004.
[7] Così Perrucci, in Riscossione sempre più travagliata, in Boll. Trib. n. 14/2001.
[8] Cass. setn. N. 19209 del 8.09.2010.
[9] Cass. sent. n. 11722 del 14.05.20120.
[10] Comm. Trib. Torino, sent. n. 38 del 24.09.2008.
[11] Comm. Trib. Torino, sent. n. 42 del 25.09.2008.
[12] Comm. Trib. Prov. Avellino, sent. del 17.03.2008.
[13] Cass. sent. n. 18415/2005. Per un contrario orientamento confronta Cass. sent. n. 26671/2009. Secondo quest’ultima, al contrario dell’orientamento riportato nell’articolo, “nel caso di mera liquidazione dell’imposta sulla base dei dati forniti dal contribuente nella propria dichiarazione, nonché qualora vengano richiesti interessi e sovratasse per ritardato od omesso pagamento, il contribuente si trova già nella condizione di conoscere i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa fiscale, con l’effetto che l’onere di motivazione può considerarsi assolto dall’Ufficio mediante mero richiamo alla dichiarazione medesima”.
- See more at: http://www.laleggepertutti.it/18280_equitalia-e-vizi-della-cartella-esattoriale-1-motivazione#sthash.qWB83WT6.dpuf
Esistono una serie di vizi che possono comportare la nullità della
cartella di pagamento: essi, quindi, giustificano un ricorso al giudice
da parte del contribuente per ottenere l’annullamento dell’atto
notificatogli.
Come però abbiamo già ricordato in due precedenti articoli (Riscossione e accertamento immediatamente esecutivo e Che fare se arriva un avviso di accertamento?), la proposizione del ricorso è comunque subordinata al pagamento di 1/3 dell’imposta: per cui, nonostante l’impugnazione, una parte della cartella va pagata ugualmente.
La cartella di pagamento può essere impugnata solo per vizi propri e non per vizi riguardanti il precedente atto impositivo (per es., l’accertamento dell’Agenzia delle Entrate, un verbale Inps, la liquidazione delle imposte da parte del Comune, e così via). Dunque, si possono impugnare solo i vizi formali, che attengono proprio alla richiesta in sé di pagamento da parte di Equitalia e non i vizi dell’atto originario da cui nasce il debito.
Il contribuente che voglia impugnare i vizi del precedente accertamento lo può fare solo impugnando quel primo atto, altrimenti decade da tale possibilità e l’accertamento diventa definitivo [1]. A tale regola fanno eccezione – come vedremo più avanti – solo gli atti con cui il contribuente venga a conoscenza della pretesa impositiva, per la prima volta, proprio attraverso la notifica della cartella esattoriale [2].
Errori di calcolo
Rientrano comunque tra i vizi “propri” del ruolo e della cartella gli errori di calcolo dell’imposta iscritta a ruolo come quelli che potrebbero derivare da un errore materiale o un errore di calcolo che l’Ufficio potrebbe aver compiuto in sede di iscrizione a ruolo delle somme (al riguardo, pertanto, bisogna confrontare le singole leggi d’imposta che disciplinano le varie categorie di iscrizione a ruolo).
Difetto di motivazione
Per individuare i vizi del ruolo e della cartella che possono comportarne la nullità, bisogna conoscere gli elementi essenziali di tali atti.
1) Il ruolo deve indicare:
- codice fiscale del contribuente;
- la specie del ruolo;
- la data in cui il ruolo diverrà definitivo;
- il riferimento all’eventuale precedente atto di accertamento o, in mancanza, la motivazione – anche sintetica – della pretesa.
Se mancano tali indicazioni, non si può procedere all’iscrizione a ruolo [3].
2) La cartella (o l’avviso di accertamento) deve indicare:
- il riferimento all’eventuale precedente atto di accertamento o, in mancanza, la motivazione della pretesa tributaria [4].
Senza questa indicazione, infatti, per il contribuente sarebbe assai difficile comprendere le ragioni della pretesa di Equitalia e si violerebbe l’obbligo della chiarezza e motivazione degli atti impositivi, obbligo sancito dalla legge [5].
L’ente impositore, pertanto, ha sempre l’obbligo di chiarire nella cartella esattoriale, sia pure succintamente, le ragioni dell’iscrizione a ruolo, in modo da consentire al contribuente l’esercizio della difesa.
Tali indicazioni possono consistere nell’indicazione della mera causale o nella motivazione vera e propria [6]. Bisogna insomma indicare il tipo di violazione addebitata e le causali dei singoli importi richiesti.
L’Amministrazione non si può limitare a indicare soltanto il tipo dell’imposta iscritta a ruolo e l’importo ad essa corrispondente. Occorre invece, a pena di nullità della cartella, indicare dati e circostanze che hanno fatto sorgere l’obbligo in capo al contribuente, e le norme relative [7].
Motivazione per richiamo di altri atti
L’obbligo di motivazione può essere adempiuto se l’Amministrazione richiama precedenti atti del procedimento, già comunicati al contribuente e, in particolare, il verbale di accertamento [8]. Questa tecnica è valida solo a condizione che tali atti siano stati correttamente notificati al cittadino; diversamente, infatti, non avrebbe senso richiamare, nella motivazione, dei provvedimenti di cui il destinatario non ha mai preso conoscenza.
Quindi è sempre bene, una volta ricevuta una cartella di pagamento, verificare che gli atti su cui essa è fondata e che vengono richiamati all’interno della cartella (quale giustificazione della stessa) siano stati ricevuti con una notifica regolare.
Se invece non vi è mai stato un precedente atto o avviso di accertamento o di liquidazione, allora la cartella esattoriale deve contenere una dettagliata motivazione della pretesa, per consentire al contribuente il necessario controllo sulla correttezza della pretesa impositiva [9].
Senza, del resto, tali chiarimenti nella cartella, non avrebbe neanche senso consentire al contribuente un termine di 60 giorni per scegliere se pagare la cartella o presentare un ricorso al giudice: termine che gli viene evidentemente concesso proprio perché egli possa predisporre le proprie difese. Ma come potrebbe difendersi da una richiesta di cui non conosce la motivazione?
Pertanto, la cartella priva dell’indicazione degli elementi identificativi della pretesa va annullata: è questo l’orientamento di numerosi tribunali [10]. Gli importi richiesti dall’Amministrazione devono essere comprensibili e consentire al contribuente la possibilità di una rapida verifica sull’esattezza dei dati e calcoli forniti dall’ufficio [11].
Non spetta al cittadino, dunque, pervenire alla ricostruzione della pretesa impositiva attraverso operazioni interpretative condotte sulla base di elementi offerti in forma criptica nella cartella [12].
L’obbligo della motivazione diventa particolarmente pregnante nel caso di cartella di pagamento derivante da liquidazione automatica o da controllo formale. Infatti, in tali casi, la cartella è il primo e unico atto notificato al contribuente, non essendovi stato alcun avviso di accertamento. Pertanto la cartella deve contenere “un chiaro riferimento alla natura e ai motivi della pretesa” [13]. Sarebbe nulla una cartella da cui non si evinca quali atti siano stati portati a riscossione o quando gli estremi dei provvedimenti relativi alle iscrizioni a ruolo siano errati.
Senza l’indicazione della motivazione la cartella di pagamento è nulla.
[1] Cass. sent. n. 1434 del 25.01.2006; Cass. sent. n. 21477 del 11.11.2004; Cass. sent. n. 17937 del 06.09.2004; Cass. sent. n. 6029 del 24.04.2002.
[2] Cass. sent. n. 23184 del 16.11.2005; Cass. sent. n. 21477/2004; Cass. sent. n. 3231/2005.
[3] Art. 12, comma 3, DPR 602/73.
[4] Art. 7, comma, 3, L. n. 212/2000.
[5] Art. 7, l. n. 212/2000. Cass. sent. n. 18415 del 16.09.2005.
[6] Cass. sent. n. 18415 del 16.09.2005; Cass. sent. n. 15638 del 12.08.2004; Cass. sent. n. 17947 del 6.09.2004.
[7] Così Perrucci, in Riscossione sempre più travagliata, in Boll. Trib. n. 14/2001.
[8] Cass. setn. N. 19209 del 8.09.2010.
[9] Cass. sent. n. 11722 del 14.05.20120.
[10] Comm. Trib. Torino, sent. n. 38 del 24.09.2008.
[11] Comm. Trib. Torino, sent. n. 42 del 25.09.2008.
[12] Comm. Trib. Prov. Avellino, sent. del 17.03.2008.
[13] Cass. sent. n. 18415/2005. Per un contrario orientamento confronta Cass. sent. n. 26671/2009. Secondo quest’ultima, al contrario dell’orientamento riportato nell’articolo, “nel caso di mera liquidazione dell’imposta sulla base dei dati forniti dal contribuente nella propria dichiarazione, nonché qualora vengano richiesti interessi e sovratasse per ritardato od omesso pagamento, il contribuente si trova già nella condizione di conoscere i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa fiscale, con l’effetto che l’onere di motivazione può considerarsi assolto dall’Ufficio mediante mero richiamo alla dichiarazione medesima”.
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Come però abbiamo già ricordato in due precedenti articoli (Riscossione e accertamento immediatamente esecutivo e Che fare se arriva un avviso di accertamento?), la proposizione del ricorso è comunque subordinata al pagamento di 1/3 dell’imposta: per cui, nonostante l’impugnazione, una parte della cartella va pagata ugualmente.
La cartella di pagamento può essere impugnata solo per vizi propri e non per vizi riguardanti il precedente atto impositivo (per es., l’accertamento dell’Agenzia delle Entrate, un verbale Inps, la liquidazione delle imposte da parte del Comune, e così via). Dunque, si possono impugnare solo i vizi formali, che attengono proprio alla richiesta in sé di pagamento da parte di Equitalia e non i vizi dell’atto originario da cui nasce il debito.
Il contribuente che voglia impugnare i vizi del precedente accertamento lo può fare solo impugnando quel primo atto, altrimenti decade da tale possibilità e l’accertamento diventa definitivo [1]. A tale regola fanno eccezione – come vedremo più avanti – solo gli atti con cui il contribuente venga a conoscenza della pretesa impositiva, per la prima volta, proprio attraverso la notifica della cartella esattoriale [2].
Errori di calcolo
Rientrano comunque tra i vizi “propri” del ruolo e della cartella gli errori di calcolo dell’imposta iscritta a ruolo come quelli che potrebbero derivare da un errore materiale o un errore di calcolo che l’Ufficio potrebbe aver compiuto in sede di iscrizione a ruolo delle somme (al riguardo, pertanto, bisogna confrontare le singole leggi d’imposta che disciplinano le varie categorie di iscrizione a ruolo).
Difetto di motivazione
Per individuare i vizi del ruolo e della cartella che possono comportarne la nullità, bisogna conoscere gli elementi essenziali di tali atti.
1) Il ruolo deve indicare:
- codice fiscale del contribuente;
- la specie del ruolo;
- la data in cui il ruolo diverrà definitivo;
- il riferimento all’eventuale precedente atto di accertamento o, in mancanza, la motivazione – anche sintetica – della pretesa.
Se mancano tali indicazioni, non si può procedere all’iscrizione a ruolo [3].
2) La cartella (o l’avviso di accertamento) deve indicare:
- il riferimento all’eventuale precedente atto di accertamento o, in mancanza, la motivazione della pretesa tributaria [4].
Senza questa indicazione, infatti, per il contribuente sarebbe assai difficile comprendere le ragioni della pretesa di Equitalia e si violerebbe l’obbligo della chiarezza e motivazione degli atti impositivi, obbligo sancito dalla legge [5].
L’ente impositore, pertanto, ha sempre l’obbligo di chiarire nella cartella esattoriale, sia pure succintamente, le ragioni dell’iscrizione a ruolo, in modo da consentire al contribuente l’esercizio della difesa.
Tali indicazioni possono consistere nell’indicazione della mera causale o nella motivazione vera e propria [6]. Bisogna insomma indicare il tipo di violazione addebitata e le causali dei singoli importi richiesti.
L’Amministrazione non si può limitare a indicare soltanto il tipo dell’imposta iscritta a ruolo e l’importo ad essa corrispondente. Occorre invece, a pena di nullità della cartella, indicare dati e circostanze che hanno fatto sorgere l’obbligo in capo al contribuente, e le norme relative [7].
Motivazione per richiamo di altri atti
L’obbligo di motivazione può essere adempiuto se l’Amministrazione richiama precedenti atti del procedimento, già comunicati al contribuente e, in particolare, il verbale di accertamento [8]. Questa tecnica è valida solo a condizione che tali atti siano stati correttamente notificati al cittadino; diversamente, infatti, non avrebbe senso richiamare, nella motivazione, dei provvedimenti di cui il destinatario non ha mai preso conoscenza.
Quindi è sempre bene, una volta ricevuta una cartella di pagamento, verificare che gli atti su cui essa è fondata e che vengono richiamati all’interno della cartella (quale giustificazione della stessa) siano stati ricevuti con una notifica regolare.
Se invece non vi è mai stato un precedente atto o avviso di accertamento o di liquidazione, allora la cartella esattoriale deve contenere una dettagliata motivazione della pretesa, per consentire al contribuente il necessario controllo sulla correttezza della pretesa impositiva [9].
Senza, del resto, tali chiarimenti nella cartella, non avrebbe neanche senso consentire al contribuente un termine di 60 giorni per scegliere se pagare la cartella o presentare un ricorso al giudice: termine che gli viene evidentemente concesso proprio perché egli possa predisporre le proprie difese. Ma come potrebbe difendersi da una richiesta di cui non conosce la motivazione?
Pertanto, la cartella priva dell’indicazione degli elementi identificativi della pretesa va annullata: è questo l’orientamento di numerosi tribunali [10]. Gli importi richiesti dall’Amministrazione devono essere comprensibili e consentire al contribuente la possibilità di una rapida verifica sull’esattezza dei dati e calcoli forniti dall’ufficio [11].
Non spetta al cittadino, dunque, pervenire alla ricostruzione della pretesa impositiva attraverso operazioni interpretative condotte sulla base di elementi offerti in forma criptica nella cartella [12].
L’obbligo della motivazione diventa particolarmente pregnante nel caso di cartella di pagamento derivante da liquidazione automatica o da controllo formale. Infatti, in tali casi, la cartella è il primo e unico atto notificato al contribuente, non essendovi stato alcun avviso di accertamento. Pertanto la cartella deve contenere “un chiaro riferimento alla natura e ai motivi della pretesa” [13]. Sarebbe nulla una cartella da cui non si evinca quali atti siano stati portati a riscossione o quando gli estremi dei provvedimenti relativi alle iscrizioni a ruolo siano errati.
Senza l’indicazione della motivazione la cartella di pagamento è nulla.
[1] Cass. sent. n. 1434 del 25.01.2006; Cass. sent. n. 21477 del 11.11.2004; Cass. sent. n. 17937 del 06.09.2004; Cass. sent. n. 6029 del 24.04.2002.
[2] Cass. sent. n. 23184 del 16.11.2005; Cass. sent. n. 21477/2004; Cass. sent. n. 3231/2005.
[3] Art. 12, comma 3, DPR 602/73.
[4] Art. 7, comma, 3, L. n. 212/2000.
[5] Art. 7, l. n. 212/2000. Cass. sent. n. 18415 del 16.09.2005.
[6] Cass. sent. n. 18415 del 16.09.2005; Cass. sent. n. 15638 del 12.08.2004; Cass. sent. n. 17947 del 6.09.2004.
[7] Così Perrucci, in Riscossione sempre più travagliata, in Boll. Trib. n. 14/2001.
[8] Cass. setn. N. 19209 del 8.09.2010.
[9] Cass. sent. n. 11722 del 14.05.20120.
[10] Comm. Trib. Torino, sent. n. 38 del 24.09.2008.
[11] Comm. Trib. Torino, sent. n. 42 del 25.09.2008.
[12] Comm. Trib. Prov. Avellino, sent. del 17.03.2008.
[13] Cass. sent. n. 18415/2005. Per un contrario orientamento confronta Cass. sent. n. 26671/2009. Secondo quest’ultima, al contrario dell’orientamento riportato nell’articolo, “nel caso di mera liquidazione dell’imposta sulla base dei dati forniti dal contribuente nella propria dichiarazione, nonché qualora vengano richiesti interessi e sovratasse per ritardato od omesso pagamento, il contribuente si trova già nella condizione di conoscere i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa fiscale, con l’effetto che l’onere di motivazione può considerarsi assolto dall’Ufficio mediante mero richiamo alla dichiarazione medesima”.
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