Pratiche Telematiche al Registro Imprese - Agenzia delle Entrate

Attestazione del requisito idoneità finanziaria

ai sensi art 7 Reg. Europeo n. 1071/2009 – art. 7 D. D . 291/2011

Pratiche Telematiche al Registro Imprese - Invio Bilancio
Aggiornamento Consiglio di Amministrazione ed elenco Soci
Variazioni all 'Agenzia delle Entrate
Cessioni di quote di Società Srl
Gestione del contenzioso con l' Agenzia delle Entrate
Ricorsi Tributari

lunedì 14 ottobre 2013

COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE BARI – Sentenza 26 giugno 2013, n. 58


COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE BARI – Sentenza 26 giugno 2013, n. 58

Accertamento – Avviso di accertamento – Motivazione per relationem – Atto richiamato – Conoscibilità da parte del contribuente – Prova fornita dall’Ufficio in giudizio – Legittimità – Sussiste
Fatto
Con ricorso depositato in data 3.3.2009, il sig. V. G. impugnava, innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Bari, l’avviso di accertamento n° 885010702478/2008 notificatogli il 16.12.2008, con cui l’Agenzia delle Entrate – Ufficio di Bari 2 aveva accertato ai fini IRPEF – Addizionale Regionale e Comunale, un reddito imponibile per il periodo d’imposta 2002 pari ad € 27.502,00, in ragione della sua qualità di socio al 5% della società “M. s.a.s. di E.G. & C”, a carico della quale “è stato accertato il reddito d’impresa pari ad € 355.598,00 (accertamento in corso di notifica)”.
Il contribuente eccepiva l’illegittimità dell’atto impugnato per i seguenti – motivi: 1) violazione dell’art. 42 D.P.R. n° 600/73, per omessa allegazione dell’ “accertamento relativo alla predetta società, cui la motivazione fa espresso riferimento”; 2) difetto di motivazione; 3) inesistenza delle presunzioni gravi, precise e concordanti prescritte dall’art. 38 D.P.R. n° 600/73, posto che «nel caso di specie, il presupposto da cui è scaturito l’accertamento in oggetto, ovverosia la presunzione di maggior reddito in capo alla M. s.a.s., è ben lungi dal rispettare quanto previsto dalla norma, dal momento che, alla data della sua emissione, l’accertamento in capo alla società risultava non solo non definitivo, ma addirittura ancora “in corso di notifica”», nonché violazione del divieto del praesumptum de praesumpto; 4) violazione dell’onere della prova da parte dell’Ufficio impositore; 5) violazione e falsa applicazione dell’art. 7 TUIR; 6) violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 4, del D.P.R. n° 600/73, in quanto “avendo il sig. V. percepito, in tale anno, esclusivamente la pensione dall’INPS, su cui è stata operata la relativa ritenuta, lo stesso non era tenuto alla presentazione della dichiarazione dei redditi, in base al disposto dell’articolo – 1, comma 4, indicato in epigrafe”; 7) nullità della sanzione irrogata, in quanto derivata dall’illegittimità dell’accertamento impugnato.
Con atto depositato in data 7.4.2009, l’Agenzia delle Entrate – Ufficio di Bari 2 si costituiva in giudizio, contestava la fondatezza del ricorso e ne chiedeva il rigetto. Con sentenza n° 258/22/09 del 16.11.2009, la Commissione Tributaria Provinciale di Bari accoglieva il ricorso, ritenendo fondata innanzitutto “l’eccezione del ricorrente circa la mancata ricezione dell’atto di accertamento in capo alla società partecipata…. Per conseguenza l’avviso di accertamento non è motivato ed è stato emesso in violazione del diritto di difesa del contribuente in quanto non sono state portate a sua conoscenza le ragioni poste a suo fondamento”.
Avverso tale sentenza, l’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale di Bari proponeva appello innanzi a questa Commissione e rilevava particolarmente «che è prassi degli Uffici dell’Agenzia delle Entrate notificare l’accertamento attinente una società, presso la sede della società, al rappresentante ed ai soci tant ‘è vero che, a pagina 2, l’atto risulta essere debitamente indirizzato al sig. G. E., in qualità di rappresentante legale della s.a.s., sempre al sig. G. E., in qualità di socio della M. ed al sig. V. sempre in qualità di socio. Nel caso in esame è accaduta una circostanza che capita di frequente quando due atti, collegati – tra loro, debbano essere redatti e notificati da Uffici con diversa competenza.
Infatti l’Ufficio di Bari 1 ha notificato gli atti relativi all’accertamento emesso in capo alla società, l’Ufficio di Bari 2 ha notificato l’accertamento per redditi di partecipazione al sig. V.. La diversa tempistica ha voluto che, giunta la segnalazione dell’Ufficio di Bari 1, l’Ufficio di Bari 2 abbia provveduto contestualmente a redigere il proprio atto quando il prodromico non era stato ancora notificato. Proprio questo motivo spiega il perché l’avviso di accertamento notificato al sig. V., in riferimento all’avviso emesso nei confronti della Società, recasse la dizione “in corso di notifica”…. Pertanto, al momento, non era possibile allegare alcunché all’avviso di accertamento per redditi di partecipazione notificato al V. visto che alcun accertamento in capo alla società era stato ancora notificato».
Con atto depositato in data 5.4.2011, il sig. V. G. si costituiva in giudizio ed eccepiva, preliminarmente, l’inammissibilità dell’appello, chiedendo a questa Commissione di verificarne la tempestività; nel merito, contestava la fondatezza dell’appello e ribadiva tutte le considerazioni svolte in prime cure.
Alla pubblica udienza del 29.5.2012, questa Commissione disponeva, con ordinanza n° 23/5/12, l’acquisizione dell’accertamento fatto a carico della società “M. s.a.s. di E.G. & c.” con le relative relate di notifica.
In data 12.6.2012, l’Ufficio appellante depositava memoria integrativa con allegata documentazione.
Alla pubblica udienza del 23.10.2012, la causa veniva introitata per la decisione.
Diritto
Preliminarmente, la Commissione esamina la questione dell’inammissibilità dell’appello eccepita dal contribuente.
Ebbene, dalla documentazione depositata dall’Ufficio all’udienza del 29.5.2012, risulta che l’appello è stato notificato nei termini di legge, essendo stato spedito in data 26.1.2011.
Passando, quindi, all’esame del merito della controversia, la Commissione ritiene che l’appello non sia meritevole di accoglimento.
Come si è rilevato in fatto, con l’avviso di accertamento originariamente impugnato, l’Ufficio ha accertato un maggior reddito imponibile in capo al contribuente, poiché quest’ultimo risultava socio al 5% della società “M. s.a.s. di E.G. & c.”, a carico della quale “è stato accertato il reddito d’impresa pari a € 355.598,00 (accertamento in corso di notifica) imputabile ai fini IRPEF quale reddito di partecipazione ai soci per la quota di propria spettanza sulla base della percentuale di partecipazione”.
Trattasi, dunque, di un atto motivato “per relationem” rispetto all’accertamento “madre” effettuato nei confronti della società, di cui il contribuente era socio al 5%.
La motivazione “per relationem” deve generalmente ritenersi legittima allorquando l’atto richiamato in motivazione sia stato allegato o comunque portato a conoscenza del contribuente oppure quando ne sia stato riprodotto il suo contenuto essenziale.
Nel caso di specie, l’accertamento “madre” relativo alla società è stato meramente richiamato nell’atto de quo – come si è detto sopra – senza essere allegato allo stesso, poiché “non era possibile allegare alcunché all’avviso di accertamento per redditi di partecipazione notificato al V. visto che alcun accertamento in capo alla società era stato ancora notificato” (vedasi Pertanto, questa Commissione ha disposto, con l’ordinanza del 29.5.2012, l’acquisizione agli atti del giudizio dell’accertamento fatto a carico della società “M. s.a.s. di E.G. & c.” con le relative relate di notificazione (posto che, in prime cure, l’Ufficio aveva prodotto il suddetto accertamento sprovvisto delle relate di notifica), al fine di verificare se tale accertamento fosse stato comunque portato a conoscenza del contribuente.
Sennonché, in relazione all’ordinanza suddetta, l’Ufficio ha prodotto in atti l’avviso di accertamento gravato dal contribuente con il ricorso introduttivo del presente giudizio, anziché l’accertamento “madre” così come richiesto con l’ordinanza.
Deve, dunque, concludersi che la motivazione dell’accertamento per cui è causa si fonda su un atto che non è stato portato in alcun modo nella sfera di conoscibilità del contribuente.
Conseguentemente, l’accertamento de quo deve ritenersi illegittimo per difetto di motivazione.
Alla luce delle considerazioni sopra esposte, l’appello deve essere rigettato.
La soccombenza giustifica la condanna dell’appellante al pagamento delle spese di lite, che si liquidano in complessive € 500,00.

P.Q.M.

Definitivamente pronunciando, rigetta l’appello dell’Agenzia delle Entrate e conferma l’impugnata sentenza. Spese a carico dell’appellante che si liquidano in complessive € 500,00.

Nessun commento:

Posta un commento