COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE BARI – Sentenza 26 giugno 2013, n. 58
Accertamento – Avviso di accertamento –
Motivazione per relationem – Atto richiamato – Conoscibilità da parte
del contribuente – Prova fornita dall’Ufficio in giudizio – Legittimità –
Sussiste
Fatto
Con ricorso depositato in data
3.3.2009, il sig. V. G. impugnava, innanzi alla Commissione Tributaria
Provinciale di Bari, l’avviso di accertamento n° 885010702478/2008
notificatogli il 16.12.2008, con cui l’Agenzia delle Entrate – Ufficio
di Bari 2 aveva accertato ai fini IRPEF – Addizionale Regionale e
Comunale, un reddito imponibile per il periodo d’imposta 2002 pari ad €
27.502,00, in ragione della sua qualità di socio al 5% della società “M.
s.a.s. di E.G. & C”, a carico della quale “è stato accertato il
reddito d’impresa pari ad € 355.598,00 (accertamento in corso di
notifica)”.
Il contribuente eccepiva l’illegittimità
dell’atto impugnato per i seguenti – motivi: 1) violazione dell’art. 42
D.P.R. n° 600/73, per omessa allegazione dell’ “accertamento relativo
alla predetta società, cui la motivazione fa espresso riferimento”; 2)
difetto di motivazione; 3) inesistenza delle presunzioni gravi, precise e
concordanti prescritte dall’art. 38 D.P.R. n° 600/73, posto che «nel
caso di specie, il presupposto da cui è scaturito l’accertamento in
oggetto, ovverosia la presunzione di maggior reddito in capo alla M.
s.a.s., è ben lungi dal rispettare quanto previsto dalla norma, dal
momento che, alla data della sua emissione, l’accertamento in capo alla
società risultava non solo non definitivo, ma addirittura ancora “in
corso di notifica”», nonché violazione del divieto del praesumptum de
praesumpto; 4) violazione dell’onere della prova da parte dell’Ufficio
impositore; 5) violazione e falsa applicazione dell’art. 7 TUIR; 6)
violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 4, del D.P.R. n°
600/73, in quanto “avendo il sig. V. percepito, in tale anno,
esclusivamente la pensione dall’INPS, su cui è stata operata la relativa
ritenuta, lo stesso non era tenuto alla presentazione della
dichiarazione dei redditi, in base al disposto dell’articolo – 1, comma
4, indicato in epigrafe”; 7) nullità della sanzione irrogata, in quanto
derivata dall’illegittimità dell’accertamento impugnato.
Con atto depositato in data 7.4.2009,
l’Agenzia delle Entrate – Ufficio di Bari 2 si costituiva in giudizio,
contestava la fondatezza del ricorso e ne chiedeva il rigetto. Con
sentenza n° 258/22/09 del 16.11.2009, la Commissione Tributaria
Provinciale di Bari accoglieva il ricorso, ritenendo fondata
innanzitutto “l’eccezione del ricorrente circa la mancata ricezione
dell’atto di accertamento in capo alla società partecipata…. Per
conseguenza l’avviso di accertamento non è motivato ed è stato emesso in
violazione del diritto di difesa del contribuente in quanto non sono
state portate a sua conoscenza le ragioni poste a suo fondamento”.
Avverso tale sentenza, l’Agenzia delle
Entrate – Direzione Provinciale di Bari proponeva appello innanzi a
questa Commissione e rilevava particolarmente «che è prassi degli Uffici
dell’Agenzia delle Entrate notificare l’accertamento attinente una
società, presso la sede della società, al rappresentante ed ai soci tant
‘è vero che, a pagina 2, l’atto risulta essere debitamente indirizzato
al sig. G. E., in qualità di rappresentante legale della s.a.s., sempre
al sig. G. E., in qualità di socio della M. ed al sig. V. sempre in
qualità di socio. Nel caso in esame è accaduta una circostanza che
capita di frequente quando due atti, collegati – tra loro, debbano
essere redatti e notificati da Uffici con diversa competenza.
Infatti l’Ufficio di Bari 1 ha
notificato gli atti relativi all’accertamento emesso in capo alla
società, l’Ufficio di Bari 2 ha notificato l’accertamento per redditi di
partecipazione al sig. V.. La diversa tempistica ha voluto che, giunta
la segnalazione dell’Ufficio di Bari 1, l’Ufficio di Bari 2 abbia
provveduto contestualmente a redigere il proprio atto quando il
prodromico non era stato ancora notificato. Proprio questo motivo spiega
il perché l’avviso di accertamento notificato al sig. V., in
riferimento all’avviso emesso nei confronti della Società, recasse la
dizione “in corso di notifica”…. Pertanto, al momento, non era possibile
allegare alcunché all’avviso di accertamento per redditi di
partecipazione notificato al V. visto che alcun accertamento in capo
alla società era stato ancora notificato».
Con atto depositato in data 5.4.2011, il
sig. V. G. si costituiva in giudizio ed eccepiva, preliminarmente,
l’inammissibilità dell’appello, chiedendo a questa Commissione di
verificarne la tempestività; nel merito, contestava la fondatezza
dell’appello e ribadiva tutte le considerazioni svolte in prime cure.
Alla pubblica udienza del 29.5.2012,
questa Commissione disponeva, con ordinanza n° 23/5/12, l’acquisizione
dell’accertamento fatto a carico della società “M. s.a.s. di E.G. &
c.” con le relative relate di notifica.
In data 12.6.2012, l’Ufficio appellante depositava memoria integrativa con allegata documentazione.
Alla pubblica udienza del 23.10.2012, la causa veniva introitata per la decisione.
Diritto
Preliminarmente, la Commissione esamina la questione dell’inammissibilità dell’appello eccepita dal contribuente.
Ebbene, dalla documentazione depositata
dall’Ufficio all’udienza del 29.5.2012, risulta che l’appello è stato
notificato nei termini di legge, essendo stato spedito in data
26.1.2011.
Passando, quindi, all’esame del merito
della controversia, la Commissione ritiene che l’appello non sia
meritevole di accoglimento.
Come si è rilevato in fatto, con
l’avviso di accertamento originariamente impugnato, l’Ufficio ha
accertato un maggior reddito imponibile in capo al contribuente, poiché
quest’ultimo risultava socio al 5% della società “M. s.a.s. di E.G.
& c.”, a carico della quale “è stato accertato il reddito d’impresa
pari a € 355.598,00 (accertamento in corso di notifica) imputabile ai
fini IRPEF quale reddito di partecipazione ai soci per la quota di
propria spettanza sulla base della percentuale di partecipazione”.
Trattasi, dunque, di un atto motivato
“per relationem” rispetto all’accertamento “madre” effettuato nei
confronti della società, di cui il contribuente era socio al 5%.
La motivazione “per relationem” deve
generalmente ritenersi legittima allorquando l’atto richiamato in
motivazione sia stato allegato o comunque portato a conoscenza del
contribuente oppure quando ne sia stato riprodotto il suo contenuto
essenziale.
Nel caso di specie, l’accertamento
“madre” relativo alla società è stato meramente richiamato nell’atto de
quo – come si è detto sopra – senza essere allegato allo stesso, poiché
“non era possibile allegare alcunché all’avviso di accertamento per
redditi di partecipazione notificato al V. visto che alcun accertamento
in capo alla società era stato ancora notificato” (vedasi Pertanto,
questa Commissione ha disposto, con l’ordinanza del 29.5.2012,
l’acquisizione agli atti del giudizio dell’accertamento fatto a carico
della società “M. s.a.s. di E.G. & c.” con le relative relate di
notificazione (posto che, in prime cure, l’Ufficio aveva prodotto il
suddetto accertamento sprovvisto delle relate di notifica), al fine di
verificare se tale accertamento fosse stato comunque portato a
conoscenza del contribuente.
Sennonché, in relazione all’ordinanza
suddetta, l’Ufficio ha prodotto in atti l’avviso di accertamento gravato
dal contribuente con il ricorso introduttivo del presente giudizio,
anziché l’accertamento “madre” così come richiesto con l’ordinanza.
Deve, dunque, concludersi che la
motivazione dell’accertamento per cui è causa si fonda su un atto che
non è stato portato in alcun modo nella sfera di conoscibilità del
contribuente.
Conseguentemente, l’accertamento de quo deve ritenersi illegittimo per difetto di motivazione.
Alla luce delle considerazioni sopra esposte, l’appello deve essere rigettato.
La soccombenza giustifica la condanna
dell’appellante al pagamento delle spese di lite, che si liquidano in
complessive € 500,00.
P.Q.M.
Definitivamente pronunciando, rigetta
l’appello dell’Agenzia delle Entrate e conferma l’impugnata sentenza.
Spese a carico dell’appellante che si liquidano in complessive € 500,00.
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