L’accertamento
analitico-induttivo deve essere supportato da elementi di prova
connotati da gravità, precisione e concordanza. Incombe
all’Amministrazione Finanziaria dimostrare la fondatezza della propria
pretesa e, inoltre, se la parte contribuente è un’impresa che opera nel
settore della ceramica, non basta l’“argillometro” per determinare il
maggiore imponibile, qualora il calcolo effettuato dall’Ufficio sia
viziato da errori metodologici.
CTR Emilia Romagna. È quanto si ricava dalla sentenza 52/10/2014 della Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna.
L’argillometro. La controversia ha riguardato un avviso di accertamento per l’anno d’imposta 2004 notificato a una società consolidata, esercente attività di produzione di mattonelle in ceramica. Con tale avviso, l’Agenzia delle Entrare ha contestato maggiori ricavi sulla base all’utilizzazione di argilla. Infatti, nel corso di una verifica, gli agenti del Fisco determinavano la maggiore produzione/vendita di mattonelle con riferimento alla quantità di materia prima (l’argilla, appunto) scaricata nel magazzino e trasferita al reparto di produzione.
La società ha impugnato la pretesa fiscale eccependo, per quanto qui interessa, gli errori metodologici commessi dall’Ufficio nella ricostruzione dei maggiori ricavi, posto che il calcolo non teneva conto degli scarti di argilla. L’adita CTP di Reggio Emilia ha accolto il ricorso. Da qui l’appello dell’Amministrazione Finanziaria che ha insistito per la bontà del proprio operato, posto che da un riscontro analitico della contabilità era emerso uno scarto di argilla superiore al 50 per cento rispetto a tutta quella lavorata.
Ebbene, la Commissione Regionale dell’Emilia Romagna ha ritenuto meritevole di conferma il verdetto di primo grado favorevole alla società poiché l’accertamento analitico-induttivo non si è basato su “presunzioni gravi, precise e concordanti” tali da costituire prove valide a sostegno della rettifica che invece ha mostrato incongruenze. In particolare la CTR ha rilevato che gli accertatori avrebbero dovuto dimostrare analiticamente la fondatezza, dunque la correttezza dei calcoli effettuati, non ricorrendo a una presunzione astratta di evasione sulla base di un unico dato (scarto di materia prima superiore al 50 per cento) ritenuto eccessivo.
Condanna alle spese. Il rigetto dell’appello prodotto dall’Ufficio Finanziario ha determinato la sua condanna al pagamento delle spese del giudizio, quantificate dalla CTR emiliana in euro 1.500 oltre accessori di legge.
CTR Emilia Romagna. È quanto si ricava dalla sentenza 52/10/2014 della Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna.
L’argillometro. La controversia ha riguardato un avviso di accertamento per l’anno d’imposta 2004 notificato a una società consolidata, esercente attività di produzione di mattonelle in ceramica. Con tale avviso, l’Agenzia delle Entrare ha contestato maggiori ricavi sulla base all’utilizzazione di argilla. Infatti, nel corso di una verifica, gli agenti del Fisco determinavano la maggiore produzione/vendita di mattonelle con riferimento alla quantità di materia prima (l’argilla, appunto) scaricata nel magazzino e trasferita al reparto di produzione.
La società ha impugnato la pretesa fiscale eccependo, per quanto qui interessa, gli errori metodologici commessi dall’Ufficio nella ricostruzione dei maggiori ricavi, posto che il calcolo non teneva conto degli scarti di argilla. L’adita CTP di Reggio Emilia ha accolto il ricorso. Da qui l’appello dell’Amministrazione Finanziaria che ha insistito per la bontà del proprio operato, posto che da un riscontro analitico della contabilità era emerso uno scarto di argilla superiore al 50 per cento rispetto a tutta quella lavorata.
Ebbene, la Commissione Regionale dell’Emilia Romagna ha ritenuto meritevole di conferma il verdetto di primo grado favorevole alla società poiché l’accertamento analitico-induttivo non si è basato su “presunzioni gravi, precise e concordanti” tali da costituire prove valide a sostegno della rettifica che invece ha mostrato incongruenze. In particolare la CTR ha rilevato che gli accertatori avrebbero dovuto dimostrare analiticamente la fondatezza, dunque la correttezza dei calcoli effettuati, non ricorrendo a una presunzione astratta di evasione sulla base di un unico dato (scarto di materia prima superiore al 50 per cento) ritenuto eccessivo.
Condanna alle spese. Il rigetto dell’appello prodotto dall’Ufficio Finanziario ha determinato la sua condanna al pagamento delle spese del giudizio, quantificate dalla CTR emiliana in euro 1.500 oltre accessori di legge.
FONTE : fiscalfocus
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