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Ricorsi Tributari

giovedì 27 marzo 2014

Contributo unificato. Invito di pagamento inoppugnabile

Sentenza della CTP di Pisa che esclude l’impugnabilità dell’invito di pagamento notificato dalle segreterie ai sensi del TUSG

Il ricorso proposto contro l’invito di pagamento del contributo unificato è inammissibile. A questa conclusione è giunta la Commissione Tributaria Provinciale di Pisa.

Con la sentenza n. 225/06/13, il Collegio di primo grado esclude che l’avviso di pagamento disciplinato dall’articolo 248 del Testo unico in materia di spese di giustizia (TUSG) sia un atto impositivo, dunque autonomamente impugnabile di fronte al giudice tributario ai sensi dell’articolo 19 del D.Lgs. n. 546/1992. La sua funzione, a parere della CTP, è piuttosto quella di consentire al contribuente, tramite il supporto dei difensori che garantiscono le incombenze connesse alla proposizione del ricorso e alla costituzione del giudizio, di ovviare ad eventuali errori, senza oneri accessori, prima che l’Amministrazione Finanziaria proceda all’attività impositiva vera e propria, con l’irrogazione delle sanzioni, il ruolo e la cartella di pagamento.

L’invito di pagamento.
Ai sensi dell’articolo 248 del TUSG, nel caso di omesso o insufficiente pagamento del contributo unificato, l’Ufficio notifica alla parte ex art. 137 c.p.c. l'invito al pagamento dell’importo dovuto. La notifica deve avvenire presso il domicilio eletto o, nel caso di mancata elezione di domicilio, con deposito presso l'ufficio. L'invito, oltre all'importo da pagare, deve contenere l'espressa avvertenza che in caso di mancato pagamento entro un mese si procederà all'iscrizione a ruolo, con l'addebito degli interessi, e la richiesta di depositare la ricevuta di pagamento nei dieci giorni successivi.

Nonostante l’avviso di pagamento contenga tutti gli elementi caratterizzanti gli atti impositivi, la specificazione che, decorso il termine per il pagamento di quanto indicato nell'invito, la pretesa sarà azionata mediante il meccanismo dell'iscrizione a ruolo e notifica della cartella sta a significare, ad avviso delle CTP di Pisa, che sono già previsti nel procedimento atti autonomamente impugnabili ricompresi nell'elencazione dell'articolo 19 del D.Lgs. 546/92. Questo, da una parte, vale a escludere che, per la medesima pretesa, si possano configurare altri atti autonomamente impugnabili e, dall'altra, vale a garantire, tramite gli atti già previsti, l'accesso del contribuente alla tutela giurisdizionale. Inoltre, la previsione normativa che prevede la notifica dell'invito al domicilio eletto e, in mancanza, il deposito presso la segreteria della Commissione adita “urta con la configurazione di detto invito quale atto impositivo vero e proprio, del pari di un avviso di accertamento, una cartella di pagamento, o qualsiasi altro atto previsto nell’elencazione di cui all’art. 19 D.lgs. n. 546/1992, per i quali vi è l’esigenza massima di garantire che la pretesa venga posta a conoscenza diretta del destinatario”.

Da qui la conclusione che l'invito di pagamento in argomento non è assimilabile a un atto impositivo, bensì a uno strumento che consente al contribuente, tramite il supporto dei difensori che gestiscono le incombenze, di ovviare ad eventuali errori senza oneri accessori prima che l’Amministrazione proceda all'attività impositiva vera e propria (iscrizione a ruolo, irrogazione di sanzioni), quindi il ricorso avverso il medesimo deve essere dichiarato inammissibile. A supporto di questa interpretazione, il Collegio pisano richiama la sentenza n. 980 del 2011 delle Sezioni Unite della Suprema Corte la quale ha sì statuito la giurisdizione del giudice tributario in ordine alle controversie relative al contributo unificato, ma lo ha fatto con espresso riferimento all’articolo 19, lettera d) del D.Lgs. n. 546/1992, indicando quale atto impugnabile “il ruolo e la cartella di pagamento”.
Autore: Redazione Fiscal Focus

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