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giovedì 6 febbraio 2014

Ganasce fiscali illegittime. No al risarcimento


Cassazione Civile ordinanza del 4 febbraio 2014

Resta a bocca asciutta il contribuente che non ha dimostrato i pregiudizi di carattere patrimoniale provocati dal fermo amministrativo illegittimo. La tutela risarcitoria non può essere accordata neanche per gli sconvolgimenti della quotidianità consistenti in disagi, ansie e insoddisfazioni. È quanto emerge dall’ordinanza 4 febbraio 2014 n. 2370 della Corte di Cassazione, Sesta Sezione Civile.

Il caso. Gli Ermellini hanno respinto il ricorso di una cittadina che ha lamentato l’illegittimità di un provvedimento di fermo amministrativo notificatole da Equitalia, chiedendo, al contempo, il risarcimento del danno, quantificato in mille euro. Il Giudice di Pace, prima, e il Tribunale, poi, hanno dichiarato il proprio difetto di giurisdizione rispetto al fermo, ma non in merito alla domanda risarcitoria, che è stata comunque rigettata.

Mancanza assoluta della prova del danno.
Con riguardo al preteso danno, la S.C. ha ritenuto manifestamente infondati i motivi denunciati con il ricorso, alla luce del duplice ordine di considerazione svolte dal Tribunale, laddove evidenzia, quanto al danno materiale, che l’attrice “non ha fornito alcuna prova e neppure allegato di avere risentito pregiudizi di carattere patrimoniale, in termini di danno emergente o di mancato guadagno” e, quanto al danno non patrimoniale, la non meritevolezza di tutela dal danno da “stress”.

Secondo la parte ricorrente, il giudice di merito non ha tenuto conto che l’illegittimo fermo amministrativo aveva prodotto la lesione di due diritti costituzionalmente protetti, quali il diritto alla proprietà e quello alla salute. Tuttavia, a fronte di tale lamentela, rileva la Suprema Corte, la difesa non ha allegato o dimostrato di avere offerto in sede di merito elementi idonei ad apprezzare, sia pure con una valutazione “equitativa”, il danno patrimoniale asseritamente subito; è stato infatti descritto soltanto il danno non patrimoniale, ma in termini “insuscettibili di essere monetizzati, siccome inquadrabili in quegli sconvolgimenti della quotidianità consistenti in disagi, fastidi, disappunti, ansie e in ogni altro di insoddisfazione” (cosiddetti bagatellari) ritenuti dalle Sezioni Unite non meritevoli di tutela risarcitoria (sentenza n. 26972 del 2008).

Gli Ermellini ricordano, tra l’altro, che “l’esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa, conferito al giudice dagli articoli 1226 e 2056 cod. civ., espressione del più generale potere di cui all’art. 115 cod. proc. civ., dà luogo, non già a un giudizio di equità, ma a un giudizio di diritto, caratterizzato dalla cosiddetta equità giudiziale correttiva o integrativa, che, pertanto, da un lato, è subordinato alla condizione che risulti obiettivamente impossibile o particolarmente difficile, per la parte interessata, provare il danno nel suo preciso ammontare, dall’altro non ricomprende anche l’accertamento del pregiudizio della cui liquidazione si tratta, presupponendo già assolto l’onere della parte di dimostrare la sussistenza e l’entità materiale del danno, né esonera la parte stessa dal fornire gli elementi probatori e i dati di fatto dei quali possa ragionevolmente disporre, affinché l’apprezzamento equitativo sia per quanto possibile, ricondotto alla sua funzione di colmare solo le lacune insuperabili nell’iter della determinazione dell’equivalente pecuniario del danno” (cfr. Cass. n. 13288 del 2007).

Condanna alle spese. In conclusione, il Collegio di legittimità ha respinto il ricorso, rendendo definitivo il verdetto del Tribunale. Alla ricorrente non resta che pagare le spese di lite, liquidate in mille euro.

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