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Ricorsi Tributari

martedì 21 gennaio 2014

Conciliazione giudiziale. Attenzione alla procura


Annullata la conciliazione giudiziale con condanna del Fisco al rimborso di quanto indebitamente percepito

Il difensore non può rinunciare alla lite tributaria se non ne ha ricevuto espressamente il potere. Lo ricorda la Commissione Tributaria provinciale di Reggio Emilia con la sentenza 210/03/13 (pubblicata il 16 dicembre 2013).

Conciliazione giudiziale inefficace. In applicazione di tale principio di diritto, i giudici emiliani hanno dichiarato inammissibile la domanda delle parti di dichiarare estinto il giudizio, per intervenuta conciliazione (art. 48 D.Lgs. n. 546/92). Il collegio di primo grado ha preso atto che il difensore della contribuente non aveva in realtà il potere di controfirmare la proposta di conciliazione giudiziale avanzata dall’Agenzia delle Entrate, la quale è stata per questo condannata (ex art. 2041 c.c.) a rimborsare quanto incassato indebitamente (la prima rata di quanto conciliato), ivi compresi gli interessi legali dal versamento al saldo.

Conferimento del potere di disporre del diritto di contesa. Nella procura, resa a margine del ricorso introduttivo, la ricorrente delegava gli avvocati a rappresentarla e difenderla, conferendo a tal fine “ogni più ampia facoltà di legge [...]”. Tuttavia, rileva il collegio, l’articolo 84 del codice di procedura civile, in merito ai poteri del difensore, precisa che questi “in ogni caso non può compiere atti che importano disposizione del diritto in contesa, se non ne ha ricevuto espressamente il potere”. La procura alle liti, in sostanza, abilita il difensore, per la discrezionalità tecnica che gli spetta nell’imposizione delle lite, a scegliere, in relazione anche agli sviluppi della causa, la condotta processuale da lui ritenuta più rispondente agli interessi del proprio rappresentato, ma non gli conferisce il potere di compiere atti che importino disposizione del diritto in contesa, qual è la rinuncia, per la quale occorre mandato speciale (v. Cass. n. 5905/2006).
Alla luce della considerazione che precede, la CTP emiliana ha ravvisato la carenza di potere dei difensori a controfirmare l’atto di conciliazione e, di conseguenza, a chiedere l’estinzione del giudizio. Né può affermarsi, sostiene ancora la CTP, che il citato potere fosse ricompreso nella “procura”, riversata in atti dall’Agenzia, poiché essa non è stata estesa in un atto processuale richiamato dall'articolo 83 del codice di procedura civile; concorda in questa interpretazione anche la Suprema Corte (sentenza n. 21154/2013) che ha affermato il principio di diritto secondo cui, a norma dell’art. 83 cod. proc. civ., sebbene l’elencazione degli atti in calce o a margine dei quali può essere apposta la procura alle liti non possa ritenersi tassativa, tuttavia deve trattarsi pur sempre di atti determinanti l’ingresso della parte in giudizio, ossia di atti “latu sensu” processuali, posto che la natura processuale degli stessi ne rileva l’inerenza allo specifico processo per il quale la procura è rilasciata, divenendo componente essenziale di essa.
Insomma, nella fattispecie i difensori non avevano alcun potere di sottoscrivere l'atto di conciliazione sicché quest'ultima è stata dichiarata inammissibile. Ciò ha comportato l’obbligo per l’Agenzia di restituire quanto incassato per effetto dell’accordo, con gli interessi.

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