Presupposti per la dichiarazione di fallimento
Il fallimento può essere chiesto solo nei per chi:1. Si trovi nelle condizioni previste dall'art. 1 della L.F.
2. Si trovi in stato d'insolvenza.
Analizziamo separatamente i due presupposti:
In passato potevano fallire solo gli imprenditori e le società commerciali, ed erano quindi esclusi i piccoli imprenditori e gli imprenditori agricoli.
Tale disciplina aveva creato non poche difficoltà soprattutto per l'individuazione della categoria dei piccoli imprenditori (art. 2083 c.c.) a causa della elasticità dei concetti espressi da quell'articolo. La situazione è mutata con la riforma della l.f. che prevede (grazie al correttivo apportato dall'art. 1 D.lgs n. 169\2007) i parametri in base ai quali può essere dichiarato il fallimento di un imprenditore (o di una società).
Ciò che colpisce della nuova disciplina è la scomparsa di ogni riferimento relativo al piccolo imprenditore, e quindi si può affermare che se si supera anche uno solo dei parametri previsti dall'art. 1 della l.f. si potrà fallire, se, all'opposto, nessuno di questi parametri è superato, non sarà possibile ottenere il fallimento dell'imprenditore, piccolo o commerciale che sia.
Ciò ha finalmente posto fine all'incertezza che caratterizzava la precedente disciplina, fermo restando, però, che non è sottoponibile al fallimento l'imprenditore agricolo e gli altri enti e imprese che in base a leggi speciali non possono essere sottoposti a tali procedure;
ciò si capisce dall0 stesso art. 1 che, in merito ai soggetti che possono essere sottoposti al fallimento, espressamente si riferisce agli "imprenditori che esercitano una attività commerciale, esclusi gli enti pubblici".
È quindi evidente che solo chi sia imprenditore " che svolge un'attività commerciale" possa fallire, e tale attività la svolgono sicuramente gli imprenditori e le società commerciali e la possono svolgere i piccoli imprenditori. Di conseguenza solo gli imprenditori che "non svolgono un'attività commerciale" saranno sicuramente esclusi dal fallimento e questi non solo altri che gli imprenditori agricoli.
Vediamo quindi, alla luce della riforma, quali sono i parametri previsti dall'art. 1 della l.f. in base ai quali anche chi "svolge un'attività commerciale", non può fallire.
imprese escluse dal
fallimento e dal concordato preventivo |
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Passiamo allo stato d'insolvenza; è infatti vero che per fallire non basta che si superino i parametri di cui all'art. 1 l. f. , ma che si versi anche in stato d'insolvenza.
stato di insolvenza
(art. 5 l.f.) |
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Può infatti accadere che avanzata rituale richiesta di fallimento secondo le regole degli articoli 1 e 5 della legge fallimentare, si scopra, in sede di istruttoria prefallimentare, che l'ammontare dei debiti scaduti e non pagati è complessivamente inferiore a trentamila euro (art. 15 l. f.).
Si tratta, nella sostanza, di un terzo presupposto necessario per ottenere il fallimento che si aggiunge agli atri due già visti in precedenza, e come gli importi previsti dall'art. 1 l.f. anche la cifra dei trentamila euro è aggiornata ogni tre anni con decreto del Ministro della giustizia, sulla base della media delle variazioni degli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati intervenute nel periodo di riferimento.
Vediamo, ora, sino a quando può essere dichiarato il fallimento
tempo della
dichiarazione di fallimento (art. 10 l.f.) |
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È anche vero, però, che la legge fallimentare prevede un'eccezione a tale regola.
Ci riferiamo alla ipotesi prevista dall'art. 22 l.f. commi 4 e 5 dove la corte di appello accoglie il reclamo contro il decreto del tribunale che aveva respinto l'istanza di fallimento.
Qui è espressamente detto (comma 5) che i termini " di cui agli articoli 10 e 11 si computano con riferimento al decreto della corte d'appello"; in altre parole per sapere se si è ancora in tempo per far dichiarare il fallimento dell'imprenditore che ha cessato l'attività o è defunto, bisognerà verificare se il decreto della corte è stato pronunciato nell'anno dalla cancellazione dal registro delle imprese o dalla morte dell'imprenditore, e non andare a verificare se la successiva sentenza del tribunale che dichiara il fallimento sia stata depositata in quei periodi di tempo.
L'art. 10 l.f. è stato riformato dal d.lgs. n. 169\2007 risolvendo una disputa che aveva visto come protagonisti da un lato la Corte di Cassazione e dall'altro la Corte Costituzionale. Se si vogliono ripercorrere i termini del dibattito giurisprudenziale, basterà cliccare qui.
La legge fallimentare non si occupa dell'ipotesi di fallimento dell'imprenditore che non si è iscritto al registro delle imprese e della società di fatto; si potrebbe ritenere che in questo caso tali imprese potranno fallire senza limiti di tempo, e questo costruirebbe una sorta di sanzione conseguente alla mancata iscrizione al registro.
È anche vero, però, che tale conclusione sarebbe in contrasto con gli orientamenti emersi dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale in relazione al vecchio testo dell'art. 10, cui si è ispirato il legislatore nella formulazione del nuovo articolo 10; sembra, in conclusione, più corretto ritenere che il fallimento delle imprese o società non iscritte può essere chiesto entro un anno da quando questi soggetti abbiano portato a conoscenza dei terzi con mezzi idonei la cessazione della attività d'impresa (v. Cass. 28/08/2006, n.18618).
Occupiamoci, infine, di due argomenti relativi al tempo della dichiarazione di fallimento, e cioè il fallimento dell'imprenditore defunto (art. 11) e della morte del fallito durante la procedura fallimentare.
Cominciamo con il primo caso regolato dall'art. 11 l.f.
fallimento dell'imprenditore defunto |
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Vediamo ora l'ipotesi dell'imprenditore morto durante la procedura (art. 12 l.f.).
morte dell'imprenditore durante la procedura |
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Sentenze rilevanti per l'argomento:
In relazione alla attività svolta (art. 1 l. f)
La società di persone costituita nelle forme previste dal codice civile
ed avente ad oggetto un'attività commerciale è assoggettabile al
fallimento indipendentemente dall'effettivo esercizio dell'attività,
poiché acquista la qualità d'imprenditore commerciale dal momento della
sua costituzione, non dall'inizio del concreto esercizio dell'attività
d'impresa, dovendo ritenersi sussistente il requisito della
professionalità richiesto dall'art. 2082 c.c. per il solo fatto della
costituzione per l'esercizio di un'attività commerciale, che segna
l'irreversibile scelta per il suo svolgimento, come peraltro si desume
anche dagli artt. 2308 e 2323 c.c., essendo irrilevante che la società
di persone non abbia la personalità giuridica, in quanto costituisce
nelle relazioni esterne un gruppo solidale ed inscindibile, ed assume la
struttura di un soggetto di diritti. Cassazione civile n. 8849/2005;
In relazione allo stato di insolvenza (art. 5 l.f.)
Nel giudizio di opposizione alla dichiarazione
di fallimento, la verifica, ex art. 5 legge fallimentare dello stato
d'insolvenza
dell'imprenditore commerciale esige la prova di una situazione
d'impotenza, strutturale e non soltanto transitoria, a soddisfare
regolarmente e con mezzi normali le proprie obbligazioni,valutate
nel loro complesso, in quanto già scadute all'epoca della predetta
dichiarazione e ragionevolmente certe; ne consegue, quanto ai
debiti, che il computo non si limita alle risultanze dello stato
passivo nel frattempo formato, ma si estende a quelli emergenti dai
bilanci e dalle scritture contabili o in altro modo riscontrati,
anche se oggetto di contestazione, quando (e nella misura in cui) il
giudice dell'opposizione ne riconosca incidentalmente la ragionevole
certezza ed entità; quanto all'attivo, i cespiti vanno considerati
non solo per il loro valore contabile o di mercato, ma anche in
rapporto all'attitudine ad essere adoperati per estinguere
tempestivamente i debiti, senza compromissione - di regola -
dell'operatività dell'impresa, salvo che l'eventuale fase della
liquidazione in cui la stessa si trovi renda compatibile anche il
pronto realizzo dei beni strumentali e dell'avviamento. Cassazione
civile n. 5215/2008
Ai fini della dichiarazione di fallimento, lo stato di insolvenza dell'imprenditore è configurabile anche in assenza di protesti, pignoramenti e azioni di recupero dei crediti, i quali non costituiscono parametro esclusivo del giudizio sul dissesto, posto che invece è la situazione di incapacità del debitore a fronteggiare con mezzi ordinari le proprie obbligazioni a realizzare quello stato, secondo la previsione dell'art. 5 legge fallimentare, quali che siano gli "inadempimenti" in cui si concretizza e i "fatti esteriori" con cui si manifesta. Cassazione Civile n. 9856/2006,
Ai fini della dichiarazione di fallimento, lo stato di insolvenza dell'imprenditore è configurabile anche in assenza di protesti, pignoramenti e azioni di recupero dei crediti, i quali non costituiscono parametro esclusivo del giudizio sul dissesto, posto che invece è la situazione di incapacità del debitore a fronteggiare con mezzi ordinari le proprie obbligazioni a realizzare quello stato, secondo la previsione dell'art. 5 legge fallimentare, quali che siano gli "inadempimenti" in cui si concretizza e i "fatti esteriori" con cui si manifesta. Cassazione Civile n. 9856/2006,
Lo stato d'insolvenza dell'imprenditore
commerciale, quale presupposto per la dichiarazione di fallimento,
si realizza in presenza di una situazione d'impotenza, strutturale e
non solo transitoria, a soddisfare regolarmente e con mezzi normali
le proprie obbligazioni, a seguito del venire meno delle condizioni
di liquidità e di credito necessarie alla relativa attività mentre è
irrilevante ogni indagine sull'imputabilità o non all'imprenditore
medesimo delle cause del dissesto, ovvero sulla loro riferibilità a
rapporti estranei all'impresa, come sull'effettiva esistenza ed
entità dei crediti fatti valere nei suoi confronti Cassazione civile
n. 4789/2005;
Ai fini della valutazione dello stato d'insolvenza di una società cancellata dal registro delle imprese, il tribunale deve accertare unicamente se, nell'anno di cui all'art. 10 l. fallimentare gli elementi attivi del patrimonio sociale consentissero di assicurare l'eguale ed integrale soddisfacimento dei creditori sociali, mentre, essendo l'impresa fuori dal mercato, non è richiesto che essa disponesse di credito e di risorse, e quindi di liquidità, per soddisfare le obbligazioni contratte. Tribunale di Milano, 22/02/2007;
L'insolvenza
della società non può necessariamente desumersi da
uno squilibrio patrimoniale, che può essere
eliminato dal favorevole andamento degli affari o da
eventuali ricapitalizzazioni, e non è invocabile
quando la società stessa è in liquidazione, ossia
quando l'impresa non si propone di restare sul
mercato, ma ha come suo unico obiettivo quello di
provvedere al soddisfacimento dei creditori sociali,
previa realizzazione delle attività sociali e alla
distribuzione dell'eventuale residuo attivo tra i
soci, con la conseguenza che in tale ipotesi la
valutazione del giudice, ai fini dell'accertamento
delle condizioni richieste per l'applicazione
dell'articolo 5 della legge fallimentare non può
essere rivolta a stimare, in una prospettiva di
continuazione dell'attività sociale, l'attitudine
dell'impresa a disporre economicamente della
liquidità necessaria per fare fronte ai costi
determinati dallo svolgimento della gestione
aziendale, ma deve essere unicamente diretta,
invece, ad accertare se gli elementi attivi del
patrimonio sociale consentono di assicurare l'eguale
e integrale soddisfacimento dei crediti sociali.
Cassazione Civile n.
18927/2004;
Ai fini della valutazione dello stato d'insolvenza di una società cancellata dal registro delle imprese, il tribunale deve accertare unicamente se, nell'anno di cui all'art. 10 l. fallimentare gli elementi attivi del patrimonio sociale consentissero di assicurare l'eguale ed integrale soddisfacimento dei creditori sociali, mentre, essendo l'impresa fuori dal mercato, non è richiesto che essa disponesse di credito e di risorse, e quindi di liquidità, per soddisfare le obbligazioni contratte. Tribunale di Milano, 22/02/2007;
Per accertare il presupposto soggettivo del fallimento si deve tener
conto soltanto degli indici dell'art. 1 legge fallimentare senza
riferimento ai tradizionali criteri dell'art. 2083 c.c. Tribunale di
Tolmezzo, 14/10/2008
E' assoggettabile a fallimento l'imprenditore che non abbia fornito
alcuna prova del possesso congiunto dei requisiti di cui all'art. 1
l. fallimentare;Tribunale di Napoli, 01/10/2008
Il tribunale adito per la dichiarazione di fallimento non può
valutare d'ufficio la sussistenza dei presupposti dimensionali di
cui all'art. 1, secondo comma, l. fallimentare , essendo l'onere
della prova a carico del debitore. Tribunale di Napoli, 01/10/2008.
Ai fini dell'assoggettabilità al fallimento, l'insussistenza dei
requisiti dimensionali dell'impresa costituisce eccezione in senso
proprio, di talché il tribunale non può rilevare d'ufficio la
carenza del presupposto soggettivo in difetto di specifica deduzione
di parte. Tribunale di Napoli, 01/10/2008;
Con riferimento ai requisiti dimensionali di cui ai punti a) e
b) dell'art. 1 legge fallimentare è irrilevante il loro
superamento avvenuto in periodo anteriore gli ultimi tre
esercizi precedenti la data del deposito del ricorso per
fallimento, posto che il legislatore ha ritenuto, ai fini della
valutazione dell'insolvenza, che il dato precedente tale periodo
non fosse più idoneo a rispecchiare l'elemento dimensionale
dell'impresa. Tribunale di Roma, 18/06/2008
Spetta a colui che intende sottrarsi alla dichiarazione di
fallimento provare di possedere i requisiti indicati nel
secondo comma dell'art. 1 l. fallimentare
indipendentemente dalla provenienza soggettiva dell'istanza
(debitore, creditore o P.M.).Tribunale di Santa Maria
Capua Vetere, 02/05/2008
Ai sensi dell'art. 10 legge fallimentare il dies a quo per il
computo del termine annuale della cancellazione dell'impresa non
può essere identificato né con la data della richiesta di
cancellazione formulata dall'imprenditore né, ancor meno, con
l'unilaterale fissazione da parte sua della data di cessazione
dell'attività in forza della quale la cancellazione venga
richiesta; esso va, invece, identificato con il fatto oggettivo
della cancellazione assunta dall'ufficio con la sua inserzione
nel registro e con conseguente ostensione dell'evento alla
conoscenza di tutti i terzi. Il debitore non è inoltre ammesso a
provare la conoscenza che il singolo creditore abbia della
cessazione dell'attività imprenditoriale in data antecedente
alla data della cancellazione dal registro delle imprese. Corte
Di Appello Salerno, 14/01/2009
A seguito della sentenza 21 luglio
2000, n. 319 della Corte costituzionale, il termine annuale
entro il quale può essere dichiarato il fallimento
dell'impresa societaria decorre, ai sensi dell'art. 10 l.
fallimentare non dalla liquidazione effettiva di tutti i
rapporti giuridici patrimoniali, ma dalla sua
cancellazione
dal registro delle imprese. Cassazione Civile n. 19736/2008-
(nota dell' autore il principio va tanto più riaffermato
alla luce della modifica dell'art. 10 ex D. lgs. 9
gennaio 2006 n. 5).
In relazione alla morte dell'imprenditore (art. 11 l.f.)
In relazione alla morte dell'imprenditore (art. 11 l.f.)
Nel caso di dichiarazione di fallimento
dell'imprenditore entro l'anno dalla
morte, ai
sensi dell'art. 10 legge fallimentare, non è
obbligatoria l'audizione dell'erede nella fase
istruttoria anteriore alla dichiarazione di fallimento,
atteso che nessuno degli accertamenti rimessi al
tribunale incide in modo immediato e diretto sulla
posizione dell'erede ovvero gli reca un pregiudizio
eliminabile soltanto attraverso la partecipazione del
medesimo all'istruttoria prefallimentare. Cassazione
civile n. 2674/2000
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