Pratiche Telematiche al Registro Imprese - Agenzia delle Entrate

Attestazione del requisito idoneità finanziaria

ai sensi art 7 Reg. Europeo n. 1071/2009 – art. 7 D. D . 291/2011

Pratiche Telematiche al Registro Imprese - Invio Bilancio
Aggiornamento Consiglio di Amministrazione ed elenco Soci
Variazioni all 'Agenzia delle Entrate
Cessioni di quote di Società Srl
Gestione del contenzioso con l' Agenzia delle Entrate
Ricorsi Tributari

martedì 3 febbraio 2015

Autotutela del contribuente, con il silenzio fisco tenuto all’indennizzo


Di Sergio Trovato
Autotutela del contribuente,  con il silenzio fisco tenuto all’indennizzo


L’amministrazione pubblica che non adotta un provvedimento di accoglimento o di rigetto dell’istanza di autotutela proposta dal contribuente, entro il termine per ricorrere innanzi al giudice tributario, deve essere condannata a un indennizzo per aver dato luogo a un giudizio che poteva essere evitato. Si tratta di un comportamento dettato da malafede o colpa grave che dà luogo a una responsabilità aggravata dell’amministrazione finanziaria. L’ente impositore ha un obbligo non solo morale, ma anche giuridico di emettere un provvedimento conclusivo del procedimento amministrativo. Lo ha stabilito la Commissione tributaria provinciale di Campobasso, prima sezione, con la sentenza n. 195 del 16 giugno 2014. Per i giudici molisani, tenuto conto che il termine di legge per proporre ricorso contro un atto di accertamento non può essere superiore a 60 giorni, in presenza di un’istanza di autotutela del contribuente «l’ente impositore ha l’obbligo, non solo morale, ma giuridico di emettere il provvedimento conclusivo, positivo o negativo che sia, del predetto procedimento, prima della scadenza del termine». In caso contrario, vengono lesi i diritti del contribuente e l’amministrazione finanziaria risponde per responsabilità aggravata. In base a quanto disposto dall’art. 96 del codice di procedura civile, infatti, anche il fisco può essere condannato a un indennizzo da determinare equitativamente da parte del giudice e, questa sanzione, è posta a carico della «parte che, con il suo comportamento, anche preprocessuale, ha dato luogo a un giudizio che doveva essere evitato.
Anche l’attività della pubblica amministrazione deve, quindi, esseresvolta nel rispetto del principio del neminem laedere sancito dall’art. 2043 del codice civile. Il giudice, poi, ha il potere di accertare se l’amministrazione abbia adottato un comportamento doloso o colposo in violazione di questa regola. Qualora abbia arrecato la lesione a un diritto soggettivo è tenuta a subire le conseguenze stabilite dalla norma civilistica e a pagare i danni all’interessato.

Nessun commento:

Posta un commento