Sentenza della CTP di Reggio Emilia
È
illegittimo l'atto di variazione della rendita dell’unità immobiliare
emesso dall’Agenzia del Territorio senza fornire indicazioni puntuali
circa le ragioni della rettifica. È quanto emerge dalla sentenza n.
190/03/13 della Commissione Tributaria Provinciale di Reggio Emilia.
Il caso. La controversia trae origine da un avviso di accertamento con cui l’Agenzia del Territorio aumentava la rendita proposta dal contribuente per mezzo della procedura DOCFA. Con il ricorso giurisdizione l’uomo ha chiesto l’annullamento dell’atto di rettifica, per difetto assoluto di motivazione. L’Ufficio, infatti, si era limitato a indicare la nuova categoria e la classe assegnata senza specificare i conteggi e le valutazioni né le ragioni della rettifica eseguita. Costituitasi in giudizio, l’Amministrazione ha difeso il proprio operato, richiamando, a tal fine, la giurisprudenza di legittimità che ha sostenuto che “l'obbligo di motivazione risulta assolto con la mera indicazione dei dati oggettivi” acclarati dall’Ufficio, in quali consentono al contribuente di intendere le ragioni della classificazione e successivamente di tutelarsi “deducendo nel pieno esercizio della difesa”.
L’orientamento della Cassazione. In effetti, la Suprema Corte si è spesso pronunciata in tema di motivazione degli atti di classamento, chiarendo che, qualora l’attribuzione della rendita abbia avuto luogo a seguito della c.d. procedura DOCFA e in base a una stima diretta dell’Ufficio, la stima, che integra il presupposto e il fondamento motivazionale dell’avviso di classamento, costituisce un atto conosciuto o comunque prontamente conoscibile per il contribuente, poiché posto in essere nell’ambito di un procedimento a struttura fortemente partecipativa. Pertanto, il provvedimento di classamento e attribuzione della rendita è adeguatamente motivato anche ove espliciti “i soli dati oggettivi” accertati dall’Ufficio e la classe attribuita (cfr. Cass. n. 16824/06, n. 5404/12 e n. 15495/13). Tuttavia, se il contribuente si oppone alla rettifica di classamento di un’unità immobiliare, in variazione della proposta fatta a mezzo della procedura DOCFA, l’Amministrazione è tenuta a dare concretamente conto delle ragioni attributive della rendita e della classe, mentre al giudice tributario spetta valutare, con motivazione adeguata, l’idoneità dei dati forniti dall’Ufficio a sostenere la pretesa. È onere della parte pubblica provare nel contraddittorio giurisdizionale con il contribuente gli elementi di fatto giustificativi della propria pretesa nel quadro del parametro prescelto, salva la facoltà del contribuente di fornire la prova contraria (Cass. ord. n. 15495/13 cit.).
Osservazioni della CTP. Ebbene, il collegio emiliano ha disatteso la tesi dell’Amministrazione secondo cui l'obbligo di motivazione è assolto con la mera indicazione dei dati oggettivi acclarati dall’Ufficio (ciò in conformità all’indirizzo della Cassazione), accogliendo il ricorso del contribuente. Ad avviso della CTP, nella fattispecie, la procedura d’iscrizione dell'immobile è avvenuta correttamente attraverso la procedura DOCFA e, per stessa ammissione dell’Amministrazione resistente, la variazione di rendita è stata eseguita senza il sopralluogo. Il sopralluogo è infatti avvenuto solo dopo la variazione, “esplicitando solo in un secondo tempo le ragioni di merito e i motivi sulle peculiarità dell'immobile, in relazione alla zona di riferimento, categoria e classe, che sono stati alla base della diversa valutazione”. In ossequio alle disposizioni contenute negli articoli 42 D.P.R. 600/1973 e 7 Legge 212/2000, osserva la CTP, l’Ufficio non è legittimato a integrare i presupposti di fatto e le ragioni che hanno determinato la variazione della rendita proposta, non avendo messo il contribuente in condizione di verificare i motivi della detta variazione che impattano, non solo nell'attribuzione corretta della rendita, ma anche sulla futura tassazione dell'unità immobiliare, secondo le vigenti disposizioni.
Il caso. La controversia trae origine da un avviso di accertamento con cui l’Agenzia del Territorio aumentava la rendita proposta dal contribuente per mezzo della procedura DOCFA. Con il ricorso giurisdizione l’uomo ha chiesto l’annullamento dell’atto di rettifica, per difetto assoluto di motivazione. L’Ufficio, infatti, si era limitato a indicare la nuova categoria e la classe assegnata senza specificare i conteggi e le valutazioni né le ragioni della rettifica eseguita. Costituitasi in giudizio, l’Amministrazione ha difeso il proprio operato, richiamando, a tal fine, la giurisprudenza di legittimità che ha sostenuto che “l'obbligo di motivazione risulta assolto con la mera indicazione dei dati oggettivi” acclarati dall’Ufficio, in quali consentono al contribuente di intendere le ragioni della classificazione e successivamente di tutelarsi “deducendo nel pieno esercizio della difesa”.
L’orientamento della Cassazione. In effetti, la Suprema Corte si è spesso pronunciata in tema di motivazione degli atti di classamento, chiarendo che, qualora l’attribuzione della rendita abbia avuto luogo a seguito della c.d. procedura DOCFA e in base a una stima diretta dell’Ufficio, la stima, che integra il presupposto e il fondamento motivazionale dell’avviso di classamento, costituisce un atto conosciuto o comunque prontamente conoscibile per il contribuente, poiché posto in essere nell’ambito di un procedimento a struttura fortemente partecipativa. Pertanto, il provvedimento di classamento e attribuzione della rendita è adeguatamente motivato anche ove espliciti “i soli dati oggettivi” accertati dall’Ufficio e la classe attribuita (cfr. Cass. n. 16824/06, n. 5404/12 e n. 15495/13). Tuttavia, se il contribuente si oppone alla rettifica di classamento di un’unità immobiliare, in variazione della proposta fatta a mezzo della procedura DOCFA, l’Amministrazione è tenuta a dare concretamente conto delle ragioni attributive della rendita e della classe, mentre al giudice tributario spetta valutare, con motivazione adeguata, l’idoneità dei dati forniti dall’Ufficio a sostenere la pretesa. È onere della parte pubblica provare nel contraddittorio giurisdizionale con il contribuente gli elementi di fatto giustificativi della propria pretesa nel quadro del parametro prescelto, salva la facoltà del contribuente di fornire la prova contraria (Cass. ord. n. 15495/13 cit.).
Osservazioni della CTP. Ebbene, il collegio emiliano ha disatteso la tesi dell’Amministrazione secondo cui l'obbligo di motivazione è assolto con la mera indicazione dei dati oggettivi acclarati dall’Ufficio (ciò in conformità all’indirizzo della Cassazione), accogliendo il ricorso del contribuente. Ad avviso della CTP, nella fattispecie, la procedura d’iscrizione dell'immobile è avvenuta correttamente attraverso la procedura DOCFA e, per stessa ammissione dell’Amministrazione resistente, la variazione di rendita è stata eseguita senza il sopralluogo. Il sopralluogo è infatti avvenuto solo dopo la variazione, “esplicitando solo in un secondo tempo le ragioni di merito e i motivi sulle peculiarità dell'immobile, in relazione alla zona di riferimento, categoria e classe, che sono stati alla base della diversa valutazione”. In ossequio alle disposizioni contenute negli articoli 42 D.P.R. 600/1973 e 7 Legge 212/2000, osserva la CTP, l’Ufficio non è legittimato a integrare i presupposti di fatto e le ragioni che hanno determinato la variazione della rendita proposta, non avendo messo il contribuente in condizione di verificare i motivi della detta variazione che impattano, non solo nell'attribuzione corretta della rendita, ma anche sulla futura tassazione dell'unità immobiliare, secondo le vigenti disposizioni.
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