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Ricorsi Tributari

lunedì 4 novembre 2013

Studi di settore per agente di commercio

30 ottobre 2013

Studi di settore per agente di commercio

Cassazione Tributaria, ordinanza del 29 ottobre 2013

Non sfugge all’accertamento induttivo, basato sugli studi di settore, l’agente di commercio che non riesce a giustificare l’incongruenza rilevante tra i ricavi dichiarati e le risultanze dello standard applicato dall’Ufficio.

La sentenza.
È quanto emerge dall’ordinanza 29 ottobre 2013, n. 24367, della Corte di Cassazione – Sesta Sezione Civile T.

Il caso. La controversia trae origine da un avviso di accertamento per IRPEF, IRAP e IVA 2004 notificato a un contribuente toscano, esercente l’attività di agente di commercio, per essersi discostato “parecchio” nell’indicazioni dei ricavi, relativamente alle provvigioni ricevute, dalle risultanze dello specifico studio di settore. Nei primi due gradi di giudizio i giudici tributari della Toscana hanno dato ragione al contribuente. Ora la Cassazione ha rimesso in discussione l’intera vicenda, accogliendo il ricorso prodotto dall’Agenzia delle Entrate contro la sentenza di secondo grado secondo cui l’atto impositivo si basava sugli studi di settore, che costituivano sì prova presuntiva, ma senza che tuttavia l’ente impositore avesse tenuto conto “della particolare struttura organizzativa” nella quale il contribuente operava, né del fatto che la società del quale il medesimo era socio e subagente era uscita vittoriosa in un analogo contenzioso di accertamento per preteso maggior reddito.

L’orientamento seguito dalla S.C. Gli Ermellini ribadiscono l’orientamento secondo cui, in tema di accertamento induttivo dei redditi, l’Amministrazione Finanziaria può - ai sensi dell’articolo 39 del D.P.R. n. 600 del 1973 - fondare il proprio accertamento sia sull'esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi e i corrispettivi dichiarati e quelli desumibili “dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio dell'attività svolta”, sia sugli studi di settore, come nella fattispecie, nel quale ultimo caso l'Ufficio non è tenuto a verificare tutti i dati richiesti per uno studio generale del comparto merceologico, potendosi basare anche solo su alcuni elementi ritenuti “sintomatici” per la ricostruzione del reddito del contribuente (cfr. Cass. n. 16430 del 2011).
Del resto in tema di accertamento tributario, la necessità che lo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli studi di settore testimoni una “grave incongruenza”, ai fini dell'avvio della procedura finalizzata all'accertamento, deve ritenersi implicitamente confermata, nel quadro di una lettura costituzionalmente orientata al rispetto del principio della capacità contributiva, dall'articolo 10 della Legge 8 maggio 1998, n. 146, il quale non contempla espressamente il requisito della gravità dello scostamento, come nel caso in esame, in cui comunque il divario con quanto indicato in dichiarazione era abbastanza rilevante (v. SS.UU. n. 26635 del 2009).

Omessa motivazione della CTR. Nel caso in esame, ad avviso degli Ermellini, la CTR della Toscana è incorsa nel vizio di omessa o insufficiente motivazione non avendo specificato sulla base di quali elementi abbia ritenuto di poter condividere le giustificazioni offerte dal contribuente ai fini del superamento della presunzione di maggior reddito. Di qui il rinvio ad altra sezione della CTR Toscana per nuovo esame.
Autore: Redazione Fiscal Focus

 

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