Accertamento sprint, ma con urgenza
La Cassazione ritorna sul tema degli atti emessi prima di 60 giorni dal rilascio del verbale
L’avviso
di accertamento è illegittimo se emesso prima dello scadere dei 60
giorni dal rilascio del PVC quando la motivazione dell'urgenza fornita
dall’Ufficio (nella specie, lo spirare dei termini utili per il
controllo) è errata.
La sentenza. È quanto si evince dalla sentenza 12 dicembre 2013, n. 27831, della Corte di Cassazione, Quinta Sezione Tributaria.
Il caso. La controversia decisa dagli Ermellini a favore di una società nasce da un provvedimento con cui l’Agenzia delle Entrate ha disconosciuto il credito d'imposta per gli incrementi occupazionali (art. 7 L. 388/00).
Il termine di 60 giorni. La contribuente in sede contenziosa ha eccepito, per quanto qui interessa, l’illegittimità dell’atto di recupero del credito per essere stato emesso prima del termine di 60 giorni dalla notifica del verbale di constatazione delle violazioni. Come noto l'articolo 12 dello Statuto del contribuente prevede che l'Ufficio non possa emettere l'avviso di accertamento prima che decorrano 60 giorni dalla consegna del verbale di chiusura delle operazioni, fatta salva l'eventuale motivata urgenza. L’adita CTP di Roma ha respinto il ricorso della società, mentre il giudice dell’appello, pur condividendo nel merito le ragioni del contribuente, ha ritenuto sussistente l'urgenza addotta dall'Ufficio circa l'imminente decadenza del potere di accertamento per l'annualità accertata. Ebbene, sotto tale aspetto la sentenza della CTR Lazio è stata censurata dalla Suprema Corte.
Le SS.UU. I giudici di legittimità, accogliendo la doglianza della contribuente circa l’illegittimità della notifica dell’avviso anzi tempo, affermano che è illegittimo l'atto emesso prima del termine, dando così attuazione al principio espresso dalle Sezioni Unite secondo cui l’articolo 12, co. 7, della L. 212 del 2000 deve essere interpretato nel senso che l'inosservanza del termine dilatorio di 60 giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento —decorrente dal rilascio al contribuente della copia del PVC — determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso prima del tempo, poiché detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra Fisco e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva. Il vizio invalidante, pertanto, non consiste nella mera omessa enunciazione nell’atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l’emissione anticipata, bensì nell’effettiva assenza di detto requisito (esonerativo dall’osservanza del termine), la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all’epoca di tale emissione, deve essere provata dall’Ufficio (sentenza n. 18184/2013).
Motivo dell’urgenza erroneo. Nella fattispecie la S.C. ritiene allora che l’Ufficio abbia violato il principio di cooperazione previsto dall’articolo 12 dello Statuto perché l’atto è stato emanato circa una settimana dopo la redazione del processo verbale, senza attendere lo spirare dei 60 giorni dal rilascio della relativa copia; a giustificazione di tale azione anticipata, Ufficio e il giudice del merito hanno rispettivamente prospettato e convenuto sulla natura urgente dell'atto, al fine di rispettare i termini utili per il controllo, ma tale giustificazione era errata perché per notificare l'atto vi erano ancora a disposizione due anni. Insomma, il diritto della contribuente al contraddittorio preprocessuale è stato violato poiché erroneamente è stata invocata l'urgenza motivando che era imminente la scadenza per l’accertamento di anni pregressi.
La sentenza. È quanto si evince dalla sentenza 12 dicembre 2013, n. 27831, della Corte di Cassazione, Quinta Sezione Tributaria.
Il caso. La controversia decisa dagli Ermellini a favore di una società nasce da un provvedimento con cui l’Agenzia delle Entrate ha disconosciuto il credito d'imposta per gli incrementi occupazionali (art. 7 L. 388/00).
Il termine di 60 giorni. La contribuente in sede contenziosa ha eccepito, per quanto qui interessa, l’illegittimità dell’atto di recupero del credito per essere stato emesso prima del termine di 60 giorni dalla notifica del verbale di constatazione delle violazioni. Come noto l'articolo 12 dello Statuto del contribuente prevede che l'Ufficio non possa emettere l'avviso di accertamento prima che decorrano 60 giorni dalla consegna del verbale di chiusura delle operazioni, fatta salva l'eventuale motivata urgenza. L’adita CTP di Roma ha respinto il ricorso della società, mentre il giudice dell’appello, pur condividendo nel merito le ragioni del contribuente, ha ritenuto sussistente l'urgenza addotta dall'Ufficio circa l'imminente decadenza del potere di accertamento per l'annualità accertata. Ebbene, sotto tale aspetto la sentenza della CTR Lazio è stata censurata dalla Suprema Corte.
Le SS.UU. I giudici di legittimità, accogliendo la doglianza della contribuente circa l’illegittimità della notifica dell’avviso anzi tempo, affermano che è illegittimo l'atto emesso prima del termine, dando così attuazione al principio espresso dalle Sezioni Unite secondo cui l’articolo 12, co. 7, della L. 212 del 2000 deve essere interpretato nel senso che l'inosservanza del termine dilatorio di 60 giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento —decorrente dal rilascio al contribuente della copia del PVC — determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso prima del tempo, poiché detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra Fisco e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva. Il vizio invalidante, pertanto, non consiste nella mera omessa enunciazione nell’atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l’emissione anticipata, bensì nell’effettiva assenza di detto requisito (esonerativo dall’osservanza del termine), la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all’epoca di tale emissione, deve essere provata dall’Ufficio (sentenza n. 18184/2013).
Motivo dell’urgenza erroneo. Nella fattispecie la S.C. ritiene allora che l’Ufficio abbia violato il principio di cooperazione previsto dall’articolo 12 dello Statuto perché l’atto è stato emanato circa una settimana dopo la redazione del processo verbale, senza attendere lo spirare dei 60 giorni dal rilascio della relativa copia; a giustificazione di tale azione anticipata, Ufficio e il giudice del merito hanno rispettivamente prospettato e convenuto sulla natura urgente dell'atto, al fine di rispettare i termini utili per il controllo, ma tale giustificazione era errata perché per notificare l'atto vi erano ancora a disposizione due anni. Insomma, il diritto della contribuente al contraddittorio preprocessuale è stato violato poiché erroneamente è stata invocata l'urgenza motivando che era imminente la scadenza per l’accertamento di anni pregressi.
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