Requisiti per gli Incaricati
L'attività di Incaricato alle Vendite di cui alla legge 173/2005 e legge 114/98 può essere svolta da tutte le persone fisiche che siano in possesso dei seguenti requisiti:
· avere la maggiore età,
· non avere pendenze penali,
· essere in possesso del tesserino di riconoscimento
rilasciato dalla società,
Aspetti
FiscaliTale attività può essere svolta da chiunque, purchè in possesso dei requisiti come sopra riportato, in quanto le provvigioni percepite non cumulano con altri eventuali redditi e non devono essere dichiarati in base alla R.M.180/E del 12.07.95 in quanto sono soggetti ad una ritenuta alla fonte definitiva del 23% sul 78% come contemplato dal D.P.R. 600/73 art.25 Bis. Inoltre le provvigioni incassate non rientrano nel calcolo del limite per essere a carico del coniuge ai fini della detrazione fiscale. Pertanto coloro che percepiscono solo provvigioni derivanti da attività di incaricato alle vendite a domicilio sono sempre fiscalmente a carico del proprio coniuge e pertanto è possibile usufruire della relativa detrazione fiscale. Posizione IVA L'attività di incaricato alle vendite a domicilio può essere svolta senza iscrizione all'Ufficio IVA quando è svolta in modo occasionale per importi annui di provvigioni non superiori a 5.000 Euro netti; superando questo limite subentra l'obbligo di iscrizione all'Iva come contemplato dalla R.M. 18/E del 27.01.2006. Aspetti previdenziali Le provvigioni percepite dagli incaricati sono soggette al contributo INPS in base alla legge 335/95 sull'ammontare oltre i 5.000 euro di provvigioni nette (6.410 -22% detrazione). La quota Inps è a carico di 1/3 per l'incaricato e 2/3 per la società committente; l'adempimento del versamento all'Inps è a carico della società committente in qualità di sostituto di contributo. L'iscrizione all'Inps è a carico dell'incaricato a mezzo del modulo di iscrizione. La riduzione dell'aliquota Inps deve essere inoltrata alla società committente a mezzo specifica dichiarazione. Limitazioni dell'attività I seguenti casi sono situazioni soggettive dove l'attività di incaricato alle vendite a domicilio è sempre consentito ed è compatibile sia fiscalmente che giuridicamente ma ci possono essere delle penalizzazioni in funzione a delle limitazione o revoche dei diritti acquisiti. Pertanto tutti coloro che si trovano nei seguenti casi:
· disoccupazione,
· mobilità,
· pensione di invalidità,
· cassa integrazione,
· pensione previdenziale,
· dipendenti di enti pubblici,
· percettori di assegni assistenziali,
possono subire una
riduzione delle prestazioni concesse o anche la definitiva revoca.Lavoratori dipendenti. L'attività di incaricato alle vendite è FISCALMENTE compatibile con qualunque tipo di attività di lavoro dipendente precisando che:
· lavoratori dipendenti con aziende private,
· lavoratori dipendenti in enti pubblici,
la prima categoria di
dipendenti del settore privato non hanno particolari restrizioni ed i contratti
di lavoro collettivi nazionali di categoria consentono l'attività libera,
purchè non esercitata negli orari preposti all'attività di dipendenza; mentre
la seconda categoria, a seconda degli enti pubblici interessati, sussiste una
incopatibilità dettata dal nuovo contratto nazionale di lavoro, che in certi
casi impone la scelta dell'attività esercitata o la riduzione a part-time per
l'attività pubblica. In questi casi è consigliabile interpellare il proprio
ufficio del personale per chiarire la possibilità a poter svolgere l'attività
di incaricato alle vendite.Pensionati. Per la casistica dei Pensionati dobbiamo specificare i seguenti gruppi principali di appartenenza: Pensioni di Invalidità. Coloro che percepiscono una pensione di invalidità, secondo del tipo di classe di invalidità, svolgendo qualsiasi tipo di attività, quindi anche di I.V.D., possono subire la revoca della pensione dall’ente predisposto. Da valutare attentamente caso per caso. Pensioni di Previdenza. La casistica è molto numerosa e frazionata a seconda degli enti di previdenza e dei periodi di pensionamento. In linea generale l’attività di I.V.D. è compatibile in quanto il pensionato non perde mai il diritto alla pensione. L’unico rischio che può incorrere è quello che se ha una pensione di importi oltre i minimali può avere una riduzione di tale pensione per gli importi superiori a determinate classi di reddito e solo per il periodo in cui percepisce tali redditi. Terminato il periodo di doppio reddito la pensione viene reintegrata secondo la classe di appartenenza. Pensione di reversibilità. La casistica è identica al punto 2 se la pensione di reversibilità è unica. Se invece oltre alla quota di reversibilità, sussiste anche la pensione diretta personale, secondo del cumulo totale, si può incorrere nell’eventuale revoca della quota di reversibilità. Pensione Legge 335/95.La gestione pensionistica è separata ed integrata ad eventuali ulteriori tipi di pensioni. Al momento non sussiste la possibilità del cumulo delle pensioni o il cumulo dei contributi versati per ogni gestione previdenziale. Per avere avere diritto a questo tipo di pensione il contribuente deve aver versato minimo cinque anni completi di contribuzione minima. Conclusioni: relativamente ai casi dei pensionati si deve valutare caso per caso e soggettivamente decidere per ciò che l’attività di I.V.D. può rendere in considerazione di un’eventuale e temporanea riduzione della pensione. |
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Pratiche Telematiche al Registro Imprese - Agenzia delle Entrate
Attestazione del requisito idoneità finanziaria
ai sensi art 7 Reg. Europeo n. 1071/2009 – art. 7 D. D . 291/2011Pratiche Telematiche al Registro Imprese - Invio Bilancio
Aggiornamento Consiglio di Amministrazione ed elenco Soci
Variazioni all 'Agenzia delle Entrate
Cessioni di quote di Società Srl
Gestione del contenzioso con l' Agenzia delle Entrate
Ricorsi Tributari
martedì 31 dicembre 2013
ASPETTI GENERALI DEGLI INCARICATI ALLE VENDITE
giovedì 19 dicembre 2013
CASSA NEGATIVA E FINANZIAMENTO SOCI INFRUTTIFERO
http://servizi.seac.it/documenti/bd/sp/tutela-professionista.pdf
Per tale motivo lo Studio ha predisposto una speci
fi
ca modulistica che è importante venga compilata
nei casi sotto elencati:
1. erogazione finanziamento soci infruttifero – lettera del socio alla società
2. conferma ricezione Suo finanziamento infruttifero - lettera della società al socio
3. restituzione Suo finanziamento infruttifero - lettera della società al socio
4. conferma avvenuto rimborso finanziamento soci - lettera del socio alla società
5. rinuncia irrevocabile da parte del socio alla restituzione del proprio finanziamento
6. conferma della rinuncia alla restituzione del finanziamento -
7-lettera della società al socio
Vi suggeriamo, pertanto, nelle ipotesi in esame di provvedere alla compilazione della suddetta modulistica.
mercoledì 18 dicembre 2013
martedì 17 dicembre 2013
Imposta comunale sugli immobili (IC I)
Imposta comunale sugli immobili (IC
I). Art. 1, del D. L. 27 maggio 2008, n. 93.
Esenzione dell’unità immobiliare adibita ad
abitazione principale dal soggetto
passivo.
Omesso versamento IVA: regime sanzionatorio
Omesso versamento IVA: regime sanzionatorio
La
configurazione del reato di omesso versamento IVA comporta
l’applicazione della pena detentiva da sei mesi a due anni e alla
sentenza di condanna conseguono, oltre alla pena principale, le pene
accessorie stabilite dall’art. 12, comma 1, del D.Lgs. n. 74/2000. In caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti è prevista la confisca per equivalente di cui all’art. 322-ter del codice penale.
La confisca per equivalente in caso di patteggiamento - La confisca per equivalente, come chiarito dalla Corte di Cassazione nella sentenza 45189 dell’8 Novembre 2013, è sempre prevista, sia in caso di decreto penale ma anche in caso di patteggiamento se il contribuente debitore dell'erario non abbia estinto il suo debito Iva col fisco.
In sostanza, nel caso in cui le parti nel “patteggiamento” dovessero prevedere l'esclusione della confisca, il giudice non è obbligato a recepirlo, o a recepirlo per intero, rimanendo vincolato soltanto alle previsioni dell'accordo che rientrano nella disponibilità delle parti stesse.
Nel caso in cui, invece, il contribuente abbia pagato per intero l'imposta anche se successivamente alla scadenza penalmente rilevante, pur risultando comunque integrato il reato, la confisca per equivalente non si può più eseguire. Si tradurrebbe, infatti, in una ingiustificata doppia sanzione.
Il “quantum” della confisca - Sul quantum della confisca per equivalente, la Corte di Cassazione, sezione III penale, sentenza 44445 del 4 Novembre 2013, ha evidenziato, da ultimo, che per i reati tributari è possibile applicare la confisca per equivalente non soltanto al prezzo ma anche al profitto del reato. Nel caso di omesso versamento dell'Iva tale profitto coincide proprio con la somma non versata.
Sanzioni tributarie - Il reato penale di omesso versamento IVA non si pone in rapporti di specialità rispetto all'analoga violazione tributaria che prevede la sanzione del 30% dell'importo non versato in base all'articolo 13, co. 1 del D.Lgs. 471/1997.
La mancanza del rapporto di specialità è giustificata dalla diversa composizione degli elementi costitutivi delle violazioni:
Non potrà, quindi, invocarsi la non sanzionabilità ai fini tributari degli omessi versamenti in presenza di condanna penale del medesimo trasgressore, a norma dell'articolo 19 del decreto 74/2000.
Le “attenuanti” - Il versamento effettuato “dopo il 27 Dicembre” non esclude la configurazione del reato, però il soggetto attivo può usufruire dell’attenuante prevista dall’art. 13 del D.Lgs. n. 74/2000, norma che prevede la diminuzione fino a un terzo della pena principale prevista ed esclude l’applicazione delle pene accessorie.
Secondo la giurisprudenza di legittimità prevalente, al fine di ottenere, la riduzione della pena, è necessario che l'estinzione integrale del debito avvenga prima dell'apertura del dibattimento. In concreto, quindi, per beneficiare dell'attenuante il contribuente dovrà estinguere le rate prima di tale udienza.
La confisca per equivalente in caso di patteggiamento - La confisca per equivalente, come chiarito dalla Corte di Cassazione nella sentenza 45189 dell’8 Novembre 2013, è sempre prevista, sia in caso di decreto penale ma anche in caso di patteggiamento se il contribuente debitore dell'erario non abbia estinto il suo debito Iva col fisco.
In sostanza, nel caso in cui le parti nel “patteggiamento” dovessero prevedere l'esclusione della confisca, il giudice non è obbligato a recepirlo, o a recepirlo per intero, rimanendo vincolato soltanto alle previsioni dell'accordo che rientrano nella disponibilità delle parti stesse.
Nel caso in cui, invece, il contribuente abbia pagato per intero l'imposta anche se successivamente alla scadenza penalmente rilevante, pur risultando comunque integrato il reato, la confisca per equivalente non si può più eseguire. Si tradurrebbe, infatti, in una ingiustificata doppia sanzione.
Il “quantum” della confisca - Sul quantum della confisca per equivalente, la Corte di Cassazione, sezione III penale, sentenza 44445 del 4 Novembre 2013, ha evidenziato, da ultimo, che per i reati tributari è possibile applicare la confisca per equivalente non soltanto al prezzo ma anche al profitto del reato. Nel caso di omesso versamento dell'Iva tale profitto coincide proprio con la somma non versata.
Sanzioni tributarie - Il reato penale di omesso versamento IVA non si pone in rapporti di specialità rispetto all'analoga violazione tributaria che prevede la sanzione del 30% dell'importo non versato in base all'articolo 13, co. 1 del D.Lgs. 471/1997.
La mancanza del rapporto di specialità è giustificata dalla diversa composizione degli elementi costitutivi delle violazioni:
- la presentazione della dichiarazione Iva è richiesta solo ai fini penali;
- mentre l'omesso versamento degli acconti Iva è richiesto solo per la violazione tributaria.
Non potrà, quindi, invocarsi la non sanzionabilità ai fini tributari degli omessi versamenti in presenza di condanna penale del medesimo trasgressore, a norma dell'articolo 19 del decreto 74/2000.
Le “attenuanti” - Il versamento effettuato “dopo il 27 Dicembre” non esclude la configurazione del reato, però il soggetto attivo può usufruire dell’attenuante prevista dall’art. 13 del D.Lgs. n. 74/2000, norma che prevede la diminuzione fino a un terzo della pena principale prevista ed esclude l’applicazione delle pene accessorie.
Secondo la giurisprudenza di legittimità prevalente, al fine di ottenere, la riduzione della pena, è necessario che l'estinzione integrale del debito avvenga prima dell'apertura del dibattimento. In concreto, quindi, per beneficiare dell'attenuante il contribuente dovrà estinguere le rate prima di tale udienza.
Accertamento sprint, ma con urgenza
Accertamento sprint, ma con urgenza
La Cassazione ritorna sul tema degli atti emessi prima di 60 giorni dal rilascio del verbale
L’avviso
di accertamento è illegittimo se emesso prima dello scadere dei 60
giorni dal rilascio del PVC quando la motivazione dell'urgenza fornita
dall’Ufficio (nella specie, lo spirare dei termini utili per il
controllo) è errata.
La sentenza. È quanto si evince dalla sentenza 12 dicembre 2013, n. 27831, della Corte di Cassazione, Quinta Sezione Tributaria.
Il caso. La controversia decisa dagli Ermellini a favore di una società nasce da un provvedimento con cui l’Agenzia delle Entrate ha disconosciuto il credito d'imposta per gli incrementi occupazionali (art. 7 L. 388/00).
Il termine di 60 giorni. La contribuente in sede contenziosa ha eccepito, per quanto qui interessa, l’illegittimità dell’atto di recupero del credito per essere stato emesso prima del termine di 60 giorni dalla notifica del verbale di constatazione delle violazioni. Come noto l'articolo 12 dello Statuto del contribuente prevede che l'Ufficio non possa emettere l'avviso di accertamento prima che decorrano 60 giorni dalla consegna del verbale di chiusura delle operazioni, fatta salva l'eventuale motivata urgenza. L’adita CTP di Roma ha respinto il ricorso della società, mentre il giudice dell’appello, pur condividendo nel merito le ragioni del contribuente, ha ritenuto sussistente l'urgenza addotta dall'Ufficio circa l'imminente decadenza del potere di accertamento per l'annualità accertata. Ebbene, sotto tale aspetto la sentenza della CTR Lazio è stata censurata dalla Suprema Corte.
Le SS.UU. I giudici di legittimità, accogliendo la doglianza della contribuente circa l’illegittimità della notifica dell’avviso anzi tempo, affermano che è illegittimo l'atto emesso prima del termine, dando così attuazione al principio espresso dalle Sezioni Unite secondo cui l’articolo 12, co. 7, della L. 212 del 2000 deve essere interpretato nel senso che l'inosservanza del termine dilatorio di 60 giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento —decorrente dal rilascio al contribuente della copia del PVC — determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso prima del tempo, poiché detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra Fisco e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva. Il vizio invalidante, pertanto, non consiste nella mera omessa enunciazione nell’atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l’emissione anticipata, bensì nell’effettiva assenza di detto requisito (esonerativo dall’osservanza del termine), la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all’epoca di tale emissione, deve essere provata dall’Ufficio (sentenza n. 18184/2013).
Motivo dell’urgenza erroneo. Nella fattispecie la S.C. ritiene allora che l’Ufficio abbia violato il principio di cooperazione previsto dall’articolo 12 dello Statuto perché l’atto è stato emanato circa una settimana dopo la redazione del processo verbale, senza attendere lo spirare dei 60 giorni dal rilascio della relativa copia; a giustificazione di tale azione anticipata, Ufficio e il giudice del merito hanno rispettivamente prospettato e convenuto sulla natura urgente dell'atto, al fine di rispettare i termini utili per il controllo, ma tale giustificazione era errata perché per notificare l'atto vi erano ancora a disposizione due anni. Insomma, il diritto della contribuente al contraddittorio preprocessuale è stato violato poiché erroneamente è stata invocata l'urgenza motivando che era imminente la scadenza per l’accertamento di anni pregressi.
La sentenza. È quanto si evince dalla sentenza 12 dicembre 2013, n. 27831, della Corte di Cassazione, Quinta Sezione Tributaria.
Il caso. La controversia decisa dagli Ermellini a favore di una società nasce da un provvedimento con cui l’Agenzia delle Entrate ha disconosciuto il credito d'imposta per gli incrementi occupazionali (art. 7 L. 388/00).
Il termine di 60 giorni. La contribuente in sede contenziosa ha eccepito, per quanto qui interessa, l’illegittimità dell’atto di recupero del credito per essere stato emesso prima del termine di 60 giorni dalla notifica del verbale di constatazione delle violazioni. Come noto l'articolo 12 dello Statuto del contribuente prevede che l'Ufficio non possa emettere l'avviso di accertamento prima che decorrano 60 giorni dalla consegna del verbale di chiusura delle operazioni, fatta salva l'eventuale motivata urgenza. L’adita CTP di Roma ha respinto il ricorso della società, mentre il giudice dell’appello, pur condividendo nel merito le ragioni del contribuente, ha ritenuto sussistente l'urgenza addotta dall'Ufficio circa l'imminente decadenza del potere di accertamento per l'annualità accertata. Ebbene, sotto tale aspetto la sentenza della CTR Lazio è stata censurata dalla Suprema Corte.
Le SS.UU. I giudici di legittimità, accogliendo la doglianza della contribuente circa l’illegittimità della notifica dell’avviso anzi tempo, affermano che è illegittimo l'atto emesso prima del termine, dando così attuazione al principio espresso dalle Sezioni Unite secondo cui l’articolo 12, co. 7, della L. 212 del 2000 deve essere interpretato nel senso che l'inosservanza del termine dilatorio di 60 giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento —decorrente dal rilascio al contribuente della copia del PVC — determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso prima del tempo, poiché detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra Fisco e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva. Il vizio invalidante, pertanto, non consiste nella mera omessa enunciazione nell’atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l’emissione anticipata, bensì nell’effettiva assenza di detto requisito (esonerativo dall’osservanza del termine), la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all’epoca di tale emissione, deve essere provata dall’Ufficio (sentenza n. 18184/2013).
Motivo dell’urgenza erroneo. Nella fattispecie la S.C. ritiene allora che l’Ufficio abbia violato il principio di cooperazione previsto dall’articolo 12 dello Statuto perché l’atto è stato emanato circa una settimana dopo la redazione del processo verbale, senza attendere lo spirare dei 60 giorni dal rilascio della relativa copia; a giustificazione di tale azione anticipata, Ufficio e il giudice del merito hanno rispettivamente prospettato e convenuto sulla natura urgente dell'atto, al fine di rispettare i termini utili per il controllo, ma tale giustificazione era errata perché per notificare l'atto vi erano ancora a disposizione due anni. Insomma, il diritto della contribuente al contraddittorio preprocessuale è stato violato poiché erroneamente è stata invocata l'urgenza motivando che era imminente la scadenza per l’accertamento di anni pregressi.
lunedì 16 dicembre 2013
N. 05-2013
In evidenza:
•
Comunicazione beni ai soci: valido l’invio fino al 3
1
gennaio
•
Il nuovo Isee
•
Acconti Ires: il quadro definitivo
•
Antiriciclaggio: segnalazione delle operazioni
sospette
•
IMU abitazione principale
•
Associazioni sportive dilettantistiche
•
Co.co.pro.: scheda di sintesi
•
Acconto iva: casi pratici
•
Software anomalie studi di settore
•
Risparmio energetico: iter da seguire
•
Assegnazione beni ai soci
•
Revisori enti locali: la domanda di iscrizione entr
o
il 12 dicembre
I
N. 06-2013
In evidenza:
Saldo IMU
La comunicazione dei beni d’impresa concessi a
soci/familiari e finanziamenti ricevuti
Le spese di manutenzione
Antiriciclaggio
Il nuovo ISEE
Omaggi e regalie: i casi pratici
Il contraddittorio nel vecchio redditometro
Acconto Iva: esempi di calcolo
Pubblicata la bozza del modello 730/2014
IVA 2014: pubblicate le Bozze dei Modelli
dichiarativi
Indagini finanziarie
Pubblicata la bozza dei modelli 740 e Irap 2014
Decreto “Destinazione Italia”
mercoledì 11 dicembre 2013
16 dicembre 2013
Proprietari o titolari di altro diritto reale di godimento su beni immobili.
ADEMPIMENTO
Versamento del saldo dell'Imposta Municipale Propria (Imu) dovuta per l’anno in corso.
COME SI VERSA
La rata è pari al saldo dell'imposta annuale dovuta, applicando le aliquote deliberate dai comuni e scomputando quanto già versato a titolo di prima rata di giugno.
CODICI TRIBUTO
- 3912 – IMU su abitazione principale e relative pertinenze – Art. 13, c. 7, D.L. 201/2011 – COMUNE;
- 3913 – IMU per fabbricati rurali ad uso strumentale – COMUNE;
- 3914 – IMU per i terreni – COMUNE;
- 3915 – IMU per i terreni – STATO;
- 3916 – IMU per le aree fabbricabili – COMUNE;
- 3917 – IMU per le aree fabbricabili – STATO;
- 3918 – IMU per gli altri fabbricati – COMUNE;
- 3919 – IMU per gli altri fabbricati – STATO;
- 3923 – IMU - imposta municipale propria - INTERESSI DA ACCERTAMENTO - COMUNE;
- 3924 – IMU - imposta municipale propria - SANZIONI DA ACCERTAMENTO - COMUNE;
- 3925 – IMU - imposta municipale propria per gli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D - STATO;
- 3930 – IMU - imposta municipale propria per gli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D - INCREMENTO COMUNE;
- 350E – IMU - imposta municipale propria per fabbricati rurali ad uso strumentale – COMUNE;
- 351E – IMU - imposta municipale propria per i terreni – COMUNE;
- 352E – IMU - imposta municipale propria per i terreni – STATO;
- 353E – IMU - imposta municipale propria per le aree fabbricabili – COMUNE;
- 354E – IMU - imposta municipale propria per le aree fabbricabili – STATO;
- 355E – IMU - imposta municipale propria per gli altri fabbricati – COMUNE;
- 356E – IMU - imposta municipale propria per gli altri fabbricati – STATO;
- 357E – IMU - imposta municipale propria - INTERESSI DA ACCERTAMENTO – COMUNE;
- 358E – IMU - imposta municipale propria - SANZIONI DA ACCERTAMENTO – COMUNE;
- 359E – IMU - imposta municipale propria per gli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D – STATO;
- 360E – IMU - imposta municipale propria per gli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D - INCREMENTO COMUNE.
SANZIONI
Sanzione amministrativa
Omesso o insufficiente versamento di imposte: sanzione pari al 30% dell'ammontare non versato.
La nuova IUC (imposta comunale unica) in vigore dal 2014
OGGETTO: La nuova IUC (imposta comunale unica) in vigore dal 2014
La composizione della IUC
La nuova IUC si comporrà di 3 componenti:
·
l’IMU, relativa alla componente
patrimoniale;
·
la TASI, sui servizi indivisibili;
·
la TARI, sui rifiuti.
La componente IMU
continuerà ad essere pagata dal proprietario o dal detentore di un diritto
reale sull’immobile (usufruttuario, ecc.) e non dall’inquilino.
Solo la prima imposta (IMU) non graverà sull’abitazione
principale, fatta eccezione per gli immobili di lusso, che sconteranno
tutte e tre le componenti.
Su tutti gli immobili diversi dall’abitazione
principale, si continuerà a versare anche l’IMU.
Verrà fissato,
comunque, un tetto complessivo del
prelievo, che non può superare l’attuale IMU.
La TASI, di spettanza del proprietario e
dell’inquilino, se locato, varierà dall’1
per mille al 2,5 per mille per il 2014 (abitazione principale) e avrà la
stessa base imponibile dell’IMU.
La somma di IMU e
TASI non potrà superare il 10,6 per mille (tetto massimo previsto per l’IMU)
per le seconde abitazioni.
Verrà introdotta
una detrazione a favore dell’abitazione principale e delle pertinenze della
stessa, ai fini TASI, come funzionava per l’IMU, se i Comuni lo prevedranno nei
loro regolamenti e delibere.
Nessuna novità
per la TARI (componente rifiuti), tributo che graverà anche sugli inquilini, che
resta commisurato ai metri quadri e al numero degli abitanti, secondo le regole
già previste per la Tares, con la possibile istituzione di una tariffa puntuale
come facoltà dell’ente comunale.
Il vero problema
è che i Comuni, che già oggi arrivano al 10,6 per mille (abbassato di un punto
rispetto alla bozza della legge di stabilità) con la sola aliquota IMU, non
avranno le risorse sufficienti per coprire il costo dei servizi indivisibili.
Due le possibili
soluzioni: ridurre l’IMU al 9,6 per mille, per prevedere anche la TASI (all’1
per mille) o all’8,6 per mille per arrivare a una TASI del 2 per mille, o
rinunciare alla TASI del tutto, e reperendo in altro modo le risorse.
La prima strada è
sicuramente la migliore perché la
riduzione viene compensata dalla TASI.
La possibilità, poi,
di prevedere anche per la TASI un sistema di detrazioni, è del tutto teorica,
dato che i Comuni sono liberi di scegliere e se la situazione è quella
descritta avranno poco margine per una tale manovra a beneficio dei contribuenti.
Prevedere una
lista di casi specifici che godranno di sconti specifici (immobili dei single,
immobili di vacanza, immobili di chi risiede da più di 6 mesi all’estero, ecc.)
è un’altra possibilità del Comune, che può basare la graduazione su un criterio
reddituale (utilizzando lo strumento dell’ISEE con aggravio degli oneri dei
contribuenti) .
In definitiva,
molti contribuenti potranno vedersi richiedere un’aliquota TASI al 2,5 per
mille sull’abitazione principale, senza detrazioni, arrivando a pagare
un’imposta superiore alla vecchia IMU.
Il versamento della IUC
L’imposta sarà unica anche nel versamento: andrà, infatti,
corrisposta con un unico bollettino predisposto dall’ente comunale in 4 rate, scadenti il 16 gennaio, 16
aprile, 16 luglio e 16 ottobre.
Il contribuente
può, tuttavia, optare per un versamento unico a giugno e i Comuni per una
variazione delle scadenze standard.
IUC - SCADENZE PER IL
VERSAMENTO
|
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rata
|
date di versamento
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IUC - rateizzata
|
1°
|
16 gennaio
2014
|
2°
|
16 aprile
2014
|
|
3°
|
16 luglio
2014
|
|
4°
|
16 ottobre
2014
|
|
IUC – unica soluzione
|
Unica rata
|
16 giugno
2014
|
All’interno del F24
che verrà inviato alle abitazioni di ciascuno, vi saranno evidenziati i tre importi distinti con codice tributo
autonomo; esclusivamente la componente IMU sull’abitazione principale sarà
pari a zero se si tratta di immobili che rispettano i requisiti richiesti e non
accatastati come immobili di lusso (categorie A/1, A/8 E A/9).
Deducibilità ai fini IRES/IRPEF e
IRAP dell’IMU per gli immobili strumentali
Il testo del
maxi-emendamento alla Legge di stabilità 2014 prevede:
-
l’estensione dal 20% al 30% della deducibilità
dell’IMU ai fini IRES per gli immobili strumentali delle imprese,
-
e l’applicazione della deducibilità anche all’IRAP.
Con tale
possibilità le imprese possono assorbire in parte gli aumenti subiti
nell’ultimo biennio.
Fino al 2013 l’IMU non è mai stata
deducibile, né ai fini Ires, né tanto meno ai fini Irap.
Con la nuova Legge di stabilità 2014, gli effetti di
una deduzione
dell'Imu pagata per gli “immobili utilizzati per attività economica”, comportano
l’applicazione del principio di cassa
(art.99 co. 1 del Tuir) e non quello di competenza, in quanto le imposte
diverse da quelle sui redditi “sono deducibili nell'esercizio in cui avviene
il pagamento”.
Eventuali
ritardi nei pagamenti obbligheranno alla registrazione per competenza del costo nel bilancio civilistico e a una variazione in aumento in
Unico, con conseguente registrazione delle imposte anticipate, nel
rispetto delle condizioni previste dai principi contabili.
Effetti differenziati su diverse
tipologie di contribuenti
La
deducibilità dell'Imu al 30% (per il 2013) e al 20% (dal 2014) dal reddito
d'impresa e professionale avrebbe una ricaduta differenziata sui vari
soggetti:
-
per i soggetti Ires, il
risparmio d'imposta sarebbe facilmente calcolabile, pari al 30% dell'aliquota
ordinaria del 27,5%. Ciò significa, che dal 2013, pagare l'Imu costerebbe, in
termini di Ires, l’8,25% in meno e dal 2014 il 5,5% in meno, grazie alla
riduzione della variazione in aumento, operata in Unico alla voce "imposte
indeducibili o non pagate". Tuttavia, la società in perdita fiscale
non genera un effetto immediato, ma porterebbe ad accumulare un maggior importo di perdite riportabili
a bilancio.
È, addirittura,
possibile ipotizzare il caso estremo di una società, proprio per il minor
recupero dell'Imu, ai fini Ires, passi da una situazione in cui avrebbe versato
imposte sui redditi ad una con imponibile nullo o negativo;
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ANNO 2013
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ANNO 2014
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DEDUCIBILITA’
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30%
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20%
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ALIQUOTA IRES
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27,5%
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27,5%
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RISPARMIO
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8,25
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5,5
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per i soggetti Irpef, invece, il risparmio
dipenderebbe dall'aliquota marginale, che, nel caso di società di
persone, è differente a seconda dei soci che la compongono. In questo caso,
infatti, la società si limiterebbe a determinare il reddito imponibile per
trasmetterlo "per trasparenza" ai soci. Dal 2013 questo importo non
conterrebbe più l'intero ammontare di Imu presente a conto economico, ma
sarebbe costituito solo dal 30% per il 2013 e dal 20% per il 2014, di questo.
Il risparmio, quindi, si frazionerebbe tra i soci, e impatterebbe
sull'aliquota Irpef marginale di ciascuno di essi.
Se vi fosse
una situazione di "incapienza" (per via degli oneri deducibili o
detraibili), l'effetto del risparmio sarebbe nullo. Nel calcolo andrebbero
considerate anche le addizionali locali Irpef, in considerazione che il
reddito di partecipazione all'impresa entra a far parte anche della base
imponibile di questi tributi, come del resto accade per i contributi Ivs di
artigiani e commercianti;
-
l'imprenditore individuale (ma solo per gli immobili relativi all'impresa di cui all'art. 65, co.
1, Tuir, perché per gli altri eventualmente posseduti l'Imu non entra nel
calcolo del reddito imponibile) dovrebbe valutare il risparmio solo sulla
propria situazione personale;
-
stessa cosa per gli esercenti
arti e professioni, che godranno della deducibilità del 30% e poi del 20% dell'Imu
assolta sugli immobili strumentali. Anche in questo caso, il reddito
professionale (al lordo della ripresa Imu), entrerebbe a far parte
dell'imponibile per il contributo previdenziale di categoria, che quindi
sarebbe più leggero;
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caso particolare si avrebbero
per le imprese immobiliari, in particolare per quelle costruttrici
che dispongono di fabbricati (di qualunque categoria) realizzati per la vendita
e non locati (i "beni merce"). Queste società, infatti, fruiscono, per i fabbricati citati,
anche dell'abolizione della seconda rata Imu per il 2013, e della
totale esenzione a decorrere dal 2014. L'effetto, in questo caso, non
sarebbe solo di una minore imposizione sui redditi, ma di un minor onere che
"pesa" sul patrimonio immobiliare invenduto, evitando di aggravare
bilanci già di per sé deficitari.
DEDUCIBILITÀ AI FINI IRES/IRPEF e
IRAP DELL’IMU DAL 2013 (maxi-emendamento
Legge di stabilità 2014)
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TIPOLOGIA DI SOGGETTO
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SITUAZIONE FISCALE
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EFFETTI DELLA DEDUCIBILITA’
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SOGGETTI IRES
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SRL IN UTILE FISCALE
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Risparmio d'imposta pari al 30% dell'aliquota
ordinaria del 27,5% (8,25% in meno) nel 2013 grazie alla riduzione della variazione
in aumento operata in Unico alla voce "imposte indeducibili o non
pagate".
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SRL IN PERDITA FISCALE
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Accumulo di un maggior importo di perdite
riportabili a bilancio.
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SRL CHE PASSA DA UTILE A PERDITA
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Caso estremo di una società, che proprio per il
minor recupero dell'Imu ai fini Ires, passi da una situazione in cui avrebbe
versato imposte sui redditi ad una con imponibile nullo o negativo.
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IMMOBILIARI DI COSTRUZIONE
(beni merce)
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Godono della deducibilità al 30% dell'Imu
versata, e fruiscono anche dell'abolizione della seconda rata Imu per
il 2013 (e della totale esenzione a decorrere dal 2014).
Minore imposizione sui redditi e minor onere che
"pesa" sul patrimonio immobiliare invenduto, evitando di aggravare
bilanci già di per sé deficitari.
La prima rata Imu, che comunque è stata pagata e
resta dovuta, può fruire della deducibilità del 50% ai fini Irpef/Ires, così
come l'imposta pagata sugli immobili strumentali e su quelli
"patrimonio".
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SOGGETTI IRPEF
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SNC, SAS
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Risparmio che varia al variare dell'aliquota
marginale dei soci che partecipano la società (si
fraziona tra i soci) e impatta sull'aliquota Irpef marginale
di ciascuno di essi.
Nel calcolo vanno considerate anche le addizionali
locali Irpef, in considerazione che il reddito di partecipazione
all'impresa entra a far parte anche della base imponibile di questi tributi,
come del resto accade per i contributi Ivs di artigiani e commercianti;
Se vi
è una situazione di "incapienza" l'effetto del risparmio è
nullo.
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DITTA INDIVIDUALE
(esclusivamente per gli immobili relativi all'impresa di cui all'art. 65, co.
1, Tuir)
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Risparmio
valutato sulla propria situazione personale (aliquota marginale Irpef,
addizionali e base imponibile per i contributi previdenziali).
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LAVORATORE AUTONOMO
(sugli immobili
strumentali)
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Risparmio sull’aliquota marginale e reddito
professionale (al lordo della ripresa Imu) che entra a far parte
dell'imponibile per il contributo previdenziale di categoria, che quindi sarà
più leggero.
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