Pratiche Telematiche al Registro Imprese - Agenzia delle Entrate

Attestazione del requisito idoneità finanziaria

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martedì 29 marzo 2011

Il «lease back» costituisce un’unica operazione anche ai fini fiscali

http://www.eutekne.info/Sezioni/Art_333037.aspx
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L’operazione di lease back consiste nella vendita di un bene di proprietà di un’impresa a una società di leasing, la quale a sua volta retrocede in locazione finanziaria il bene al venditore.
Ai fini civilistici, l’art. 2425-bis comma 4 c.c. stabilisce che l’eventuale plusvalenza realizzata in sede di cessione del bene alla società di leasing (data dalla differenza positiva tra il prezzo della vendita e il valore contabile netto del bene) deve essere ripartita in funzione della durata del contratto.
Supponendo, quindi, un’operazione di lease back immobiliare da cui emerga una plusvalenza di 5.400.000 euro con durata del contratto di leasing di 18 anni, in bilancio occorrerà:
- per il primo anno, procedere al risconto della plusvalenza realizzata per 5.100.000 euro;
- per ogni esercizio successivo, imputare a Conto economico la quota di plusvalenza di competenza pari a 3.000.000 di euro.
Ai fini delle imposte dirette, tuttavia, è stato previsto un sistema che diverge in maniera significativa dall’impostazione contabile sopracitata.
Secondo quanto chiarito dalla CM n. 218 del 30 novembre 2000 e confermato poi dalla circ. Agenzia delle Entrate n. 38 del 23 giugno 2010, nel contratto di sale and lease back sussistono, dal punto di vista fiscale, due distinte operazioni: la cessione del bene e la locazione finanziaria dello stesso. Ciò significa che, in relazione alla cessione di un bene strumentale oggetto del contratto, si applica il disposto di cui all’art. 86 del TUIR in caso di emersione di una plusvalenza oppure dell’art. 101 del TUIR in caso di minusvalenza. Pertanto, l’eventuale plusvalenza di cui all’art. 86 concorrerà integralmente alla formazione del reddito imponibile: per l’intero ammontare nell’esercizio in cui è realizzata, ovvero, su opzione del contribuente, in quote costanti nell’esercizio in cui è realizzata e nei successivi, ma non oltre il quarto, se il bene è stato posseduto dal contribuente per almeno tre anni.
Si verifica, quindi, un disallineamento tra la disciplina civilistica e quella fiscale con la conseguente necessità di procedere all’iscrizione in bilancio della relativa fiscalità differita.
Secondo la giurisprudenza, non dovrebbe esserci un disallineamento
Sul tema, tuttavia, si segnala la sentenza n. 5/2/11 del 12 gennaio 2011 della C.T. Prov. Modena, secondo cui l’operazione di lease back è un negozio diverso e più complesso di una mera cessione a titolo oneroso; di conseguenza, essa non viene ritenuta scomponibile in due parti dotate di autonomia e, quindi, la plusvalenza non sarebbe riconducibile ad alcuna delle fattispecie di cui all’art. 86 del TUIR.
Viene osservato come l’art. 2425-bis comma 4 c.c. disponga chiaramente che le plusvalenze derivanti da operazioni di compravendita con locazione finanziaria al venditore sono ripartite in funzione della durata del contratto di locazione, senza alcuna distinzione tra metodo patrimoniale e metodo finanziario di contabilizzazione e, soprattutto, senza porre alcun particolare vincolo al riguardo.
Nella controversia in oggetto, la società cedente/utilizzatrice ha applicato il metodo indiretto di contabilizzazione dell’operazione, vale a dire l’imputazione del plusvalore a riduzione del costo del bene iscritto nello stato patrimoniale. In tale circostanza, è stata riconosciuta l’integrale deduzione extra-contabile dell’eccedenza del canone di locazione rispetto agli ammortamenti (perché calcolati su un costo di iscrizione del bene ridotto dell’ammontare dello stesso plusvalore) e agli interessi passivi imputati in bilancio. In merito, è stata richiamata l’applicazione dell’art. 109 comma 4 lett. b) del TUIR, in virtù del quale sono deducibili spese e componenti negativi che, pur non essendo imputabili direttamente al Conto economico, sono deducibili per disposizione di legge o quando, specificatamente afferenti i ricavi e altri proventi, risultino da elementi certi e precisi.
 

Ultimi giorni per pagare l’imposta sostitutiva sui leasing


C’è tempo fino al 31 marzo 2011 per corrispondere telematicamente l’imposta sostitutiva
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Restano pochi giorni a disposizione dei contribuenti per il pagamento dell’imposta sostitutiva sui contratti di leasing immobiliare in corso al 1° gennaio 2011.
Si ricorda, infatti, che a norma dell’art. 1 comma 16 della L. 13 dicembre 2010 n. 220, per “tutti i contratti di locazione finanziaria di immobili in corso di esecuzione” alla data del 1° gennaio 2011, le parti sono tenute a versare un’imposta sostitutiva delle imposte ipotecaria e catastale da corrispondere in un’unica soluzione entro il 31 marzo 2011.
L’esigenza di prevedere la corresponsione dell’imposta sostitutiva delle imposte ipotecaria e catastale sui leasing in corso al 1° gennaio 2011 scaturisce dalla riforma dell’imposizione indiretta dei contratti di locazione finanziaria, operata dal comma 15 della L. 220/2010. Infatti, in seguito alle novità introdotte con la Legge di stabilità (dal 1° gennaio 2011):
- al momento dell’acquisto del bene oggetto di leasing, le imposte ipotecaria e catastale sono dovute in misura integrale (e non più dimezzata, com’era previsto, per i contratti di leasing di immobili strumentali, dal DL 223/2006);
- al momento del riscatto del bene oggetto di leasing, in seguito all’opzione per l’acquisto da parte dell’utilizzatore, le imposte di registro, ipotecaria e catastale sono dovute in misura fissa, pari a 168 euro ciascuna (mentre durante la vigenza del DL 223/2006, l’imposta di registro era dovuta in misura ordinaria e le imposte ipotecaria e catastale in misura dimezzata, nel caso di beni strumentali).
Ne deriva che i contratti di leasing, stipulati durante la vigenza del DL 223/2006, che hanno determinato l’applicazione delle imposte ipotecaria e catastale nella misura dimezzata (2% totale) al momento dell’acquisto dell’immobile strumentale da parte della società di leasing, ora, in applicazione della nuova disciplina dettata dalla Legge di stabilità, in caso di opzione per il riscatto (successiva al 1° gennaio 2011), verrebbero a scontare le imposte ipotecaria e catastale in misura fissa, godendo di un indebito vantaggio.
Pertanto, il Legislatore ha disposto, per tutti i contratti di leasing in corso alla data del 1° gennaio 2011, l’obbligo di corrispondere, entro il 31 marzo 2011, un’imposta sostitutiva delle imposte ipotecaria e catastale. L’imposta sostitutiva dovrà essere computata operando una riduzione del 4%, moltiplicato per gli anni di residua durata del contratto, sull’imposta che avrebbe dovuto essere corrisposta in base all’art. 35 comma 10-sexies del DL 223/2006 nel testo vigente fino al 31 dicembre 2010.
Ad esempio, si ipotizzi un contratto di leasing, stipulato nel 2007, avente durata complessiva di 15 anni (con data prevista per il riscatto il 1° aprile 2022), avente ad oggetto un immobile strumentale il cui valore (costo sostenuto per l’acquisto da parte della società di leasing) sia pari a 500.000 euro.
In primo luogo, è necessario calcolare le imposte ipotecaria e catastale dovute in base all’art. 35 comma 10-ter del DL 223/2006, applicando l’aliquota del 2% (per i beni strumentali, ovvero 1,5% + 0,5%) al valore di 500.000, ottenendo il risultato di 10.000 euro.
A tale cifra deve essere sottratto l’ammontare dell’imposta di registro proporzionale (1%, trattandosi di immobile strumentale) pagata fino al momento della corresponsione dell’imposta sostitutiva, che ipotizziamo ammonti a 2.000 euro. La riduzione del 4% (per ogni anno di durata residua) dovrà, quindi, essere applicata alla cifra di 10.000 – 2.000 = 8.000 euro. Per quanto riguarda la durata residua del contratto, essa è pari a:
- 11 anni (dal 1° gennaio 2011 al 31 dicembre 2021);
- e 91 giorni (dal 1° gennaio 2022 al 1° aprile 2022).
Come chiarito dall’Agenzia delle Entrate nella circ. 12/2011, nella determinazione dell’imposta sostitutiva è necessario tenere conto delle frazioni di anno, dividendo il numero dei giorni per 365. Pertanto, nel caso di specie, occorre operare il seguente calcolo: (4% x 11 anni) + (4% x 91/365) = 44 + 0,997 = 44,997%.
L’imposta sostitutiva da corrispondere entro il 31 marzo 2011 ammonterà, quindi, a 8.000 – (8.000 x 44,997%) = 8.000 – 3.599,76 = 4.400,24 euro.
Si ricorda che le modalità del versamento dell’imposta sostitutiva sono state disposte con il provv. Agenzia delle Entrate 14 gennaio 2011 e le specifiche tecniche per il versamento sono state definite e attivate con il provv. Agenzia delle Entrate 4 marzo 2011 n. 35830.
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Istanze di rimborso IVA con termine ultimo al 31 marzo


Per gli acquisti effettuati nel 2009, prorogato il termine originario del 30 settembre 2010
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Il 31 marzo 2011 sarà l’ultimo giorno utile per presentare le istanze di rimborso dell’IVA assolta, nel 2009, dai soggetti passivi stabiliti in un Paese membro diverso da quello in cui sono stati effettuati gli acquisti di beni e servizi.
Il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate dell’11 novembre 2010, in attuazione della Direttiva n. 2010/66/UE, ha infatti prorogato, dal 30 settembre 2010 al 31 marzo 2011, il termine di presentazione delle richieste di rimborso di cui agli artt. 38-bis1 e 38-bis2 del DPR n. 633/1972, riferite all’anno 2009. Come si evince dai “Considerando” della Direttiva, la proroga è stata concessa, in via eccezionale, per salvaguardare l’esercizio del diritto di rimborso dei soggetti passivi, posto che il mancato funzionamento dei portali elettronici di alcuni Paesi membri ha impedito la presentazione, nei termini originariamente stabiliti, delle relative domande.
Il differimento riguarda i rimborsi dell’imposta assolta in altri Stati membri dai soggetti passivi italiani (art. 38-bis1) e, specularmente, i rimborsi dell’imposta assolta in Italia dai soggetti passivi stabiliti in altri Stati membri (art. 38-bis2). Per i rimborsi di cui all’art. 38-ter, chiesti dai soggetti passivi stabiliti in Stati extra-UE con cui sussistono accordi di reciprocità (attualmente, Svizzera, Norvegia e Israele), rimane immutato il termine del 30 settembre 2010 per la presentazione, al Centro operativo di Pescara, in forma esclusivamente cartacea, del modello IVA 79 (approvato con il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate del 29 aprile 2010).
In linea con la riformulata disciplina comunitaria (artt. 14 e 16 della Direttiva n. 2008/9/CE, in vigore dal 1° gennaio 2010), le richieste di rimborso debbono riferirsi agli acquisti di beni e servizi fatturati e alle importazioni effettuate in un periodo non superiore all’anno solare e non inferiore a tre mesi, ovvero ad un periodo più breve se rappresenta la parte residua di un anno solare. Anche le soglie quantitative per accedere alla procedura di rimborso sono state adeguate in conformità all’art. 17 della Direttiva n. 2008/9/CE, per cui le istanze relative a periodi inferiori all’anno ma non a tre mesi devono essere di importo complessivo non inferiore a 400 euro, ridotto a 50 euro per le istanze relative ad un periodo annuale o alla parte residua di un anno inferiore a tre mesi.
Sotto il profilo soggettivo, la restituzione dell’imposta presuppone che il soggetto passivo richiedente non abbia effettuato, nel Paese di rimborso, cessioni di beni e prestazioni di servizi ivi territorialmente rilevanti, fatta eccezione per i servizi, non imponibili, di trasporto internazionale e i relativi servizi accessori, nonché per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi soggette a “reverse charge”.
Il rimborso è, inoltre, ammesso quand’anche il soggetto non residente sia identificato in Italia “direttamente” (ex art. 35-ter del DPR n. 633/1972) o per mezzo di un rappresentante fiscale, purché la posizione IVA italiana sia “inerte”, cioè non sia stata utilizzata, nel periodo di riferimento, per effettuare operazioni, territorialmente rilevanti, di cui sia debitore d’imposta il soggetto estero.
In presenza di una stabile organizzazione in Italia, l’art. 38-bis2, comma 1 del DPR n. 633/1972 nega il diritto di rimborso a favore del soggetto non residente, anche quando l’acquisto sia riferibile ad un’attività non esercitata dalla branch, cioè, più chiaramente, anche quando quest’ultima non sia parte (passiva) dell’operazione. Si tratta di una preclusione che, attribuendo una forza attrattiva “totalizzante” alla stabile organizzazione, si pone in evidente contrasto con l’art. 192-bis della Direttiva n. 2006/112/CE, anche in considerazione delle disposizioni regolamentari che ne chiariscono la portata (artt. 53 e 54 del Reg. n. 282/2011/UE).
Sotto il profilo oggettivo, il rimborso è escluso sia per l’imposta che, in conformità alla legislazione dello Stato di rimborso, sia indetraibile, sia per espressa previsione normativa (cioè, riguardo alla legislazione nazionale, in riferimento all’art. 19-bis1 del DPR 633/1972), sia perché indebitamente fatturata ovvero erroneamente addebitata per cessioni di beni e prestazioni di servizi non imponibili, esenti o, comunque, non soggette ad IVA.
Il soggetto passivo richiedente, inoltre, deve svolgere un’attività che dia diritto alla detrazione: in caso di pro rata, il rimborso spetta in misura corrispondente alla percentuale di detrazione applicata nel Paese del richiedente, tant’è che – nella relativa istanza – occorre indicare la percentuale di detrazione provvisoriamente applicata nell’anno in corso, per poi effettuare, ex post, le relative rettifiche, una volta determinato, in sede di dichiarazione annuale, il pro rata definitivo.
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BOLLO AUTO: IL TERMINE PER LA RISCOSSIONE E’ DI DUE ANNI

BOLLO AUTO: IL TERMINE PER LA RISCOSSIONE E’ DI DUE ANNI
Il termine per la riscossione del bollo auto è di due anni dalla notifica dell’avviso di accertamento.
Ciò è quanto stabilito da una recente sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Milano (sent. n.14 del 18/01/2011) la quale stabilisce che “… in materia di tasse auto, la cartella successiva alla notifica dell'accertamento va notificata ex art. 25 c. 1 lett. c D.P.R. 602/73 entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in cui l'avviso di accertamento si è reso definitivo”.
A distanza, dunque, di pochi mesi dal commento di altre precedenti sentenze delle Commissioni Tributarie di Taranto e di Roma (si vedano le sent. della Ctp di Taranto n. 44 del 27/03/07 e sent. della Ctr del Lazio n.137 del 20/10/2005 liberamente scaricabili dal sito www.studiolegalesances.it – sezione Documenti) che stabilivano il termine triennale è intervenuta questa nuova posizione giurisprudenziale.
Con la presente pronuncia, quindi, i giudici di Milano non hanno accolto la tesi di Equitalia che riteneva di potersi applicare il termine di prescrizione decennale dopo la notifica dell’accertamento del bollo auto.
I giudici, infatti, chiariscono che l’art. 17, comma 10, della legge n.449/97, rinvia al DPR n.602/73 (norma relativa alla riscossione delle imposte sui redditi) per la riscossione del bollo auto.
Alla luce di questa nuova sentenza, dunque, è bene far presente che il contribuente si troverà a dover distinguere tra termini legati all’accertamento e quelli relativi alla riscossione del bollo auto.
In pratica, il contribuente deve essere consapevole del fatto che vi sono due fasi (ossia l’accertamento del tributo e la riscossione) ognuna delle quali deve avvenire entro precisi termini, ossia:
1) il termine per l’accertamento del regolare versamento del bollo auto da parte della regione si prescrive con il decorso del terzo anno successivo a quello in cui doveva essere effettuato il pagamento (si veda l’art. 3 del Dl n. 2/1986);
2) il termine per la notifica della cartella da parte del concessionario – in caso di mancato pagamento dopo la notifica dell’accertamento – deve avvenire invece entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in cui l’atto è divenuto definitivo (ossia trascorsi sessanta giorni dalla notifica dell’avviso di accertamento in caso di mancata impugnazione).

sabato 26 marzo 2011

news

“Solo imboccando la via del riformismo, anche a costo di risultare impopolari, si può sperare in un miglioramento per il Paese. Perché non intervenire è l’unico modo per far andare peggio le cose”. Appare sicuro di sé, deciso e pronto a difendere le proprie scelte il Ministro della Giustizia Angelino Alfano, quando prende la parola al termine del Convegno nazionale di studi sulla mediazione civile e sul ruolo dei commercialisti, svoltosi ieri a Torino.
“Da Torino può partire un messaggio forte – ha esordito –. Di fronte a circa 6 milioni di cause arretrate, in una situazione difficile dove non ci sono soldi, abbiamo pensato a come far funzionare meglio la giustizia in Italia, perché l’eccessiva durata delle cause civili è anche uno dei freni alla competitività del sistema”. La decisione di “mettere le mani sui gangli del sistema e provarci, perché non c’è via al riformismo che passi per il mantenimento dell’esistente”, non poteva che provocare proteste, “di cui mi assumo la responsabilità politica” e quindi, a maggior ragione, “chiunque, come nel caso dei commercialisti per la mediazione obbligatoria, si assume la responsabilità di essere un libero professionista iscritto a un Ordine e si pone come interlocutore istituzionale, contribuisce al bene del Paese”.
In un sistema più ampio, che comprende altri interventi per rendere la giustizia italiana più efficiente, la mediazione si configura come uno dei “pilastri della riforma della giustizia, che può funzionare solo attraverso lo smaltimento dell’arretrato. A questo proposito, i dati sono confortanti: nel giugno 2010, si è segnato per la prima volta un punto di flesso, registrando 250mila cause in meno rispetto alle previsioni. Da più parti mi chiedono soldi, ma le risorse, investite in un sistema inefficiente, si trasformano in sprechi”. Nel tentativo di rendere il sistema più efficiente, la mediazione può svolgere un ruolo fondamentale: “Deve essere accompagnata da una svolta culturale, per non essere inutile, ma la leva fiscale aiuta le parti, che nel 70% dei casi si fanno assistere dagli avvocati. Nelle nuove mediazioni, il cliente può ottenere un enorme risparmio in cambio della cessione di una parte delle proprie pretese”.
Accanto a un istituto come la mediazione, la strategia del Governo ha puntato e sta puntando sulla riduzione delle opposizioni alle sanzioni amministrative, sull’innovazione, attraverso la riforma del codice di procedura civile, con il dimezzamento delle fasi procedurali, sulla semplificazione delle procedure e sull’investimento nell’informatica: “Con il Ministro Brunetta, stiamo lavorando a un piano per digitalizzare, nei prossimi 18 mesi, tutte le notifiche e gli atti”.