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martedì 29 marzo 2011

Istanze di rimborso IVA con termine ultimo al 31 marzo


Per gli acquisti effettuati nel 2009, prorogato il termine originario del 30 settembre 2010
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Il 31 marzo 2011 sarà l’ultimo giorno utile per presentare le istanze di rimborso dell’IVA assolta, nel 2009, dai soggetti passivi stabiliti in un Paese membro diverso da quello in cui sono stati effettuati gli acquisti di beni e servizi.
Il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate dell’11 novembre 2010, in attuazione della Direttiva n. 2010/66/UE, ha infatti prorogato, dal 30 settembre 2010 al 31 marzo 2011, il termine di presentazione delle richieste di rimborso di cui agli artt. 38-bis1 e 38-bis2 del DPR n. 633/1972, riferite all’anno 2009. Come si evince dai “Considerando” della Direttiva, la proroga è stata concessa, in via eccezionale, per salvaguardare l’esercizio del diritto di rimborso dei soggetti passivi, posto che il mancato funzionamento dei portali elettronici di alcuni Paesi membri ha impedito la presentazione, nei termini originariamente stabiliti, delle relative domande.
Il differimento riguarda i rimborsi dell’imposta assolta in altri Stati membri dai soggetti passivi italiani (art. 38-bis1) e, specularmente, i rimborsi dell’imposta assolta in Italia dai soggetti passivi stabiliti in altri Stati membri (art. 38-bis2). Per i rimborsi di cui all’art. 38-ter, chiesti dai soggetti passivi stabiliti in Stati extra-UE con cui sussistono accordi di reciprocità (attualmente, Svizzera, Norvegia e Israele), rimane immutato il termine del 30 settembre 2010 per la presentazione, al Centro operativo di Pescara, in forma esclusivamente cartacea, del modello IVA 79 (approvato con il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate del 29 aprile 2010).
In linea con la riformulata disciplina comunitaria (artt. 14 e 16 della Direttiva n. 2008/9/CE, in vigore dal 1° gennaio 2010), le richieste di rimborso debbono riferirsi agli acquisti di beni e servizi fatturati e alle importazioni effettuate in un periodo non superiore all’anno solare e non inferiore a tre mesi, ovvero ad un periodo più breve se rappresenta la parte residua di un anno solare. Anche le soglie quantitative per accedere alla procedura di rimborso sono state adeguate in conformità all’art. 17 della Direttiva n. 2008/9/CE, per cui le istanze relative a periodi inferiori all’anno ma non a tre mesi devono essere di importo complessivo non inferiore a 400 euro, ridotto a 50 euro per le istanze relative ad un periodo annuale o alla parte residua di un anno inferiore a tre mesi.
Sotto il profilo soggettivo, la restituzione dell’imposta presuppone che il soggetto passivo richiedente non abbia effettuato, nel Paese di rimborso, cessioni di beni e prestazioni di servizi ivi territorialmente rilevanti, fatta eccezione per i servizi, non imponibili, di trasporto internazionale e i relativi servizi accessori, nonché per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi soggette a “reverse charge”.
Il rimborso è, inoltre, ammesso quand’anche il soggetto non residente sia identificato in Italia “direttamente” (ex art. 35-ter del DPR n. 633/1972) o per mezzo di un rappresentante fiscale, purché la posizione IVA italiana sia “inerte”, cioè non sia stata utilizzata, nel periodo di riferimento, per effettuare operazioni, territorialmente rilevanti, di cui sia debitore d’imposta il soggetto estero.
In presenza di una stabile organizzazione in Italia, l’art. 38-bis2, comma 1 del DPR n. 633/1972 nega il diritto di rimborso a favore del soggetto non residente, anche quando l’acquisto sia riferibile ad un’attività non esercitata dalla branch, cioè, più chiaramente, anche quando quest’ultima non sia parte (passiva) dell’operazione. Si tratta di una preclusione che, attribuendo una forza attrattiva “totalizzante” alla stabile organizzazione, si pone in evidente contrasto con l’art. 192-bis della Direttiva n. 2006/112/CE, anche in considerazione delle disposizioni regolamentari che ne chiariscono la portata (artt. 53 e 54 del Reg. n. 282/2011/UE).
Sotto il profilo oggettivo, il rimborso è escluso sia per l’imposta che, in conformità alla legislazione dello Stato di rimborso, sia indetraibile, sia per espressa previsione normativa (cioè, riguardo alla legislazione nazionale, in riferimento all’art. 19-bis1 del DPR 633/1972), sia perché indebitamente fatturata ovvero erroneamente addebitata per cessioni di beni e prestazioni di servizi non imponibili, esenti o, comunque, non soggette ad IVA.
Il soggetto passivo richiedente, inoltre, deve svolgere un’attività che dia diritto alla detrazione: in caso di pro rata, il rimborso spetta in misura corrispondente alla percentuale di detrazione applicata nel Paese del richiedente, tant’è che – nella relativa istanza – occorre indicare la percentuale di detrazione provvisoriamente applicata nell’anno in corso, per poi effettuare, ex post, le relative rettifiche, una volta determinato, in sede di dichiarazione annuale, il pro rata definitivo.
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