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giovedì 31 luglio 2014

IVA per cassa, nel volume d’affari anche le operazioni fuori campo



A decorrere dal 1° gennaio 2013, entrano a far parte del volume d’affari anche le cessioni di beni e le prestazioni di servizi fuori campo IVA (in quanto eseguite al di fuori del territorio dello Stato), posto che tali operazioni sono soggette ad obbligo di fatturazione e, quindi, all’obbligo di registrazione, confluendo dunque nel volume d’affari del soggetto.
Dopo che con la circolare n. 27 del 10 ottobre 2012 l’Assonime aveva illustrato gli elementi di novità della nuova disciplina dell’IVA per cassa, introdotta dall’art. 32-bis del D.L. n. 83/2012 - in vigore per le operazioni effettuate dal 1° dicembre 2012 - l’Associazione è nuovamente intervenuta con la circolare n. 6 del 18 febbraio 2013, per illustrare le disposizioni di applicazione di tale regime, le modalità di esercizio dell’opzione per aderirvi ed i primi chiarimenti forniti in materia dall’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 44/E del 26 novembre 2012.
L’elemento di maggiore novità del regime di cassa - che riguarda i soggetti passivi il cui volume d’affari realizzato nell’anno solare precedente (o, in caso di inizio dell’attività, che presumono di realizzare nel primo esercizio) non supera i 2 milioni di euro - consiste nel fatto che per il soggetto che sceglie questo regime il differimento dell’esigibilità dell’imposta al momento del pagamento dei relativi corrispettivi (l’imposta è comunque esigibile dopo il decorso di un anno dal momento di effettuazione dell’operazione) riguarda sia le operazioni (attive) effettuate nei confronti di altri soggetti IVA sia l’esercizio del diritto alla detrazione dell’IVA sugli acquisti (operazioni passive).
Volume d’affari
L’Assonime precisa che, a decorrere dal 1° gennaio 2013, entrano a far parte del volume d’affari anche le cessioni di beni e le prestazioni di servizi fuori campo IVA (in quanto eseguite al di fuori del territorio dello Stato) di cui agli articoli da 7 a 7-septies del decreto IVA, posto che ai sensi del nuovo comma 6-bis dell’art. 21, a decorrere dal 1° gennaio 2013, le suddette operazioni sono soggette ad obbligo di fatturazione e, quindi, all’obbligo di registrazione, confluendo dunque nel volume d’affari del soggetto.
La circolare, inoltre, ricorda che l’Agenzia delle Entrate ha precisato che nel caso di inizio dell’attività in corso d’anno, ai fini del calcolo dell’anzidetto limite, il volume d’affari non deve essere ragguagliato all’anno.
Procedure concorsuali
L’art. 1, comma 2, D.M. 11 ottobre 2012 individua un limite di carattere temporale al differimento dell’esigibilità: l’imposta è comunque esigibile dopo il decorso di un anno dal momento di effettuazione dell’operazione. Questo limite non opera se, anteriormente alla scadenza del termine, il cessionario o committente sia stato assoggettato a procedure concorsuali (fallimento, concordato preventivo, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi).
La circolare Assonime osserva che, “contrariamente a quanto avevamo auspicato nella nostra circolare n. 27 del 2012”, nel testo del decreto non è stata inserita la previsione dell’inapplicabilità del limite annuale al differimento dell’esigibilità dell’imposta nel caso in cui, prima del decorso del termine, il cessionario o committente sia stato assoggettato a procedure esecutive. Secondo la circolare, “non si comprendono le ragioni di questa scelta, atteso che per le procedure esecutive sono validi gli stessi motivi che portano ad escludere l’applicabilità del limite annuale nel caso di assoggettamento a procedure concorsuali” (peraltro, sul punto non vi sono chiarimenti nemmeno nella circolare n. 44/E dell’Agenzia).
Operazioni attive escluse dal differimento dell’esigibilità
La circolare illustra le disposizioni contenute nell’art. 2 del D.M. 11 ottobre 2012 e nella circolare n. 44/E dell’Agenzia delle Entrate. L’Assonime mette in rilievo che dal regime IVA per cassa sono escluse le operazioni poste in essere nei confronti di privati consumatori. A tal fine, la circolare osserva che tale preclusione dovrebbe riguardare le operazioni rese a soggetti IVA persone fisiche che acquisiscono i beni o i servizi non nell’esercizio della propria attività imprenditoriale, artistica o professionale, ma per “uso privato”, per cui si pone il problema di come il soggetto passivo possa comprovare tale uso.
Secondo l’Assonime, “a questi fini potrebbe essere utilizzata una espressa dichiarazione del cessionario o del committente, dichiarazione, però, che il cedente o prestatore non sarà sempre in grado di ottenere, non sussistendo un obbligo di legge in tal senso”.
Oppure, considerando che nell’ipotesi in cui il cessionario o committente non agisce nell’esercizio d’impresa, arte o professione sulla fattura deve essere indicato il codice fiscale di tale soggetto, “potrebbe ritenersi che la presenza in fattura del codice fiscale in luogo del numero di partita IVA del cessionario o committente possa comprovare che l’acquisto del bene o del servizio in questione è stato realizzato a titolo privato”.
In considerazione della disposizione che preclude l’applicazione dell’IVA per cassa in caso di adozione di regimi speciali, la circolare Assonime, richiamando la relazione illustrativa al decreto attuativo, precisa che nel caso di esercizio di più attività, di cui una soggetta a particolari regimi di applicazione dell’IVA per i quali è precluso il regime per cassa, il regime dell’IVA per cassa potrà essere applicato per le operazioni poste in essere nell’ambito dell’attività soggetta al regime ordinario, sempreché le operazioni attive e passive escluse dal regime dell’IVA per cassa configurino l’esercizio di una attività separata ai sensi dell’art. 36 del D.P.R. n. 633.
Operazioni passive escluse dal differimento del diritto alla detrazione
Il nuovo regime dell’IVA per cassa stabilisce il rinvio della detraibilità dell’IVA fino al pagamento dei corrispettivi ai fornitori. Il D.M. di attuazione prevede che per alcune operazioni il diritto di detrazione non è differito al momento del pagamento ma può essere esercitato secondo le regole ordinarie.
Si tratta delle seguenti operazioni:
  • acquisti di beni o servizi assoggettati all’IVA con il meccanismo dell’inversione contabile;
  • acquisti intracomunitari di beni;
  • importazioni di beni;
  • estrazioni di beni dai depositi IVA,
per le quali, cioè, l’esercizio del diritto alla detrazione è in genere esercitato contestualmente al versamento dell’imposta, in modo che non si producano oneri finanziari per il soggetto interessato. La stessa regola vale anche per le importazioni, per le quali, come noto, l’imposta è dovuta in dogana contestualmente all’introduzione materiale dei beni nel territorio dello Stato.
Poiché l’attuale disciplina dell’IVA per cassa, a differenza di quella precedente, non si applica a singole operazioni, ma all’intera attività del soggetto interessato, la circolare n. 44/E dell’Agenzia delle Entrate ha precisato che l’adozione di tale regime implica per il soggetto interessato il differimento della detrazione dell’IVA al momento del pagamento del corrispettivo ai propri fornitori per tutti gli acquisti effettuati, anche in presenza di operazioni attive in relazione alle quali l’applicazione dell’IVA per cassa è esclusa, a meno che il soggetto effettui “operazioni in relazione alle quali è stata adottata una contabilità separata ai sensi dell’art. 36 del D.P.R. n. 633”.
Secondo la circolare in commento, tale soluzione interpretativa non “sembra appagante”, poiché sarebbe opportuno, per le operazioni attive in relazione alle quali l’esigibilità dell’imposta non è differita al momento del pagamento del corrispettivo, “poter applicare le regole ordinarie al fine di poter detrarre tempestivamente l’imposta assolta sugli acquisti direttamente imputabili alle operazioni medesime” (la circolare osserva, comunque, che, norma dell’art. 5, comma 1, del D.M., l’imposta può essere in ogni caso detratta decorso un anno dall’effettuazione dell’operazione, indipendentemente dal pagamento del corrispettivo.
Obblighi procedimentali
L’Assonime osserva opportunamente che, per i soggetti che applicano il regime di cassa, ai fini dell’esecuzione degli adempimenti formali (ad esempio, emissione e registrazione delle fatture), occorre tenere conto della caratteristica del regime, cioè del differimento dell’esigibilità dell’imposta al momento del pagamento del corrispettivo. Pertanto, “sotto questo profilo, in considerazione di tale esigenza, è da ritenere che gli obblighi procedimentali che devono essere osservati dai soggetti che optano per l’applicazione del sistema dell’IVA per cassa siano, in concreto, quelli individuati in relazione al differimento dell’esigibilità dell’IVA previsto dal quinto comma dell’art. 6 del D.P.R. n. 633 del 1972”.

Quindi, ad esempio:
  • le fatture emesse devono essere, come quelle ad esigibilità immediata, annotate nel registro di cui all’art. 23 del decreto IVA entro 15 giorni dalla data di emissione. In tal modo l’imposta indicata in tali fatture concorre a formare il volume d’affari nel periodo di riferimento, e, sussistendone i presupposti, entra nel calcolo del pro-rata di detrazione;
  • l’IVA sarà computata nella liquidazione periodica del periodo nel corso del quale viene incassato il corrispettivo;
  • è possibile utilizzare registri sezionali per la gestione delle fatture di che trattasi (in tal modo, per i contribuenti potrebbe risultare più semplice il costante monitoraggio della tempistica degli incassi dell’imposta fatturata, per individuare il periodo della liquidazione IVA nel quale computare l’imposta divenuta esigibile);
  • sulle fatture emesse in applicazione della disciplina in esame deve essere indicato che trattasi di operazioni in relazione alle quali è stato adottato il sistema dell’IVA per cassa;
  • le fatture passive ricevute dai soggetti che applicano il regime per cassa devono essere normalmente annotate nel registro degli acquisti, fermo restando la facoltà di tenere specifici registri sezionali.
Relativamente alla individuazione del momento in cui l’imposta diventa esigibile nel caso di pagamento del corrispettivo effettuato con mezzi diversi dal contante, l’Assonime ricorda i chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate, secondo la quale - nel caso di pagamento non effettuato per contanti (ad esempio, con assegni bancari, RIBA, RID, bonifico bancario) - per individuare tale momento il soggetto che adotta l’IVA per cassa dovrà fare riferimento alle risultanze dei propri conti per verificare l’avvenuto accreditamento del corrispettivo. Più in particolare, come successivamente specificato in occasione di un forum organizzato da organi di stampa, indipendentemente dalla formale conoscenza dell’accredito dell’importo in questione sul conto corrente, acquisita tramite il documento contabile inviato dalla banca, dovrà farsi riferimento alla cosiddetta “data disponibile”, che indica il giorno a partite dal quale può essere utilizzata la somma accreditata sul conto.
Esercizio e revoca dell’opzione
L’IVA per cassa è un regime opzionale che, quindi, deve essere espressamente scelto dal contribuente. A tal riguardo, la circolare Assonime osserva che l’opzione per l’IVA per cassa si desume dal comportamento concludente del contribuente, ai sensi della disciplina generale sulle opzioni di cui al D.P.R. n. 442 del 1997, che deve essere comunicato “nella dichiarazione annuale ai fini dell’IVA relativa al periodo d’imposta in cui il regime medesimo è stato applicato (Quadro VO)”.
Infatti, nella dichiarazione IVA/2013, relativa al 2012, la Sezione 1 del quadro VO è stata implementata, con l’introduzione del Rigo VO15, per la comunicazione dell’opzione per il regime dell’IVA per cassa dei soggetti che applicano tale regime a decorrere dal 1° dicembre 2012.
L’art. 3 del D.M. di attuazione prevede una durata minima di permanenza nel regime di 3 anni, salvi i casi di superamento della soglia dei 2 milioni di euro di volume d’affari, che comportano la cessazione del regime. Trascorso il periodo minimo di permanenza nel regime prescelto, l’opzione resta valida per ciascun anno successivo, salvo revoca espressa, da esercitarsi con le stesse modalità di esercizio dell’opzione, mediante comunicazione nella prima dichiarazione annuale IVA presentata successivamente alla scelta effettuata. Ai fini del computo del triennio, se l’opzione è esercitata a partire dal 1° dicembre 2012, l’anno 2012 è considerato primo anno di applicazione del regime. Il primo triennio è quindi composto dagli anni 2012, 2013 e 2014, mentre la revoca può essere esercitata, sempre tramite comportamento concludente, dal 2015.
In caso di superamento della soglia nel corso dell’anno, alle operazioni attive e passive effettuate a partire dal mese successivo a quello in cui la soglia anzidetta è superata si applica il regime IVA ordinario (i contribuenti trimestrali che superino la soglia nel corso di un trimestre possono completare il trimestre applicando il regime dell’IVA per cassa).
Cessazione di attività
Secondo la circolare n. 6/2013, nell’ipotesi di cessazione di attività “posto che per le operazioni assoggettate all’IVA per cassa è differita l’esigibilità dell’imposta, potrebbe ritenersi applicabile nella specie la regola individuata in proposito per le operazioni ad esigibilità differita ordinaria di cui all’art. 6, quinto comma, del D.P.R. n. 633 del 1972: per tali operazioni l’art. 35, quarto comma, dello stesso decreto stabilisce che nell’ultima dichiarazione annuale relativa all’anno di cessazione dell’attività si deve tener conto anche dell’imposta dovuta per le operazioni per le quali, in mancanza del pagamento, non si è ancora verificata l’esigibilità.”

IVA 2014: operazioni extra-territoriali nel volume d’affari

IVA 2014: operazioni extra-territoriali nel volume d’affari



La pubblicazione del modello IVA 2014 conferma l’obbligo di inclusione nel volume d’affari delle operazioni fuori campo Iva per carenza del presupposto territoriale di cui agli artt. da 7 a 7-septies del DPR 633/72. Per tali operazioni, riguardanti sia cessioni di beni che prestazioni di servizi, che devono essere collocate nel rigo VE39, la concorrenza alla formazione del volume d’affari dipende dall’obbligo di emissione della fattura, previsto dall’art. 21, co. 6-bis, del DPR 633/72. Tale ultima disposizione, inserita dalla Legge n. 228/2012, con effetto dal 1° gennaio 2013, ha introdotto l’obbligo di fatturazione per le seguenti operazioni prive del presupposto territoriale Iva, ai sensi degli artt. da 7 a 7-septies del DPR 633/72: cessioni di beni e prestazioni di servizi (diverse da quelle esenti di cui all’art. 10, numeri a 1) a 4) e 9), del DPR 633/72) effettuate nei confronti di un soggetto passivo che è debitore dell’imposta in altro Stato Ue, nel qual caso è necessario indicare nella fattura l’annotazione “inversione contabile”; cessioni di beni e prestazioni di servizi che si considerano effettuate al di fuori della Ue, indicando nel documento la dicitura “operazione non soggetta”.
Prima di analizzare i presupposti applicativi delle citate disposizioni, è necessario evidenziare che l’obbligo di fatturazione in Italia richiede la previa verifica della carenza del presupposto territoriale dell’operazione posta in essere dal soggetto passivo residente. Solo dopo aver dato risposta positiva a tale verifica (ossia l’esclusione da Iva in Italia), e quindi aver qualificato l’operazione come fuori campo Iva nel territorio dello Stato, il soggetto nazionale deve verificare l’ulteriore eventuale obbligo di emissione della fattura e conseguente rilevanza dell’operazione nella concorrenza del volume d’affari.
A seguito della verifica “positiva” del requisito extra-territoriale dell’operazione, è opportuno evidenziare che nell’ipotesi di operazioni effettuate “al di fuori della Ue”, è richiesto esclusivamente di verificare la rilevanza territoriale dell’operazione fuori dalla Ue, quale presupposto per l’emissione della fattura (con l’indicazione “operazione non soggetta”) da parte del soggetto Iva nazionale, e della sua confluenza nella determinazione del volume d’affari Iva, a nulla rilevando la sorte dell’operazione stessa nel Paese extraUe in cui si verifica la rilevanza territoriale. In altre parole, l’obbligo di emissione della fattura può sorgere a prescindere dalla residenza ai fini Iva della controparte e della sua qualifica di soggetto passivo d’imposta, in quanto ciò che rileva è esclusivamente la rilevanza territoriale dell’operazione al di fuori della Ue.
Diversamente, per le operazioni effettuate con soggetti passivi in altro Stato Ue, è necessario verificare, oltre alla carenza del presupposto territoriale in Italia dell’operazione, della qualifica di debitore d’imposta della controparte in altro Stato Ue, ossia della circostanza dell’assoggettamento ad imposta nel Paese Ue in cui l’operazione ha rilevanza ai fini Iva da parte dell’acquirente o committente Ue. Da ciò deriva che il soggetto Iva nazionale dovrebbe indagare, con tutte le difficoltà pratiche ed operative che si pongono caso per caso, sulla sorte dell’applicazione dell’imposta nel Paese Ue, da parte della controparte, in cui l’operazione rileva ai fini Iva. E più in dettaglio, si possono presentare, in linea generale, due situazioni:
·  Stati Ue in cui sussiste un obbligo generalizzato di inversione contabile (o reverse charge) per tutte le operazioni, rilevanti territorialmente in quel Paese Ue, ad opera del committente o acquirente soggetto passivo d’imposta (ad esempio, la Francia). In tali ipotesi, il soggetto nazionale deve emettere fattura fuori campo Iva in Italia (con la dicitura “inversione contabile”) ed inserisce tale operazione nella determinazione del volume d’affari;
·    Stati Ue in cui, al contrario, non sussiste l’obbligo generalizzato di reverse charge da parte dell’acquirente o committente ivi soggetto passivo d’imposta, nel qual caso il soggetto Iva nazionale deve identificarsi ai fini Iva in quel paese ed applicare l’imposta ivi prevista emettendo un documento con le regole in vigore in quel Paese. In tal caso, non sussistendo la qualifica di debitore d’imposta in capo alla controparte soggetto passivo d’imposta in altro Stato Ue, viene meno l’obbligo di emissione della fattura, e della concorrenza dell’operazione nel volume d’affari, da parte del soggetto Iva italiano.
È appena il caso di precisare che in tale ultima ipotesi, il soggetto passivo Iva nazionale dovrà identificarsi ai fini Iva nel Paese Ue in cui l’operazione assume rilevanza territoriale, al fine di applicare l’imposta nel predetto Stato.

Dichiarazione IVA 2014: rigo VE39 e volume d’affari


Con il Provvedimento direttoriale del 15 gennaio 2014 (Prot. N. 4869/2014) sono stati approvati i modelli di dichiarazione IVA 2014 e IVA base 2014 nonché le relative istruzioni. Di fatto, i nuovi modelli non presentano grandi novità rispetto a quelli dell’anno scorso. L’unica novità meritevole di analisi è l’introduzione del nuovo rigo VE39, che dall’anno d’imposta 2013 concorre alla formazione del volume d’affari (rigo VE40), nel quale dovranno essere inserite anche le operazioni escluse da IVA per mancanza del presupposto territoriale.

DAL 1° GENNAIO 2013 AMPLIATO L’OBBLIGO DI EMISSIONE DELLA FATTURA
Risulta opportuno ricordare che a decorrere dal 1° gennaio 2013, a seguito delle novità apportate all’art. 21 del DPR n. 633/1972 ad opera della Legge di Stabilità 2013, è stato ampliato l’obbligo di emissione della fattura per le operazioni territorialmente non rilevanti ai fini IVA, limitato fino al 31 dicembre 2012 alle sole prestazioni di servizi di cui all’art. 7-ter del DPR n. 633/1972, rese nei confronti di committenti stabiliti in un altro Stato membro della UE (infatti, nella dichiarazione IVA dell’anno scorso solo tali prestazioni dovevano essere indicate all’interno del rigo VE39 ancorché non concorrevano alla formazione del volume d’affari).
Quindi, dal 1° gennaio 2013 sono oggetto di fatturazione anche le cessioni di beni e le prestazioni non territoriali ai sensi degli artt. da 7 a 7-septies del DPR n. 633/1972, ad eccezione di quelle di cui all’art. 10, nn. da 1) a 4) e 9) del DPR n. 633/1972, effettuate nei confronti di soggetti passivi debitori dell’imposta in un altro Stato della UE ovvero nei confronti di soggetti extra UE.
NB: nelle ipotesi sopra individuate, la fattura dovrà riportare la dicitura “inversione contabile” quando il cessionario/committente è stabilito nell’UE, ovvero se extra UE la dicitura “operazione non soggetta”.

RIGO VE39: TIPOLOGIE DI OPERAZIONI DA INDICARE
A mero titolo esemplificativo andranno qui indicate le seguenti operazioni, ancorché escluse per mancanza del presupposto territoriale IVA (artt. da 7 a 7-septies del DPR n. 633/1972):
  • cessioni di beni “estero su estero”, effettuate a soggetti passivi IVA “stabiliti” nella UE ovvero extra-UE, escluse da IVA ai sensi dell’art. 7-bis del DPR n. 633/1972. Si pensi ad esempio alla cessione di un bene su suolo tedesco (quindi, non cessione intra-UE) ad un soggetto passivo IVA “stabilito” in Germania;
  • prestazioni di servizi “generiche” effettuate nei confronti di soggetti passivi IVA “stabiliti” nella UE ovvero extra-UE. Questa è l’ipotesi più frequente tra i contribuenti. Per meglio dire sono quelle prestazioni che sono territorialmente rilevanti ai fini IVA nel Paese ove è “stabilito” il committente soggetto passivo IVA. Si pensi ad esempio alla consulenza di un avvocato a favore di una società americana. In tal caso la consulenza andrà fatturata (incidendo sul volume d’affari, e conseguentemente avrà riflessi anche sulla cassa) ancorché esclusa da IVA ai sensi dell’art. 7-ter del DPR n. 633/1972 riportando sulla fattura anche la dizione “operazione non soggetta”;
  • prestazioni di servizi su beni immobili di cui all’art. 7-quater del DPR n. 633/1972. Si pensi ad esempio l’architetto (soggetto passivo IVA in Italia) che progetta per una società “stabilita” in Italia, un immobile in Francia. In tal caso la fattura sarà fuori campo IVA in Italia ai sensi dell’art. 7-quater del DPR n. 633/1972. Inoltre, in tale fattispecie la fattura dell’architetto non riporterà la dicitura “inversione contabile” ovvero “operazione non soggetta” in quanto la società è italiana.
NB: in tale rigo non vanno indicate le cessioni intracomunitarie di beni che invece confluiscono nel rigo VE30 (campo 1) ed indicate in modo puntuale nel campo 3 del medesimo rigo VE30.

VOLUME D’AFFARI (RIGO VE40)
Come già scritto precedentemente il nuovo rigo VE39 della dichiarazione IVA 2014 (anno d’imposta 2013) concorre alla formazione del volume d’affari.
Operativamente, si ha l’effetto di aumentare il volume d’affari dei contribuenti che effettuano tali operazioni con riflessi:
  1. sui limiti per le liquidazioni periodiche dell’imposta;
  2. l’accesso al nuovo regime per cassa;
  3. la richiesta del rimborso IVA ai sensi dell’art. 30 del      DPR n. 633/1972;
  4. ecc.
Si fa presente, comunque, che così come disposto a livello normativo, tali operazioni non hanno comunque effetto ai fini dello status di esportatore abituale in quanto le stesse sono escluse dal denominatore del rapporto di cui al DL 746/1983.

ESEMPIO
Verifica status di esportatore abituale 2014 – con utilizzo del metodo solare.
Dati anno 2013:
  • Rigo VE30 – campo 1 – Operazioni che concorrono alla formazione del plafond (operazioni non imponibili): Euro 200.000,00;
  • Rigo VE40 – Volume d’affari: Euro 2.200.000,00;
  • Rigo VE39 – Operazioni non soggette all’imposta ai sensi degli articoli da 7 a 7-septies: Euro 400.000,00.
Al fine di verificare lo status di esportatore abituale, con il metodo solare, si deve verificare se il rapporto tra i corrispettivi/cessioni all’esportazione, delle operazioni a tali effetti assimilate, registrate nell’anno precedente ed il volume d’affari per l’anno precedente sia maggiore del 10%.
Nel caso in esame, inoltre, il volume d’affari dovrà essere diminuito delle operazioni escluse da IVA per mancanza del presupposto territoriale, quindi, si avrà:
VE30 / (VE40 – VE39): Euro 200.000 / (2.200.000 – 400.000) = 11,11% (esportatore abituale)
Nel caso in cui la norma non avesse previsto l’abbattimento del volume d’affari con le operazioni di cui all’art. VE39 si sarebbe arrivati ad un rapporto pari al 9,1%, conseguentemente il contribuente non avrebbe potuto beneficiare delle agevolazioni IVA previste per gli esportatori abituali.
NB: nel quadro VC (esportatori e operatori assimilati), colonna 3 (volume d’affari), righi da VC1 a VC12 non devono essere indicane le operazioni escluse da IVA ai sensi degli artt. da 7 a 7-septies del DPR n. 633/1972.

RIFERIMENTI NORMATIVI
  • Artt. da 7 a 7-septies del DPR n. 633/1972
  • Provvedimento direttoriale del 15 gennaio 2014 (Prot. N. 4869/2014)
  • Legge 24 dicembre 2012 n. 228 (c.d. Legge di Stabilità 2013)


mercoledì 23 luglio 2014

Autotrasportatori di cose per conto terzi iscritti all'Albo : agevolazioni - deduzioni - spese forfettarie

Le agevolazioni che la normativa concede (almeno fino a quando le concede) :

IVA Ai sensi dell’art. 74, comma 4, DPR 633/1972 gli autotrasportatori di cose per conto terzi iscritti all'Albo di cui alla L. 298/1974, possono essere autorizzati, con decreto del ministro delle Finanze, a eseguire le liquidazioni periodiche e i relativi versamenti trimestralmente anziché mensilmente senza il pagamento degli interessi di cui all’art. 7 DPR 542/1999. Inoltre, per le prestazioni di servizi effettuate nei confronti del medesimo committente, può essere emessa, nel rispetto del termine di cui all'articolo 21, comma 4, una sola fattura per più operazioni di ciascun trimestre solare. Infine, in deroga a quanto disposto dall'art. 23, comma 1, le fatture emesse per le prestazioni di trasporto dei suddetti autotrasportatori possono essere comunque annotate entro il trimestre solare successivo a quello di emissione.

DEDUZIONI I.R.PE.F. TRASPORTI EFFETTUATI DALL’IMPRENDITORE
L’art. 66, comma 5, del TUIR prevede deduzione forfetaria dal reddito delle imprese in contabilità semplificata: “per le imprese autorizzate all’autotrasporto di merci per conto di terzi il reddito è ridotto, a titolo di deduzione forfetaria di spese non documentate, di € 7,75 per i trasporti personalmente effettuati dall’imprenditore oltre il comune in cui ha sede l’impresa ma nell’ambito della regione o delle regioni confinanti e di € 15,49 per quelli effettuati oltre tale ambito“. Si confermano anche per quest’anno gli importi già previsti nell’anno precedente e cioè:
€ 19,60 per i trasporti personalmente effettuati dall’imprenditore all’interno del Comune in cui ha sede l’impresa;
€ 56,00 per i trasporti personalmente effettuati dall’imprenditore all’interno della Regione e delle Regioni confinanti;
-  € 92,00 per i trasporti personalmente effettuati dall’imprenditore oltre tale ambito.
Inoltre, per le stesse imprese compete anche una deduzione forfetaria annua di €154,94 per ciascun veicolo utilizzato nell’attività d’impresa di massa complessiva a pieno carico non superiore a tonn. 3,5.    

DEDUZIONE I.R.PE.F. / I.RE.S. TRASFERTE DIPENDENTIAi sensi dell’art. 95, comma 4, del TUIR, le imprese autorizzate all’autotrasporto di merci, in luogo della deduzione analitica delle spese sostenute dal proprio personale dipendente per trasferte fuori dal territorio comunale, possono dedurre un importo giornaliero di € 59,65, elevato a € 95,80 per le trasferte all’estero, oltre alle spese di viaggio e trasporto. La deduzione in esame spetta a tutte le imprese autorizzate all’autotrasporto di merci, indipendentemente dalla forma giuridica e dal regime di contabilità adottato.    

DEDUZIONE I.R.A.P. TRASFERTE DIPENDENTI In generale, qualsiasi trasferta o deduzione forfettaria è indeducibile ai fini i.r.a.p. (sia per i soggetti i.re.s. che per quelli i.r.pe.f.). In deroga, per l’autotrasporto, spetta una deduzione per le trasferte “ordinarie” dei dipendenti commisurata alle indennità riconosciute in busta paga ai dipendenti (per la quota non tassata ai fini Irpef). Dal momento che è del tutto improbabile che il datore di lavoro corrisponda trasferte in busta paga eccedenti l’importo esente da i.r.pe.f, nella quasi totalità dei casi la deduzione corrisponderà alle intere trasferte annuali riconosciute in busta paga.

SPESE DI MANUTENZIONE
Ai sensi dell’art. 102 del TUIR, alle imprese di autotrasporto è consentito dedurre i costi di manutenzione e riparazione relativi agli automezzi adibiti al trasporto merci c/terzi fino al limite del 25% del costo complessivo di tali beni risultanti da libro cespiti all’inizio del periodo d’imposta. L’eccedenza è deducibile in quote costanti nei tre periodi d’imposta successivi.

SPESE DI TELEFONIA Ai sensi dell’art. 102 del TUIR, alle imprese di autotrasporto è consentito dedurre integralmente i costi di telefonia, limitatamente a un telefono per veicolo.    

CREDITO D’IMPOSTA SSN 

Il Comunicato stampa emesso lo scorso 26 marzo dall’Agenzia delle Entrate conferma per il 2012 il credito d’imposta per il recupero di quanto versato al SSN a favore degli autotrasportatori e la deduzione forfetaria. Le imprese di autotrasporto merci posso usufruire di un credito d’imposta, recuperabile nel 2012 fino a un massimo di € 300,00 per ciascun veicolo e riguarda le somme versate nel 2011 come contributo al Servizio Sanitario Nazionale sui premi di assicurazione per la responsabilità civile, per i danni derivanti dalla circolazione dei veicoli a motore adibiti a trasporto merci di massa complessiva a pieno carico non inferiore a 11,5 tonnellate omologati ai sensi della Direttiva 91/542/CEE, rigo B (Euro 2), da riscontrare sulla carta di circolazione del mezzo. Il credito d’imposta potrà essere utilizzato in compensazione mediante il modello F24 utilizzando il codice tributo 6793.    

CREDITO D’IMPOSTA ACCISE L'Agenzia delle Dogane ha pubblicato sul suo sito il modello software per la richiesta di recupero delle accise sul gasolio per autotrazione . Il periodo di riferimento va considerato in base alla fattura di acquisto del gasolio, che comprova i consumi effettuati dall’impresa. Rimangono esclusi da tale beneficio coloro che effettuano trasporto merci, in c/proprio o in c/terzi, con mezzi di peso inferiore alle 7,5 tonn., poiché al momento la Commissione UE non si è ancora espressa.  Il termine per la presentazione della richiesta del rimborso deve avvenire entro il mese successivo alla scadenza di ciascun trimestre solare; nel prospetto da allegare alla domanda il chilometraggio da riportare è quello riferito al trimestre; l’utilizzo del credito in compensazione, invece gli esercenti nazionali e gli esercenti comunitari tenuti alla presentazione della dichiarazione dei redditi, compresa quella unificata, utilizzano il credito in compensazione entro il 31 dicembre dell'anno solare successivo a quello in cui è sorto. Il recupero del beneficio può avvenire o sotto forma di restituzione in denaro o come credito da utilizzare in compensazione con il modello F24, entro l’anno solare cui il credito è sorto, utilizzando il codice tributo 6740.

QUADRO RG IPSOA

QUADRO RG IPSOA



http://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=4&ved=0CD4QFjAD&url=http%3A%2F%2Fwww.dichiarazioni.ipsoa.it%2FShared%2FDownload.aspx%3FNomeFile%3DP55_793-834_RG_aggi..pdf&ei=--bPU_eAAvLa4QSyi4GYAw&usg=AFQjCNFHMkQKsBQyB4LZtiU37JpfAjpt7g&sig2=CZCBe44tX4MM1_v1C7IJNw&bvm=bv.71667212,d.bGE

DEDUZIONI FORFETARIE PER AUTOTRASPORTATORI



Artt. 66 e 95 D.P.R. 22.12.1986, n. 917 - D.P.R. 9.06.2000, n. 277
- L. 23.12.2000, n. 388 - L. 23.12.1998, n. 448
L. 23.11.2000, n. 343 - L. 27.02.2002, n. 16 - L. 8.08.2002, n. 178 - D. Lgs. 26.10.1995, n. 504
Art. 1, cc. 103 e 106 L. 23.12.2005, n. 266 - Art. 33, c. 10 L. 12.11.2011, n. 183 - D. Interm. 13.03.2013, n. 92
Nota Ag. Dogane 17.04.2003, n. 2047 - Circ. Ag. Entrate 20.06.2003, n. 55/E
Art. 1, cc. 515, 516, 517 L. 30.12.2004, n. 311 - Nota Ag. Dogane 12.02.2008, n. 221/V
Nota Ag. Dogane 4.04.2008, n. 1207/V - Com. Stampa Ag. Entrate 30.05.2014
L’art. 66, c. 5 Tuir prevede una deduzione forfetaria delle spese non documentate a favore delle
imprese autorizzate all’autotrasporto di cose per conto terzi. Per il 2013, tale deduzione è di
€ 56,00 per i trasporti personalmente effettuati dall’imprenditore o dai soci oltre il Comune in
cui ha sede l’impresa, ma nell’ambito della Regione o delle Regioni confinanti, e di € 92,00
per quelli effettuati oltre tale ambito. Anche per il periodo d’imposta 2013 è stata confermata
la deduzione forfetaria per i trasporti effettuati all’interno del Comune in cui ha sede l’impresa,
pari a € 19,60.
Alle medesime imprese compete l’ulteriore deduzione, in misura forfetaria annua di € 154,94,
per ciascun motoveicolo e autoveicolo, utilizzato nell’attività d’impresa, avente massa com
-
plessiva a pieno carico non superiore a 3.500 chilogrammi.
Le spese per trasferte effettuate fuori dal territorio comunale dai lavoratori dipendenti e as
-
similati sono ammesse in deduzione nei limiti e alle condizioni previsti dall’art. 95, c. 3 del
Tuir. Ai sensi del c. 4 dello stesso art. 95, le imprese autorizzate all’autotrasporto di merci, in
luogo della deduzione, anche analitica, delle spese sostenute in relazione alle trasferte effettuate
dal proprio dipendente fuori dal territorio comunale, possono dedurre un importo di € 59,65 al
giorno, elevate a € 95,80 per le trasferte all’estero, al netto delle spese di viaggio e di trasporto.
Le deduzioni forfetarie non hanno rilevanza ai fini Irap; tuttavia, sono ammesse in deduzione
le indennità di trasferta previste contrattualmente per la parte che non concorre a formare il
reddito del dipendente ai sensi dell’art. 51, c. 5 Tuir (art. 11, c. 1-bis D. Lgs. 446/1997).
L’Agenzia delle Entrate, con il
comunicato stampa 30.05.2014,
ha confermato che, anche nel
2014, le imprese di autotrasporto merci - conto terzi e conto proprio - possono recuperare,
fino a un massimo di € 300 per ciascun veicolo (tramite compensazione in F24), le somme
versate nel 2013 come
contributo Ssn sui premi di assicurazione per la responsabilità civile
per i danni derivanti dalla circolazione dei veicoli a motore adibiti a trasporto merci di massa
complessiva a pieno carico non inferiore a 11,5 tonnellate. Tali importi devono essere indicati
nel quadro RU del modello Unico.


http://www.ratio.it/ratio2/ratioonline.nsf/0/35EEE4CB78EBBEC6C125746E002F3EFB/$FILE/r3338-1.pdf

lunedì 21 luglio 2014

Associato in partecipazione con apporto di lavoro: la dichiarazione


L'associazione in partecipazione, disciplinata dagli artt. 2549-2554 c.c., è il contratto di collaborazione con il quale un soggetto, l’associante, attribuisce a un altro soggetto, l’associato, una partecipazione agli utili della sua impresa o di uno o più affari, verso il corrispettivo di un determinato apporto.

Sotto il profilo fiscale, qualora l’associato in partecipazione apporti solo prestazioni lavorative, e tale apporto non avvenga nell’esercizio della propria impresa, l’utile che ne consegue è considerato reddito di lavoro autonomo.

Sotto il profilo normativo, occorre fare riferimento, infatti, all’art. 53 co. 2 lett. c) del TUIR, che ricomprende tra i redditi di lavoro autonomo "non professionale" i proventi dei contratti di associazione in partecipazione per i quali l'apporto "è costituito esclusivamente dalla prestazione di lavoro".

Il contratto di cointeressenza propria.
Nella Circolare 26/E del 2004 (§ 2.3), l'Agenzia delle Entrate assimila ai contratti nei quali l'apporto è rappresentato da solo lavoro quelli nei quali è prevista la partecipazione agli utili e alle perdite, ma senza il corrispettivo di alcun apporto (c.d. "cointeressenza propria").

Il criterio di cassa. Per la determinazione del reddito dell’associato non imprenditore che apporta esclusivamente opere o servizi, occorre fare riferimento all’art. 54 co. 8 del TUIR, in virtù del quale il reddito soggetto a tassazione è rappresentato dall'intero ammontare percepito e va dichiarato nel periodo d'imposta in cui è percepito (secondo il criterio di cassa). Non sono pertanto ammessi in deduzione eventuali costi sostenuti dall’associato, quali quelli, ad esempio, corrisposti a collaboratori coordinati e continuativi (cfr. circ. 12.6.2002 n. 50/E. § 1.1). All’associato non viene, peraltro, riconosciuta alcuna deduzione forfetaria né detrazione (come previsto invece per altre tipologie di redditi di lavoro autonomo non professionali).

La ritenuta alla fonte.
La corresponsione all’associato non imprenditore della quota di utile, a fronte di un apporto rappresentato da solo lavoro, rileva anche ai fini degli obblighi previsti per il sostituto d’imposta; ai sensi dell’art. 25 co. 1 del D.P.R. 600/73, infatti, l'associante residente deve operare una ritenuta a titolo di acconto nella misura del 20% sulle somme che costituiscono reddito per l'associato ugualmente residente.

L’irrilevanza ai fini Iva e Irap. Per quanto concerne i contratti di associazione in partecipazione con apporto di solo lavoro, secondo l'art. 5 co. 2 del D.P.R. 633/72, non costituiscono operazioni rilevanti ai fini IVA le prestazioni rese dall'associato d'opera che non esercita per professione abituale altre attività di lavoro autonomo; in tal caso, pertanto, la persona fisica che apporta il proprio lavoro, anche continuativo, in esecuzione del contratto di associazione in partecipazione, non è tenuta, per tali prestazioni, ad aprire alcuna partita IVA.

Peraltro, nel caso di contratto con apporto di solo lavoro da parte dell'associato persona fisica non imprenditore, la qualificazione dei proventi tra quelli di lavoro autonomo "non professionale" esclude alla radice la soggettività passiva all'IRAP.

I modelli dichiarativi.
I contribuenti ammessi alla presentazione del mod. 730 (dal 2014 lo potranno fare anche quelli che non hanno più un sostituto d’imposta per l’effettuazione della liquidazione, ritenute e rimborsi), potranno dichiarare gli utili derivanti dal contratto di associazione in partecipazione con apporto di lavoro, compilando il rigo D3 (Redditi derivanti da attività assimilate al lavoro autonomo) dell’attuale modello inserendo:
- il codice “3” in col. 1;
- l’ammontare complessivo lordo degli utili percepiti in col. 2;
- l’ammontare complessivo delle ritenute a titolo d’acconto subite all’atto della corresponsione degli utili da parte dell’associante, in col. 4.

Qualora l’associato in partecipazione presenti il mod. Unico/2014 (per obbligo od opzione), dovrà compilare la sezione III del quadro RL, inserendo:
- l’ammontare complessivo lordo degli utili percepiti al rigo RL 27;
- l’ammontare complessivo delle ritenute a titolo d’acconto subite all’atto della corresponsione degli utili da parte dell’associante, al rigo RL 31 (tale importo andrà poi sommato alle ritenute subite in relazione alle eventuali ulteriori tipologie reddituali, nel rigo RN, col. 4).

I modelli dichiarativi e le relative istruzioni confermano l’irrilevanza delle eventuali spese sostenute dall’associato in partecipazione nella determinazione del reddito: in corrispondenza dei relativi quadri non sono, infatti, previsti campi per l’inserimento delle stesse.

L’obbligo dichiarativo.
Va in primis rilevato come gli utili percepiti dall’associato in partecipazione, residente, che apporti solo lavoro siano assoggettati ad un prelievo fiscale alla fonte da parte dell’associante, a mero titolo di acconto e con un’aliquota inferiore a quella minima prevista per gli scaglioni di reddito dall’art. 11 del Tuir (pari al 23%); ciò comporta, il linea di massima, l’obbligo di presentare la dichiarazione relativa all’anno in cui gli stessi sono percepiti, onde liquidare la corretta misura dell’Irpef dovuta (scomputando, ovviamente, le ritenute già subite alla fonte).

Peraltro, l’associato non obbligato alla tenuta delle scritture contabili potrebbe essere esonerato dalla presentazione della dichiarazione, in presenza della condizione generale di esonero, così indicata nelle istruzioni ai modelli dichiarativi:
imposta lorda (*) –
detrazioni per carichi di famiglia –
detrazioni per redditi di lavoro dipendente, pensione e/o altri redditi –
ritenute =
importo non superiore a euro 10,33

(*) L’imposta lorda è calcolata sul reddito complessivo al netto della deduzione per l’abitazione principale e relative pertinenze.

domenica 13 luglio 2014

ESCLUSIONE IRAP AGENTI


Con 4 specifiche sentenze la Corte di Cassazione, Sezioni Unite, ha chiuso la controversa questione dell’assoggettamento ad IRAP degli Agenti di Commercio e promotori finanziari.
Infatti, coloro che possono dimostrare di esercitare la propria attività senza un’autonoma organizzazione non sono tenuti al versamento dell’IRAP.
Oltre a condizionare la sorte dei contenziosi in essere e aprire la strada a nuove istanze di rimborso per gli anni pregressi, la recente giurisprudenza si riflette anche sulla non compilazione della Dichiarazione Irap.

Come noto, l’art. 2, D.Lgs. n. 446/97, stabilisce quale presupposto impositivo dell’IRAP “l’esercizio abituale di un’attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi”.

La formulazione generica di tale disposizione normativa ha determinato negli ultimi anni l’insorgenza di diverse controversie tra l’Amministrazione finanziaria ed i contribuenti con la conseguente emanazione di numerose pronunce giurisprudenziali in materia di IRAP.
Infatti, ancorché la Corte di Giustizia UE nel 2006 sia intervenuta affermando la legittimità di tale imposta, è rimasta aperta la questione relativa alla verifica del presupposto impositivo per i contribuenti che svolgono un’attività economica “senza organizzazione”.

Con particolare riguardo agli Agenti di Commercio ed ai promotori finanziari, esercenti appunto un’attività produttiva di reddito d’impresa, in passato la Corte di Cassazione ha emanato pronunce contrastanti, affermando talvolta l’assoggettamento al tributo, talvolta l’esenzione.

Si rammenta che in merito all’assoggettamento ad IRAP degli Agenti di Commercio e all’individuazione del requisito dell’autonoma organizzazione l’Agenzia delle Entrate nella Circolare 13.06.2008, n. 45/E tenendo conto delle pronunce giurisprudenziali, ha affermato che l’autonoma organizzazione sussiste quando ricorre almeno uno dei seguenti elementi:

- impiego di dipendenti e collaboratori non occasionali;
- utilizzo di “beni strumentali eccedenti, per quantità o valore”, le necessità minime per l’esercizio dell’attività.

LA POSIZIONE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE
L’Agenzia delle Entrate nella citata Circolare n. 45/E ha affermato l’assoggettamento ad IRAP del reddito prodotto dagli agenti di commercio e dai promotori finanziari basandosi su quanto sostenuto dalla Corte di Cassazione nella citata Sentenza n. 7899/2007 secondo la quale il reddito di un agente di commercio, che svolge attività commerciale ex art. 2195 C.c. è qualificabile come reddito d’impresa, con conseguente “automatica” sussistenza del requisito dell’autonoma organizzazione.

LE RECENTI PRONUNCE DELLE SEZIONI UNITE DELLA CORTE DI CASSAZIONE
A fronte di 4 distinti ricorsi proposti dall’Agenzia delle Entrate avverso specifiche sentenze di secondo grado sulla medesima questione dell’assoggettamento o meno ad IRAP dell’attività dell’agente di commercio / promotore finanziario, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con le citate sentenze, hanno innanzitutto affermato che per verificare l’assoggettamento ad IRAP dei soggetti in esame è essenziale individuare se le attività ausiliarie ex art. 2195, C.c. siano qualificabili nell’ambito dell’attività d’impresa o di lavoro autonomo.

In particolare la distinzione tra attività d’impresa e di lavoro autonomo si basa esclusivamente su elementi qualitativi: sono infatti incluse nel reddito d’impresa tutte le attività che hanno natura oggettivamente commerciale.

Va considerato che:
“… esiste tra «il territorio dell’impresa» e il «territorio del lavoro autonomo» un’area grigia, una linea mobile di confine, rappresentata dallo svolgimento delle attività ausiliarie di cui all’art. 2195, c.c., le quali, pur essendo ai fini delle imposte sul reddito considerate produttive di reddito d’impresa, possono essere (e spesso sono) svolte dal soggetto senza «organizzazione di capitali o lavoro altrui».

Pertanto, pur ribadendo che ai fini IIDD l’attività esercitata dall’agente di commercio / promotore finanziario è produttiva di reddito d’impresa, la Corte di Cassazione ritiene che tale qualificazione è necessariamente “trasferibile” in ambito IRAP.

Tenuto inoltre conto che:

- la normativa specifica relativa all’attività di agente di commercio / promotore finanziario non impone al soggetto di disporre di una particolare struttura per l’esercizio dell’attività;
- con particolare riguardo all’agente di commercio, la Direttiva comunitaria n. 86/653/CEE definisce la relativa attività quale “attività professionale” consistente in una prestazione d’opera per l’esercizio della quale non è necessaria una struttura d’impresa, e ciò a prescindere dall’assunzione del rischio per la conclusione del contratto e dal pagamento a provvigione. La presenza di tali elementi non determina necessariamente la trasformazione dell’attività professionale in attività d’impresa, come non lo determina l’obbligatorietà dell’iscrizione in un determinato ruolo;

la Cassazione, dopo aver specificato che:

“… anche con riferimento all’agente di commercio e al promotore finanziario deve essere ribadito il principio che la soggezione ad IRAP della loro attività è possibile solo nell’ipotesi nelle quali sussista il requisito dell’autonoma organizzazione…”

sancisce il seguente principio di diritto in materia di IRAP:

“…il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente:
a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse;
b) impieghi beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale, di lavoro altrui”.

GLI EFFETTI DELLA NUOVA INTERPRETAZIONE GIURISPRUDENZIALE
Le recenti sentenze della Corte di Cassazione producono i seguenti effetti:
- condizionano la sorte dei contenziosi in essere, in quanto, in assenza di un’autonoma organizzazione, all’agente di commercio / promotore finanziario va riconosciuta la legittimità al non assoggettamento ad IRAP, con conseguente diritto ad ottenere il rimborso di quanto corrisposto;
- aprono la strada a nuove istanze di rimborso per gli anni pregressi;
- impongono una valutazione in sede di predisposizione del Mod. IRAP; infatti, se il contribuente è privo di un’autonoma organizzazione, secondo la Cassazione non è assoggettato ad imposta e pertanto non è tenuto né al versamento né alla compilazione della relativa dichiarazione;

RIEPILOGO DEI REQUISITI
Organizzazione: Attività di intermediazione svolta direttamente dall’Agente.
Beni Strumentali: il “minimo indispensabile”; ed è individuato nell’assenza di beni strumentali di valore consistente o nella circostanza che la loro presenza sia da ritenersi qualitativamente di minima importanza (es.: autovettura, pochi mobili d’ufficio, la fotocopiatrice, il telefono, il fax, il computer e il materiale di cancelleria)
Lavoro di terzi: assenza di dipendenti, collaboratori, sub-agenti, collaboratori a progetto, di lavoro altrui non meramente occasionale.
Modalità di individuazione dei requisiti.
Per l’individuazione degli elementi che determinano l’autonoma organizzazione, l’Agenzia delle Entrate dovrà considerare:
- Quadro RG dati riportati in dichiarazione dei redditi
- Studi di settore quadro A del personale addetto, rigo F29 dei beni strumentali

DICHIARAZIONE DEI REDDITI
Le possibili opzioni per la presentazione e pagamento Irap con il Mod.Unico:

·  Non compilare il modello IRAP: L’Agente potrà ricevere un accertamento che determinerà induttivamente la base imponibile e irrogherà una sanzione del 120% dell’imposta calcolata. (Il Ministero ha chiarito che la strada corretta per far valere l’esclusione è proprio quella di ometterne la presentazione)
·  Compilare il modello “a zero”: sanzione del 100% dell’imposta
·  Compilare il modello e non procedere al pagamento dell’imposta: scatterà un accertamento automatizzato art. 36-bis: sanzione del 30%