Pratiche Telematiche al Registro Imprese - Agenzia delle Entrate

Attestazione del requisito idoneità finanziaria

ai sensi art 7 Reg. Europeo n. 1071/2009 – art. 7 D. D . 291/2011

Pratiche Telematiche al Registro Imprese - Invio Bilancio
Aggiornamento Consiglio di Amministrazione ed elenco Soci
Variazioni all 'Agenzia delle Entrate
Cessioni di quote di Società Srl
Gestione del contenzioso con l' Agenzia delle Entrate
Ricorsi Tributari

martedì 21 gennaio 2014

Conciliazione giudiziale. Attenzione alla procura


Annullata la conciliazione giudiziale con condanna del Fisco al rimborso di quanto indebitamente percepito

Il difensore non può rinunciare alla lite tributaria se non ne ha ricevuto espressamente il potere. Lo ricorda la Commissione Tributaria provinciale di Reggio Emilia con la sentenza 210/03/13 (pubblicata il 16 dicembre 2013).

Conciliazione giudiziale inefficace. In applicazione di tale principio di diritto, i giudici emiliani hanno dichiarato inammissibile la domanda delle parti di dichiarare estinto il giudizio, per intervenuta conciliazione (art. 48 D.Lgs. n. 546/92). Il collegio di primo grado ha preso atto che il difensore della contribuente non aveva in realtà il potere di controfirmare la proposta di conciliazione giudiziale avanzata dall’Agenzia delle Entrate, la quale è stata per questo condannata (ex art. 2041 c.c.) a rimborsare quanto incassato indebitamente (la prima rata di quanto conciliato), ivi compresi gli interessi legali dal versamento al saldo.

Conferimento del potere di disporre del diritto di contesa. Nella procura, resa a margine del ricorso introduttivo, la ricorrente delegava gli avvocati a rappresentarla e difenderla, conferendo a tal fine “ogni più ampia facoltà di legge [...]”. Tuttavia, rileva il collegio, l’articolo 84 del codice di procedura civile, in merito ai poteri del difensore, precisa che questi “in ogni caso non può compiere atti che importano disposizione del diritto in contesa, se non ne ha ricevuto espressamente il potere”. La procura alle liti, in sostanza, abilita il difensore, per la discrezionalità tecnica che gli spetta nell’imposizione delle lite, a scegliere, in relazione anche agli sviluppi della causa, la condotta processuale da lui ritenuta più rispondente agli interessi del proprio rappresentato, ma non gli conferisce il potere di compiere atti che importino disposizione del diritto in contesa, qual è la rinuncia, per la quale occorre mandato speciale (v. Cass. n. 5905/2006).
Alla luce della considerazione che precede, la CTP emiliana ha ravvisato la carenza di potere dei difensori a controfirmare l’atto di conciliazione e, di conseguenza, a chiedere l’estinzione del giudizio. Né può affermarsi, sostiene ancora la CTP, che il citato potere fosse ricompreso nella “procura”, riversata in atti dall’Agenzia, poiché essa non è stata estesa in un atto processuale richiamato dall'articolo 83 del codice di procedura civile; concorda in questa interpretazione anche la Suprema Corte (sentenza n. 21154/2013) che ha affermato il principio di diritto secondo cui, a norma dell’art. 83 cod. proc. civ., sebbene l’elencazione degli atti in calce o a margine dei quali può essere apposta la procura alle liti non possa ritenersi tassativa, tuttavia deve trattarsi pur sempre di atti determinanti l’ingresso della parte in giudizio, ossia di atti “latu sensu” processuali, posto che la natura processuale degli stessi ne rileva l’inerenza allo specifico processo per il quale la procura è rilasciata, divenendo componente essenziale di essa.
Insomma, nella fattispecie i difensori non avevano alcun potere di sottoscrivere l'atto di conciliazione sicché quest'ultima è stata dichiarata inammissibile. Ciò ha comportato l’obbligo per l’Agenzia di restituire quanto incassato per effetto dell’accordo, con gli interessi.

Liquidazione Iva per i multiattività


Determinante la contabilità separata

Premessa – In caso di contemporaneo esercizio di più attività per cui siano previsti limiti diversi di ricavi, l'applicabilità o meno delle liquidazioni trimestrali si determina in modo diverso a seconda che la contabilità sia separata o unificata per tutte le attività.
Liquidazione Iva - L’art. 7, comma 1, D.P.R. n. 542/99 consente alle imprese/lavoratori autonomi che nell'anno precedente hanno realizzato un volume d'affari non superiore a determinati limiti di liquidare l’IVA trimestralmente maggiorando il saldo della liquidazione degli interessi dell’1%.
Periodicità - Il limite di volume d’affari il cui mancato superamento consente l’accesso alle liquidazioni IVA trimestrali è stato parificato alle soglie di ricavi relative alla tenuta della contabilità. I contribuenti che nell'anno precedente non hanno superato i limiti di euro 400.000 (euro 309.874,14 fino al 31.12.2011) per le attività di prestazione di servizi, ovvero euro 700.000 (euro 516.456,90 fino al 31.12.2011) per le altre attività hanno, quindi, la possibilità di optare per la liquidazione e il versamento dell'Iva trimestrale anziché mensile. Per i lavoratori autonomi il limite di volume d’affari per l’effettuazione delle liquidazioni IVA trimestrali è pari a € 400.000.
Volume d’affari - Con riferimento alla periodicità delle liquidazioni IVA, come confermato dall’Agenzia delle Entrate nella Risoluzione 13.2.2012, n. 15/E, è necessario continuare a verificare il volume d’affari realizzato nell’anno precedente. Per il 2014 va quindi fatto riferimento al volume d’affari 2013.
Prestazioni di servizi - Per individuare le attività di prestazioni di servizi va fatto riferimento al D.M. 17.1.92 in base al quale vanno considerate quelle che hanno per oggetto le operazioni indicate nell’art. 3, commi da 1 a 3, D.P.R. n. 633/72. In presenza di attività di prestazioni di servizi e altre attività è necessario distinguere le seguenti tre diverse ipotesi.
Contabilità unificata per tutte le attività esercitate - In caso di tenuta della contabilità unificata per tutte le attività esercitate se i corrispettivi delle diverse attività non sono distintamente annotati, va fatto riferimento, relativamente a tutte le attività esercitate, al limite di € 700.000, mentre se i corrispettivi delle diverse attività sono annotati distintamente ai fini delle liquidazioni trimestrali devono sussistere congiuntamente i seguenti requisiti: il volume d'affari delle attività di prestazioni di servizi non superi € 400.000 e il volume d'affari di tutte le attività complessivamente considerate non superi il limite di € 700.000.
Contabilità separata per obbligo – In caso di tenuta della contabilità separata per obbligo ex art. 36, comma 2, D.P.R. n. 633/72 se le attività sono costituite esclusivamente da prestazioni di servizi o esclusivamente da altre attività, i predetti limiti vanno applicati autonomamente. Di conseguenza il contribuente potrebbe effettuare liquidazioni mensili per un’attività e trimestrali per l'altra. Al contrario se una o più delle attività comprendono sia prestazioni di servizi che altre attività, si applicano le regole previste nel caso di contabilità unificata, differenziate a seconda che per esse siano o meno annotati distintamente i corrispettivi.
Contabilità separata per opzione - Infine in caso di tenuta della contabilità separata per opzione ex art. 36, comma 3, D.P.R. n. 633/72 è richiesto che il volume d'affari delle attività di prestazioni di servizi non superi € 400.000 e quello di tutte le attività complessivamente considerate non superi il limite di € 700.000

Professionisti sempre in semplificata


Contabilità ordinaria solo su opzione

Premessa – Per tutti i professionisti e gli artisti è previsto come regime naturale, a prescindere dal volume d'affari conseguito nell'anno precedente, quello della contabilità semplificata. Il regime di contabilità ordinaria è applicabile solo su opzione.

Contabilità semplificata - Dall'1.1.1997 per tutti i professionisti e artisti la tenuta della contabilità semplificata è possibile indipendentemente dall’ammontare dei compensi conseguiti. Al contrario di quanto previsto per le imprese per le quali l’art. 18, D.P.R. n. 600/73 subordina la tenuta della contabilità semplificata, da parte di imprese individuali, società di persone ed enti non commerciali al rispetto di determinati limiti di ricavi conseguiti nell’anno precedente (400.000 o 700.000).

Contabilità ordinaria –La tenuta della contabilità ordinaria è possibile indipendentemente dall’ammontare dei compensi conseguiti, solo a seguito di opzione, avente durata annuale, esercitata mediante il comportamento concreto, poi formalizzato mediante apposita comunicazione.

Modalità – In particolare il D.P.R. 442/1997 prevede che l’opzione si eserciti con la concreta applicazione del regime prescelto sin dall'inizio dell'anno o dell'attività e la comunicazione da effettuare nella prima dichiarazione annuale Iva da presentare successivamente alla scelta operata ovvero nella dichiarazione annuale Iva relativa al primo anno d'imposta (in caso di inizio attività). Inoltre, lo stesso D.P.R. 442/1997 ha previsto che l'opzione per i regimi contabili vincoli il contribuente per almeno un anno (salvi termini più ampi previsti da altre disposizioni relative alla determinazione dell'imposta), oltre il quale l'opzione resta valida per ciascun anno successivo, fino a quando permane la concreta applicazione della scelta operata.

Registri contabilità ordinaria - Per i professionisti in contabilità ordinaria sono obbligatori i seguenti registri: registro cronologico; registri Iva e libri e registri previsti dalla normativa sul lavoro. Dall'1.1.2002, l'art. 14, co. 3, D.P.R. 435/2001 prevede per gli esercenti arti e professioni, che hanno optato per il regime di contabilità ordinaria, la facoltà di non tenere i registri prescritti ai fini Iva e il registro dei beni ammortizzabili se le relative annotazioni sono effettuate nel registro cronologico (nei termini previsti dalla disciplina Iva per i relativi registri e nel termine stabilito per la presentazione della dichiarazione dei redditi per il registro dei beni ammortizzabili) e i dati siano forniti, ordinati in forma sistematica, su richiesta dell'Amministrazione Finanziaria.

Registri contabilità semplificata - Per i professionisti in contabilità semplificata sono obbligatorie le seguenti scritture (art. 19 c. 1 e 2 D.P.R. 600/73; art. 3 c. 1 D.P.R. 695/96): registri degli incassi e dei pagamenti; registri Iva; libri e registri previsti dalla normativa sul lavoro. I professionisti in contabilità semplificata, qualsiasi sia il volume d'affari, possono eliminare il registro Irpef incassi e pagamenti e utilizzare solo i registri Iva se vi annotano separatamente, in apposite sezioni, le operazioni non soggette ad Iva e rilevanti solo ai fini Irpef. È necessario, inoltre, annotare a fine esercizio l'ammontare globale delle somme non incassate e di quelle non pagate: le corrispondenti operazioni andranno registrate nell'anno di effettivo incasso o pagamento (art. 3, co. 1, D.P.R. 695/1996).

Ctp. Stop all’estensione dell’importo definito in adesione sull’imposta di registro


per ricalcolare i redditi della controparte
Il valore di un immobile definito in adesione dall'acquirente per un accertamento
sull'imposta di registro non ha valore probatorio nella rettifica della plusvalenza al
venditore. Lo ha affermato la Ctr Lo
mbardia con la sent
enza 140/28/2013. La
plusvalenza conseguita dal cedente è costituita, infatti, dalla differenza tra i
corrispettivi percepiti per la vendita dell'immobile e il prezzo di acquisto, aumentato di
ogni altro costo inerente l'immobile venduto. L'imposta di registro, invece, colpisce,
quali trasferimenti di ricchezza, i valori venali ossia i valori di mercato dei beni, oggetto
di compravendita e, dunque, di registrazione. Tutto parte da un accertamento nei
confronti di una contribuente che nel 2002 aveva rivalutato un terreno al valore di
circa 192mila euro e poi lo aveva venduto nel
2006 al prezzo di 213mila euro. L'ufficio
aveva rettificato la plusvalenza dichiarata sulla base di un valore definito
dall'acquirente del terreno per circa 291mila euro in fase di adesione a un
accertamento relativo all'imposta di registro.

La notifica diretta per posta da parte di Equitalia Dubbi di costituzionalità dell’art. 26 del D.P.R. n. 602/1973

http://www.fiscal-focus.it/all/Fiscal_Approfondimento_n._3_del_21.01.2014_Equitalia._Notifica_per_posta.pdf

sabato 18 gennaio 2014

Spesometro e agricoltori

Spesometro e agricoltori

Le istruzioni ministeriali al nuovo modello di spesometro omettono l’esclusione (per l’anno 2012) dall’adempimento per i produttori agricoli marginali, con volume d’affari non superiore a € 7.000.

Acquisti e cessioni da/verso produttori agricoli vanno comunicati - Il provvedimento dell'Agenzia Entrate del 2 agosto 2013 e le istruzioni ministeriali al nuovo modello del 10.10.2013, chiariscono che l'obbligo di invio sussiste per gli acquisti e cessioni da e nei confronti di produttori agricoli esonerati e richiama l'articolo 36 della Legge 179/2012, il quale impone l'obbligo dell'elenco clienti e fornitori anche per gli agricoltori esonerati e ciò al fine di monitorare la tracciabilità dei prodotti agricoli.
Successivamente la stessa Agenzia delle Entrate, con Circolare n. 1 del 15 febbraio 2013, ha correttamente precisato che questo obbligo non sussiste per il 2012 in quanto la Legge 179 è entrata in vigore negli ultimi giorni del 2012. La decorrenza scatta solo dall’anno 2013.
Anche se nel provvedimento n.94908 del 2 agosto 2013 questo non viene precisato, l’obbligo sussiste dal 2013, senza alcun dubbio.
Gli agricoltori in regime di esonero o produttori agricoli marginali, dunque, con riferimento ai dati relativi all’annualità 2012 da comunicarsi, salvo proroghe, entro il 12/21 novembre 2013, dovranno ritenersi esonerati dall’adempimento. Una nuova conferma da parte dell’Agenzia è comunque attesa e opportuna.

La compilazione del modello in forma analitica - Per gli acquisti e le cessioni da e nei confronti di produttori agricoli esonerati (che nell'anno precedente hanno realizzato un volume d'affari non superiore a 7.000 euro), è obbligatoria la comunicazione analitica, che si ritiene possa coesistere con quella globale relativamente alle altre operazioni.
Le criticità sono molte, infatti un fornitore di prodotti agricoli non può conoscere il volume d'affari dei propri clienti, e tanto meno sapere quale regime contabile essi abbiano adottato.
Atteso che l’invio del modello va fatto a novembre 2013 in relazione alle operazioni 2012, non è agevole per i fornitori dei piccoli agricoltori indagare quale regime Iva abbiano applicato i loro clienti nello scorso anno.

D’altro canto, gli acquisti presso agricoltori esonerati sono più agevoli da individuare, in quanto viene emessa autofattura con imposta calcolata con le percentuali di compensazione.
La compilazione, in tal caso, prevede nel quadro FR la selezione della casella “Autofattura”.
Infatti, le istruzioni ministeriali specificano che nel rigo FR01, va barrata la casella, nel caso di:
- autofatture emesse per operazioni rientranti nella fattispecie disciplinata dagli articoli 7-bis e 7-ter del D.P.R. n. 633 del 1972 in mancanza degli elementi identificativi del fornitore non residente;
- acquisto da un imprenditore agricolo esonerato ai sensi dell’articolo 34, comma 6, del D.P.R. n. 633 del 1972, dall’emissione della fattura;
- acquisto per il quale il cessionario o committente obbligato alla comunicazione, non avendo ricevuto la fattura da parte del fornitore o avendola ricevuta per un importo inferiore a quello reale, regolarizza con l’emissione di autofattura o di fattura integrativa e con il versamento della relativa imposta ai sensi dell’articolo 6, comma 8 del decreto legislativo n. 471 del 1997 e dell’articolo 46, comma 5 del D.L. n. 331 del 1993.
La casella non può essere selezionata, invece, nel caso di documento riepilogativo e per operazioni in reverse charge.

I dubbi dal 2014 (per l’anno 2013) - Quando anche gli agricoltori esonerati avranno l'obbligo della comunicazione dei clienti e fornitori (dal 2013), essi non potranno effettuare l’invio in presenza di acquisti e cessioni effettuate nei confronti di soggetti che applicano il medesimo regime.
Per le cessioni effettuate da agricoltori in regime di esonero Iva deve, infatti, essere emessa l'autofattura a cura dell'acquirente. Nel caso in cui l'acquirente a sua volta sia un agricoltore esonerato, l'operazione deve intendersi fuori campo Iva e non viene emessa la fattura, ma una ricevuta.
Autore: Redazione Fiscal Focus

martedì 14 gennaio 2014

LEASING : BENEFICI IRES - DEDUCIBILITA' CANONI E MAXICANONE


La normativa fiscale


La scelta di acquistare un bene in leasing oppure tramite un mutuo (lease or borrow) deve avvenire raffrontando i risparmi fiscali derivanti dal leasing e la relativa dinamica temporale con i risparmi derivanti dall'acquisto diretto finanziato tramite un contratto di mutuo.
Per calcolare i vantaggi fiscali relativi dei due prodotti è indispensabile avere una buona conoscenza delle disposizioni tributarie in materia.
In particolare, occorre evidenziare come nel caso del leasing il beneficio fiscale accordato all'utilizzatore è relativo alla deducibilità dei canoni corrisposti e delle spese accessorie di acquisto del bene. Differentemente, nel caso di acquisto finanziato da un contratto di mutuo, il calcolo dei risparmi fiscali diventa più complesso, in quanto costituito dalla somma dei benefici derivanti dal bene (in particolare l'ammortamento del bene) e di quelli derivanti dal costo del finanziamento (in particolare gli oneri finanziari).

Nel caso del leasing, la deducibilità dei canoni e correlata ad una "durata minima" dell'operazione e al principio dell'inerenza del bene rispetto all'attività svolta.
Il caso "generale" prevede che la durata minima del contratto di leasing non sia inferiore ai 2/3 del periodo d'ammortamento ordinario (Legge finanziaria 2008), mentre, regole specifiche vengono introdotte per i contratti di leasing immobiliare.
Per inquadrare correttamente la deducibilità fiscale di un contratto di leasing occorre innanzitutto declinare le differenti tipologie di imposte pagate dalle società, ovvero le imposte dirette (Imposta sui redditi – IRES e Imposta regionale sulle attività produttive – IRAP) e le imposte indirette, principalmente l'Imposta sul Valore Aggiunto (IVA).

Relativamente all'IRES di competenza, ottenuta applicando all'utile ante imposte fiscale l'aliquota del 27,5%, il pagamento dei canoni di leasing e delle spese accessorie produce un immediato abbattimento della base imponibile e un risparmio d'imposte pari all'ammontare dei costi sostenuti moltiplicato per l'aliquota prevista (27,5%).
Fermo restando questo principio generale, particolari problemi di calcolo del risparmio fiscale si pongono nel caso in cui il contratto preveda la presenza di un maxicanone. In questo caso, infatti, il maxicanone non è deducibile "per cassa", pertanto, occorre calcolare un canone medio valido ai fini IRES che consente di spalmare il maxicanone su tutta la durata contrattuale, così come di seguito indicato:

Se si ipotizza un contratto di leasing strumentale con decorrenza 1 gennaio 2009 che prevede il pagamento di 47 canoni mensili posticipati pari a 5.000 euro e di un maxicanone di 25.000 euro, i costi sostenuti per cassa nel 2009 saranno pari complessivamente a 85.000 euro (25.000 di maxicanone e 11 canoni da 5.000). Ai fini fiscali, però, la presenza del maxicanone obbliga il ricalcolo dei canoni fiscalmente deducibili, distribuendolo sul totale dei pagamenti effettuati. Riprendendo l'esempio, si ha che:


Avendo effettuato dodici versamenti nel 2008, l'impresa potrà dedurre dal reddito 65.000 circa, con un risparmio netto di IRES pari al 27,5% di tale somma (17.875 euro). Ovvio che tale meccanismo tende a penalizzare sotto il profilo fiscale solo il primo anno di contratto, mentre tende ad enfatizzare il beneficio degli anni successivi, i quali beneficeranno, pro-quota, di un ammontare di maxicanone pagato per cassa nel primo anno di contratto.

Più problematico risulta il calcolo del risparmio d'imposte ai fini IRAP. Infatti questa imposta si applica al Valore Aggiunto determinato come differenza tra la voce A e B del conto economico civilistico. Restano indeducibili ai fini IRAP, pertanto, gli oneri finanziari impliciti in un contratto di leasing. Il legislatore mette a disposizione una formula che consente, partendo da alcuni dati contrattuali, di arrivare al valore dei costi fiscalmente deducibili. In particolare si giunge al calcolo di un canone medio valido ai fini IRAP nel seguente modo:



Ipotizzando, con riferimento all'esempio precedente, che il costo sostenuto sia di 240.000 euro e il riscatto sia pari a 4.000 euro, da semplici calcoli risulta che la durata di tutto il periodo contrattuale è pari a 1.461 giorni (dal 1/01/2009 all'1/01/2013) e che il periodo intercorrente tra il giorno di decorrenza e la fine dell'anno solare è pari a 364 giorni. Nel 2009, pertanto, i costi deducibili ai fini IRAP saranno pari a:


Il risparmio d'imposte garantito dal contratto di leasing, quindi è pari all'abbattimento di base imponibile IRAP pari a 58.798,08 per la corrispondente aliquota attualmente vigente (3,90% a partire dalla Finanziaria 2008), per un totale di 2.293,12 euro. Il risparmio complessivo d'imposte dirette (IRES+IRAP) del contratto in questione per l'anno 2009 sarà pari a 20.168,12 euro.

Con riferimento alle imposte indirette, invece, i canoni di leasing sono di norma soggetti ad un'aliquota IVA ordinaria del 20%. L'impresa quindi con cadenza mensile o trimestrale potrà portare in deduzione l'IVA a credito pagata sui canoni col totale dell'IVA a debito da liquidare.

Venendo invece la computo del risparmio fiscale derivante dalla soluzione "acquisto diretto + mutuo", i vantaggi fiscali correlabili al bene sono riconducibili all'ammortamento del cespite, se-condo le aliquote ordinarie previste dal D.M. 31/12/88. Relativamente agli interessi passivi del finanziamento, saranno deducibili dal reddito imponibile IRES, ma non da quello IRAP (poiché, come detto in precedenza, gli oneri finanziari sono indeducibili ai fini di questa imposta). Riprendendo l'esempio di cui sopra, l'aliquota fiscale di ammortamento ammessa per il cespite è pari al 16,66%.
Si tenga presente che, solo a fini fiscali, il primo anno in cui entra in funzione il cespite l'aliquota si dimezza ed è "indipendente" dal mese di stipula del contratto. L'ammortamento imputato in bilancio è deducibile sia ai fini IRES, sia ai fini IRAP.
Nel nostro caso, il cespite di 240.000 viene ammortizzato all'8,33% generando un costo in conto economico pari a 19.992 euro. Tale costo genera un risparmio d'imposte pari a 6.277,48 euro derivante dall'abbattimento sia della base imponibile IRES che IRAP (27,5% + 3,9%). Per completare il raffronto occorre fare un'ulteriore passo: determinare gli oneri finanziari impliciti di un contratto di finanziamento parificabile al leasing.
Con un capitale pari a 215.000 euro e 48 rate posticipate, gli interessi passivi impliciti (ipotizzando il medesimo tasso del leasing) sono pari a 10.221,95 euro (per le prime 12 rate di finanziamento). Tale costo è deducibile solo ai fini IRES, pertanto il risparmio d'imposte correlabile al finanziamento è pari a 2.811,03 euro. Nel 2009, il risparmio d'imposte derivante da un'ipotetica soluzione di acquisto tramite un mutuo bancario sarebbe complessivamente pari a 9.088,5.

Infine, l'acquisto diretto finanziato da un mutuo, genera delle problematiche fiscali inerenti le imposte indirette (IVA). Sul bene in oggetto, infatti, occorre applicare l'IVA con aliquota ordina-ria del 20% (48.000 euro). Tale imposta al momento dell'acquisto andrà pagata, pertanto, l'impresa nella soluzione "acquisto+finanziamento" o è costretta ad anticipare una somma maggiore rispetto al leasing, oppure deve chiedere un finanziamento superiore facendosi finanziare anche l'IVA dalla banca. E' ovvio che l'IVA sull'acquisto del bene è detraibile; quindi, qualora vi sia capienza nella prima liquidazione mensile o trimestrale, la stessa verrà recuperata. Diversamente, qualora l'impresa non abbia capienza ai fini IVA, la stessa sarà messa a rimborso o in compensazione nella prima liquidazione annuale IVA.

L'esercizio condotto sopra dovrebbe essere ripetuto per tutti gli anni di durata dei contratti e, per quanto riguarda il leasing, dovrebbe considerare anche gli effetti derivanti dal riscatto del bene. La determinazione dei risparmi "nominali" d'imposta, rappresenta altro che un primo step della valutazione. Per basare il raffronto su basi rigorose, infatti, occorre considerare anche la dinamica temporale dei flussi di cassa e dei risparmi d'imposte. La tesi che si sostiene, infatti, è che un euro d'imposte risparmiato oggi vale di più di un euro d'imposte risparmiato tra 1 anno. Pertanto, anche se la sommatoria dei vantaggi fiscali dei due prodotti risulta molto simile, la dinamica temporale degli stessi rende il valore attuale dei benefici fiscali molto differenti.

L'acquisto di un bene strumentale analizzato in precedenza rappresenta il caso "base" per quanto riguarda il leasing, nel quale non sussistono particolari regole al di fuori di quelle relative alla durata contrattuale e all'inerenza del bene rispetto all'attività esercitata.

Più articolata è la fiscalità delle auto aziendali che in linea teorica può essere declinata in due situazioni fondamentali:
1) l'auto assegnata, anche in uso promiscuo, ad un dipendente per più della metà del periodo d'imposta oppure;
2) l'auto non assegnata ad alcun dipendete o è stata assegnata ad un dipendete per un perio-do inferiore alla metà del periodo d'imposta.

Nel primo caso i costi dell'auto sono deducibili nella misura del 90% senza alcuna limi-tazione di costi di acquisto o di canoni di locazione. Il dipendente assegnatario dell'auto avrà una ritenuta in busta paga a titolo di "fringe benefit" calcolata sulla base di determinati parametri e su un kilometraggio standard quantificato sulla base dei rimborsi ACI. Le auto che non fanno capo ad alcun dipendente o che non sono possedute da un dipendete per più della metà del periodo d'imposta sono deducibili nella misura del 40%, sia se prese in leasing finanziario sia se acquistate direttamente. Alle stesse, inoltre, si applicano anche dei limiti massimi di deducibilità.

venerdì 10 gennaio 2014

Riepilogo delle casistiche relative alle operazioni (effettuate/ricevute) con un soggetto “stabilito” ai fini IVA nella UE, in base all’inclusione o esclusione di questo rispetto all’archivio VIES.


Operazioni effettuate nei confronti di un soggetto “stabilito” ai fini IVA nella UE
Inclusione/esclusione dall’archivio VIES Cessioni di beni con invio in altro Stato della UE Prestazioni di servizi di cui all’art. 7-ter del DPR n. 633/1972
  • Periodo di 30gg dalla richiesta
  • Diniego all’inclusione nell’archivio
  • Revoca dell’inclusione
Non iscritto all’archivio VIES Assoggettamento ad IVA in Italia (territorialmente rilevante ai fini IVA nel Paese del cedente/prestatore)
Dal 31° giorno dalla richiesta in mancanza di diniego Iscritto nell’archivio VIES Cessione intracomunitaria di beni “non imponibile” ai sensi dell’art. 41 del DL n. 331/1993 Prestazione fuori campo IVA in Italia ai sensi dell’art. 7-ter del DPR n. 633/1972 (si ricorda che nei rapporti BtoB la prestazione è territorialmente rilevante nel Paese ove è “stabilito” il committente soggetto passivo IVA)
Operazioni ricevute da soggetto “stabilito” ai fini IVA nella UE
Inclusione/esclusione dall’archivio VIES Cessioni di beni con invio da altro Stato della UE con arrivo in Italia Prestazioni di servizi di cui all’art. 7-ter del DPR n. 633/1972
  • Periodo di 30gg dalla richiesta
  • Diniego all’inclusione nell’archivio
  • Revoca dell’inclusione
Non iscritto all’archivio VIES Assoggettamento ad IVA nel Paese in cui è “stabilito” il cedente/prestatore (territorialmente rilevante ai fini IVA nel Paese del cedente/prestatore)
Dal 31° giorno dalla richiesta in mancanza di diniego Iscritto nell’archivio VIES Acquisto intracomunitario di beni in Italia con assoggettamento a reverse charge Prestazione di servizi soggetta ad IVA in Italia mediante il meccanismo del reverse charge (territorialmente rilevante ai fini IVA nel Paese ove è stabilito il committente soggetto passivo IVA)
Erroneo assoggettamento ad IVA (mediante reverse charge) da parte del cessionario/committente italiano.
Le soluzioni proposte dall’Assonime (Circolare 28 luglio 2012, n. 21)
Il committente/cessionario nazionale, prima che intervengano azioni di accertamento nei suoi confronti, potrebbe:
  • procedere a rettificare il reverse charge effettuato sulla fattura;
  • procedere all’annullamento dell’annotazione della fattura nel registro delle fatture emesse (facendo venire meno la nascita del debito IVA);
  • procedere all’annullamento dell’annotazione della fattura nel registro degli acquisti (facendo venire meno l’indebita detrazione dell’IVA);
  • procedere alla rettifica del modello INTRA se già presentato (compilando i quadri INTRA-2 ter e/o quinquies).
Le conseguenze delle rettifica per l’operatore nazionale comportano:
  • che non dovrà essere versata l’IVA erroneamente indicata in fattura;
  • che lo stesso non dovrebbe essere soggetto al pagamento della sanzione per illegittima detrazione.
RIFERIMENTI NORMATIVI
  • Direttore dell’Agenzia delle Entrate, provvedimenti del 29 dicembre 2010 (Prot. n. 2010/188376 e Prot. n. 2010/188381)
  • D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla L. 30 luglio 2010, n. 122, art. 27
  • C.M. 15 febbraio 2011, n. 4/E
  • C.M. 21 giugno 2011, n. 28/E
  • C.M. 1° agosto 2011, n. 39/E
  • R.M. 27 aprile 2012, n. 42/E
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mercoledì 8 gennaio 2014

Detrazione per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio: Legge di Stabilità 2014

Detrazione per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio: Legge di Stabilità 2014
L'art. 1, comma 139, lett. c) e d), Legge di Stabilità 2014, modificando l'art. 16, D.L. n. 63/2013, ha disposto un'ulteriore proroga della detrazione IRPEF, con il tetto massimo di euro 96.000, per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio di cui all'art. 16-bis, comma 1, TUIR.
In particolare la detrazione è riconosciuta nella misura del:
  • 50% per le spese sostenute nel periodo 26.6.2012 - 31.12.2014 (anziché 31.12.2013);
  • 40% per le spese sostenute dall'1.1 al 31.12.2015.
Dal 2016 la detrazione spetterà nella misura prevista a regime (36%, con il limite di spesa di euro 48.000).
Inoltre, è stato previsto che la detrazione per le spese relative agli interventi finalizzati all'adozione di misure antisismiche, ex art. 16-bis, comma 1, lett. i), TUIR, attivate dal 5.8.2013 su edifici ricadenti nelle zone sismiche ad alta pericolosità (zone 1 e 2) ex OPCM 20.3.2003, n. 3274, riferite a costruzioni adibite ad abitazione principale o ad attività produttive, spetta nella misura del:
  • 65% per le spese sostenute nel periodo 6.6.2013 - 31.12.2014 (anziché 31.12.2013);
  • 50% per le spese sostenute dall'1.1 al 31.12.2015.

Antiriciclaggio_e_circolazione_del_contante

http://www.fiscal-focus.it/all/Esperto_risponde_n._1_del_07.01.2014_Antiriciclaggio_e_circolazione_del_contante.pdf

Trasferimenti_immobiliari._Al_via_la_riforma

http://www.fiscal-focus.it/all/Fiscal_Studio_n._4_del_08.01.2014_Trasferimenti_immobiliari._Al_via_la_riforma.pdf

Il_nuovo_Quadro_RW

http://www.fiscal-focus.it/all/Fiscal_Studio_n._3_del_08.01.2014_Il_nuovo_Quadro_RW.pdf

Imu._Ultime_news

http://www.fiscal-focus.it/all/Fiscal_Studio_n._2_del_08.01.2014_Imu._Ultime_news.pdf

Principio_di_cassa_allargato

http://www.fiscal-focus.it/all/Fiscal_Studio_n._1_del_08.01.2014__Principio_di_cassa_allargato.pdf

Riscossione sospesa col reclamo

http://www.fiscal-focus.it/all/Fiscal_News_n._5_del_08.01.2014_Riscossione_sospesa_col_reclamo.pdf

RAVVEDIMENTO

Ravvedimento operoso per omesso o insufficiente pagamento dell'imposta  


Ravvedimento "Sprint" entro 14 giorni: dal 6/7/2011: sanzione ridotta pari a 0,20% per ogni giorno di ritardo max 2,80, in presenza di 14 giorni di ritardo
 

Ravvedimento entro 30 giorni: sino al 28/11/2008: sanzione ridotta 3,75% ( 1/8 del 30%); dal 29/11/2008:sanzione ridotta 2,50% ( 1/12 del 30%); dal 1/2/2011: sanzione ridotta 3% ( 1/10 del 30%);
 

Ravvedimento oltre 30 giorni ed entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa all'anno in cui è stata commessa la violazione o, se non è prevista la dichiarazione periodica, entro un anno dalla violazione (cosiddetto "ravvedimento lungo"): sino al 28/11/2008: sanzione ridotta 6% (1/5 del 30%); dal 29/11/2008: sanzione ridotta 3% (1/10 del 30%); dal 1/2/2011: sanzione ridotta 3,75% (1/8 del 30%); Ravvedimento oltre i termini precedente: sanzione intera pari al 30%