Pratiche Telematiche al Registro Imprese - Agenzia delle Entrate

Attestazione del requisito idoneità finanziaria

ai sensi art 7 Reg. Europeo n. 1071/2009 – art. 7 D. D . 291/2011

Pratiche Telematiche al Registro Imprese - Invio Bilancio
Aggiornamento Consiglio di Amministrazione ed elenco Soci
Variazioni all 'Agenzia delle Entrate
Cessioni di quote di Società Srl
Gestione del contenzioso con l' Agenzia delle Entrate
Ricorsi Tributari

martedì 25 giugno 2013

Eliminata la responsabilità per gli appalti di opere e servizi



 Il Governo Letta nel c.d. “Decreto del fare
”, al vaglio del Consiglio dei ministri per il varo definitivo, ha  introdotto molte semplificazioni nel settore degli appalti:
- è stata contemplata l’abrogazione della disciplina sulla responsabilità solidale negli appalti;
- oltre all’ eliminazione del 770 mensile, mai diventato effettivamente operativo;
- e ad alcune modifiche sul rilascio del Durc.

Le manutenzioni su beni propri


Il legislatore ha introdotto una non trascurabile semplificazione operativa in materia di determinazione
del plafond di deducibilità delle spese di manutenzione
ordinaria su beni di proprietà dell'impresa
, che
trova applicazione dal 2012, per i soggetti con esercizio coincidente con l'anno solare. In particolare,
l'articolo 3, comma 16-
quater
, del D.L. 16/2012, ha abrogato la disposizione contenuta nel comma 6,
dell'articolo 102 del Tuir, che complicava il
calcolo del plafond delle manutenzioni deducibili
, imponendo
il ragguaglio del costo fiscale dei cespiti acquistati e ceduti in corso d'anno in proporzione alla durata di
possesso.
Oggi, le spese ordinarie di manutenzione, riparazione, ammodernamento e trasformazione sono
deducibili nel limite del 5% del costo complessivo de
i beni risultante dal registro dei beni ammortizzabili
all'inizio dell'esercizio
che, pertanto, include l'intero valore dei cespiti ceduti in corso d'anno, in quanto
presenti all'inizio del periodo di imposta, mentre non considera affatto il costo dei beni acquistati
successivamente nel corso dell'esercizio. 
 

Il Fermo Amministrativo e le Ganasce Fiscali

Il Fermo Amministrativo e le Ganasce Fiscali

Natura e definizione dell'atto, Equitalia e il recupero dei crediti

Definizione

E' l’atto attraverso il quale enti e amministrazioni, nel recuperare un credito, si avvalgono di un concessionario con potere coercitivo che dispone il fermo o blocco di un bene mobile del debitore (ganasce fiscali). Trova origine dall’art.69 R.D. 18.11.23 n.2440 in materia di Contabilità Generale dello Stato, artt. 50 e 60 D.P.R. 29/09/73 n.602 al titolo “Riscossione Coattiva”, art.214 e successivi del nuovo Codice della Strada.
Il Fermo Amministrativo può quindi essere conseguenza del non pagamento entro i termini di una cartella esattoriale relativa a tasse o debiti tributari dovuti e non pagati (contributi INPS, IVA, IRPEF, Tarsu, bollo auto, etc.), o accessorio ad una determinata sanzione prevista dal Codice della Strada per la quale ad esempio, è necessario il ritiro della carta di circolazione.

I Soggetti del Fermo Amministrativo

Il debitore.
L’organo verso il quale siamo debitori e dal quale provengono i cosiddetti avvisi bonari, comunicazioni a tutela del contribuente coi quali ci viene segnalata l’esistenza di un debito, la sua natura, l’ammontare, i termini entro cui pagare o fare ricorso laddove lo riteniamo ingiusto. L’avviso bonario, potendo ancora decidersi il da fare, non è coercitivo.
Trascorsi i termini, l’inerzia del debitore fa subentrare il terzo soggetto.
L’agente della riscossione. L’ente o amministrazione sarà costretto ad incaricare l’agente o concessionario della riscossione (Equitalia) al recupero del credito, il quale utilizzerà ogni mezzo, e non sono pochi, per raggiungere lo scopo. Le azioni di questo soggetto sono coercitive. In questo caso si dice che la somma viene iscritta a ruolo (nel senso che al recupero se ne occuperà l’agente della riscossione coi suoi poteri e non più il soggetto cui fa capo il debito), cui segue la cartella esattoriale con la quale si intima il pagamento della somma dovuta con l’indicazione del provvedimento che sarà avviato in caso di ripetuta inerzia del debitore. Tra questi, il fermo amministrativo e le ganasce fiscali.

I Regolamenti di Equitalia e il Preavviso di Fermo

Anche se non previsto dalla legge, solitamente l’iscrizione viene preceduta da un preavviso di fermo (atto non formale) così come raccomandato dall’Agenzia delle Entrate, per cui unico obbligo a carico del concessionario della riscossione è la comunicazione dell’iscrizione del fermo al debitore sopra cui ricade.
Esistono dei regolamenti interni disposti da Equitalia al fine di omogenizzare le procedure dei vari agenti di riscossione e che fissano l’importo minimo di debito sotto il quale non è possibile agire. Questo è di 50 euro. Contro i regolamenti non si può agire in quanto si tratta di regole interne di condotta non imposte dalla legge, che vogliono coordinare al meglio l’operato di tutti gli esattori (Cerit, Serit, Gerit, etc.).
Scopo del preavviso di fermo è scongiurare il fermo, informando il debitore che si è dato avvio alla procedura. Il preavviso contiene il termine di 20 giorni entro il quale pagare la somma dovuta, più tasse e spese accessorie.

Sanzione accessoria di una multa da Codice della Strada

Se il Fermo è accessorio a multa per infrazione del codice della strada, la disponibilità del veicolo sopra cui graverà l’iscrizione al P.R.A. (Pubblico Registro Automobilistico) subirà una limitazione fino alla cancellazione, in particolare:
  • la carta di circolazione viene trattenuta dalle forze dell’ordine e il veicolo in questione viene dato in custodia al suo proprietario che dovrà custodirlo in luogo privato e non di pubblico passaggio, non potendovi circolare. Se si tratta di moto o ciclomotore, questo sarà sequestrato e custodito presso i locali dalle forze dell’ordine. Il proprietario che viene sorpreso a circolare col veicolo suddetto, pur non costituendo l’infrazione reato, sarà sanzionato con una multa compresa tra euro 714 ed euro 2.859 oltre la requisizione immediata del veicolo;
  • il veicolo non può essere demolito (se non per danni gravi), esportato o radiato dal P.R.A.;
  • se venduto successivamente ad iscrizione del fermo amministrativo la cancellazione non può avvenire e il veicolo non può circolare. In questo caso, il compratore ignaro, può intraprendere azione di rimborso del danno contro il venditore.
Non vi è limitazione della disponibilità del veicolo nel caso di vendita del mezzo con atto che abbia data certa successiva all’iscrizione del fermo amministrativo. La cancellazione dal P.R.A., successivamente a comunicazione da parte dell’ACI, sarà gratuita e a carico del concessionario della riscossione.
Lo stesso vale laddove il fermo sia stato iscritto per errore dal concessionario per somme non dovute.

La Cancellazione del Fermo

Nel caso di pagamento integrale della somma dovuta, è possibile fare richiesta di cancellazione e il concessionario, entro 20 giorni, darà comunicazione alla direzione regionale delle entrate di riferimento. Questa emetterà l’atto di revoca del fermo amministrativo inviandolo all’interessato che potrà utilizzarlo per fare richiesta di cancellazione recandosi ad un qualsiasi ufficio provinciale del P.R.A. Nessuna spesa è prevista a carico del debitore così come disposto dall'articolo 7, comma 2 del "Decreto Sviluppo" legge 12/07/2011.
Oltre al provvedimento di revoca in originale, occorrerà presentare il certificato di proprietà il cui retro vale come nota di richiesta. Nel caso in cui non si compili il retro del certificato di proprietà come nota di richiesta, occorrerà in aggiunta, presentare il modello NP-3.

Le novità del Decreto Sviluppo

Il Fermo Amministrativo, producendo il blocco dell'auto o di altro bene mobile iscritto al P.R.A., limitando la possibilità di utilizzo dell'autoveicolo, rischia di diventare fortemente penalizzante soprattutto nei confronti di chi, col proprio autoveicolo ci lavora. In questo senso, il Decreto Sviluppo, oggi convertito nella legge 12 luglio 2011, stabilisce che il Fermo e quindi le Ganasce Fiscali, debbano essere precedute dall'invio per mezzo posta ordinaria di due solleciti di pagamento e che tra i due solleciti devono intercorrere almeno sei mesi. La tutela del contribuente viene così rafforzata, avendo lo stesso, tutto il tempo per rendersi conto di ciò che sta accadendo.
Documenti Utili:
Modulo di ricorso avverso Fermo Amministrativo dell'Auto
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lunedì 24 giugno 2013

bonus fiscale del 50% per agevolare l’acquisto di mobili fissi per un limite massimo di 10.000 euro.

Il Governo ha introdotto alcune agevolazioni fiscali per favorire il rilancio del settore dell’edilizia e dell’arredamento in forte crisi. Tali misure sono disciplinate dal D.L. n. 63 del 04.06.2013, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 130 il 5 giugno 2013. Sono ancora molti però i dubbi su oggetto e decorrenza dell’agevolazione nonché sulla tipologia di lavori a cui è possibile agganciare il bonus per gli arredi.

Le agevolazioni sugli immobili riguardano:
  • la proroga con potenziamento dell’agevolazione sul risparmio energetico degli edifici, che passa dal 55% al 65% fino al 31.12.2013 (per i condomini fino al 30.06.2014);
  • la proroga dell’agevolazione del recupero edilizio al 50%, che viene confermata nella maggiore misura del 50% fino al prossimo 31.12.2013;
  • l’introduzione di un bonus fiscale del 50% per agevolare l’acquisto di mobili fissi per un limite massimo di 10.000 euro.
L’intervento normativo modifica il quadro delle agevolazioni secondo il seguente schema:
Sintesi agevolazioni
Con riferimento alla detrazione sugli arredi, è il caso di richiamare l’art. 16, comma 2, del D.L. 63/2013: “All’articolo 11, comma 1, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, le parole “30 giugno 2013” sono sostituite dalle seguenti “31 dicembre 2013”. Ai contribuenti che fruiscono della detrazione di cui al comma 1 è altresì riconosciuta una detrazione dall’imposta lorda, fino a concorrenza del suo ammontare, nella misura del 50 per cento delle ulteriori spese documentate per l’acquisto di mobili finalizzati all’arredo dell’immobile oggetto di ristrutturazione. La detrazione di cui al presente comma, da ripartire tra gli aventi diritto in dieci quote annuali di pari importo, è calcolata su un ammontare complessivo non superiore a 10.000 euro”.
Il bonus arredi presenta le seguenti caratteristiche:
  • è pari al 50% delle spese documentate per l’acquisto di mobili;
  • spetta per un importo massimo di euro 10.000 (detrazione massima euro 5.000);
  • va ripartita in dieci rate tra gli aventi diritto (detrazione massima annua euro 500);
  • è agganciato alle spese di recupero edilizio e l’acquisto deve esser finalizzato all’arredo dell’immobile oggetto di ristrutturazione.
La norma che agevola l’acquisto di arredi richiama quella che agevola al 50% gli interventi fino a 96.000 euro, la quale si aggancia all’agevolazione del 36%. La  tecnica del rinvio (come spesso accade), pone alcuni problemi interpretativi.
1      Ammontare del limite di 10.000 euro di arredi. Non è chiaro se tale limite sia autonomo rispetto a quello di 96.000 euro (facendo lievitare l’agevolazione a 106.000 euro – 96.000+10.000) oppure è incluso nello stesso limite di 96.000 euro.
2      Tipologia dei lavori a cui agganciare l’agevolazione prevista per gli arredi. Occorre stabilire a quali lavori di recupero edilizio va agganciato il bonus arredi. Dal richiamo delle varie norme, è possibile verificare che la detrazione a cui abbinare il bonus altro non è che il vecchio 36% sul recupero edilizio. Va chiarito, quindi, se tutti i lavori richiamati al comma 1, dell’art. 16-bis, del TUIR, diano diritto o meno al bonus sui mobili. Va sottolineato che dal 1/1/2012 i lavori per il risparmio energetico sono disciplinati dall’art. 16-bis e pertanto anche l’effettuazione di tali lavori può collegarsi al bonus arredi.
3      Oggetto dell’agevolazione. La norma parla di “mobili … finalizzati all’arredo”. È importante stabilire quali acquisti sono agevolabili. Rispetto alla versione precedente sono esclusi gli elettrodomestici. Non è chiaro il destino degli elettrodomestici da incasso.
4      Decorrenza dell’agevolazione. La norma, rinviando all’agevolazione del 50%, senza una specificazione temporale, sembra applicarsi agli arredi già acquistati dal 26.06.2012. Considerato che in questi giorni si sta procedendo a chiudere i conti per l’anno 2012, non si capisce in che modo tener conto delle spese sostenute fino al 31.12.2012.
5      Mancanza di una data di fine lavori. È stato fatto notare che manca una data di fine lavori per l’agevolazione sui mobili. Non è chiaro, quindi, una volta conclusi i lavori di recupero, entro quanto tempo possono essere effettuati gli acquisti di arredi.
6      Modalità di pagamento. Per fruire del bonus la norma fa riferimento a “spese documentate” anziché al “bonifico parlante”. È una semplificazione oppure una svista?
I tanti dubbi impongono un atteggiamento di cautela. Si auspica la pubblicazione di una circolare esplicativa per rendere operativa la detrazione.

FONTE: Nicolò Cipriani – Centro Studi CGN


Bonus mobili: i dubbi da sciogliere sulla detrazione fiscale del 50%

Bonus mobili: i dubbi da sciogliere sulla detrazione fiscale del 50%

Servizio Studi del Senato: necessarie informazioni specifiche sull’arco temporale entro cui effettuare le spese e sulle modalità di pagamento


24/06/2013 - Entra nel vivo questa settimana la discussione in Commissione al Senato sul disegno di legge di conversione del DL 63/2013 che, oltre al recepimento della direttiva 2010/31/UE sul rendimento energetico degli edifici, proroga le detrazioni fiscali del 65% (ex 55%) per la riqualificazione energetica e del 50% sulle ristrutturazioni, estendendo quest’ultima all’acquisto di mobili.
Bonus mobili: i dubbi da sciogliere sulla detrazione fiscale del 50%

L’articolo 16 del DL 63/2013, al comma 2, prevede, per i contribuenti che fruiscono della detrazione del 50% sulle ristrutturazioni - fino ad massimo di spesa di 96.000 euro, tra il 26 giugno 2012 e il 31 dicembre 2013 - una detrazione del 50% per l’acquisto di mobili finalizzati all’arredo dell’immobile oggetto di ristrutturazione. La detrazione, calcolata su un ammontare massimo di 10.000 euro, deve essere ripartita in dieci rate annuali (leggi tutto).

Il testo di legge non dà, per il momento, informazioni specifiche sull’arco temporale entro cui le spese per l’acquisto dei mobili devono essere effettuate, né evidenzia chiaramente a quali ristrutturazioni si faccia riferimento. A sollevare questi dubbi è il Servizio Studi del Senato, nel Dossier che accompagna ogni disegno di legge.

Visto il richiamo effettuato al comma 1 relativo alle ristrutturazioni, i tecnici di Palazzo Madama ipotizzano che si tratti delle ristrutturazioni che hanno avuto inizio il 26 giugno 2012, data di avvio del bonus del 50% sulle ristrutturazioni ma - aggiungono - potrebbe trattarsi astrattamente anche delle ristrutturazioni avviate dopo il 6 giugno 2013, data di entrata in vigore del DL 63/2013.

Sottolineano, inoltre, che la norma non sembra imporre vincoli circa le modalità di pagamento (non richiedendo esplicitamente il ‘bonifico parlante’ come previsto in casi analoghi), ma limitandosi a parlare di ‘spese documentate’.

Per provare a capirci qualcosa in più, il Servizio Studi richiama una norma analoga di 4 anni fa, quella introdotta dal DL 5/2009, che prevedeva una detrazione del 20% delle spese per l’acquisto di mobili, elettrodomestici di classe energetica non inferiore ad A+, televisori e computer, finalizzati all’arredo dell’immobile in ristrutturazione. In quel caso la legge diceva esplicitamente che la detrazione, fino ad un massimo di spesa di 10.000 e recuperabile in cinque anni, si applicava alle spese sostenute tra il 7 febbraio 2009 e il 31 dicembre 2009, in presenza di lavori di ristrutturazione iniziati dopo il 1° luglio 2008 (leggi tutto).

Rispetto all’agevolazione del 2009 - si legge ancora nel Dossier - quella di oggi prevede una tipologia di spese ammesse più ristretta (solo per l’acquisto di mobili finalizzati all’arredo dell’immobile oggetto di ristrutturazione, e non anche per l’acquisto di elettrodomestici A+, apparecchi televisivi e computer).

Inoltre, mentre nel 2009 si specificava che la detrazione era riconosciuta a fronte delle spese documentate i cui pagamenti erano effettuati con le stesse modalità previste per le spese di ristrutturazione edilizia (in particolare utilizzando il ‘bonifico parlante’), il DL 63/2013 si limita a parlare, come visto, di “spese documentate”.

In conclusione, è necessario che il Parlamento in sede di conversione in legge, o l’Agenzia delle Entrate, chiariscano gli aspetti procedurali poco chiari della nuova detrazione. (riproduzione riservata)


 di Rossella Calabrese

mercoledì 12 giugno 2013

Agenzie di viaggio, Iva speciale

Agenzie di viaggio, Iva speciale


Agenzie di viaggio, Iva speciale


Iva speciale ad ampio raggio per le agenzie di viaggio: il regime del margine è applicabile non solo nei confronti del viaggiatore, ma anche quando l'acquirente del pacchetto turistico è un'altra impresa, in particolare un'altra agenzia. È il parere sostenuto dall'Avvocato generale presso la Corte di giustizia Ue nelle conclusioni del 6 giugno 2013, nel procedimento C-236/11 promosso da un ricorso della Commissione europea, che ha chiesto alla corte di condannare per inadempimento l'Italia (e altri sette stati membri) per violazione degli obblighi derivanti dalla direttiva Iva.

La questione riguarda il recepimento delle disposizioni contenute negli artt. 306 e seguenti della direttiva 2006/112/Ce, che prevedono un regime Iva speciale per le operazioni delle agenzie di viaggio, consistenti nell'organizzazione e vendita di pacchetti turistici, nella misura in cui esse agiscano in nome proprio e «nei confronti del viaggiatore». Caratteristica del regime speciale è quella di considerare i vari servizi che l'agenzia di viaggio acquista presso i diversi fornitori a diretto vantaggio del cliente (prestazioni alberghiere, trasporti), come un'unica prestazione resa al viaggiatore, assoggettata a Iva nello stato membro in cui ha sede l'agenzia.

La base imponibile di tale prestazione è il margine realizzato dall'agenzia, determinato per differenza tra il costo sostenuto (comprensivo di Iva) per l'acquisto dei vari servizi e il prezzo richiesto al cliente. Secondo la commissione, queste disposizioni non sarebbero correttamente osservate in Italia (e in Spagna, Polonia, Repubblica Ceca, Grecia, Francia, Finlandia e Portogallo), perché l'art. 74-ter del dpr 633/72, che recepisce il regime speciale, ne prevede l'applicazione anche quando il viaggio è venduto a una persona diversa dal viaggiatore, mentre la commissione ritiene che possa applicarsi solo quando il cliente è il viaggiatore. L'avvocato generale ha proposto alla Corte di respingere il ricorso, ritenendo che le finalità del regime speciale siano meglio conseguite permettendone l'applicazione anche se chi acquista il pacchetto turistico è un'altra agenzia. 


 Di Franco Ricca FONTE.ITALIAOGGI

stop alle minicartelle

Salvo lo stop alle minicartelle


Salvo lo stop alle minicartelle


È legittima la disposizione che permette alle regioni e agli enti locali di non iscrivere a ruolo importi inferiori a 30 euro.
Lo ha deciso la Corte costituzionale che, con la sentenza n. 121 dl 5 giugno 2013, ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale (promosse dalla Regione Veneto) dell’art. 3, comma 10, del dl 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44, il quale dispone che «A decorrere dal 1° luglio 2012, non si procede all’accertamento, all’iscrizione a ruolo e alla riscossione dei crediti relativi ai tributi erariali, regionali e locali, qualora l’ammontare dovuto, comprensivo di sanzioni amministrative e interessi, non superi, per ciascun credito, l’importo di euro 30, con riferimento a ogni periodo d’imposta».

Si ricorderà che detta norma è stata adottata allo scopo di evitare che i costi di riscossione e di accertamento superino i benefici dell’entrata nelle casse della pubblica amministrazione. Secondo la Regione dall’applicazione della norma impugnata sarebbe derivato un grave pregiudizio finanziario, poiché il citato art. 3 del dl n. 16 del 2912, nell’innalzare in maniera esagerata la soglia della «modesta entità» dei crediti tributari, che prima era fissata a «lire 32 mila» (euro 16,53), avrebbe comportato una forte contrazione del gettito sia dei tributi regionali «derivati» (istituiti e disciplinati dalla legge statale e il cui gettito è attribuito alle Regioni) e sia delle addizionali regionali sulle basi imponibili di tributi erariali.

La norma violerebbe, pertanto, tra gli altri, l’art. 117, terzo comma, della Costituzione, sotto il profilo del coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario e l’art. 120 per inosservanza della leale collaborazione.
La Corte ha considerato non fondate tutte le questioni sottoposte al suo esame e non ha mancato l’occasione di ribadire alcuni principi che troppo spesso sembrano dimenticati dagli enti impositori, altre volte, invece, sono usati strumentalmente per avallare interpretazioni che vengono puntualmente rigettate dalla Consulta.

La Corte ancora una volta ha individuato come elemento risolutivo delle questioni in esame la competenza legislativa esclusiva in materia tributaria attribuita allo Stato a seguito delle modifiche al titolo V della costituzione. Precisa, infatti che è erroneo il presupposto interpretativo da cui parte la regione ricorrente secondo il quale la disciplina dei crediti relativi a «tributi regionali derivati» è ascrivibile alla materia di competenza legislativa concorrente del «coordinamento del sistema tributario» di cui al terzo comma dell’art. 117 Cost.

Infatti, in base alla costante giurisprudenza della Corte, i tributi regionali «derivati» e le addizionali regionali, in quanto istituiti e regolati dalla legge statale, rientrano nella materia «ordinamento tributario dello Stato», che l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. riserva alla competenza legislativa statale, a nulla rilevando che il gettito sia attribuito alle Regioni. Lo stesso si può, naturalmente affermare per i tributi locali «derivati», istituiti e regolati dalla legge statale e il cui gettito è attribuito agli enti locali.

La disciplina dei suddetti tributi «derivati» (analogamente a quella delle addizionali regionali, istituite con leggi statali, sulle basi imponibili di tributi erariali) è riservata, dunque, alla legge statale. Da ciò consegue che, da un lato, il legislatore statale può introdurre norme non solo di principio, ma anche di dettaglio, e, dall’altro, l’intervento del legislatore regionale può integrare detta disciplina solo entro i limiti stabiliti dalla legislazione statale stessa.
La Corte ha, inoltre, sottolineato come la Regione non ha fornito la prova del fatto che l’applicazione della norma impugnata determinerebbe una diminuzione del gettito dei tributi regionali «derivati» e delle addizionali regionali su tributi erariali, in misura tale da compromettere lo svolgimento delle sue funzioni.

E infine, di fronte all’ennesima invocazione della violazione del principio di leale collaborazione, la Corte ha precisato che la norma impugnata è stata adottata nell’esercizio della competenza legislativa esclusiva statale in materia di «sistema tributario dello Stato», per la quale la Costituzione non impone alcun coinvolgimento delle Regioni e che ad ogni modo l’esercizio dell’attività legislativa sfugge, in ogni caso, alle procedure di leale collaborazione.
 Di Ilaria Accardi, FONTE: ITALIAOGGI

martedì 11 giugno 2013

Ivie e Ivafe alla cassa con Unico fino al 17 giugno 2013


Domanda

Sono un cittadino residente in Italia; ho acquistato nel 2011 un piccolo appartamento in Germania. Per la gestione dell'immobile, ho intenzione di aprire
un conto corrente estero, da utilizzare per le spese correnti (spese condominiali, utenze eccetera). Vorrei dunque sapere
quali sono gli obblighi, da un punto di vista fiscale italiano, relativi all'immobile e al conto corrente estero; in particolare, vorrei sapere se questi investimenti sono soggetti a tassazione in Italia e se vanno indicati nel modello Unico.

Risposta

I contribuenti italiani, tra gli adempimenti dichiarativi di questo periodo, devono prestare particolare attenzione agli obblighi derivanti da eventuali investimenti esteri. Gli obblighi in questione si ricollegano principalmente a due tipologie: da una parte, quelli connessi al "monitoraggio fiscale" previsto dal Dl 167/90, attinenti la compilazione del modulo RW, sostanzialmente immutati da un ventennio e solo ora forse in procinto di una riscrittura (si veda a lato), dall'altra parte, quelli connessi alle due nuove imposte patrimoniali sugli immobili (Ivie) e sugli investimenti di natura finanziaria (Ivafe) detenuti all'estero, introdotte dal decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, (cosiddetto decreto Monti o "Salva Italia"). Si tratta, a ben vedere, di due aspetti interessati da reciproci profili di correlazione, essendo basati sullo stesso presupposto oggettivo (il possesso di investimenti all'estero) e soggettivo (da parte di soggetti fiscalmente residenti in Italia), sebbene le relative modalità dichiarative non siano totalmente coincidenti ed obblighino il contribuente a duplicare le informazioni in sede di dichiarazione (si veda a lato) Ivie e Ivafe rappresentano la contropartita "estera" delle imposte italiane sugli immobili e sulle attività finanziarie detenuti in Italia: Imu e imposta di bollo. Le disposizioni normative e di prassi finora emanate in materia sono il provvedimento attuativo del direttore delle agenzie delle Entrate del 5 giugno 2012, e la circolare del 2 luglio 2012 n. 28/E.
Gli immobili
Riguardo all'Ivie, si tratta di un'imposta sugli immobili all'estero, detenuti a titolo di proprietà o di altro diritto reale: pertanto, sono soggetti ad imposta anche gli immobili detenuti a titolo di usufrutto o altri diritti analoghi previsti negli ordinamenti esteri. Per la base imponibile, invece, è necessario distinguere a secondo che l'immobile si trovi in uno Stato Ue (o in Islanda o in Norvegia) oppure no. Nel primo caso, il valore è quello catastale, ove esistente, intendendosi per tale quello preso a base per la determinazione delle imposte patrimoniali (o in mancanza reddituali) ivi dovute. Qualora, in luogo di tali valori, lo Stato estero utilizzi valori espressivi del reddito medio ordinario (per intenderci, un valore simile alla nostra rendita catastale) il valore catastale potrà esser calcolato moltiplicando tale valore medio per i coefficienti stabiliti ai fini Imu. Per maggiore dettaglio, si può far riferimento alla tabella allegata alla circolare 28/E, citata, dalla quale emerge che il valore catastale è ad esempio previsto in Austria, Germania, Lussemburgo od Olanda, ma non anche in Irlanda, Belgio o Francia in cui sarà invece possibile ricorrere al criterio alternativo. Nel secondo caso, ovvero qualora non sia disponibile un valore catastale, la base imponibile è costituita dal costo risultante dell'atto di acquisto (il cosiddetto costo "storico" dell'immobile), dal costo di costruzione come risultante dalla relativa documentazione, ovvero dal valore indicato nella dichiarazione di successione o nell'atto di donazione (ovvero in atti analoghi previsti dagli ordinamenti esteri), nonché, in mancanza, quello sostenuto dal "de cuius" o dal donante. Solo in assenza di tali valori (o della relativa documentazione), la determinazione della base imponibile può rappresentare un'attività più complessa, in quanto è necessario ricorrere al valore di mercato, come risultante dalla media dei valori risultanti dai listini elaborati da organismi, enti o società operanti nel settore immobiliare locale.
L'abitazione principale
Definita dunque la base imponibile, l'imposta va dunque calcolata applicando l'aliquota ordinaria pari allo 0,76%, ovvero dello 0,4% se l'immobile è utilizzato come abitazione principale nello Stato estero. In quest'ultimo caso, spetta inoltre una detrazione pari a 200 euro, al quale va aggiunta una pari a 50 euro per ogni figlio di età non superiore a 26 anni dimorante e residente in tale abitazione (fino al raggiungimento di una detrazione massima di 400 euro). È importante sottolineare che l'imposta non è comunque dovuta se l'ammontare dell'imposta "lorda" (cioè calcolata prima di operare le predette detrazioni) non supera 200 euro e che in ogni caso resta salvo l'obbligo di assoggettare a tassazione ordinaria eventuali redditi "diversi" derivanti dalla locazione.
Il conto corrente
Riguardo al conto corrente estero, invece, lo stesso rileverà ai fini della seconda imposta patrimoniale indicata in premessa, l'Ivafe, dovuta in relazione a tutte le attività finanziarie estere o detenute all'estero (anche se l'emittente è italiana). Rientrano nell'ambito oggettivo dell'imposta, ad esempio, partecipazioni, obbligazioni e titoli di Stato, valute estere, depositi, contratti a contenuto finanziario o polizze assicurative stipulati con controparti estere, contratti derivati o ogni altra attività da cui possano derivare redditi di capitale o redditi diversi di natura finanziaria di fonte estera, fatta eccezione per quelle detenute presso un intermediario italiano e per le quali sia stata già applicata l'imposta di bollo. Sono invece escluse le stock option, qualora non cedibili, ovvero le forme di previdenza complementare gestite da enti di diritto estero. La base imponibile è costituita dal valore di mercato, rilevato al 31 dicembre (ovvero alla data di cessione), anche utilizzando la documentazione fornita dall'intermediario estero, ovvero il valore di quotazione, se si tratta di strumenti negoziati in mercati regolamentati. Solo in via residuale, qualora manchi o non sia possibile determinare il valore di mercato, è necessario utilizzare il costo di acquisto. Definita dunque la base imponibile, l'imposta va calcolata applicando l'aliquota base dello 0,1% (che passerà allo 0,15% dal 2013), fatta eccezione per i conti correnti e i libretti di risparmio, che - analogamente a quanto accade in Italia - sono soggetti a imposta fissa, pari a 34,20 euro, salvo il valore medio di giacenza annuo (considerando tutti quelli detenuti presso lo stesso intermediario) non sia superiore a cinquemila euro.
Da ultimo, è importante sottolineare che entrambe le imposte vanno calcolate in proporzione alla quota di possesso annua e al periodo di detenzione nel corso dell'anno (mesi per l'Ivie, giorni per l'Ivafe). Inoltre, per entrambe le imposte è riconosciuto un credito per le imposte patrimoniali eventualmente già pagate nello Stato estero. Sotto un profilo dichiarativo, occorre indicare gli immobili e le attività finanziarie, calcolando le relative imposte, compilando le sezioni XV-A (Ivie) e XV-B (Ivafe) del quadro RM del modello Unico.

 

A cura di
Fabrizio Cancelliere fonte sole24ore

IVIE: Imu su case all'estero

IVIE: Imu su case all'estero

Con l'entrata in vigore della Legge di Stabilità 2013, il pagamento dell'Ivie, l'Imposta sul valore degli immobili situati all'estero, slitta di un anno.

IVIE: Imu su case all'estero

Che cos’è l’IVIE ?


Non tutti sanno che la tassazione sulla casa colpisce non solo chi è proprietario di immobili in Italia, ma anche chi possiede case all’estero. Esiste infatti una sorta di Imu per le case all’estero, si chiama IVIE, imposta sul valore degli immobili situati all’estero,  ed è già in vigore per cui bisognerà prenderla in considerazione nella prossima dichiarazione dei redditi.
Infatti l'articolo 19, comma 13 e seguenti del Dl 201/2011 come convertito dalla Legge 214/2011 ha disciplinato l'imposizione fiscale sugli immobili prendendo in considerazione esplicitamente anche quelli situati all’estero, destinati a qualunque uso.

Con l'approvazione della Legge di Stabilità 2013, l'entrata in vigore dell'Ivie è slittata di un anno, per cui essa dovrà essere pagata a partire dal primo luglio di quest'anno e riguarderà il periodo d'imposta 2012.
Le imposte già versate per il periodo 2011, quindi, potranno essere considerate a titolo di acconto per quanto spetti da pagare per il 2012.

Questa imposta colpisce tutti i cittadini residenti in Italia che possiedono o detengono per altri diritti, come l’usufrutto, immobili all’estero, quindi non solo i cittadini italiani proprietari di una casa all’estero, ma anche i cittadini stranieri, comunitari ed extracomunitari, con residenza nel nostro paese e che qui pagano le imposte.

Come si calcola l’IVIE ?


L’imposta si calcola in maniera diversa dall’Imu.
Infatti l’importo si determina applicando un’aliquota dello 0,76% alla base imponibile, rappresentata dal valore dell’immobile, da desumere dall’atto d’acquisto o da contratti oppure, se in questi il valore non è riportato, calcolandone il valore di mercato in considerazione del luogo dove si trova.
Solo nei paesi dell’Unione Europea o nei  paesi aderenti allo Spazio Economico europeo, si può adottare come valore quello considerato per l’assolvimento delle imposte locali, come per esempio il valore catastale.

In fase di approvazione della legge di Stabilità è stata inoltre estesa l’aliquota ridotta dello 0,4%, prevista per gli immobili adibiti ad abitazione principale, da coloro che lavorano all’estero per lo Stato italiano o per un suo ente, e solo limitatamente al periodo in cui questa prestazione lavorativa viene svolta, a tutti gli altri cittadini.

Anche per l'Ivie, così come per l'Imu, si applicano le  detrazioni di 200 euro per la prima casa e di 50 euro per ogni figlio minore di 26 anni dimorante abitualmente nell’abitazione.

Se l’importo è inferiore a 200 euro l’imposta non deve essere versata.
Facciamo un esempio considerando il caso di un immobile che abbia un valore di 100.000 euro.
100.000 x 0,76% = 760 euro
Da questo valore si dovrà dedurre il valore dell'imposta già versata nello Stato in cui è ubicato l'immobile.

Quest’anno si incomincerà quindi pagando la quota dovuta per l’anno 2012, e la norma chiarisce che è dovuta proporzionalmente alla quota di possesso e ai mesi dell’anno nei quali si è protratto il possesso. Il mese nel quale il possesso si è protratto per almeno quindici giorni è computato per intero.
La scadenza per il pagamento è fissata al 9 luglio 2013.

Per quanto riguarda le modalità di pagamento, la legge rimanda alla normativa in materia di IRPEF per i versamenti, la liquidazione, l’accertamento e la riscossione, le sanzioni, i rimborsi e il contenzioso.

Dubbi relativi all’IVIE


Nonostante il calcolo dell’imposta sia notevolmente più semplice dell’Imu, questo tipo di tassazione comporta qualche perplessità, soprattutto in merito alle case di proprietà dei cittadini straneri residenti in Italia.

Infatti in alcuni casi appare evidente che risulta difficile risalire ad una possibile proprietà in un paese straniero di un soggetto. Ma anche di fronte ad un’accertata proprietà, potranno esserci i casi di atti d’acquisto di difficile traduzione o non riportanti un prezzo, difficile da valutare in base ai valori di mercato.
Inoltre appare anche iniquo imporre una tassazione a delle persone che sono in Italia per lavoro e che, molto probabilmente, già nel loro paese d’origine pagano un imposta per la casa dove vivono i loro familiari o che è disabitata e che non rappresenta di certo una fonte di reddito.
Fino ad oggi per questi lavoratori regolari era sufficiente inserire la proprietà nella sezione II del modulo RVV del Modello Unico, senza pagare alcuna imposta.
Oggi queste persone potrebbero trovarsi invece nella situazione di dover versare le tasse sul proprio immobile a due Stati, anche se la legge prevede che il contribuente possa dedurre un credito d’imposta, fino a concorrenza del suo ammontare, pari al valore dell’eventuale imposta patrimoniale versata nello Stato in cui è situato l’immobile.

Senza contare che gli Stati stranieri possono vedere come un’ingerenza il fatto che l’italia vada ad imporre un prelievo fiscale sul loro territorio e possono anche non riconoscere l’imposta perché basata su concetti di diritto reale differenti.

Un altro aspetto che va tenuto in considerazione e per il quale sono attese delle circolari esplicative da parte dell’Agenzia delle Entrate, è che molti immobili all’estero sono stati acquistati tanti anni fa, per cui nell’atto di acquisto è riportato un valore sensibilmente inferiore all’attuale valore di mercato, e per di più in valuta estera.

Infine c’è da considerare che uno dei punti più deboli di questa tassazione è che l’imposta grava solo sulle persone fisiche e non su quelle giuridiche, per cui in tal modo è possibile essere esclusi dal prelievo fiscale, intestando l’immobile a delle società.

La Tassazione degli Immobili all’Estero: IVIE

La Tassazione degli Immobili all’Estero: IVIE

Tra le imposte entrate in vigore nel 2012, l’IVIE (Imposta sul valore degli immobili situati all’estero) è sicuramente tra quelle passate più nel dimenticatoio del contribuente italiano, ma potrebbe riservare non poche sorprese se non la si conosce per tempo. In pratica si tratta di una sorta di IMU d’oltreconfine, ideata dal nostro legislatore per parificare l’imposizione fiscale sul possesso degli immobili anche nei casi in cui il possesso avvenga oltre i nostri confini.
A definire le ultime modalità applicative della tassa sulle case all’estero è stata proprio la legge di stabilità 2013, la quale ha stabilito che, a partire dal periodo d’imposta 2012, i soggetti che possiedono immobili all’estero, a qualsiasi uso destinati, hanno l’obbligo di versare lIVIE. Sono tenuti al pagamento dell’imposta:
  • i proprietari di fabbricati, aree fabbricabili e terreni destinati ad attività d’impresa o di lavoro autonomo;
  • i titolari dei diritti reali di usufrutto, uso o abitazione, enfiteusi e superficie sugli stessi;
  • i concessionari, nel caso di concessione di aree demaniali;
  • i locatari, per gli immobili, anche da costruire o in corso di costruzione, concessi in locazione finanziaria (l’obbligo sussiste dalla data della stipula e per tutta la durata del contratto).

CARATTERISTICHE DELL’IMPOSTA
Esattamente come previsto dalla disciplina dell’IMU, la nuova IVIE è dovuta in misura proporzionale alla quota di possesso e ai mesi dell’anno nei quali si è protratto il possesso (viene conteggiato per intero il mese nel quale il possesso si è protratto per almeno quindici giorni).
L’ammontare dell’imposta è pari allo 0,76% del valore degli immobili. Se non superiore a 200 euro, l’imposta non è dovuta. In tal caso, il contribuente non è tenuto neanche ad indicare i dati relativi all’immobile nel quadro RM della dichiarazione dei redditi (modello Unico 2013), fermo restando l’obbligo di compilazione del quadro RW (relativo all’indicazione di attività finanziarie detenute all’estero).
Per calcolare il limite che dà diritto all’esenzione, si deve fare riferimento all’imposta determinata sul valore complessivo dell’immobile, a prescindere da quote e periodo di possesso e senza tenere conto delle detrazioni previste per l’eventuale credito d’imposta riconosciuto nel caso in cui sia stata eventualmente versata una tassa patrimoniale nello Stato estero in cui è situato l’immobile.
COME EVITARE LA DOPPIA IMPOSIZIONE FISCALE
Per evitare doppia imposizione sullo stesso immobile, è possibile dedurre dall’imposta dovuta un credito pari all’ammontare dell’eventuale imposta patrimoniale versata nello Stato in cui è situato l’immobile. E’ possibile trovare all’interno delle istruzioni di Unico 2012 un quadro dettagliato di tutte le imposte estere fruibili, se versate nell’anno ad ottenere il credito d’imposta. Mentre, per gli immobili situati in Paesi appartenenti all’Unione europea o in Paesi aderenti allo Spazio economico europeo che garantiscono un adeguato scambio di informazioni, dalla somma dovuta si detraggono, prioritariamente, le imposte patrimoniali effettivamente pagate nel Paese in cui sono situati gli immobili nell’anno di riferimento.
IL VALORE DELL’IMMOBILE
Il valore dell’immobile da prendere in considerazione per il calcolo dell’imposta è costituito, generalmente, dal costo risultante dall’atto di acquisto o dai contratti da cui risulta il costo complessivamente sostenuto per l’acquisto di diritti reali diversi dalla proprietà.
Se l’immobile è stato costruito, si fa riferimento al costo di costruzione sostenuto dal proprietario e risultante dalla relativa documentazione. In mancanza di tali valori, occorre tener conto del valore di mercato, rilevabile nel luogo in cui si trova l’immobile.
Per quanto riguarda gli immobili acquisiti per successione o donazione, il valore è quello dichiarato nella dichiarazione di successione o nell’atto registrato o in altri atti previsti dagli ordinamenti esteri con finalità analoghe.
Se l’immobile si trova in un Paese dell’Unione europea o in uno Stato aderente allo Spazio economico europeo che garantisce un adeguato scambio di informazioni, il valore è prioritariamente quello catastale, come determinato e rivalutato nel Paese in cui l’immobile è situato ai fini dell’assolvimento di imposte di natura patrimoniale e reddituale. In mancanza del valore catastale, si deve fare riferimento al costo risultante dall’atto di acquisto e, in assenza, al valore di mercato rilevabile nel luogo in cui è situato l’immobile.
LE AGEVOLAZIONI
Se l’immobile estero è adibito ad abitazione principale e per le relative pertinenze si applica l’aliquota ridotta dello 0,4%. Inoltre, dall’imposta dovuta per l’abitazione principale e per le relative pertinenze si detrae, fino a concorrenza del suo ammontare, l’importo di 200 euro, rapportato al periodo dell’anno durante il quale l’immobile è destinato a tale uso.
Se l’unità immobiliare è utilizzata come abitazione principale da più soggetti passivi, la detrazione spetta a ciascuno di essi proporzionalmente alla quota per la quale la stessa destinazione si verifica. Infine, per gli anni 2012 e 2013, oltre all’importo di 200 euro, è prevista un’ulteriore detrazione di 50 euro per ciascun figlio di età non superiore a ventisei anni. È necessario, però, che il figlio dimori abitualmente e risieda anagraficamente nell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale. L’importo complessivo di questa ulteriore detrazione non può essere superiore a 400 euro.
IL VERSAMENTO
Per il versamento, la liquidazione, l’accertamento, la riscossione, le sanzioni, i rimborsi e il contenzioso relativi al nuovo tributo, si applicano le disposizioni previste per l’imposta sul reddito delle persone fisiche, comprese quelle riguardanti le modalità di versamento dell’imposta in acconto e a saldo.
Un’ultima nota importante da evidenziare riguarda tutti coloro che hanno pagato l’Ivie per l’anno d’imposta 2011, obbligo inizialmente previsto dalla D.L. 201/2011, i quali possono considerare i versamenti effettuati come acconto per il periodo d’imposta 2012.